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27-07-2005, 08.57.54 | #82 |
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Ciao, Estragon!
In relazione alle mie annotazioni di ieri sul tuo scritto aggiungo alcune considerazioni, brevemente.. Non so.. Non mi sento pronta a parlare di un determinato "livello" e con il solo intelletto non mi ci metto nemmeno (per me sarebbe come andare fuori strada) Ho un punto però da sottolineare..: l'assoluta mancanza di desiderio coincide con l'assoluta incapacità di gioire d'essere in tutta la sua apparente mutevolezza Non ho costruzioni mentali su Dio e non le voglio avere, se mai qualcosa cerco è d' "ancorarmi" alla radice dell'essere, non al suo pensiero, non ad un stantio aspetto percettivo rappresentatorio; miro a ciò che forse non posso nemmeno concepire col pensiero, tanto meno con le parole. Miro a qualcosa che percepisco eppur senza connotati, e non è poesia (anche se può esserla) è che nel momento che tento d'incastrarla con la rappresentazione delle parole sfugge come da una rete a maglie larghe. Ma di una cosa sono sicura..: non è con l'assoluto annullamento del desiderio che avviene quel "cambiamento" (=essere, percepire) ma attraverso una strana "febbre" che io chiamo "gioia", gioia di essere (al di là dell'apparente mutamento delle circostanze 'felici' o 'tragiche'), quella gioia che intellettualmente esprimeremmo come "desiderio d'essere" (ma tutto il punto sta in quell' "essere"!) e solo con tali occhi la morte realmente non è più. Quando sento frasi come "distacco" "Dio negazione della negazione" (giustamente Mirror a sottolineare "affermazione dell'affermazione"!) sento giungere il cuore dello spauracchio della più bieca morte spirituale.. Le parole hanno un peso seppur spesso soggettivo.. Non contro di te questo discorso ma contro gli infelici che eleggono a trono di Dio la loro stessa impotenza. Un saluto..!* Gyta *(spero d'essere stata quel minimo chiara sono stanca stamani.. ) |
27-07-2005, 11.07.53 | #83 | ||||||
Utente bannato
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e non le posso avere Citazione:
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Forse sono troppo tetro? Solo l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi, aggrovigliando gioie e tormenti che trasciniamo appresso a noi come un penoso e gioioso gravame, nello svaporio continuo delle nostre indomite certezze, sempre dome ma mai obliate totalmente. E’ però vita! l’unica che abbiamo, e l’unica entro cui siamo immersi… privati del dono di obliarci totalmente, siamo mneme, e nei ricordi ci riedifichiamo ogni volta che ci perdiamo. Citazione:
Ma non è qui il punto centrale, questa è solo una specificazione dovuta. La morte non è solo nella consistenza della morte stessa. Solo nel vuoto non si percepisce il vuoto, solo nel Nulla non si percepisce il Nulla. La morte è percepita proprio perché altro rispetto a ciò che noi definiamo vita. La gioia la si percepisce solo per via della contrapposizione col suo contrario, così funziona per la sofferenza. Ma quando si è all’interno dell’indifferenziato, tutto è gioia, tutto e dolore, tutto è Nulla. Perché solo entro questa indifferenziazione si oblia la percezione di un qualcosa, per cui tutto è percepito e nulla è percepito. Si è dentro e parte della gioia e la si ‘vive’ con interezza. Questo, naturalmente, è sempre interpretazione di ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso. So di non essere stato chiaro, ma spero che tu legga lo stesso, alle volte le parole non colpiscono l’attenzione, entrano dentro… a me è capitato più volte. Ciao |
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28-07-2005, 07.00.53 | #84 |
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Vedi, c'è un punto che dovremmo chiarire..
Tu consideri "desiderio" un movimento "da.. a", comprendo! E quanto di norma si concepisce con il termine "desiderio"! Ciò che invece io tendo a sottolineare è una sorta di "desiderio" dove non c'è movimento "da.. a" , ma <coscienza d' "abbraccio">, desiderio senza movimento ma già nell'immediato soddisfatto.. Lo chiamo "desiderio" (distinguendolo però dal classico 'banale' desiderio classico e comune, dove ciò che si desidera sta "fuori", sta nell'appropriazione di qualcosa che non ci appartiene, o nel divenire ciò che non siamo) perché nonostante non sia un movimento "da.. a" concepisce in sé una "apertura", una non staticità.. E' un' "apertura" nel "sentire", è un accorgersi di "possedere"(di "possedere" già tutto perché si è la "chiave" del "possesso" stesso..) Un "possesso" che è "abbraccio", "apertura", mancanza di "confine", dove "x" non è "lì" ed "io" "qui", è una "fusione" se vogliamo, ma senza la confusione delle vesti d'apparenza dell "io" e di "x"; cosciente del piano relativo di una visuale, di una vista so che questa non è che visione interpretativa parziale data dai sensi che posseggo, anzi attraverso cui sperimento.(il dalai lama fece l'esempio di un uomo che porta degli occhiali con lenti colorate per esemplificare). Parlo di "desiderio" perché esiste il "trovato" anche se non più in un piano di movimento (da..a) ma coesistente di già, con ciò però che comporta il "trovato" e cioè il senso di "soddisfazione", di "completezza", di "gioia" se vogliamo così chiamarla, per quanto limitativo poiché è più senso di "libertà" di "soddisfazione", ma lontano da "apatia statica", ecco perché (lo chiamo) "desiderio".E' "essere già dove si vorrebbe arrivare" -in un certo senso. Proprio perché le parole sono così sfuggevoli e troppo spesso emozionalmente soggettive che tento di spiegare ancor meglio ciò che io vi intendo, per poter nell'ambito del possibile dare un connotato oggettivo ad una questione che spesso viene tralasciata per difficoltà di un linguaggio troppo impregnato di soggettività fraintendibile.. Ho però come una latente impressione che tu con la speculazione intellettuale ci vada alquanto a nozze.. non so.. è un'impressione.. (dai)definizioni "secche" come se tu ti astraessi su di un piano filosofico e non esperienziale; l'esempio è in affermazioni come "negazione della negazione" nella quale chiunque riconosce sembra ombra di dubbio -con un minimo di logica sintattica- sia il rimarcare della mancanza della negazione, che il voluto sottolineare di una mancanza -principalmente- di differenziazione. Dire "ho svanito la radice dell'essere", dire "credo proprio non sia" sono anche queste 'speculazioni intellettuali', astrazioni, o meglio "interpretazioni mentali", "colorazioni del sentire" e come tali non possono essere che ancora "illusione", dire "entro (la completa) indifferenziazione si oblia (la coscienza de) la percezione" è dipingere con il linguaggio attraverso connotati relativi alla dimensione mentale umana ciò che riguarda un'altra "dimensione" nella quale il mentale è lettore-traduttore inappropriato, come far leggere una formattazione in dvd ad un lettore audio.. Che il simbolismo rimanga tale senza la presunzione di poterlo traslare ad una comunicazione nel dettaglio esperienziale..! Se nel linguaggio simbolico-espressivo "non essere" ed "essere" possono fondamentalmente avere stessa valenza il portarlo su di un linguaggio comune nella comunicazione verbale dell'esperienza significa privarlo fondamentalmente di tale valenza e predisporre l'ascoltatore alla deduzione primaria dell'inesistenza dell'essere, cosa che nel linguaggio spicciolo porta solo all'annientamento del genere umano e non ad una consapevolezza di "altri" parametri.. Attenzione! Tale percorso sembra alla luce del giorno ma non o è! Dove la filosofia vuol farsi serva nel portare un messaggio spirituale questa fallisce, portando il messaggio con un linguaggio che non l'è consone, estrapolando il messaggio stesso dal suo contesto! Ecco perché dico.. meglio avvicinarsi a descrivere i processi interiori del proprio cammino anziché farne manifesti dell' "Assoluto oggettivato"!! Ben vengano i simboli e la matematica "pura" a farci abbracciare, ad essere sentore di altre modalità del concepire, ma senza la presunzione di parlare la medesima lingua di "quel" mondo..! Poiché se il punto è "abbracciare" "quel" mondo, giungere alla percezione dell' "Uno", alla nostra "trasformazione" (qui ed ora!) ogni "modalità" dovrà tener presente della nostra, delle nostre braccia, dei nostri sensi, nel nostro concepire per non giungere all'auto-annientamento come unica soluzione a ciò che diversamente risulterebbe incommensurabilmente trascendente (senza ombra d'immanente!!) Questo significa "la mente mente"! Significa che la mente sta a rappresentazione e non in qualità esplicitativa! Spiego ancor meglio.. come spiegare ad un cieco dalla nascita la consistenza dei colori! Qual'è "il suono della luce"..? Il "suono della luce" è simbolo, rappresentazione molla/sentore d'indagine, non linguaggio mentale esplicitante ma (lontanamente!)esplicativo [tendente ad "illustrare", non a "spiegare" (alla mente!)] Ecco i Koan atti a far crollare l'edifici mentali del concettuale in nome d'un immediatezza della percezione, fuori dalla dinamica logica consequenziale del ragionamento induttivo, che -ahimè- ad un certo livello chiude il cerchio in se stesso!! Sotto quest'ottica allora "affermare una cosa non significa negarne un altra"!! Di sicuro solo nel vuoto non si percepisce il vuoto, e nel nulla non si percepisce il nulla.. :questo il suono del battito di una sola mano!! Ma non perdiamo di vista il fine di questo atto al percepire, e non al disquisire intellettuale..!! La filosofia deve, può essere mezzo di "trasformazione", non.. fine! Il mezzo porta(=portare) ma non è!!!!!!!!! Piccola curiosità.. dici: "tutto questo è interpretazione di ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso", cosa significa, che ciò che hai scritto è a commento di un percorso altrui..? Non è un'accusa ma centrare il punto alla nostra indagine.. ti pare? Perciò dico.. non "l’ignoranza di noi stessi ci permette di sopravvivere a noi stessi" ma l'accettazione dei "limiti" che diventa cancellazione dei limiti stessi.. ma anche questo è poesia..(cioè.. auto-celebrazione di simbolismo ovvero, ancora(avv.), rappresentazione mentale!).. ! Un saluto..! Gyta Ultima modifica di gyta : 28-07-2005 alle ore 07.16.36. |
28-07-2005, 07.30.26 | #85 | |
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errata corrige!
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esplicitante! (scusate gli eventuali altri errori, alcuni "voluti" in un plasmare di linguaggio altri no!! Di solito rileggo più volte lo scritto non sempre ne ho il tempo) Grazie! Gyta |
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28-07-2005, 10.41.56 | #86 | |||||
Utente bannato
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Viceversa, per quel che concerne l’essere e il non essere, si tratta di percezioni intime, non mediate da alcuna filosofia esistenzialista di fondo… trasmetto me stesso, o meglio quel che di me resta in superficie come eco del profondo mio intimo… quel che si è costruito nel corso degli anni, a prescindere anche di me… ciò che scaturisce dal connubio e dall’interazione di dolori, gioie, speranze, sensazioni, azioni, pensieri (miei ed altrui), desiderio di essere, amori, e non si tratta di mere e fredde speculazioni intellettuali generate da letture più o meno complesse. Non si tratta di vedermi col capo chino mentre m’inculco pensieri altrui, estratti, magari pedestremente, da grossi tomi di filosofia esistenziale; non si tratta di insensibili o apatiche ed uggiose interpretazioni mentali. O meglio, non si tratta solo di questo. E’ anche ciò che si è sedimentato nel corso degli anni nel profondo di me stesso. Aver la percezione dell’incomunicabilità, dell’inespressività dell’Io, dell’inconsistenza dell’essere, non più radicato su un solido terreno, ben ancorato a materiale non friabile, non implica necessariamente subire passivamente gli eventi; non significa porsi dei limiti inesistenti… significa, più probabilmente, percepire, solo percepire, l’immagine sfumata di quei limiti, il loro contorno, che tendiamo a travalicare attraverso il sogno di una cosa. Aver la percezione dell’inesatto, dell’errore, della menzogna di fondo che ci narriamo e ci viene narrata quotidianamente, non significa essere travolti da quella menzogna… talvolta è accettazione esplicita della menzogna stessa. Per quello affermo che l’oblio di sé, l’ignoranza del proprio ‘essere’ (non siamo mai quel che siamo, siamo quel che non siamo), anche nella finzione scenica che rappresentiamo ogni giorno, è forse l’unico antidoto allo spleen. Perché più ci si avvicina a percepire se stessi, cioè l’inconsistenza di essere, più ci si avvede e si percepisce il ‘vuoto’. Allora un ‘reset’ per camminare, una scrollata di spalle per salire e scendere le scale, un periodico salutare ‘delete’ per vivere. Solo così la vita può continuare a viverti senza contrapposizioni eccessive. Rimane sempre quell’urlo di fondo che ogni tanto ti sveglia… ma non è mente, è la percezione del nulla che ti attornia, che chiacchiera, e chiacchiera, ma non nella mente, giù nel fondo. La mente mente, dici tu, corretto! Per fortuna, è il fondo che spariglia la mente. E’ quell’eco che scaturisce sempre più imperioso che scuote ogni fibra del tuo corpo, che smuove la superficie dell’acqua cheta, rimescolando e riportando a galla sedimenti stratificati, rendendoli di nuovo presenti e vivi in te. Insomma, è quell’urlo selvaggio che ogni tanto tutti hanno emesso, se non attraverso l’utilizzo delle corde vocali, almeno nel soffocato intimo del proprio non-essere. E poi… poi tutto si cheta, pian piano la superficie delle acque riacquista la propria calma, ridiventa specchio che non riflette altro che ciò che vedi di te nel prossimo, e che il prossimo vede di te, sempre fraintendimento, sempre parzialità, null’altro, dunque, assenze e mancanze… cioè il tuo ‘essere’ che ‘vive’. Citazione:
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28-07-2005, 10.43.02 | #87 |
Ospite pianeta Terra
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storiella sufi
"Un ricercatore arriva da un grande maestro Sufi. Quando entra nella stanza e saluta il maestro con gran rispetto, questo replica: “Bene, va tutto benissimo. Ma cosa vuoi?”.
Lui risponde: “Voglio essere iniziato”. Il maestro allora dice: “Posso iniziare te, ma che mi dici di questa folla che ti viene dietro?”. Il ricercatore guarda dietro di sé e dice: “Che folla? Sono solo”. Il maestro risponde: “No, non lo sei. Chiudi gli occhi e vedrai la folla”. Il giovane chiude gli occhi e rimane sorpreso. Ecco tutta la folla che si era lasciato dietro: sua madre in lacrime, suo padre che gli dice di non partire, sua moglie che piange, gli amici che cercano di fermarlo – tutti i volti, sono tutti lì. Il maestro aggiunge: “Ora apri gli occhi. Puoi davvero affermare che non c’è nessuno che ti segue?”. Il giovane risponde: “Scusa, hai ragione. Sto portando dentro di me tutta questa folla”. Al che il maestro dice: “La prima cosa da fare è liberarti della folla. È quello il tuo problema. Quando hai eliminato la folla, è tutto molto semplice. Il giorno in cui la folla non ci sarà più, ti darò l’iniziazione; non posso iniziare una folla”. (From Death to Deathlessness - Osho) |
28-07-2005, 10.43.35 | #88 | |
Utente bannato
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Siamo partiti… siete… dall’individuazione del Maestro e del suo discepolo, siamo approdati invece a discutere di altro… a chi attribuire ciò? A volontà di parte, oppure solo alla dinamica della comunicazione? Forse ad entrambe le cose… ci si fa vivere dalle cose, le cose ci vivono, la vita ci vive. Ciao (sarò più disciplinato nel prosieguo) |
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28-07-2005, 11.22.14 | #89 |
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x Estragone
No, estragone non alludo ad un "fine" ad una "meta"
ma proprio l'opposto!! Visto che ho scritto "coesistente di già in noi"..! L' "apertura" di cui parlo è "cancellazione" di confini mentali.. anzi, verifica di inesistenza di confini.. Ma ho impressione che per comprenderci il mio discorso debba partire da molto prima.. e specificare passo per passo.. (Appena possibile, poiché ora vado un poco di corsa..! Ho bisogno di leggerti con attenzione e con tempo risponderti..) Un caro saluto.. Gyta |
28-07-2005, 11.56.15 | #90 | |
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Stregone,
mi pare di capire che ti sei messo in stand-by ed allora ne approfitto...
1 pensiero e una domanda: Il Pensiero Citazione:
P -Io penso che se uno sceglie da ciò che la mistica speculativa ci ha trasmesso per citarlo allora è perché lo ha sperimentato ed allora si dimostra onesto ed è anche credibile... La domanda C’è una qualche ragione per la cuale non hai oltrepassato il limite.... del 57? |
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