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24-04-2007, 07.31.43 | #92 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Citazione:
era anche quello che, lodando la perfezione della Natura, raccoglieva i poveri e gli affamati, curava i malati, fondava un ordine per continuare dopo di lui.... L'esperienza della gioia e della gratitudine è sì qualcosa di intimo e profondo e di durevole, ma non esime dal guardarsi intorno , dalnon riconoscere quanta miseria (spirituale e materiale) ci circondi e dal darsi da fare per alleviarla, dall'impegno quotidiano del "servizio", non per guadagnarsi la salvezza dell'anima, non per ottenere un "premio"...ma perchè l'amore è premio a sè stesso. |
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24-04-2007, 09.17.08 | #93 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Un senso di colpa può insorgere quando qualcuno si sente responsabile di una situazione che cagiona danno o nocumento ad un altro individuo, anche l’indifferenza crea danno e nocumento, quindi anche l’indifferente atarassia può essere origine del senso di colpa. Ma io non reputo l’uomo responsabile della sua condizione di reietto, almeno in buona misura reietta. L’ho scritto più e più volte: l’uomo è innocente, e se è colpevole lo é solo in misura ridotta, o solo di riflesso, o solo in concorso, e il suo concorrere all’oscenità di una Natura non armoniosa è piccola cosa rispetto all’averla pensata così. Qualcuno, qualcosa creò il Tutto… il Tutto produsse se stesso, o meglio questo sfacelo, l’uomo segue l’alveo ove è inscritta la colpa eterna di chi creò – sia esso un Dio Padre sempiterno ed assiso sul suo scranno celeste, o un Tutto panteistico ed immanente che, paradossalmente, trascende la creazione stessa -. Quel che mi stupisce è il grande abbraccio amorevole da molti dispensato con un Tutto che prospera nel disequilibrio, che genera precarietà, che si bea della sua intima tetragona fragilità.
Mi sconvolge quest’ammiccare gioioso ad un concetto – perché tale è – d’Amore Universale che abita le menti espandendosi nell’animo individuale come se fosse un vapore o una nebbia che tutto avvolge, impadronendosi d’ogni cellula dell’essere e non nasce diafano nel e dal profondo di un’anima e di un sentimento cristallino, perché nel profondo dell’anima non può trovare ospitalità una gioia che dimentica il mondo e si cura solo di sé. Mi sconvolgono ed irritano locuzioni come ‘Coscienza del Vero Sé’, ‘Consapevolezza evoluta’, ove l’unica evoluzione ravvisabile è lo strappo operato nei confronti di una realtà che vede al fianco di chi può avere il tempo e il silenzio necessari per meditare sulla fortuna e sulla gioia del proprio Io, anche chi il tempo lo impiega per la propria inutile e vacua sopravvivenza. Ma in concreto non accuso nessuno di servilismo nei confronti di una Natura matrigna, non addito al ludibrio neppure coloro che presumono che il cosmo migliore possibile sia quello che adorano, solo che non gradisco una teodicea troppo scompensata, ove le grazie ridondano e prosperano da un lato soltanto e il disdegno, che è fio anche dei nostri torti e parte del nostro pedaggio, tutto o quasi dall’altra. Questo è un cosmo da ripudiare, non da amare. Solo il ripudio di una cosa si tanto indegna e ingiusta può inoculare quel moto d’orgoglio che naturalmente e a titolo di risarcimento l’intera umanità ha il sacrosanto diritto di nutrire nei confronti del bello e del puro. Il calore e la luce del sole devono spandersi con la medesima intensità in ogni angolo della terra, senza bruciare alcune pelli e altre, accarezzandole, scaldarle, almeno entro limiti d’oscillazione umanamente accettabili. Piuttosto la Natura in più luoghi si manifesta come un Handicap e l’esistenza, fin dal primissimo vagito, si propone come una corsa ad handicap, spesso insuperabili, e non offrono, né l’una né l’altra le medesime opportunità di gioire, di ricorrere la medesima palla colorata e di fare i medesimi sogni sereni… unico vero viatico perché fiorisca la speranza. La speranza in troppe lande della terra è solo un lusso concesso a pochi eletti, i quali, per perpetuarlo, macerano sotto i propri zoccoli ossuti il diritto altrui al sogno, alla speranza, alla giustizia: Mors tua, vita mea. Parrebbe proprio un imperativo della Vita. Questo intendo affermare. Non ci si deve crogiolare nel dolore, ancor meno rotolarsi nel dolore altrui: sarebbe impudico, sarebbe offensivo. Il dolore è sacro, non un vessillo da sbandierare per pretendere il ristoro di un costo eccessivamente alto. Auspico che la sofferenza (nostra, altrui) sia almeno il canone e la misura di un’asimmetria inaccettabile… al suo cospetto mi sconvolge udire odi di lode ed Osanna che, a parer mio, suonano come un ringraziamento per lo scampato pericolo, perché – Grazie al Dio Tutto Cosmico Consapevole e Coscienzioso, nonché Misericordioso – è stato preservato il nostro ego, essendosi, la furia naturale o divina, abbattuta sul prossimo nostro (mai incontrato, sempre colui che è di là da venire, sempre un altro). Neppure io, caro Mirror, sono un aspirante suicida; anche io fruisco della benedizione che il Dio, sempre Misericordioso (non per tutti però), ha voluto spandere su di me; pure io so gioire; ma, fra una risata e l’altra, fra il godimento di una gioia e l’altra, non riesco proprio a farmi mancare il tempo per osservare quanto nelle gioie e nei colori pastello della vita si avviluppino sconcezze e lerciume, quanto la fresca rugiada richiami il marcio, come il tepore invogli l’aridità, e come la putredine s’insinui nell’infiorescenza. Il sole talvolta tripudia nella sua beatitudine e onora la propria bellezza a scapito di chi vive in lande polverose, e trova la sua compensazione che tutto equilibra beneficiando con i suoi caldi raggi balneari chi ha avuto la fortuna di nascere in determinate zone geografiche del mondo. Così pure la pioggia: ingrassa le nostre messi e compensa la sua generosità togliendo (in questo caso dando con eccesso) a coloro che non hanno più forze e speranza per riuscire ad arginarla. Il Fuoco delle viscere della terra, se in Islanda è quasi una benedizione che spande d’intorno il suo dolce tepore, nei paesi andini si è presentato come il furore di Dio, trasformando quei giorni in Dies irae. Comprendo bene quanto certe sferzate, talvolta caustiche, quasi impietose, possano suscitare un comprensibile moto di ribellione, soprattutto in chi ha investito parte preponderante della propria esistenza ad inseguire più che lecite chimere, ciò che a me appaiono più allucinazioni che illuminazioni Mistiche (??). In questi casi si corre a rinforzare i muri portanti della propria casa affinché gli scossoni non la demoliscano. Capisco bene, anche la terra soffre quando è violata e rivoltata dal vomere che però la rigenererà. Io, caro Mirror, a differenza di quel che possa credere o pensare tu, non ho proprio alcuna visione divina, e per l’attuale stato dell’arte non tendo a colpevolizzare nessuno, tanto meno te. Avverto però una fastidiosissima prurigine allorquando incontro persone così propense a tributare gioiose lodi al Tutto, senza avvedersi della profonda voragine che sempre più si allarga sotto i suoi piedi, separando sempre più il bello dal brutto.Non disprezzo la Vita e non sputo dentro al piatto che mi porge il cibo quotidiano, ma ho in profondissima uggia l’ingiustificata eccessiva disuguaglianza che si origina da una Natura matrigna, che tiene n buon conto e coccola solo una parte minoritaria dei suoi figli. Caro Mirror, esiste una differenza fondamentale – direi abissale – fra la disperazione dei ricchi e quella dei miseri: gli uni soffrono di spleen, di patologia dell’essere; agli altri, invece, questo lusso non è concesso. La loro disperazione – meno capziosa e sofistica – si ferma ad un livello precedente, più naturale, e si misura con gli imperativi quotidiani dell’esistenza, disputando con la sussistenza in vita, della sopravvivenza. Per questo ti dico che della ‘Coscienza Superiore’ certuni non sanno proprio che farsene. Il loro farmaco è il cibo materiale, l’acqua vera, la pace; condimenti questi necessari e minimali per condurre un’esistenza che consenta loro di progettare un futuro meno orientato alla salvaguardia del loro sacrosanto diritto alla sopravvivenza. Solo dopo aver superato quest’argine potrebbero anche loro accomodarsi entro l’oscura area dello spleen, della patologia dell’essere, del morbo dell’anima. Per ora masticano messalina per non avvertire i morsi della fame che lancinano lo stomaco, bramando, nel contempo, quelli che macerano l’anima. Forse un giorno li vedremo ingrossare le fila e farli accedere ai dojo della nostra spiritualità dell’opulenta tecnocrazia malata. |
24-04-2007, 09.17.29 | #94 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Che dire dell’accorato intervento di Yam? E’ scritto con passione, quasi un j’accuse rivolto a chi ha avuto l’arditezza di scuotere energicamente l’albero della Vita, facendogli precipitare addosso non solo i solluccherosi e concupiscenti frutti maturi, ma anche quelli marci.
No, io non ho mai udito il sinistro sibilare delle bombe. So a malapena che in Afghanistan, in Palestina, in Somalia sono forse gli unici uccelli che fanno udire i loro funesti canti non nunzi di una nuova alba rosseggiante, ma solo di tetra morte. Ma che vuol dire? Ci sprona forse a chiudere occhi ed ogni poro della pelle affinché il dolore, il terrore, il pianto degli altri non s’insinuino nella nostra anima? Capisco bene che la lagna sia fastidiosa e il controcanto stoni nel Conclave, ma come si può affermare che il ‘Tutto Universale’ indossi le candide ed immacolate vesti del mio ‘Io Coscienziale’ che si connette e coniuga in un armonioso matrimonio mistico con il Cosmo? Come si può affermare che siano sufficienti una solipsistica pratica meditativa ed una spiritualità che evolve la ‘Coscienza Superiore’ per curare ferite incise nel profondo del cuore che per suturarsi necessitano di tempo di pace e del profondo silenzio oggi entrambi violati ed infranti dal sibilo vile di ancor più vili anime di metallo? Com’è possibile incontrare se stessi, il proprio ‘Sé Superiore’, in un deserto polveroso ove gli orti di sabbia eruttano brandelli di carne? Se il tuo prossimo, l’amico più caro, l’amore più intimo vivono lo scempio della guerra e giacciono riversi sul terreno, con la pancia sbranata prima dai proiettili e dopo da cani, sciacalli ed avvoltoi? E’ il mio uno sguardo eccessivamente funesto o realistico, concettuale ed intellettivo o sentimentale? Vuoi vedere una foto? Scusatemi davvero, ma proprio non riesco a trattenere un singulto, un moto di stizza e vergogna che mi fanno esclamare <<Ma quante stronzaggini ci raccontiamo pur di preservare candide e ben in piega le vesti egoistiche del nostro mondo di plastica malata>>. Ciao P.S.: prego Freedom, accomodati pure nel banco dei cattivi, c'è sempre posto. |
24-04-2007, 09.58.23 | #95 | |||
Sii cio' che Sei....
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Citazione:
Ecco, cio' che non e’ ipocrisia e’ proprio l’accettazione della sofferenza perche’ parte della vita. Da bambino e anche da grande nella bianca spiaggia della Berchida costruivo castelli di sabbia. Ogni volta che il mare li buttava giu' io li ricostruivo, cosi e' non solo l'uomo ma la natura stessa. Instancabile e osservabile il suo lavoro di almeno 15.000.000.000 di anni. Citazione:
Quindi secondo te dovrei avere compassione di visechi e anche del buon senso comune delle cose. La vera compassione tuttavia non credo che sia quella che tu pensi che sia e cosi il senso comune delle cose mi sta piuttosto stretto. Quel pessimismo che e’ anche di tante persone che conosco, soprattutto anziane e spesso malate, indica una non accettazione della vita cosi come e’. Sto sostenendo che le masturbazioni di tipo intellettuale poco possono di fronte alla vita la quale impietosamente ( e quella magari e’ la vera compassione ..chissa’…) ci costringe a vivere sempre, anche se ci suicidiamo. Citazione:
E’ assai improbabile che l’indifferenza generi senso di colpa a meno che un bagliore di consapevolezza non sveli l’inganno. Il senso di colpa pero’ va immediatamente superato e i danni riparati se possibile, se non possibile si fara’ in modo di non recare piu’ danno. Io non separerei affatto il cosmo e la natura dall’uomo, chi ha effettuato questa separazione e’ proprio l’uomo. Ricucire questa ferita, rinsaldare questa frattura e’ fare pace con se stessi e il mondo. Poi Visechi c'e' una certa forma di narcisismo, una certa dipendenza masochistica dal trastullarsi con un certo tipo di immagini di cui bisognerebbe parlare... L'Anima non capisce il linguaggio delle parole ma quello delle immagini, dei simboli. Noi stessi la programmiamo. Attrazione-repulsione-indifferenza.... Ultima modifica di Yam : 24-04-2007 alle ore 12.06.23. |
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24-04-2007, 09.58.27 | #96 | |
Perfettamente imperfetto
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Citazione:
Fammi capire: ... anche se sono illusioni, dici? E tu come aiuti allora chi sta vivendo delle illusioni? Come eserciti la compassione, la sensibilità, in questo caso? E' proprio questo il punto: cos'è la realtà vera? Quella che per alcuni è una realtà tangibile e concreta in cui siamo gettati innocentemente, per altri invece è un sogno, un incubo ... in cui l'inferno è già qui. Per i primi resta la speranza di un cambiamento e di un miglioramento concreto di questa realtà, per altri se ne esce solo con il Risveglio... Ultima modifica di Mirror : 24-04-2007 alle ore 11.16.21. |
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24-04-2007, 12.33.49 | #97 | |
Sii cio' che Sei....
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Citazione:
Gia',quoto...... Il paradosso e' che la Realta' e' comunque sempre la stessa, non si pensi che esistano tante Realta'. Chi sostiene questo "pensa" una Realta', io parlo di una Realta' non pensata...non filtrata, nuda e cruda, cosi come e'. |
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24-04-2007, 14.01.36 | #98 |
Perfettamente imperfetto
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Riferimento: L'inferno è già qui... è la lotta
Colui che lotta e si sforza per farsi capire ed accettare, ha capito ed accettato se stesso? La lotta stessa mostra che non ha nessuna comprensione di se stesso e della sua mente combattiva. Ogni lotta è fondamentalmente cieca, crea dolore, divisione, vendetta, odio, distruzione, disperazione, fanatismo e solitudine.
Uno arriva a capire questo, solo provandolo. Che cosa ci si guadagna a lottare? Ha mai creato più comprensione, vicinanza, soddisfazione, amicizia, è in qualche modo creativa, la lotta? Ha reso forse il mondo degli umani più bello, amorevole, comprensivo? Ogni lotta avviene sulla base di qualche concetto idiota, e porta via violentemente la libertà che ha l'individuo, di comprendere attraverso l'esperienza. E' un abuso della propria forza naturale, in nome di un inconsapevole trip di potere. La natura di una mente combattiva consiste nello sforzo per tenere in piedi un'inesistente personalità, un ego non-sostanziale, attraverso sforzo e tensione. La cosiddetta personalità o ego, esiste solo in quanto pensiero o idea nella mente e sopravvive attraverso la lotta e lo sforzo, la divisione, la separazione, il confronto, l'avere ragione, il condannare ciò che viene ritenuto sbagliato, il rifiutare, e così via. Il tutto è semplicemente un incubo senza fine, in questo modo la lotta non ha mai fine, e uno arriva solo a sconfiggere se stesso, sprecare la propria vita, esaurire la propria forza naturale in nome di stupide idee, compiere sforzi per niente, e morire poi, profondamente deluso, battuto dalla propria stupidità. Colui che ha capito se stesso, ha capito innanzitutto che non c'è nessun “se stesso”. Allora perchè lottare o sforzarsi? Per il vuoto, per il nulla? Non ha senso. Che senso ha lottare per farsi capire da gente che non ha a sua volta capito la vera natura della propria esistenza? Fino a quando uno è pronto a lottare e compiere sforzi, si porta dietro convinzioni cieche, identificazioni, ed è sempre pronto a lottare per affermarle. Non c'è nessun bisogno di essere capiti da nessuno. C'è solo bisogno di capire la vera natura della propria esistenza. A questo punto, tutte le lotte e gli sforzi, cadono come foglie secche in autunno. Questo, comunque, può solo essere capito da chi ha fatto la stessa esperienza. Chi ha capito se stesso, o il suo non se-stesso, può solo provare compassione e comprensione per la sofferenza che la battaglia per farsi capire, crea per l'individuo. Non si aspetterà mai di essere capito o accettato dagli altri, e da questa comprensione arriva la volontà di incoraggiare e sostenere coloro che sono decisamente stanchi di lottare e sforzarsi, verso la stessa comprensione. Allora, tutto ciò che resta è una bella risata, alla faccia della stupida, futile, mente combattiva e pronta a lottare. C'è un vecchio detto: se non vuoi essere sconfitto, non iniziare nemmeno la battaglia, allora la guerra è finita per sempre, uno trova l'eterna pace in se stesso. (Queste sono le ultime parole famose di un vecchio guerriero, che ha smesso di lottare...) Autore: Pan http://www.buddhahill.splinder.com/ http://www.buddhahill.de/Pan.41.0.html Ultima modifica di Mirror : 24-04-2007 alle ore 14.25.14. |
24-04-2007, 14.04.25 | #99 | |
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Riferimento: L'inferno è già qui...
Citazione:
Posso solo dare da mangiare se uno ha fame, dare da bere se uno ha sete, dare un cappotto se uno ha freddo. Nel caso di Visechi (perdonami se ti prendo ad esempio ) già il volerlo aiutare mi sembra un atto di superbia: cosa avrò mai di spiritualmente superiore a lui? Una pallida percezione che le cose non stanno come appare ai 5 sensi? Che la realtà è fuori dal tempo? Che è tutto teatro? Non lo so........magari siete più utili tu e Yam..........magari anche certi toni aspri servono..........non lo so......... Io posso solo dire che i ragionamenti sviluppati da Visechi non fanno una grinza e, dalla sua prospettiva, ha nettamente ragione. Più che dire che la sofferenza esiste e non la so spiegare non so fare. Più che dire che essa è un mistero, forse il più grande che esista, non so fare. Più che dire che la Fede è un dono non so fare............ |
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24-04-2007, 14.19.41 | #100 | |
Perfettamente imperfetto
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Riferimento: L'inferno è già qui...
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Ciao Freedom... ma che Fede è se non ha in sè gratitudine, accettazione profonda? Quel dono manca della Grazia che porta all'abbandono... Chiamiamola credenza, forse è meglio. O fede con la minuscola. E' più coerente Visechi nel suo rifiuto totale, nel suo tormentato dubbio allora. Con simpatia e rispetto per il tuo travagliato cammino, ti abbraccio e sorrido |
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