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24-01-2006, 15.17.18 | #21 |
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Data registrazione: 03-04-2002
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nessuno accusa nessuno, ci mancherebbe
Love Addiction o anche droga d’amore o intossicazione psicologica.
Porta al disagio psichico e va curata, non ha niente a che vedere con l’amore e di solito non esiste in un rapporto di coppia e/o ambiente famigliare “normale/sano”. Si comincia a soffrire di dipendenza affettiva, senza nemmeno accorgersene e di solito inizia nella post adolescenza (ragazze che escono dall’adolescenza con una distorsione del SE’, autostima pari a zero, pensano:“I miei bisogni non contano”o “non sono degno di essere amato”. Da adulti gli “intossicati d’amore” dipendono dagli altri per quanto concerne la cura di se stessi e la soluzione dei loro problemi, temono di essere respinti, rifuggono il dolore, non hanno fiducia nelle loro abilità e si giudicano persone non degne d’amore. Ciò perdura ancora in donne tra i 40/60 anni. Alle spalle hanno dolorosi vissuti di violenza psicologica e a volte anche fisica. Iniziano a sentirsi sole e si convincono di avere “qualcosa che non va”. “La precoce esperienza di prendersi cura degli altri abitua la persona ad accontentarsi delle “briciole” pur di sentirsi per qualcuno importante e indispensabile (J. Doane e Daimond, 1994).”“ Questo bisogno ossessivo dell’altro (spesso, in questo rapporto, è l’uomo stesso ad avere un indole possessiva) degenera a tal punto da subire, giustificare, anche maltrattamenti e abusi, da parte dell’altro, pur di non vivere o rivivere essenzialmente uno stato di abbandono. Perché le donne? “Nell’amore vedono la risoluzione dei propri problemi, la possibilità di colmare un vuoto che ha origini profonde: è il partner che le salva, che dà significato alla loro esistenza e quando non c’è, il soggetto sente di non esistere (DuPont, 1998)” Anche uomini, in occasione di separazioni e divorzi possono avere crolli psichici catastrofici, che vivono la dedizione d'amore fino al limite estremo: sopportano sacrifici, angherie, maltrattamenti, si annullano per l'amato fino a "morirne", non sempre in senso figurato. www.siipac.it www.psicologiaonline.it www.salutementaledonna.it |
24-01-2006, 17.13.51 | #24 | |
può anche essere...
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Citazione:
Non è automatico il passaggio da "bisogno" a "diritto", posso aver bisogno di qualcosa senza pretendere da un altro che mi soddisfi! nell'amore maturo (ma non nell'innamoramento) l'indipendenza è la condizione ottimale perchè, come tu dici, permette di amare l'altro per ciò che è, e non come strumento per colmare i propri vuoti. In questo ultimo caso si vede solo un aparte dell'altro, quella che ci serve. ciao |
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24-01-2006, 17.23.13 | #25 | |
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Citazione:
Sulla seconda, siamo d'accordo. Sulla prima ... secondo me no. Prometto che stasera, quando ho tempo, spiego meglio. Ma se ti metti nell'ottica del bisogno, magari "ti racconti" che non pretendi, ma inconsciamente pretendi eccome! Non tu! Un tu generico. Mi redo conto che ho buttato lì tutto come oro colato. Per ora prendilo così (oro colato perchè l'ho detto io e io ho sempre ragione questa è una battuta evidentemente!) appena posso, motivo. Ora devo staccare. |
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24-01-2006, 19.39.49 | #27 |
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domanda
per fragolina del toboso
Così quando torni a casa c'hai già da pensare Vorrei sapere, dopo aver letto di qua e di là, come si riesca a non trasferire le proprie dipendenze ai figli. Mi spiego meglio. Devo aver letto da qualche parte (sempre in attinenza con la dipendenza e non con l'amore, unione bilaterare di interdipendenza e non di dipendenza esclusiva dall'altro) che bisogna "rompere il cerchio", cioè rompere quel circolo vizioso in cui, "per comodità", a mio avviso si fa meno fatica a continuare sulla stessa strada dei genitori, (magari nemmeno sapendolo per evitare il faticoso percorso del diventare "grandi" "responsabili" di sè stessi), si ripropongono le stesse situazioni vissute dai genitori: "il mio rapporto sarà sicuramente migliore" "io non mi comporterò mai così" ed appunto, come una sorta di cerchio, riprendono esattamente lo stesso percorso. Da quel che ho letto ci sono veramente storie allucinanti dove pur di evitare l'abbandono si arriva addirittura a subire diversi stadi di violenza, ma queste cose ai figli rimangono, come rimangono esempi lampanti di assoluta dedizione e sottomissione fino all'annullamento del SE'. Come potranno loro "rompere il cerchio" se non accorgendosi e capendolo per tempo di essere diventati dipendenti affettivi? E questa presa di coscienza potrebbe avvenire prima di aver subito danni? buon appetito! |
24-01-2006, 20.27.09 | #28 | |
Ospite abituale
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Citazione:
esattamente così,vai r.rubin! x fragola:ti sono grata della specificazione ,però penso che il punto di partenza di tammy sia stata la dipendenza e basta.lei non fatto alcuna distinzione tra dipendenza buona o cattiva. le ha messe tutte nel calderone delle cose brutte e cattive e insieme ci ha buttato dentro gli uomini xbside: sei sempre lucido! un abbraccio |
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24-01-2006, 22.55.29 | #29 | |
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Citazione:
Secondo me non esistono dipendenze buone. Esistono però relazioni profonde che non sono dipendenze. E questo nessuno lo mette in dubbio! L'illusione delle visioni molto "psicologiche" (in senso scolastico) delle dipendenze affettive è di contrapporre nella coppia un cui c'è un dipendente, il dipendente come patologico e il co-dipendente come "sano", mentre secondo questo non è vero. Se patologia c'è, è uguale da tutte e due la parti, cambia solo il modo di manifestarla. Il co-dipendente vive una relazione altrettanto malata. |
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24-01-2006, 23.16.01 | #30 | |
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Re: domanda
Citazione:
Bella questione! E non limitata alle dipendenze affettive. Chi ha vissuto un'infanzia di grande sofferenza si trova certmente legato ad una catena di sofferenza. La riprodurrà nella sua vita adulta. Ma c'è un modo per spezzare la catena. Solo che non si può dare una ricetta che vada bene per tutti. E' molto banale dire che ognuno deve trovare la sua strada, ma è l'unica cosa sensata che si può dire. E' vero che c'è chi trova le risorse per spezzare al catena e chi no. Non credo che ci sia un modo per poter dire perchè e come. Non è nemmeno detto che chi ha sofferto meno ce la fa meglio di chi ha sofferto di più. Non so se è un questione di occasioni, di "fortuna". So che è possibile. Mi verrebbe quasi da dire che è una questione di "libero arbitrio", ma rischierei di sconfinare in una visione mistica Ma certo ad un certo punto dell vita si può scegliere se continuare a soffrire e a seminare dolore oppure rinunciare a tutto questo per assumersi la responsabilità della propria vita. Per alcuni sono proprio i figli lo stimolo a farlo. Il fatto di rendersi conto di qule eredità gli si sta lasciando. Probabilmente non ti ho dato la risposta che ti aspettavi. Ma credo che sia l'unica che si possa dare. |
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