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22-03-2006, 00.36.57 | #32 | |
Rudello
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Nexus6, evidentemente non ho espresso chiaramente la mia perplessità. Fuor di dubbio che la conservazione dell’energia fisica valga rigorosamente anche nei processi fisici che avvengono nel cervello, ma non dimostra che non ci siano “altre” azioni esterne. E così come affermi nella prima ipotesi che «pensieri (eventi mentali) possono essere causa di eventi fisici» è altrettanto possibile «eventi fisici possono essere causa di (eventi mentali) cioè pensieri». Ed esattamente come la paura induce la produzione di adrenalina, così la vista del cielo stellato ti induce alla commozione. Uno scambio vero, come vedi, possibile nell’una o nell’altra direzione. Probabilmente non misurabile in erg o watt (o non ancora misurabile) ma chiaramente avvertibile da te, da me, da tutti. Il concetto espresso poi nelle parole «E che ne so? Mi piacerebbe saperlo, ma tale spiegazione sarebbe nient’altro che miseramente e grandiosamente umana…» non è altro che un gigantesco “Amen!” alla mia posizione fideistica. Dici infatti chiaramente di non avere una risposta, e subito dopo affermi quale necessariamente “deve essere” la natura di una qualunque possibile risposta. Se non è una asserzione “di fede” questa…, fa un po’ tu! Congratulazioni infine; vai benissimo anche come poeta girandolone fra le stelle. Un poeta molto timido ed introverso. Come dovrebbero essere tutti i poeti. Penso che a te si addicono molto le seguenti righe, un po’ mie, un po’ di Cirano, che scrissi una volta per Flavio Cimolin (è probabile che tu lo conosca) e che ti passo volentieri. L' iperbole che cos'é un’iperbole?… “è un apostrofo rosa messo tra le parole t'amo…” Da un matematico, però. Che può innamorarsi come un qualunque altro poeta. Io penso che fra materia e spirito non ci sia molta più distanza di quanta ce ne sia fra scienza e poesia. Rudello 21 marzo 2006 parole 292 |
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22-03-2006, 00.58.20 | #33 | |
Rudello
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Fra x ed y entrambe incognite
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Fra x ed y entrambe incognite Il primo capitolo di un libro è determinante, per il suo successo; spesso lo è la sua prima pagina. Questo concetto è noto a tutti quelli che di professione scrivono. Perché se il lettore non costretto alla lettura non è affascinato subito, e se la mente ha possibilità di distrarsi, egli interromperà la lettura ed il libro avrà fallito il suo scopo. Concetti analoghi valgono per il predicatore, l’oratore, ed il politico in campagna elettorale. Se l’ascoltatore si deconcentra, te lo sei perso. A meno naturalmente di dover studiare quel testo o recensire quell’intervento. Non è questo il caso. Il saper essere avvincenti ed immediati nello scrivere o parlare è un dono a parte, ed innata è anche la capacità di saper adeguare il proprio livello espositivo all’uditorio che si ha di fronte, ma non dipende granché dalla cultura o dall’intelligenza. Non è quindi demerito esserne scarsamente dotati. Tuttavia qualche piccolo accorgimento può essere preso, anche perché ne risulta comunque migliorata l’intelligibilità del testo. Ci hanno studiato su filologi e psicologi. E forse varrebbe di parlarne, qualche volta. Per spiegarmi, prenderò ad esempio, (e mi permetto solo perché me lo hai esplicitamente chiesto) un periodo del tuo intervento: «dopo Quine, "essere è essere il valore di una variabile", quindi se vogliamo dimostrare che x non ha un'esistenza ontologica dignitosa, dobbiamo dimostrare come il discutere di x (la fitta rete di credenze attorno a x) possa essere sostituito interamente (e preservando l'interezza del discorso attorno a x, eventualmente aumentandone la portata) dal parlare di y. in questo caso x viene ridotto a y, e x perde diritto all'esistenza.» - “dopo Quine…” presuppone che già alla seconda parola del paragrafo, dopo che il precedente ha già richiesto tutta la mia attenzione, io abbia perfettamente presente tutto il pensiero di questo signore, che certamente è un filosofo, ma di cui non ricordo, o non so invece assolutamente nulla. E lo devo sapere pregiudizialmente!... non posso bluffare con me stesso, come avrei fatto se fosse stato citato come sottolineatura di un concetto, di una frase («… come dice anche Quine.»). No, mi si chiede di saperlo da prima, perché da questa conoscenza deriva la comprensione di quello che sarà esposto dopo. E’ come se stesse scritto: «Visto che sapete esattamente cosa ha detto Quine, ed ogni possibile analisi critica che è stata fatta su di lui e che le condividete in pieno…». Devo quindi fermarmi e strizzarmi le meningi: «so tutto di questo pensatore, o vado a consultare Wikipedia?... mannaggia! proprio ora doveva cadere l’ADSL!... andiamo un po’ avanti, poi decido!» Siamo solo a parola “due” e già mi sono interrotto. - “essere è essere il valore di una variabile…” con il minimo di dimestichezza che ho con l’analisi matematica le parole mi risultano comprensibili, ma il dubbio mi rimane: «perché “dopo Quine”?... prima, non era così?... o non si sapeva?... o lui lo ha detto in una particolare accezione dei termini?...»; non posso saperlo finché non avrò consultato il mio “Bignami” (Vikipedia, nello specifico) sul pensiero del Nostro. Ma l’ADSL è ancora staccato e dovrò aspettare; nel frattempo vado avanti - “quindi se vogliamo dimostrare che x non ha un’esistenza ontologica dignitosa,…” quindi è conclusivo, e noi non ci siamo ancora mossi; arbitrariamente lo traduco in un “per cui”. “x”, forse è la generica indicazione di una variabile come indicato nel citato di Quine, ma che significa, e che senso ha “una esistenza ontologica dignitosa”?, qualità che vogliamo dimostrare essere “non” di “x”?... so che significa dignitoso, so che significa ontologico, e so che significa esistenza. Ci sono ancora a “esistenza ontologica”, ma… dignitosa?... una esistenza ontologica può essere “dignitosa” piuttosto che “disonorevole” o “indecorosa”?... Una esistenza ontologica al massimo “è”. L’esistenza ontologica poi di una generica variabile che condiziona il valore dell’essere e che questa variabile (voglio dimostrare) non avere? Decisamente ho letto e/o interpretato male qualcosa. Mi fermo e rileggo da capo, ma le parole sono quelle: forse capirò dopo. Sono al secondo rigo. - “dobbiamo dimostrare come il discutere di x (la fitta rete di credenze intorno a x)” ma chi è infine questo “x”? forse non è la variabile condizionante, ma forse proprio l’essere di cui vogliamo dimostrare il “non possesso” di una “esistenza ontologica dignitosa”!... ed allora perché l’ha chiamata “x” e non “essere”?... no, è la generica variabile. Circondata, a quanto pare, da una fitta rete di credenze. In un lampo di distrazione mi passa in mente l’immagine di uno strano grande ragno a quattro zampe che cerca di sgattaiolare in un deposito di dispense, piattaie, armadi, comò e settimanili coperti di polvere. Naturalmente non si tratta delle stesse credenze e vado oltre. - “possa essere sostituito interamente (e preservando l’interezza del discorso intorno a x, eventualmente aumentandone la portata)...” Il grosso ragno a quattro zampe è scomparso e torno serio: «che cosa può essere sostituito interamente?...» naturalmente il soggetto del discorso precedente, cioè il “dimostrare come il discutere di x”, cioè ancora il “dimostrare che x, non precisata variabile il cui valore, secondo Quine, o secondo tutti dopo Quine, ‘non’ ha le caratteristiche di una esistenza ontologica dignitosa…” ce l’ho fatta mettendo i passaggi uno sotto l’altro come si faceva dall’algebra in poi, ma qui mi blocco sul serio: “(e preservando l’interezza del discorso intorno ad x, eventualmente aumentandone la portata)…” e che è, la “portata” di x?... Vuoi vedere che “non capendoci un tubo” ci ho proprio indovinato? Ma siamo al penultimo rigo del paragrafo, e stoicamente decido di arrivare in fondo. - “dal parlare di y” Elidendo del tutto la parentesi leggo: “… possa essere sostituito interamente dal parlare di y”. Non capisco, ma arbitrariamente traduco in “… possa essere sostituito interamente col parlare di y”… Ma non ci sono lo stesso. Chi è, questo “y”?... ne abbiamo già parlato, lo abbiamo definito, ipotizzato?... non ricordo. Sono avvilito, ma di ricominciare non me la sento, e continuo. - “in questo caso x viene ridotto a y, e x perde diritto all’esistenza”. D’accordo. Se lo dici tu, e lo dice Quine… non occorre che consulti Vikipedia! Ecco, amico mio, ho cercato di “sceneggiare”, a tuo beneficio lo stato d’animo di me sprovveduto, ma non del tutto analfabeta e cretino, che legge un brano del tuo scritto pubblicato, bada bene, non nel bollettino interno della facoltà di Filosofia, ma su un forum di discussione abbastanza aperto, sia pure in una sezione denominata “filosofica”. Ed io ti rimprovero (con ogni dolcezza dei miei capelli bianchi, s’intende) di non aver fatto uno sforzo sufficiente per far capire ad ogni possibile utente del forum il tuo pensiero. Naturalmente, me lo hai già detto, non tutto può essere capito se non dagli iniziati, ed è vero. Infatti non ti ho rimproverato ieri, quando non ho capito. Ma ti rimprovero oggi, quando mi dici: «dimmi cosa non hai capito che ti spiego». Questo sottintende che, volendo, avresti potuto spiegarti anche ieri. Ed allora ti domando: «perché non l’hai fatto, visto che potevi?» Ma naturalmente ti ringrazio lo stesso. Ogni contatto umano è un dono, ogni dialogo un approfondimento, ogni pensiero offerto, e ricevuto, un passettino verso la comprensione della verità. Lucio Musto 21 marzo 2006 parole 1195 PS mi dispiace, non sono riuscito a riportare la formattazione (corsivi, grassetti ecc) che avevo messo in Word, per cui il mio testo risulta assai meno leggibile. Abbiate pazienza, imparerò |
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22-03-2006, 11.24.39 | #34 |
Non lo so...o forse si...
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Rispondo a "DDDDDDDD" dicendo che non penso proprio che nel prossimo decennio si potrà trovare la risposta, la tecnologia dovra attendere un bel po'. Forse non troveremo mai una risposta perchè come ho gia detto nel primo messaggio, l'uomo sta studiando solo una serie di prcessi, e non esattamente "dove la materia diventa pensiero".
Inltre per il fatto dei computer, questi potranno essere sempre più potenti, veloci , potranno dare l'impressione di pensare, ma saranno sempre solo macchine programmate, senza coscenza di sè. |
22-03-2006, 13.50.20 | #35 | ||
like nonsoche in rain...
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Fideistico sarebbe affidare la propria incondizionata fede al fatto che qualcos’altro dall’uomo possa produrre le ‘spiegazioni’ che esso stesso produce ed in cui chiaramente si riconoscono tutti i limiti e le potenzialità umane. Tutto sta nella testolina dell’uomo; conosci qualcosa che non vi alberghi? Fammi degli esempi, così da confutare questo mio ragionamento; argomentazioni e confutazioni escludono un pensare fideistico basato su dogmi ed a volte neanche su quelli. Dunque questa è una mia opinione/credenza e non certo un articolo di fede, come quelli che hai ampiamente espresso nei tuoi post precedenti. Fideistico è, invece, convincersi dogmaticamente che il tutto sia opera di dio, un dio chiaramente umanizzato e mitologico, un dio che non è che espressione dei nostri limiti e dei nostri difetti, un dio che affonda in tutte le contraddizioni nel quale vive, un dio oserei dire quasi ‘infantile’, secondo me, al quale evidentemente non potrò mai affidare le mie spiegazioni ultime, preferendo lasciarle al vento della poesia o del silenzio. Piuttosto mi astengo dal riporre la mia incondizionata e fideistica fede in una idea umana, qualunque essa sia; posso solo avere opinioni, fare ragionamenti che mi paiono plausibili, argomentare naturalmente a favore di questi ultimi e tutto ciò implica la possibilità di cambiare opinione, visto che mi rendo conto del fatto che stazioniamo in un circolo vizioso e non oso certamente iniziare a costruirmi credenze, che poi si trasformerebbero rapidamente ed inutilmente in fede, su ciò che esce da tale circolo. ps. Flavio Cimolin non l’avevo mai sentito prima. |
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22-03-2006, 14.55.28 | #36 | |
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Re: Fra x ed y entrambe incognite
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parto rispondendoti subito al pezzo in grasseto. io non ho mai detto (e non sostengo neppure) che solo gli iniziati & C. possano capire ciò che io voglio dire, anzi. inoltre quando io ho scritto "dimmi cosa non hai capito che ti spiego" non è che sottointendessi che appositamente volevo parlare in modo complesso, le cose stanno in modo lievemente diverse. Stanno così: è vero che questa non è una rivista della facoltà di Filosofia, ma è pur sempre un forum di filosofia, e se uno mi parla un po' di Kierkegaard (del quale non so assolutamente nulla) non mi lamenterò di certo con lui, eventualmente (se mi interessa la faccenda) cercherò di chiedere spiegazioni con umiltà. d'altro canto la filosofia ha un suo modo di esprimersi (come la fisica o la letteratura ha il suo) e ha anche un bel bagaglio culturale sulle spalle. ora tratterò i tuoi punti: 1) quando ho detto "Dopo Quine" ciò non rendeva necessaria la conoscenza completa del suo pensiero, a dir la verità non richiedeva neppure una sua conoscenza parziale. questo era solamente un approfondimento per chi fosse stato interessato ad approfondire (d'altro canto che male c'è a citare dei filosofi in un forum di filosofia?). 2) Quine ha reso esplicito il fatto che quando noi usiamo un termine per denotare una parola noi ci impegnamo nella sua esistenza, a meno che questo termine non possa essere ridotto ad un'altro (come il fulmine è stato ridotto ad una scarica elettrica). 3) chiariamo una volta per tutte questo punto banale: quando io uso 'x' e 'y' sto parlando di due termini in generale. avrei potuto dire "il fulmine è stato ridotto ad una scarica elettrica" (oppure: "l'acqua è stata ridotta a una molecola di 2 atomi d'idrogeno e 1 di ossigeno"), ma ho mantenuto x e y per rendere generale ciò che scrivevo. epicurus |
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22-03-2006, 15.17.28 | #37 | ||||
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ciao nexus se per compendere (e spiegare) le azioni dell'uomo, le scienze sociali stanno abbandonando sempre più la posizione internista per altre esterniste allora la possibilità di ridurre la mente al cervello sembra talmente distante da non essere sensata. d'altro canto sembra che sia intrinseco a ciò che noi ci aspettiamo da una spiegazione dei comportamenti umani che essi non possano essere ridotti a delle categorie naturalistiche (tipicamente: fisica+informatica): se voglio sapere perchè carlo è andato al supermercato, uno che mi rispondesse "perchè questi neuroni hanno fatto così e queste sinapsi colà" (oppure: "perchè questi quark si sono comportati così") non avrebbe proprio capito la nostra domanda, avrebbe risoposto ad altro (per la percisione avrebbe risposto alla domanda "che cosa succede nel cervello di carlo?"). con le parole di Nagel (in 'Com’è essere un pipistrello?'): Citazione:
quindi non è che ora la posizione riduzionista sia irrazionale, bensì essa è senza senso: si crede di saper a che cosa ci si riferisce quando si parla di 'ridurre la mente al cervello' ma in realtà non è affatto così. Citazione:
la tua tesi (che se non erro è anche quella di Dennett) è di dire: "i nostri stati/eventi mentali non sono altro che stati/eventi fisici, ma noi possiamo continuare a parlare con il vocabolario mentale che ci è tanto comodo". ma non puoi negare che tale asserzione muterebbe comunque radicalmente la visione dell'uomo nel mondo. Citazione:
ma se avvicino un pezzo di plastica al fuoco e lo vedo sciogliersi, mi posso chiedere "perchè si scioglie?", ed uno potrebbe rispondermi "si scoglie perchè il fuoco riscalda la plastica, e la plastica scaldata si comporta così" (spiegazione in termini di temperatura). Ma ancor meglio mi potrebbe rispondere in termini microstrutturali, cogliendo tutto ciò che l'altra spiegazione coglieva, anzi aumentando il potere esplicativo. però io sostengo che ciò non è ragionevole che avvenga anche per l'uomo (anzi, neppure noi sappiamo cosa vogliamo dire quando sosteniamo tale posizione). epicurus |
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22-03-2006, 17.37.47 | #38 | |
Rudello
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Citazione:
Chiariamoci Per carità, nessuna implicanza religiosa. “Fideistico” l’ho usato nella normale accezione linguistica italiana, non con riferimento a correnti filosofiche di pensiero. Fideistico: tutto quanto asserito senza supporto di dimostrazione. Se io dico: “E’ certamente Dio che infonde lo spirito”, è fideistico. Se uno dice: “E’ certamente un ancor sconosciuto processo neurologico ad infondere lo spirito”, è fideistico tale e quale. Secondo me. Cordialità Rudello 22 marzo 2006 parole 64 |
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22-03-2006, 17.43.02 | #39 | |
Rudello
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Re: Re: Fra x ed y entrambe incognite
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Che bella cosa che non conosci Kierkegaard! Quello si, che è uno tristo!... e triste! : si: |
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22-03-2006, 18.43.11 | #40 | |
like nonsoche in rain...
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Mannaggia la connessione è partita ed ho perso tutta la benedetta risposta... questo è quello che mi è rimasto in mente...
-------------------------------------------------------- ----------------------------------------------------------------- Conoscevo già il tuo pensiero, Epicurus. Il tuo punto di vista sembra in gran parte condivisibile. Con il mio post precedente volevo in effetti solo discutere il fatto che pure un’eventuale e parziale riduzione di un certo stato mentale non implica affatto la sua eliminazione, in quanto esso è non soltanto indispensabile per spiegare un certo comportamento, ma in un certo senso ‘esistente’ poichè dotato di una efficacia causale, come per esempio certe proprietà macroscopiche fisiche riducibili. Sono d’accordo con il fatto che sostenere invariabilmente che la mente in toto verrà ridotta al cervello mi sembra attualmente, questo sì, alquanto fideistico o ‘mistico’ come c’è scritto nel pezzo citato di Nagel; basta considerare il fatto che il nostro linguaggio, attraverso il quale sono definite le categorie mentali, è una costruzione sociale, come tu mi insegni. Tuttavia pur essendo molti stati mentali legati a circostanze ambientali o sociali, essi provocano azioni, movimenti fisici SOLO grazie al sostrato cerebrale, cioè solo tramite meccanismi neurali; sono abbastanza fiducioso del fatto che le neuroscienze possano aiutare a chiarire un pò di questi meccanismi e penso pure che questo possa essere molto importante da un punto di vista esplicativo. Certo spiegare perchè Carlo è andato al supermercato, fotografando il suo stato neurale istantaneo, sposta il problema; tuttavia capire ad un livello più fondamentale perchè un certo stato mentale, tipo la ‘rabbia’, provochi certe reazioni non credo proprio che sia inutile o impossibile per principio. D'altronde vi sono delle regolarità nei nostri comportamenti; per esempio lo stato che noi abbiamo etichettato come ‘rabbia’ provoca tutta una serie di reazioni (rossore in viso, battito cardiaco e pressione in aumento ecc...), che ci hanno permesso di definire nel linguaggio la parola ‘rabbia’; certo non siamo dei robot tutti uguali ovvero non ci arrabbiamo in modo uguale e dunque pensare che in futuro si riesca a riconoscere la mappa perfetta dello stato neurale corrispondente alla 'rabbia' mi sembra utopistico, come già detto; ma quelle regolarità fanno comunque nascere delle interessanti riflessioni... non trovi? Un qualche tipo di descrizione neurale non potrebbe contribuire a spiegare ciò che avviene durante lo stato mentale della 'rabbia', che sembra presentare aspetti così 'simili' in tutti noi? Trovi che una tale indagine sia destinata al fallimento per principio? Oppure che non serva a nulla? Certo non so bene come ciò potrà avvenire, poichè non sono un neuroscienziato, ma visti i progressi attuali non mi sento di escludere per principio che si possa giungere a spiegazioni un pò più approfondite, non sostenendo certo che tutta la mente verrà ridotta al cervello, conclusione possibile attualmente solo attraverso ragionamenti 'metafisici'. Citazione:
Comunque sono d’accordo con quello che dici ora, ma ho detto forse un tipo di frase somigliante ad una di quelle due? |
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