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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 21-03-2006, 19.30.22   #31
nexus6
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Epicurus dice cose sagge: attualmente le categorie adatte a proporre spiegazioni non banali dei fenomeni mentali non sono certo quelle fisiche (intendendo neurologiche); ipotizzando, però, che le neuroscienze riescano a compiere notevoli passi in avanti e precisamente riescano ad associare certi tipi neurologici a certi tipi mentali, molte delle categorie mentali che attualmente sembrano non riducibili potranno appunto essere ridotte, ovvero riportate ad una spiegazione più ‘fondamentale’; ma se ciò avverrà, pur se allo stato attuale delle cose ciò pare remoto, tali categorie mentali (es. la gelosia, la meraviglia, la paura ecc...) verranno buttate via? Penso di no.

Prendiamo per esempio la temperatura. Si sa che essa è una quantità macroscopica riducibile ad interazioni microscopiche tra le particelle che compongono una certa sostanza; ma essa è stata buttata via? No! Il paragone tra eventuali stati mentali ridotti, cioè spiegati in termini di stati neurologici, e la temperatura penso che sia calzante per discutere di riduzionismo, ma senza che esso porti all’eliminazione degli stati mentali. La proprietà ‘temperatura’ non è solo utile, ma in un certo senso ‘esistente’, tant’è che esistono procedure per ‘misurarla’.

Mettiamo che il tipo di stato mentale ‘gelosia’ venga associato, in un futuro remoto, ad un corrispondente tipo neurologico; ebbene una spiegazione come “Mario sta male perchè è geloso” non avrebbe più motivo di esistere? Sono concorde con Epicurus nel dire che tale spiegazione non perderebbe la sua efficacia, così come avviene per esempio per la proposizione “nella mia stanza ci sono 23°C”, pur sapendo che tale misurazione macroscopica è in realtà frutto di interazioni microscopiche modellizzate ampiamente dalla Fisica, dalle quali ‘emergono’ quantità medie come appunto la temperatura, la pressione, la conducibilità elettrica ecc... ecc...

Rudello, non ho capito le tue perplessità riguardo alla seconda ipotesi; essenzialmente essa consiste nel supporre la ‘chiusura’ causale, come si dice in gergo, del mondo fisico ovvero uno stato fisico non può che essere stato causato da un altro stato fisico. Tale ipotesi è corroborata da una tale messe di dati sperimentali che difficilmente è sottoponibile a critiche ‘filosofiche’; essa deriva appunto da tutte le leggi di conservazione (tu ne hai citate un pò), tra le quali una di quelle storicamente e forse fisicamente più importante è la conservazione dell’energia. Siccome nel cervello avvengono innumerevoli fenomeni con scambi di energia (qui non ci interessa entrare nel dettaglio), si DEVE ipotizzare che essi non violino la conservazione dell’energia; se accetti la prima ipotesi senza battere ciglio capisci bene che ciò ti porta dritto dritto alla tesi suddetta, dunque le critiche devono concentrarsi sulla prima ipotesi, se la tesi sembra creare dei problemi ed effettivamente sembra crearne... o no? Ad un ‘materialista’ tale tesi fa piacere... ma ad uno psicologo per esempio?

Ecco che dunque entra in gioco ciò che dice Epicurus e ciò che ho tentato malamente di spiegare a proposito delle leggi psicofisiche non ‘causali’ che aggirano la seconda ipotesi. A questo punto ci si potrebbe interrogare sulla questione del libero arbitrio, sulla causalità umana...; se esistono leggi psicofisiche di qualche tipo l’essere umano non sembra poi essere così tanto libero... ma è meglio che lasciamo stare... ora...

Capisco la voglia di lasciare stare ‘queste cose’ e dunque da qui in poi le lascerò stare, per rivolgermi a quest’altra questione:
Citazione:
Rudello scrive:
Rimane irrisolta la domanda: «Perché guardando un cielo stellato, la sera, mi vengono agli occhi lagrime di commozione?... e perché mi commuovo nuovamente anche con gli occhi chiusi e solo “ricordandolo”, quel cielo stellato?»
E che ne so? Mi piacerebbe saperlo, ma tale spiegazione sarebbe nient’altro che miseramente e grandiosamente umana...

... quando in una stupenda notte stellata sciolgo le briglie dei miei pensieri, tutte le ‘spiegazioni’ assumono il ruolo di semplici spettatrici... nulla di più... vorrebbero forse ancora farla da padrone, ma le uso solamente affinchè la mia mente possa volare più in alto, possa immaginare ‘mondi’, spiegazioni ulteriori, lontane, remote che per un attimo fanno capolino nei miei pensieri. Sento che il cielo mi ‘nutre’... è fecondo in un certo senso... mi propone straordinari viaggi, si parte dalla Via Lattea gremita di stelle come un palco sfavillante sull’infinito e poi...

... le solite domande che ammiccano solitarie e prepotenti verso i miei pensieri che hanno avuto l’ardire di spingersi fin lassù... fino ai limiti... fino alla frontiera che ora pare più sfumata e non netta ed invalicabile come la razionalità e le ‘spiegazioni’ vorrebbero far credere.

Il cielo fecondo mi riduce ad un granellino di sabbia in una cattedrale, atterrito, spaventato ed al contempo mi crea il sentimento che, seppur confinato è il mio percepire, io sia connesso, sia parte di qualcos’altro, sia affine all’infinito (e qui ho utilizzato una mia poesia dedicata ad una meravigliosa gentil donzella...).

Precipitando nuovamente e rovinosamente... si troverà una spiegazione a tutto ciò? E’ stata già trovata? Ridicola mi par ora la convinzione di voler razionalizzare questo 'sentire'... sento la tensione tra i due e più me stessi...; la mente d'altronde è sempre lì presente e tenta di narrativizzare (si dice così?), cioè rendere 'narrazione' quelle che sono le sue percezioni, seppur profondamente limitate e terribilmente incomplete, per poi produrre 'spiegazioni' che abbiano una parvenza di coerenza ai suoi occhi.

Citazione:
Rudello scrive:
nexus6… e non è nemmeno vero che sei sempre serio: non ti ci vedo proprio emigrare sulle galassie esterne per influenze berlusconiane. Ma a chi lo racconti! Tu, se te ne vai in giro per il cosmo, è perché sei un girandolone curioso, non perché quello arivince o oriperde!
Vado in giro per il cosmo per perdermi; accade spontaneamente quando inizio ad affogare nella razionalità, forse è un meccanismo di autodifesa, o quando zampilla per caso un pensiero nella mia mente, che diventa rapidamente il seme delle mie visioni.

Ma questo non c’entra nulla, forse, con la discussione in corso e dunque mi fermo.


Ultima modifica di nexus6 : 21-03-2006 alle ore 19.35.44.
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Vecchio 22-03-2006, 00.36.57   #32
Lucio Musto
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Messaggio originale inviato da nexus6

Rudello, non ho capito le tue perplessità riguardo alla seconda ipotesi;


...
...
Mi piacerebbe saperlo, ma tale spiegazione sarebbe nient’altro che miseramente e grandiosamente umana...

... quando in una stupenda notte stellata sciolgo le briglie dei miei pensieri...

....
.....

Vado in giro per il cosmo per perdermi; accade spontaneamente quando inizio ad affogare nella razionalità,



Nexus6, evidentemente non ho espresso chiaramente la mia perplessità. Fuor di dubbio che la conservazione dell’energia fisica valga rigorosamente anche nei processi fisici che avvengono nel cervello, ma non dimostra che non ci siano “altre” azioni esterne.
E così come affermi nella prima ipotesi che «pensieri (eventi mentali) possono essere causa di eventi fisici» è altrettanto possibile «eventi fisici possono essere causa di (eventi mentali) cioè pensieri». Ed esattamente come la paura induce la produzione di adrenalina, così la vista del cielo stellato ti induce alla commozione.
Uno scambio vero, come vedi, possibile nell’una o nell’altra direzione.
Probabilmente non misurabile in erg o watt (o non ancora misurabile) ma chiaramente avvertibile da te, da me, da tutti.

Il concetto espresso poi nelle parole «E che ne so? Mi piacerebbe saperlo, ma tale spiegazione sarebbe nient’altro che miseramente e grandiosamente umana…» non è altro che un gigantesco “Amen!” alla mia posizione fideistica.
Dici infatti chiaramente di non avere una risposta, e subito dopo affermi quale necessariamente “deve essere” la natura di una qualunque possibile risposta. Se non è una asserzione “di fede” questa…, fa un po’ tu!

Congratulazioni infine; vai benissimo anche come poeta girandolone fra le stelle.
Un poeta molto timido ed introverso. Come dovrebbero essere tutti i poeti.

Penso che a te si addicono molto le seguenti righe, un po’ mie, un po’ di Cirano, che scrissi una volta per Flavio Cimolin (è probabile che tu lo conosca) e che ti passo volentieri.

L' iperbole

che cos'é un’iperbole?…
“è un apostrofo rosa
messo tra le parole t'amo…”

Da un matematico, però.
Che può innamorarsi
come un qualunque
altro poeta.


Io penso che fra materia e spirito non ci sia molta più distanza di quanta ce ne sia fra scienza e poesia.

Rudello 21 marzo 2006 parole 292

Lucio Musto is offline  
Vecchio 22-03-2006, 00.58.20   #33
Lucio Musto
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Fra x ed y entrambe incognite

Citazione:
Messaggio originale inviato da epicurus
Rudello, mi dispiace se il mio messaggio non e` stato sufficientemente chiaro,...
...
...
e` come pretendere di spiegare perche` l'italia e` a crescita 0 (e fornire una strategia per superare il problema) parlando solamente di quark e affini.


epicurus

Fra x ed y entrambe incognite


Il primo capitolo di un libro è determinante, per il suo successo; spesso lo è la sua prima pagina.
Questo concetto è noto a tutti quelli che di professione scrivono.
Perché se il lettore non costretto alla lettura non è affascinato subito, e se la mente ha possibilità di distrarsi, egli interromperà la lettura ed il libro avrà fallito il suo scopo.

Concetti analoghi valgono per il predicatore, l’oratore, ed il politico in campagna elettorale. Se l’ascoltatore si deconcentra, te lo sei perso. A meno naturalmente di dover studiare quel testo o recensire quell’intervento. Non è questo il caso.

Il saper essere avvincenti ed immediati nello scrivere o parlare è un dono a parte, ed innata è anche la capacità di saper adeguare il proprio livello espositivo all’uditorio che si ha di fronte, ma non dipende granché dalla cultura o dall’intelligenza. Non è quindi demerito esserne scarsamente dotati.

Tuttavia qualche piccolo accorgimento può essere preso, anche perché ne risulta comunque migliorata l’intelligibilità del testo.
Ci hanno studiato su filologi e psicologi. E forse varrebbe di parlarne, qualche volta.

Per spiegarmi, prenderò ad esempio, (e mi permetto solo perché me lo hai esplicitamente chiesto) un periodo del tuo intervento:

«dopo Quine, "essere è essere il valore di una variabile", quindi se vogliamo dimostrare che x non ha un'esistenza ontologica dignitosa, dobbiamo dimostrare come il discutere di x (la fitta rete di credenze attorno a x) possa essere sostituito interamente (e preservando l'interezza del discorso attorno a x, eventualmente aumentandone la portata) dal parlare di y. in questo caso x viene ridotto a y, e x perde diritto all'esistenza.»

- “dopo Quine…” presuppone che già alla seconda parola del paragrafo, dopo che il precedente ha già richiesto tutta la mia attenzione, io abbia perfettamente presente tutto il pensiero di questo signore, che certamente è un filosofo, ma di cui non ricordo, o non so invece assolutamente nulla.
E lo devo sapere pregiudizialmente!... non posso bluffare con me stesso, come avrei fatto se fosse stato citato come sottolineatura di un concetto, di una frase («… come dice anche Quine.»). No, mi si chiede di saperlo da prima, perché da questa conoscenza deriva la comprensione di quello che sarà esposto dopo. E’ come se stesse scritto: «Visto che sapete esattamente cosa ha detto Quine, ed ogni possibile analisi critica che è stata fatta su di lui e che le condividete in pieno…».
Devo quindi fermarmi e strizzarmi le meningi: «so tutto di questo pensatore, o vado a consultare Wikipedia?... mannaggia! proprio ora doveva cadere l’ADSL!... andiamo un po’ avanti, poi decido!»
Siamo solo a parola “due” e già mi sono interrotto.

- “essere è essere il valore di una variabile…” con il minimo di dimestichezza che ho con l’analisi matematica le parole mi risultano comprensibili, ma il dubbio mi rimane: «perché “dopo Quine”?... prima, non era così?... o non si sapeva?... o lui lo ha detto in una particolare accezione dei termini?...»; non posso saperlo finché non avrò consultato il mio “Bignami” (Vikipedia, nello specifico) sul pensiero del Nostro.

Ma l’ADSL è ancora staccato e dovrò aspettare; nel frattempo vado avanti

- “quindi se vogliamo dimostrare che x non ha un’esistenza ontologica dignitosa,…” quindi è conclusivo, e noi non ci siamo ancora mossi; arbitrariamente lo traduco in un “per cui”. “x”, forse è la generica indicazione di una variabile come indicato nel citato di Quine, ma che significa, e che senso ha “una esistenza ontologica dignitosa”?, qualità che vogliamo dimostrare essere “non” di “x”?... so che significa dignitoso, so che significa ontologico, e so che significa esistenza. Ci sono ancora a “esistenza ontologica”, ma… dignitosa?... una esistenza ontologica può essere “dignitosa” piuttosto che “disonorevole” o “indecorosa”?... Una esistenza ontologica al massimo “è”. L’esistenza ontologica poi di una generica variabile che condiziona il valore dell’essere e che questa variabile (voglio dimostrare) non avere?

Decisamente ho letto e/o interpretato male qualcosa. Mi fermo e rileggo da capo, ma le parole sono quelle: forse capirò dopo. Sono al secondo rigo.

- “dobbiamo dimostrare come il discutere di x (la fitta rete di credenze intorno a x)” ma chi è infine questo “x”? forse non è la variabile condizionante, ma forse proprio l’essere di cui vogliamo dimostrare il “non possesso” di una “esistenza ontologica dignitosa”!... ed allora perché l’ha chiamata “x” e non “essere”?... no, è la generica variabile. Circondata, a quanto pare, da una fitta rete di credenze.

In un lampo di distrazione mi passa in mente l’immagine di uno strano grande ragno a quattro zampe che cerca di sgattaiolare in un deposito di dispense, piattaie, armadi, comò e settimanili coperti di polvere. Naturalmente non si tratta delle stesse credenze e vado oltre.

- “possa essere sostituito interamente (e preservando l’interezza del discorso intorno a x, eventualmente aumentandone la portata)...”
Il grosso ragno a quattro zampe è scomparso e torno serio: «che cosa può essere sostituito interamente?...» naturalmente il soggetto del discorso precedente, cioè il

“dimostrare come il discutere di x”,

cioè ancora il

“dimostrare che x, non precisata variabile il cui valore, secondo Quine, o secondo tutti dopo Quine, ‘non’ ha le caratteristiche di una esistenza ontologica dignitosa…”

ce l’ho fatta mettendo i passaggi uno sotto l’altro come si faceva dall’algebra in poi, ma qui mi blocco sul serio: “(e preservando l’interezza del discorso intorno ad x, eventualmente aumentandone la portata)…” e che è, la “portata” di x?...
Vuoi vedere che “non capendoci un tubo” ci ho proprio indovinato?
Ma siamo al penultimo rigo del paragrafo, e stoicamente decido di arrivare in fondo.

- “dal parlare di y” Elidendo del tutto la parentesi leggo: “… possa essere sostituito interamente dal parlare di y”. Non capisco, ma arbitrariamente traduco in “… possa essere sostituito interamente col parlare di y”… Ma non ci sono lo stesso. Chi è, questo “y”?... ne abbiamo già parlato, lo abbiamo definito, ipotizzato?... non ricordo. Sono avvilito, ma di ricominciare non me la sento, e continuo.

- “in questo caso x viene ridotto a y, e x perde diritto all’esistenza”. D’accordo. Se lo dici tu, e lo dice Quine… non occorre che consulti Vikipedia!


Ecco, amico mio, ho cercato di “sceneggiare”, a tuo beneficio lo stato d’animo di me sprovveduto, ma non del tutto analfabeta e cretino, che legge un brano del tuo scritto pubblicato, bada bene, non nel bollettino interno della facoltà di Filosofia, ma su un forum di discussione abbastanza aperto, sia pure in una sezione denominata “filosofica”.

Ed io ti rimprovero (con ogni dolcezza dei miei capelli bianchi, s’intende) di non aver fatto uno sforzo sufficiente per far capire ad ogni possibile utente del forum il tuo pensiero.
Naturalmente, me lo hai già detto, non tutto può essere capito se non dagli iniziati, ed è vero.

Infatti non ti ho rimproverato ieri, quando non ho capito.
Ma ti rimprovero oggi, quando mi dici: «dimmi cosa non hai capito che ti spiego».
Questo sottintende che, volendo, avresti potuto spiegarti anche ieri.
Ed allora ti domando: «perché non l’hai fatto, visto che potevi?»

Ma naturalmente ti ringrazio lo stesso. Ogni contatto umano è un dono, ogni dialogo un approfondimento, ogni pensiero offerto, e ricevuto, un passettino verso la comprensione della verità.


Lucio Musto 21 marzo 2006 parole 1195




PS mi dispiace, non sono riuscito a riportare la formattazione (corsivi, grassetti ecc) che avevo messo in Word, per cui il mio testo risulta assai meno leggibile. Abbiate pazienza, imparerò
Lucio Musto is offline  
Vecchio 22-03-2006, 11.24.39   #34
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Rispondo a "DDDDDDDD" dicendo che non penso proprio che nel prossimo decennio si potrà trovare la risposta, la tecnologia dovra attendere un bel po'. Forse non troveremo mai una risposta perchè come ho gia detto nel primo messaggio, l'uomo sta studiando solo una serie di prcessi, e non esattamente "dove la materia diventa pensiero".
Inltre per il fatto dei computer, questi potranno essere sempre più potenti, veloci , potranno dare l'impressione di pensare, ma saranno sempre solo macchine programmate, senza coscenza di sè.
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Vecchio 22-03-2006, 13.50.20   #35
nexus6
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Rudello scrive:
Nexus6, evidentemente non ho espresso chiaramente la mia perplessità. Fuor di dubbio che la conservazione dell’energia fisica valga rigorosamente anche nei processi fisici che avvengono nel cervello, ma non dimostra che non ci siano “altre” azioni esterne.
E così come affermi nella prima ipotesi che «pensieri (eventi mentali) possono essere causa di eventi fisici» è altrettanto possibile «eventi fisici possono essere causa di (eventi mentali) cioè pensieri». Ed esattamente come la paura induce la produzione di adrenalina, così la vista del cielo stellato ti induce alla commozione.
Uno scambio vero, come vedi, possibile nell’una o nell’altra direzione.
Probabilmente non misurabile in erg o watt (o non ancora misurabile) ma chiaramente avvertibile da te, da me, da tutti.
Il fatto che le leggi di conservazione non dimostrino necessariamente che non vi possano essere altri tipi di ‘azioni’ è chiaro ed è proprio questo uno degli oggetti dell’argomento in discussione, mi pare. Se eventi fisici possono essere causa di eventi mentali e viceversa, come effettivamente ci appare, questi due mondi dovranno pur essere legati in qualche ‘strano’ modo; pure questo è abbastanza accettabile, anche se neanche su questo punto i pareri di alcuni filosofi sono concordi. Bisogna soffermarsi su questo legame e sulle differenze che tali due mondi presentano, poiché se li si unisce troppo con ragionamenti come quello che ho presentato in precedenza, il “mondo fisico” impone delle drastiche e vincolanti regole che difficilmente all’altro “mondo” paiono aderire.

Citazione:
Rudello scrive:
Il concetto espresso poi nelle parole «E che ne so? Mi piacerebbe saperlo, ma tale spiegazione sarebbe nient’altro che miseramente e grandiosamente umana…» non è altro che un gigantesco “Amen!” alla mia posizione fideistica.
Dici infatti chiaramente di non avere una risposta, e subito dopo affermi quale necessariamente “deve essere” la natura di una qualunque possibile risposta. Se non è una asserzione “di fede” questa…, fa un po’ tu!
Beh… non mi sembra di essere stato poi così fideista; qualunque risposta, pure quelle religiose, non sono forse nient’altro che umane nella misura in cui ci è dato di conoscerle? Fideismo sarebbe se non argomentassi; tutto quello che posso pensare è palesemente prodotto da me stesso e pure se non fosse così non potrei venirne a conoscenza; ciò non può naturalmente escludere che non vi sia dell'altro, ma una cosa è ragionarci, filosofeggiarci, poetarci sopra, altra cosa è riporci la propria illimitata fede e far sì che i propri ragionamenti diventino dei dogmi intoccabili.

Fideistico sarebbe affidare la propria incondizionata fede al fatto che qualcos’altro dall’uomo possa produrre le ‘spiegazioni’ che esso stesso produce ed in cui chiaramente si riconoscono tutti i limiti e le potenzialità umane. Tutto sta nella testolina dell’uomo; conosci qualcosa che non vi alberghi? Fammi degli esempi, così da confutare questo mio ragionamento; argomentazioni e confutazioni escludono un pensare fideistico basato su dogmi ed a volte neanche su quelli.
Dunque questa è una mia opinione/credenza e non certo un articolo di fede, come quelli che hai ampiamente espresso nei tuoi post precedenti.

Fideistico è, invece, convincersi dogmaticamente che il tutto sia opera di dio, un dio chiaramente umanizzato e mitologico, un dio che non è che espressione dei nostri limiti e dei nostri difetti, un dio che affonda in tutte le contraddizioni nel quale vive, un dio oserei dire quasi ‘infantile’, secondo me, al quale evidentemente non potrò mai affidare le mie spiegazioni ultime, preferendo lasciarle al vento della poesia o del silenzio.

Piuttosto mi astengo dal riporre la mia incondizionata e fideistica fede in una idea umana, qualunque essa sia; posso solo avere opinioni, fare ragionamenti che mi paiono plausibili, argomentare naturalmente a favore di questi ultimi e tutto ciò implica la possibilità di cambiare opinione, visto che mi rendo conto del fatto che stazioniamo in un circolo vizioso e non oso certamente iniziare a costruirmi credenze, che poi si trasformerebbero rapidamente ed inutilmente in fede, su ciò che esce da tale circolo.



ps. Flavio Cimolin non l’avevo mai sentito prima.
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Vecchio 22-03-2006, 14.55.28   #36
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Re: Fra x ed y entrambe incognite

Citazione:
Messaggio originale inviato da Rudello
1)“dopo Quine…” presuppone che già alla seconda parola del paragrafo, dopo che il precedente ha già richiesto tutta la mia attenzione, io abbia perfettamente presente tutto il pensiero di questo signore, che certamente è un filosofo, ma di cui non ricordo, o non so invece assolutamente nulla.
[...]
2) “essere è essere il valore di una variabile…” con il minimo di dimestichezza che ho con l’analisi matematica le parole mi risultano comprensibili, ma il dubbio mi rimane: «perché “dopo Quine”?... prima, non era così?
[...]
“3)dobbiamo dimostrare come il discutere di x (la fitta rete di credenze intorno a x)” ma chi è infine questo “x”?
[...]
Naturalmente, me lo hai già detto, non tutto può essere capito se non dagli iniziati, ed è vero.
Infatti non ti ho rimproverato ieri, quando non ho capito.
Ma ti rimprovero oggi, quando mi dici: «dimmi cosa non hai capito che ti spiego».
Questo sottintende che, volendo, avresti potuto spiegarti anche ieri.
Ed allora ti domando: «perché non l’hai fatto, visto che potevi?»

parto rispondendoti subito al pezzo in grasseto. io non ho mai detto (e non sostengo neppure) che solo gli iniziati & C. possano capire ciò che io voglio dire, anzi.
inoltre quando io ho scritto "dimmi cosa non hai capito che ti spiego" non è che sottointendessi che appositamente volevo parlare in modo complesso, le cose stanno in modo lievemente diverse. Stanno così: è vero che questa non è una rivista della facoltà di Filosofia, ma è pur sempre un forum di filosofia, e se uno mi parla un po' di Kierkegaard (del quale non so assolutamente nulla) non mi lamenterò di certo con lui, eventualmente (se mi interessa la faccenda) cercherò di chiedere spiegazioni con umiltà. d'altro canto la filosofia ha un suo modo di esprimersi (come la fisica o la letteratura ha il suo) e ha anche un bel bagaglio culturale sulle spalle.

ora tratterò i tuoi punti:
1) quando ho detto "Dopo Quine" ciò non rendeva necessaria la conoscenza completa del suo pensiero, a dir la verità non richiedeva neppure una sua conoscenza parziale. questo era solamente un approfondimento per chi fosse stato interessato ad approfondire (d'altro canto che male c'è a citare dei filosofi in un forum di filosofia?).

2) Quine ha reso esplicito il fatto che quando noi usiamo un termine per denotare una parola noi ci impegnamo nella sua esistenza, a meno che questo termine non possa essere ridotto ad un'altro (come il fulmine è stato ridotto ad una scarica elettrica).

3) chiariamo una volta per tutte questo punto banale: quando io uso 'x' e 'y' sto parlando di due termini in generale. avrei potuto dire "il fulmine è stato ridotto ad una scarica elettrica" (oppure: "l'acqua è stata ridotta a una molecola di 2 atomi d'idrogeno e 1 di ossigeno"), ma ho mantenuto x e y per rendere generale ciò che scrivevo.


epicurus
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Vecchio 22-03-2006, 15.17.28   #37
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Messaggio originale inviato da nexus6
Epicurus dice cose sagge: attualmente le categorie adatte a proporre spiegazioni non banali dei fenomeni mentali non sono certo quelle fisiche (intendendo neurologiche); ipotizzando, però, che le neuroscienze riescano a compiere notevoli passi in avanti e precisamente riescano ad associare certi tipi neurologici a certi tipi mentali, molte delle categorie mentali che attualmente sembrano non riducibili potranno appunto essere ridotte, ovvero riportate ad una spiegazione più ‘fondamentale’

ciao nexus

se per compendere (e spiegare) le azioni dell'uomo, le scienze sociali stanno abbandonando sempre più la posizione internista per altre esterniste allora la possibilità di ridurre la mente al cervello sembra talmente distante da non essere sensata. d'altro canto sembra che sia intrinseco a ciò che noi ci aspettiamo da una spiegazione dei comportamenti umani che essi non possano essere ridotti a delle categorie naturalistiche (tipicamente: fisica+informatica): se voglio sapere perchè carlo è andato al supermercato, uno che mi rispondesse "perchè questi neuroni hanno fatto così e queste sinapsi colà" (oppure: "perchè questi quark si sono comportati così") non avrebbe proprio capito la nostra domanda, avrebbe risoposto ad altro (per la percisione avrebbe risposto alla domanda "che cosa succede nel cervello di carlo?").

con le parole di Nagel (in 'Com’è essere un pipistrello?'):
Citazione:
Dopotutto, si dirà, il significato del fisicalismo è abbastanza chiaro: gli stati mentali sono stati del corpo; gli eventi mentali sono eventi fisici. Non sappiamo di quali stati ed eventi fisici si tratti, ma ciò non dovrebbe impedirci di capire quell’ipotesi. Che cosa potrebbe essere più chiaro delle parole “è” e “sono”?
Ma io credo che sia ingannevole proprio l’apparente chiarezza della parola “è”. Di solito, quanto veniamo a sapere che X è Y sappiamo come si suppone che sia vero, ma ciò dipende da un conteso concettuale o teorico, e il solo “è” non è sufficiente. […] Senza il quadro teorico, l’identificazione è circondata da un’aura di misticismo.

quindi non è che ora la posizione riduzionista sia irrazionale, bensì essa è senza senso: si crede di saper a che cosa ci si riferisce quando si parla di 'ridurre la mente al cervello' ma in realtà non è affatto così.

Citazione:
ma se ciò avverrà, pur se allo stato attuale delle cose ciò pare remoto, tali categorie mentali (es. la gelosia, la meraviglia, la paura ecc...) verranno buttate via? Penso di no.
Prendiamo per esempio la temperatura.

la tua tesi (che se non erro è anche quella di Dennett) è di dire: "i nostri stati/eventi mentali non sono altro che stati/eventi fisici, ma noi possiamo continuare a parlare con il vocabolario mentale che ci è tanto comodo".
ma non puoi negare che tale asserzione muterebbe comunque radicalmente la visione dell'uomo nel mondo.

Citazione:
Sono concorde con Epicurus nel dire che tale spiegazione non perderebbe la sua efficacia, così come avviene per esempio per la proposizione “nella mia stanza ci sono 23°C”, pur sapendo che tale misurazione macroscopica è in realtà frutto di interazioni microscopiche modellizzate ampiamente dalla Fisica, dalle quali ‘emergono’ quantità medie come appunto la temperatura, la pressione, la conducibilità elettrica ecc... ecc...

ma se avvicino un pezzo di plastica al fuoco e lo vedo sciogliersi, mi posso chiedere "perchè si scioglie?", ed uno potrebbe rispondermi "si scoglie perchè il fuoco riscalda la plastica, e la plastica scaldata si comporta così" (spiegazione in termini di temperatura). Ma ancor meglio mi potrebbe rispondere in termini microstrutturali, cogliendo tutto ciò che l'altra spiegazione coglieva, anzi aumentando il potere esplicativo.
però io sostengo che ciò non è ragionevole che avvenga anche per l'uomo (anzi, neppure noi sappiamo cosa vogliamo dire quando sosteniamo tale posizione).


epicurus
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Vecchio 22-03-2006, 17.37.47   #38
Lucio Musto
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Beh… non mi sembra di essere stato poi così fideista; qualunque risposta, pure quelle religiose, non sono forse nient’altro che umane nella misura in cui ci è dato di conoscerle?







Chiariamoci

Per carità, nessuna implicanza religiosa. “Fideistico” l’ho usato nella normale accezione linguistica italiana, non con riferimento a correnti filosofiche di pensiero.

Fideistico: tutto quanto asserito senza supporto di dimostrazione.

Se io dico: “E’ certamente Dio che infonde lo spirito”, è fideistico.
Se uno dice: “E’ certamente un ancor sconosciuto processo neurologico ad infondere lo spirito”, è fideistico tale e quale.

Secondo me.

Cordialità

Rudello 22 marzo 2006 parole 64

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Vecchio 22-03-2006, 17.43.02   #39
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Re: Re: Fra x ed y entrambe incognite

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Messaggio originale inviato da epicurus
io non ho mai detto (e non sostengo neppure) che solo gli iniziati & C. possano capire ciò che io voglio dire, anzi.

Che bella cosa che non conosci Kierkegaard!
Quello si, che è uno tristo!... e triste!

: si:
Lucio Musto is offline  
Vecchio 22-03-2006, 18.43.11   #40
nexus6
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Mannaggia la connessione è partita ed ho perso tutta la benedetta risposta... questo è quello che mi è rimasto in mente...
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Conoscevo già il tuo pensiero, Epicurus.

Il tuo punto di vista sembra in gran parte condivisibile. Con il mio post precedente volevo in effetti solo discutere il fatto che pure un’eventuale e parziale riduzione di un certo stato mentale non implica affatto la sua eliminazione, in quanto esso è non soltanto indispensabile per spiegare un certo comportamento, ma in un certo senso ‘esistente’ poichè dotato di una efficacia causale, come per esempio certe proprietà macroscopiche fisiche riducibili.

Sono d’accordo con il fatto che sostenere invariabilmente che la mente in toto verrà ridotta al cervello mi sembra attualmente, questo sì, alquanto fideistico o ‘mistico’ come c’è scritto nel pezzo citato di Nagel; basta considerare il fatto che il nostro linguaggio, attraverso il quale sono definite le categorie mentali, è una costruzione sociale, come tu mi insegni.

Tuttavia pur essendo molti stati mentali legati a circostanze ambientali o sociali, essi provocano azioni, movimenti fisici SOLO grazie al sostrato cerebrale, cioè solo tramite meccanismi neurali; sono abbastanza fiducioso del fatto che le neuroscienze possano aiutare a chiarire un pò di questi meccanismi e penso pure che questo possa essere molto importante da un punto di vista esplicativo. Certo spiegare perchè Carlo è andato al supermercato, fotografando il suo stato neurale istantaneo, sposta il problema; tuttavia capire ad un livello più fondamentale perchè un certo stato mentale, tipo la ‘rabbia’, provochi certe reazioni non credo proprio che sia inutile o impossibile per principio.

D'altronde vi sono delle regolarità nei nostri comportamenti; per esempio lo stato che noi abbiamo etichettato come ‘rabbia’ provoca tutta una serie di reazioni (rossore in viso, battito cardiaco e pressione in aumento ecc...), che ci hanno permesso di definire nel linguaggio la parola ‘rabbia’; certo non siamo dei robot tutti uguali ovvero non ci arrabbiamo in modo uguale e dunque pensare che in futuro si riesca a riconoscere la mappa perfetta dello stato neurale corrispondente alla 'rabbia' mi sembra utopistico, come già detto; ma quelle regolarità fanno comunque nascere delle interessanti riflessioni... non trovi? Un qualche tipo di descrizione neurale non potrebbe contribuire a spiegare ciò che avviene durante lo stato mentale della 'rabbia', che sembra presentare aspetti così 'simili' in tutti noi? Trovi che una tale indagine sia destinata al fallimento per principio? Oppure che non serva a nulla? Certo non so bene come ciò potrà avvenire, poichè non sono un neuroscienziato, ma visti i progressi attuali non mi sento di escludere per principio che si possa giungere a spiegazioni un pò più approfondite, non sostenendo certo che tutta la mente verrà ridotta al cervello, conclusione possibile attualmente solo attraverso ragionamenti 'metafisici'.


Citazione:
Rudello scrive:
Chiariamoci

Per carità, nessuna implicanza religiosa. “Fideistico” l’ho usato nella normale accezione linguistica italiana, non con riferimento a correnti filosofiche di pensiero.

Fideistico: tutto quanto asserito senza supporto di dimostrazione.

Se io dico: “E’ certamente Dio che infonde lo spirito”, è fideistico.
Se uno dice: “E’ certamente un ancor sconosciuto processo neurologico ad infondere lo spirito”, è fideistico tale e quale.

Secondo me.
In effetti avevo finora evitato di parlare di questioni religiose, ma tu mi hai stuzzicato con il ‘fideismo’...

Comunque sono d’accordo con quello che dici ora, ma ho detto forse un tipo di frase somigliante ad una di quelle due?

nexus6 is offline  

 



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