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Vecchio 31-03-2013, 21.45.10   #1
Koirè
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Post Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Vorrei introdurre questo argomento per avere i vostri pareri se è meglio rassegnarsi e lasciare sempre stare...o a volte combattere e seguire il proprio istinto.....In poche parole:se arrendersi a un evento sfavorevole è spesso la soluzione più salutare, la rassegnazione preventiva è sempre perdente: come evitare di rimanerne imprigionati?????La rassegnazione è un sentimento ambivalente..se vissuto bene e nei momenti giusti, aiuta a ripartire dopo una crisi; quando diventa un abito mentale a tutto campo può tagliare le gambe persino alle situazioni più promettenti.
Una via di mezzo perciò ci deve essere...ma come riuscire a capire quando è ora di non posare le "armi" e invece quando"impugnarle"?perchè da un lato è positiva...aiuta a eliminare vecchie e inutili zavorre....a volte è estremamente negativa quando è preventiva, cioè quando è presente già prima di affrontare qualcosa, o quando è immediata, cioè subentra alla prima difficoltà di un percorso o progetto. Difficoltà che peraltro per legge di natura non può non manifestarsi. La persona “non ci crede”: quando inizia una storia d’amore, quando va a votare, quando fa la schedina, quando un amico delude un po’.
Insomma filosoficamente come possiamo trovare un equilibrio a questa "emozione"
Ringrazio tutte le persone che vorranno dare il loro parere
Koirè is offline  
Vecchio 01-04-2013, 02.22.33   #2
Dynamit
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Citazione:
Originalmente inviato da Koirè
Vorrei introdurre questo argomento per avere i vostri pareri se è meglio rassegnarsi e lasciare sempre stare...o a volte combattere e seguire il proprio istinto.....In poche parole:se arrendersi a un evento sfavorevole è spesso la soluzione più salutare, la rassegnazione preventiva è sempre perdente: come evitare di rimanerne imprigionati?????La rassegnazione è un sentimento ambivalente..se vissuto bene e nei momenti giusti, aiuta a ripartire dopo una crisi; quando diventa un abito mentale a tutto campo può tagliare le gambe persino alle situazioni più promettenti.
Una via di mezzo perciò ci deve essere...ma come riuscire a capire quando è ora di non posare le "armi" e invece quando"impugnarle"?perchè da un lato è positiva...aiuta a eliminare vecchie e inutili zavorre....a volte è estremamente negativa quando è preventiva, cioè quando è presente già prima di affrontare qualcosa, o quando è immediata, cioè subentra alla prima difficoltà di un percorso o progetto. Difficoltà che peraltro per legge di natura non può non manifestarsi. La persona “non ci crede”: quando inizia una storia d’amore, quando va a votare, quando fa la schedina, quando un amico delude un po’.
Insomma filosoficamente come possiamo trovare un equilibrio a questa "emozione"
Ringrazio tutte le persone che vorranno dare il loro parere

La rassegnazione in quanto tale non può essere considerata mai un'emozione (se anche così vogliamo intenderla) positiva. La considero, insieme alla disperazione, il peggior male che l'uomo possa esperire; fintanto che essa è fisiologica, ossia l'ammettere che il rassegnarsi è uno dei tanti modi inevitabili di esprimersi da parte dell'uomo, questa diventa un'esperienza non tanto nel momento in cui la si prova, ma, a mio avviso, diventa un'esperienza (intesa come formativa) in cui si affronta tale rassegnazione e le si trova una soluzione. Nel caso contrario in cui la rassegnazione diventi patologica, essa di certo non può portare a nulla di risolutivo, essendo essa il tramite in un problema, non la soluzione; ed in quanto irrisolta, si permane, nella rassegnazione, nello stato continuo del problema (e fidati, a volte le persone amano stare nel problema, molto freudiana come cosa).

Se poi vogliamo intendere la rassegnazione come un fermarsi di fronte a qualcosa più grande di noi, al di là delle nostre capacità, così da accettare i nostri limiti, il problema diventa più ostico, perchè generalmente siamo sempre noi (inconsapevolmente o meno) a decidere i nostri limiti, e di conseguenza a decidere quando fermarci. A questo punto, forse la terminologia diventa incorretta e richiede una maggior specifica:

- La rassegnazione è accompagnata alla disperazione ed equivale allo star fermi, che implica la morte dell'uomo in quanto individuo fondamentalmente dinamico.
- Il "constatare" in nostri limiti non deve essere inteso come un rassegnarsi: intendendolo come tale, la stessa solidità dei limiti viene meno e la dinamicità riprende il suo moto.

Bisogna esser "risoluti" davanti noi stessi: non bisogna rassegnarsi, ma constatare, domandarsi e risolvere (andare avanti).

Perdonami se il mio linguaggio è troppo qualunquista o se osservazioni generiche non rendono giustizia ad un argomento esistenziale (in quanto riguarda l'uomo) di questo genere, ma non sto troppo a tecnicizzare qualcosa che non può essere inquadrato in leggi determinate come l'uomo nella sua totalità d'esistenza.

Saluti!
Dynamit is offline  
Vecchio 01-04-2013, 10.18.00   #3
Eretiko
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Messaggi: 663
Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Non amo molto la parola "rassegnazione", che si porta sempre dietro un qualcosa di negativo. Ci sono cose che non possiamo prevedere e pianificare, soprattutto quelle dove sono coinvolte altre persone. Personalmente tendo a valutare le probabilità di successo di un certo obiettivo: se queste sono realmente molto basse allora mi tiro indietro prima.
Eretiko is offline  
Vecchio 01-04-2013, 19.00.08   #4
ulysse
Ospite abituale
 
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Messaggi: 1,363
Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Citazione:
Originalmente inviato da Koirè
Vorrei introdurre questo argomento per avere i vostri pareri se è meglio rassegnarsi e lasciare sempre stare...o a volte combattere e seguire il proprio istinto.....In poche parole:se arrendersi a un evento sfavorevole è spesso la soluzione più salutare, la rassegnazione preventiva è sempre perdente: come evitare di rimanerne imprigionati?????La rassegnazione è un sentimento ambivalente..se vissuto bene e nei momenti giusti, aiuta a ripartire dopo una crisi; quando diventa un abito mentale a tutto campo può tagliare le gambe persino alle situazioni più promettenti.
La rassegnazione era ciò che si insegnava al popolo affinchè accettasse le prepotenze ed i soprusi dei potenti cercando consolazione nel Cielo…o anche per accettare come “predestinati”, come specie di insensibili automi, ciò che si definiva "malasorte" o "inevitabile destino"...che poi sono cose che di per sè non esistono...esistono solo nella nostra mente, se per formazione, plagio o mancanza d’animo siamo incapaci di reagire.
Citazione:
Una via di mezzo perciò ci deve essere...ma come riuscire a capire quando è ora di non posare le "armi" e invece quando"impugnarle"?perchè da un lato è positiva...aiuta a eliminare vecchie e inutili zavorre

Ma credo che la parola "rassegnazione" introduca un qui quo qua: la parola in sè è negativa: accade qualcosa di spiacevole e anche terribile, mi rassegno alla sofferenza e resto inerte!...Guai!

Invece l'espressione giusta potrebbe essere "accettazione del già accaduto", o di ciò che di deleterio si teme “inevitabile”: lo si accetta e si passa oltre, ma rassegnarsi è deleterio!
Che poi magari invitabile non è...e questa scintilla del non inevitabile, potrebbe avviarci su di una nuova strada...piu’ proficua: non tutto il male, infatti, viene per nuocere"

Occorre sempre cercare di trarre insegnamento ed esperienza dall'accaduto arricchendo la propria forza d'animo in modo da resistere e non caderci più: questo si dice saper trarre il buono dagli errori/mali accadimenti ...o saper rivoltare il male in bene…l’evento sfavorevole in favorevole.

Certo che, come tutto, non è una “capacità” che insorge dall'oggi al domani: occorre un formazione cosciente...infatti si resiste ai colpi di sventura per una propria posizione mentale già insorta ab antico!...non è che uno si ferma allo stoicismo...ad un certo punto occorre pensare che parto leggero e saprò cavarmela: è la posizione mentale dei manager migliori, dei leader, degli imprenditori...ma anche delle persone comuni di buon senso.

Ad ogni esperienza imparano e sempre più si affidano alla propria buona sorte...che poi è la loro fiducia nelle capacità di cavarsela quasi sempre...anche dopo i primi insuccessi…anzi proprio per i primi insuccessi.

Se ai primi insuccessi si fossero abbattuti e rassegnati non sarebbero diventati leader o imprenditori…o semplici imprenditori di se stessi.
E', quindi, questione di posizione mentale e vision che, via via, si rinforza in un senso o nell'altro... man mano che accetto o meno l'esperienza come utile o come deleteria.

In sostanza è proprio vero che non tutti i chiodi martellati nel legno scendono dritti, ma se mi alleno alla mano ferma e scelgo un buon chiodo ed un buon legno...i chiodi scenderanno dritti.
Certo che se al primo chiodo storto mi rassegno e impreco alla male sorte...anche il secondo chiodo sarà storto: in definitiva il destino lo faccio io...in positivo...col mio cervello e forza d'animo in cui ho fiducia...con conseguente adeguata intraprendenza.
Citazione:
...a volte è estremamente negativa, quando è preventiva (immagino in rif. a “rassegnazione”)cioè quando è presente già prima di affrontare qualcosa, o quando è immediata, cioè subentra alla prima difficoltà di un percorso o progetto.
Se alla prima difficoltà ti abbatti e rassegni è finita!
Ho già detto sopra, ma c’è di più.
Infatti la rassegnazione o l'intraprendenza sono impulsi che direi anche genetici o, comunque che vengono da esperienze lontane ...forse intervenute fin dalla culla!

Forse esagero, ma un inizio potrebbe essere, ad esempio, che se un bambino appena accenna il pianto la mamma lo allatta...questo impara che basta un cenno ed avrà ciò che vuole: anche da grande avrà fiducia in se stesso...e intraprenderà grandi cose…nel bene o nel male.

Se invece la mamma lavora ed il latte non arriva mai...il bambino dopo il pianto si rassegna..impara questo stato d’animo e da grande sarà vittima rassegnata di ogni malasorte e sopruso.

In ogni caso pulsioni come accettazione, rassegnazione, intraprendenza e capacità di reagire non sono pulsioni immediatamente razionali e decidibili nel contingente...più spesso vengono da lontano: in parte sono genetiche , in parte sono un derivato della formazione e disciplina di vita: il generale che ha fatto West-Point non procederà nella vita, in rapporto all'accettazione della sventura, come il priore del convento dei cappuccini...per quanto ambedue una certa forza d'animo la devono pur avere.
Se poi uno non è né l’una né l’ltra cosa, allora veramnte deve metterci del proprio…se non vuol soccombere…o, più sperabilmnte, deve averci pensato prima!
Citazione:
Difficoltà che peraltro per legge di natura non può non manifestarsi. La persona “non ci crede”: quando inizia una storia d’amore, quando va a votare, quando fa la schedina, quando un amico delude un po’.
Insomma filosoficamente come possiamo trovare un equilibrio a questa "emozione"
Le difficoltà sono il sale delle vita...oltre ai successi.
Gli inconvenienti, anche in sè terrificanti e disastrosi, possono capitare sempre...occorre essere preparati, nella nostra mente, ad affrontarli con successo: il danno è in proporzione a come noi li sappiamo introitare e gestire.

Se abbiamo perseguito, in coscienza, le esperienze e discipline che rafforzano l’animo...magari anche solo facendo fronte alle avversità scolastiche o intrufolandoci nei primi eventi sociali, ecc….
Se ci siamo sempre sforzati di perseguire la difficile arte di cambiare l'acqua in vino e di trarre dall’evento sfavorevole ogni possibile beneficio…allora le difficoltà ci rafforzeranno.

Diversamente ogni frinir di fronda ci porterà sconforto e rassegnazione…nel migliore dei casi…o ci precipiterà nella più profonda depressione.

Comunque è vero, la rassegnazione, alla fine, è anche una “emozione”: difficile trovarci un equilibrio razionale: il meglio sarebbe non rassegnarsi mai…anche nella perdita dei nostri cari: ci restano i ricordi...non disperanti...in positivo!
Non rassegnarsi e reagire...fisicamente e spiritualmente...con giudizio però…evitando, possibilmente, nelle foga…di sparare ai tordi!
ulysse is offline  
Vecchio 01-04-2013, 22.26.50   #5
Tempo2011
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Koire, a mio modo di vedere, hai posto un quesito improponibile, poiché esso fa parte di tutta la complessa struttura dell'individuo, secondo la quale dovrebbero essere le peculiarità che ha a disposizione a far decidere il da farsi, perché le situazioni che gli si presenteranno nella vita saranno infinite. In pratica, davanti a queste infinite probabilità, come risposta, non si può presentare una sola versione, ma la valutazione deve essere fatta sul momento. Normalmente si valuta il grado di interesse che ha per noi, la questione che ci si presenta, ma tutto è soggettivo; perciò, in tal senso, non credo che potrai avere delle risposte che possano aiutarti. Se proprio dovessi dare un consiglio del psicologo domenicale, prova a conoscere meglio i tuoi limiti e i tuoi pregi, dal confronto di queste due prerogative, ogni volta dovresti essere tu a decidere quando rinunciare e rassegnarti e quando no.
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Vecchio 02-04-2013, 00.06.28   #6
freedom
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Citazione:
Originalmente inviato da Koirè
Vorrei introdurre questo argomento per avere i vostri pareri se è meglio rassegnarsi e lasciare sempre stare...o a volte combattere e seguire il proprio istinto
Rassegnarsi è il preludio ad un'accettazione matura della realtà delle cose. Ci vuole grande forza per arrendersi. E' molto più facile seguire i propri irriducibili impulsi.

Ci sono tuttavia, a mio parere, alcune eccezioni. Per esempio non arrendersi, non rassegnarsi a cose che riteniamo inaccettabili per la nostra coscienza. Anche se il prezzo è il più alto che possiamo pagare.
freedom is offline  
Vecchio 02-04-2013, 00.27.23   #7
paul11
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Rassegnazione può voler dire diverse cose.
Probabilmente intendi senso di frustrazione. La vita ne è colma. Non riusciamo a compiere ciò che vogliamo: è una delle leggi della terra.
E' uno "stato dell'anima" che si accompagna al luogo "dove non c'è più ragione".

Ci rassegniamo quando vediamo che la ragione che noi pensiamo, non è condivisa, si scelgono altre strade più conformiste e confortanti.

La rassegnazione nasce quindi da "un compromesso", un punto di equilibrio ,sociale, comunicativo, reale,ecc. che non soddisfa in realtà quasi mai nessuno, ma è il "punto" di non-scontro.

Fa parte della vita e l'importante è non viverci continuamente nella rassegnazione, si rischia la chiusura i in se stessi amareggiati.
Val la pena sempre di ritentare, riprovare, reiterare cioè le possibilità di sviluppi nel tempo. E chiedersi anche dove abbiamo ragione, dove abbiamo sbagliato.
Riflettere significa anche verificare proprie mancanze....alla fine si migliora.
Quindi alla rassegnazione deve seguire altra "vitalità".Ciò che a volte sembra essere negativo, potrebbe essere anche positivo in un secondo momento.
Non cadere nello sconforto......si perde fiducia in sè e negli altri.

Ultima modifica di paul11 : 02-04-2013 alle ore 09.35.30.
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Vecchio 02-04-2013, 10.58.54   #8
QantonioQ
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Si dice (non sono sicuro che sia un proverbio) "senza rassegnazione non si può vivere". La rassegnazione ricorda il sentimento del lutto. E come per il lutto occorre una "elaborazione", così per la rassegnazione.
Non è un sentimento di sconfitta di sè, secondo me, semmai di sconfitta del mondo. Nel caso del lutto, però, tale senso di sconfitta si vive come sconfitta di sè.
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Vecchio 02-04-2013, 18.17.52   #9
gyta
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Posare le armi non è rassegnazione.
La comprensione che il nostro potere sia relativo a noi stessi non è filosofia di rassegnazione.
A volte il non combattere è azione volta ad una rivoluzione più profonda.
Lasciare che le cose si sviluppino secondo il tempo di maturazione intrinseco non è non azione o rassegnazione.
Rassegnazione è quando coltiviamo in noi la credenza che ciò che è possibile mai sarà.

Citazione:
La rassegnazione è un sentimento ambivalente..se vissuto bene e nei momenti giusti, aiuta a ripartire dopo una crisi
(Koirè)
La rassegnazione non aiuta mai, tantomeno, secondo me, a ripartire “dopo una crisi”
anzi, la cristallizza alle fondamenta.
Citazione:
come riuscire a capire quando è ora di non posare le "armi" e invece quando"impugnarle"?
Con molta conoscenza di sé.. direi, delle proprie necessità e delle proprie capacità in virtù di ciò che ci necessita..
Citazione:
come possiamo trovare un equilibrio a questa "emozione"
Sempre più penso che l’equilibrio non esista o meglio che sia la coscienza costante e profonda
dei nostri movimenti interiori..

Citazione:
Certo che, come tutto, non è una “capacità” che insorge dall'oggi al domani
(Ulysse)

Già..
gyta is offline  
Vecchio 29-07-2013, 11.31.49   #10
Koirè
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Riferimento: Rassegnazione, un’arma a doppio taglio.

Citazione:
Originalmente inviato da freedom
Rassegnarsi è il preludio ad un'accettazione matura della realtà delle cose. Ci vuole grande forza per arrendersi. E' molto più facile seguire i propri irriducibili impulsi.

Ci sono tuttavia, a mio parere, alcune eccezioni. Per esempio non arrendersi, non rassegnarsi a cose che riteniamo inaccettabili per la nostra coscienza. Anche se il prezzo è il più alto che possiamo pagare.
Sono stato assente...questo tuo intervento è il più vicino al mio modo di pensare....rassegnarsi è veramente un preludio ad una accettazione della realtà....Mi pare anche di avere letto che è come un lutto....certo:dopo il lutto..la comprensione di esso ..si può ripartire..ma bisogna rassegnarsi che "quella" persona non la vedremo più.
....e.sì.....è molto molto più facile perseguire ossessivamente obbiettivi magari insani.

Ma davanti a questi progetti....meglio una bella rassegnazione...
Koirè is offline  

 



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