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05-03-2011, 20.14.21 | #22 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Io sostengo che non ci sia differenza fra coscienza e conoscenza https://www.riflessioni.it/forum/filo...ifferenze.html Se fosse vero quindi che la struttura del cervello non spiegherebbe la coscienza (e ad oggi io sono d'accordo) vorrà dire che la conoscenza non sarebbe legata alla struttura del cervello. Viceversa se dipendesse dalla struttura del cervello essa dovrebbe restituirci una plausibile spiegazione della coscienza. Cos'è quella applicazione invece (di cui parli?): sarebbe quel metodo che una parte del cervello utilizza per comunicare quello che, una ignota parte del cervello, è coscienza-conoscenza. Per una sorta di equilibrio psichico probabilmente siamo pronti maggiormente a sostenere quella parte "razionale" che tenta di ordinare (secondo certi criteri ben determinati) tutto ciò che diviene coscienza. Siccome la filosofia è alla ricerca dell'essenza non può fermarsi quindi ad accettare soltanto il metodo come punto di arrivo, deve interrogarsi su cosa c'è sotto quel metodo. Se si fermasse al metodo sarebbe equiparabile alla scienza, che, sebbene abbia un metodo, sarebbe forse più pronta a rinunciare all'enunciare di essere alla ricerca di "essenze". |
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08-03-2011, 10.43.55 | #25 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
C'è un dubbio che non posso avere: https://www.riflessioni.it/forum/filo...sso-avere.html Non metto, poi, in dubbio il principio di identità perchè lo ritengo l'unico principio primo. Per quanto riguarda la conoscenza-coscienza, non ho affermato che si è presenti dinnanzi ad una coscienza-conoscenza assoluta, quindi è ovvio che ogni uomo vive con la sua personale conoscenza-coscienza. Giusta la tua considerazione quindi che due individui non avendo la medesima conoscenza-coscienza non potrebbero fare ragionamenti simili. Il ruolo della filosofia (ma anche della scienza) è anche quello di ovviare a questa considerazione e tentare di trovare un nesso (un accordo) tra tutte le conoscenze e tutte le coscienze. Spesso troviamo quegli accordi (metodi di indagine) che anche li giustificano. Non abbiamo ancora trovato però l'accordo sulla questione base e cioè sul principio primo da cui parte l'accordo. Il metodo che vien trovato, cioè, alla fine diventa miracolosamente la base da cui far partire l'indagine, mentre la base doveva essere il punto di partenza cioè le singole coscienze-conoscenze. Se ci dimentichiamo questo piccolo particolare stravolgiamo in senso della ricerca e quindi sarà impossibile un vero accordo fra noi. Perchè metto in dubbio il significato delle parole? Perchè le parole sono create secondo quell'accordo di cui parlavo sopra. Molte parole (se no tutte) sono comprensibili però, e vengono create, soltanto da chi possiede il nucleo base di cui ti parlavo, cioè “coscienza-conoscenza”. Perchè questo, perchè il primo significato nasce li dentro, in quel nucleo base, e non c'è verso di spiegare, ad un'altra entità, a cui manca quel nucleo, il significato di quella parola. Ecco perchè ti chiedevo di esplicare la frase “IO penso”. La parola IO (per esempio) non è ulteriormente comprensibile con il metodo filosofico o scientifico, poiché è comprensibile soltanto avendo quel nucleo base di cui ho ampiamente parlato. Non esiste un metodo alternativo per spiegare (altro esempio) ad una macchina cosa sia l'IO che pensa” in quanto solo se quella macchina pensa potrà comprendere le parole che gli abbiamo suggerito di accettare come una conoscenza. Alla fin fine il nucleo centrale da cui partono tutte le nostre considerazioni filosofiche hanno una base non esplicabile filosoficamente, sono accettabili a priori. Io combatto chi invece si dimentica questo piccolissimo particolare e adduce, in alternativa, che la conoscenza è solo ed esclusivamente parte integrante del metodo. Completamente sbagliato e fuori pista! Le parole nascono da un nucleo base svincolato dal metodo di indagine con cui poi risolviamo i nostri conflitti (filosofici o scientifici). Come dicevo qui: https://www.riflessioni.it/forum/filo...primitivo.html Nella storia sono nate tante definizioni che non possono essere sviluppate a prescindere dal nucleo base da cui sono partite. Per esempio i concetti di punto e retta, triangoli e o quadrati e via discorrendo fino ai concetti di infinito o di iporbole. La cosa strabiliante è che, partendo da questi concetti per nulla ragionati, ma solo intuiti, abbiamo poi creato tutta questa storia di filosofia e di scienza. Ma a chi dobbiamo dire grazie? Al metodo o alla nostra coscienza-conoscenza? Il metodo vien sempre dopo, ma anch'esso non è altro che il risultato di quel nucleo centrale e di base senza il quale mai avremmo potuto stabilire di usare un metodo. Diciamo anche che il linguaggio c'è e lo usiamo, è un mezzo... ma non è la base della nostra conoscenza, non può esserlo altrimenti dimenticheremmo chi davvero siamo. In effetti io combatto chi comincia a “credere” (la scienza e forse anche la filosofia) che noi siamo automi e ciò che pensare sia il frutto di un calcolo. Penso ad un punto nello spazio? Quello è un calcolo che se lo conoscessi bene bene potrei trasferire su di una macchina, che a quel punto non sarebbe più soltanto una macchina che calcola, ma anche una macchina che “pensa”. Così anche l'IO sarebbe un calcolo per pensare all'IO o a se stessi, come dir si voglia. Questo è il pericolo! Che si incominci a credere a cose che non stanno ne in cielo ne in terra ma solo nella fantasia di qualche pseudo scienziato-filosofo. Se poi sarà davvero così... allora a quel punto non parlerò più. Ad oggi però ho ben ragione di parlarne. Il Dubbio che io sia un calcolo della mia mente c'è, ma questo non significa che ci creda. Se noi fossimo dei calcoli della nostra mente, la filosofia che senso avrebbe poi? La ricerca a quel punto sarebbe finita... |
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10-03-2011, 14.10.59 | #28 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Che il "nucleo centrale" (di cui parlo) abbia un sostrato o non ce l'abbia è una questione diversa; Aristotele probabilmente aveva considerato che tale nucleo era senza sostanza, io invece mi sto fermando alla considerazione che esso è un punto di origine, anzi IL punto d'orogine. Considerare l'origine (il nucleo centrale) già una regola non significa nulla. Le regole si formano in quanto siamo alla presenza di nuclei. Se il filosofo avesse infatti come suo "unico" scopo quello di ricercare l'essenza di questo nucleo, allora avrebbe il dovere di utilizzare le regole in modo tale che non sfugga il fatto che l'essenza della ricerca non è ciò che gli impone la regola. In altre parole, se la regola dovesse, in un certo qual senso, addirittura negare lo stesso nucleo centrale da cui si è partiti, evidentemente la regola sarà errata. Ciò può succedere se non ci si ricorda da dove si è partiti. Infatti le regole, in questo caso, diventano degli "automatismi". La conoscenza in questi casi sarà comunque retta dal nucleo centrale, ma si sarà perso la ricerca dell'essere. In pratica chi sosterrà l'automatismo e le regole, non avrà più la titolarità di chiamarsi filosofo... anzi, io accentuo, non sarà più nemmeno uomo di coscienza. Sarà un automa... un robot che ha perso la bussola di se stesso. Tutto ciò che dirà sarà completamente senza alcun valore umano. Qualsiasi spunto che i filosofi della storia abbiano potuto dire a conforto delle mie parole o per addurre controdeduzioni, non cambierebbe di una virgola ciò che penso in quanto ciò che penso è la base su cui poter fare qualsiasi tipo di analisi filosofica. Se non fossimo d'accordo sulla base da cui partire sarebbe impossibile dialogare come uomini di coscienza, altro che filosofi. Potrebbero esserci, in virtù di ciò che ho detto, più di un tipo di filosofo. Se stiamo parlando però tutti dello stesso filosofo (colui il quale ricerca il senso dell'essere come appare su questo forum di filosofia, in alto a sinistra) allora il mio discorso dovrebbe essere valido, anzi dico di più, validissimo . Se invece state attribuendo al filosofo altre ragioni di esistenza, altri scopi, un'altra ragion d'essere di cui al momento ignoro... a quel punto andrà fatto un ragionamento differente. Bisognerà controllare di volta in volta le basi da cui si è partiti. Sottolineo questo in modo ancora più chiaro: per lo scopo che ha il mio intervento, non credo ci sia bisogno di aver in testa tutti i trattati di filosofia da quando è nata la scrittura fino ad oggi. Da che è nata la filosofia e il filosofo presumo non siano cambiate le basi. Le stesse basi da cui nascono le mie idee (povere o ricche che siano) sono identiche a quelle dei filosofi di duemila anni fa. Se fossero cambiate o cambiassero, allora avremmo qualche grattacapo in più da risolvere. |
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16-03-2011, 09.44.48 | #29 |
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Il punto di partenza di qualsiasi ragionamento deve essere ciò che non si può
negare, esattamente come quando tu dici di non poter negare la frase :"Io penso". E' da qui che bisogna partire, il resto è soltanto un insieme di punti di vista in cui ci può essere qualcosa oggettivo e molto di soggettivo. Il problema è forse quello di riuscire a fare entrare qualcosa di oggettivo nella nostra coscienza e farvelo permanere conservandone la sua oggettività, resistere ciò alla tentazione di soggettivare ciò che è oggettivo una volta che entra nella nostra sfera personale. E' un pò come quelli che criticano sempre gli automobilisti in disciplinati salvo poi prendersela con i vigili quando sono loro a non rispettare le regole. |
19-03-2011, 09.10.22 | #30 | |
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Prima di arrivare a parlare dell'oggetto mi soffermerei a parlare del rapporto che hanno, tra loro, i diversi pensieri. E' da questo rapporto che nasce l'idea dell'oggetto. In particolare mi soffermerei sulla logica e sui procedimenti inferenziali. Non condivido il fatto che si debba resistere alla tentazione di soggettivare, in quanto quello è il principio primo, il punto di partenza. Sarebbe come proporre questa soluzione: giunti a destinazione si rinnega di essere partiti. Sarebbe come costruire un palazzo su delle fondamenta importanti e poi rinnegare che il palazzo regga su quelle fondamenta. Facciamo degli esempi. Il senso di vuoto, le parole "nulla", incoscienza ecc. sono pensieri che hanno senso e significato benchè indicano l'assenza di significato e di senso. Questa sembra essere una contraddizione che ci indica (o per lo meno lo indica a me) come sarebbe facile rinnegare il principio primo costruendo inferenze impossibili. Dimenticando cosa regge il pensiero, il fondamento, la partenza, saremmo costretti a contraddire il principio primo. Non dobbiamo quindi dimenticarcelo, non dobbiamo mai avere la tentazione di privilegiare l'oggettività e la logica. |
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