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29-03-2011, 23.23.10 | #42 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Più che la filosofia, è il concetto di disciplina ad entrare in crisi. I suoi confini diventano labili, aggrediti da specializzazioni interdisciplinari. Lo spazio della filosofia resta al di sopra delle discipline ed interdiscipline. Ma per certi versi è ristretto dai progressi di queste. La psicologia, la sociologia, la ricerca neurologica in combinazione con le prime due, ma con qualsiasi altra branca filosofica (neuroteologia, neuroetica, etc). Una volta era facile filosofare, perché poco si sapeva di tutto ed un filosofo poteva permettersi il lusso di sentenziare apoditticamente anche sui meccanismi della mente, della materia e magari delle sfere celesti. Oggi non è più possibile, e qualunque cosa scrivi è interpretabile psicologicamente e sociologicamente. E quindi facilmente smascherabile. Ipse dixit non esiste più, ma non esiste nemmeno più una logica ferrea se non come puro esercizio accademico. Tutto viene contestualizzato, nulla può rimanere astratto come si usava un tempo. C'è comunque uno spazio creativo e dinamico che si apre sopra le discipline. E non parlo semplicemente di epistemologia, ma di continua rielaborazione di nuove prospettive del pensiero. In fondo le potenzialità insite nel contesto attuale sono straordinarie. Se vi capita, leggete la raccolta di John Brockman: This Will Change Everything: Ideas That Will Shape the Future |
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30-03-2011, 09.23.47 | #43 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Sono conscio di questi problemi. Pensa cosa riesco a leggere, quando mi capita, quando leggo qualche articolo di qualche filosofo che parla di fisica quantistica e non è un fisico del quanto. O cosa leggo da filosofi che parlano di evoluzionismo e non hanno idea delle problematiche evoluzionistiche. Spesso infatti il filosofo si è specializzato nella branca di sua competenza e parla solo di quello. Un esempio italiano è Pievani che parla solo di evoluzionismo rimanendo in fin dei conti un filosofo che fa la propaganda per la teoria evoluzionista. Non c'è nessuno che metta in dubbio le fondamenta, che crei una discussione approfondita sulle basi, che concepisca il mondo in un modo diverso da come esso appare e traspare dalle teorie suddette. Questo non è fare filosofia. Per quanto mi riguarda, anche se non sono un filosofo professionista, e non sono un fisico quantistico o un biologo, ho potuto approfondire (in senso lato) molte questioni di queste discipline (e di molte altre), ed è per questo che non mi discosto minimamente da quanto detto fino ad ora. Le questioni da affrontare sono "di base", di "fondamento". Una delle questioni aperte (che riguarderà tutte le discipline) è trovare un collegamento tra il mondo fisico (se vuoi la realtà), la conoscenza che noi crediamo di avere di essa e la mente. Non possiamo (il filosofo non deve) relegare allo scienziato lo studio delle fondamenta, perchè ogni disciplina scientifica si affida ad un metodo che è creato dalla mente. Non sappiamo ancora nulla però della mente che crea il metodo. La mente (come ho già cercato di evidenziare quando parlavo di Leopardi o Michelangelo) cerca strumenti di oggettivazione per esprimere il proprio pensiero, ma il pensiero cos'è? Quando lo scienziato della mente studierà la mente, secondo te cosa farà o dirà sulla mente? Parlerà degli strumenti con i quali noi possiamo oggettivare la mente stessa, perchè quello è il metodo che la mente ha trovato per studiare se stesso. Il filosofo invece dovrebbe (secondo me) interrogarsi sul metodo invece di usare il metodo per trovare risposte sulla mente. Il metodo è uno strumento scientifico, il filosofo deve invece continuamente trovare alternative al metodo, se vuole ricercare il senso dell'essere. Non ha senso e significato alcuno (ritorno su Pievani) l'esistenza di un filosofo che faccia la propaganda alla teoria evoluzionistica. Come non ha senso che si ritenga (da filosofo) la matematica e la fisica a fondamento della realtà se della mente non abbiamo alcuna idea ne di un fondamento fisico e nemmeno matematico. Questi sono i problemi e sono evidenti, non c'è bisogno di essere specializzati in qualcosa in particolare, basta solo non farsi infinocchiare dalle sciocchezze che leggiamo ora da quel filosofo (pseudo) ora da quello scienziato ora da quell'altro x pincopallino... |
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30-03-2011, 19.14.06 | #44 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Su Pievani non dico che sono in disaccordo, perché ne so abbastanza poco ed è probabile che i suoi limiti siano proprio nella scelta di specializzarsi su di un unico filone. Dico solo che ha scritto insieme a due specialisti (Girotto e Vallortigara) uno dei libri più interessanti che mi sia capitato fra le mani negli ultimi anni: "Nati per credere". E' vero che vi si parla di evoluzionismo, ma per darti un'idea del contenuto, in quarta di copertina si legge: "La religione, più che un adattamento diretto, potrebbe essere uno stupefacente effetto secondario". Sono stato sempre interessato allo studio delle religioni e alla spiritualità in generale e credo che, insieme ad alcuni spunti di Morris, e all'eccellente lavoro di Newberg, questo sia uno dei maggiori contributi che ho tratto nel corso della mia ricerca personale (probabilmente - in questo caso - più grazie al contributo dei due specialisti che a quello del filosofo). Citazione:
1) non solo gli uomini hanno la capacità di riflettere sui propri pensieri (metacognition): in realtà due psicologi dell'Università della Georgia hanno dimostrato che anche i ratti possiedono questa capacità! E in più sanno pure quello che non sanno: praticamente hanno poco da invidiare a Socrate! ... 2) anche i moscerini dormono - questa scoperta non ha forse implicazioni filosofiche, ma certamente poetiche ... |
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31-03-2011, 11.05.40 | #45 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Secondo mia sensazione, la nota più profonda che ho avvertito leggendo quelle due affermazioni sono nello smile che hai usato ---> Purtroppo le nostre credenze vengono pasticciate con altre credenze. Alla fine o ce la prendiamo a ridere (spesso risulta più salutare), oppure decidiamo una buona volta di comprendere cosa si vuole intendere con le parole del tipo: "dimostrazione". Una nota a margine: non è vero che i filosofi del passato non si siano posti il problema profondo. A me sembra che questo problema sia soltanto stato superato (come un balzo su di un ostacolo rognoso) con l'avvento della scienza. Il fatto è che la scienza non ha i requisiti per comprendere il problema rognoso; ecco "dimostrato" che codesti psicologi non avrebbero dimostrato un bel niente |
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31-03-2011, 19.35.44 | #46 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Comunque sui ratti mi sento di dare un po' di credito a Gazzaniga (se l'avesse detto il mago Do Nasimiento sicuramente meno), ma l'argomento andrebbe approfondito e ricondotto ai criteri di valutazione utilizzati. Tuttavia il fatto che i ratti abbiano una qualche forma di coscienza ci può portare tuttalpiù a vederli con maggiore rispetto, o a sminuire un po' il privilegio di essere umani, ma non rivela molto sulla coscienza del sé. Citazione:
Però, a ben pensarci, il fatto che tante discipline abbiano preso corpo (penso all'antropologia, alla semiologia, agli sviluppi della sociologia), riduce di molto lo spazio di una disciplina filosofica. E poi, quante volte capita di sentire parlare un filosofo alla tv, o anche solo che tenga una conferenza ? O meglio: qual è l'utilità di un filosofo ? Ultima domanda, poi mi fermo: come mai non si sente più parlare di filosofi in politica ? |
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01-04-2011, 11.41.08 | #47 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Io procederei in questa maniera. Asetticamente parlerei di frattali. Cos'è un frattale. E' una specie di figura geometrica che si ripete uguale (cioè in modo identico) in scala ridotta. Teniamo in considerazione quindi il concetto di frattale e vediamo cosa succede zummando, con un potente telescopio, sulla Terra. Una delle cose importanti secondo me dei frattali è che se allarghiamo l'immagine la qualità della figura geometrica non perde i dettagli (come succede con la nostra vista) ma le aumenta. Ora immaginiamo che abbiamo zummato fino al primo uomo e che egli sia stato un filosofo. Proviamo quindi ad allargare l'immagine “temporale” dal primo uomo sino ad oggi. Constatiamo che la figura del filosofo non ha perso la sua caratteristica (geometrica, nel caso del frattale), ma ha aumentato i dettagli. Quindi le suddivisioni successive, che sembrano discostarsi dalla filosofia, non sono altro che un allargamento, in dettagli, del primo filosofo. Non finisce qui. La figura geometrica rimane intatta anche se continuiamo a zummare sul singolo filosofo. Questo non fa altro che aumentarne i dettagli (per esempio il movimento del singolo neurone all'interno della scatola cranica del filosofo). Io però sono partito dall'unità geometrica “filosofo” arbitrariamente. Se il discorso fatto sul frattale fosse giusto, dovrebbe essere individuata anche la figura geometrica di partenza, che poi sarà anche quella finale, ma con maggiore dettaglio. Qual è? Una delle possibili indiziate è la coscienza. La coscienza individuale, magari del singolo neurone (chi lo sa) fa parte di quella coscienza universale che viene ad essere realtà immaginando di allargare l'immagine all'infinito. Cosa significa tutto questo? Che il fondamento della nostra umanità lo ritroviamo identico nella figura più grande, per esempio nell'intera disciplina umanistica ma con maggiore dettaglio rispetto alla singola disciplina. Resterebbe però capire se il concetto di frattale è possibile introdurlo in questo discorso oppure no. Bisognerebbe capire se ciò che chiamiamo” la figura fondamentale” è LA figura fondamentale. A questo punto la tua ultima domanda ( considerando questo discorso, un discorso giusto) trova risposta con la seguente affermazione: la filosofia è il fondamento della realtà. Ma cos'è la filosofia? Se la filosofia fosse una disciplina, come esistono altre discipline, non si occuperebbe del fondamento delle discipline. Io dico perciò che se la filosofia fosse intesa come disciplina rimarrebbe da domandarsi se esiste una disciplina che si occupa dei fondamenti delle discipline. Io ho sempre considerato la filosofia una riflessione, non una disciplina... cioè il fondamento delle altre discipline. Come se il frattale avesse come fondamento il filosofo che riflette sul suo essere filosofo. In quanto filosofo riflette quindi sul suo fondamento. La disciplina invece nasce nel rapporto tra filosofi. Così tanti filosofi che riflettono sulle stelle saranno chiamati astrologi, e se riflettono seguendo un metodo scientifico: astronomi. Sempre filosofi però erano, l'unica cosa che cambia è il dettaglio che via via aumenta. Abbiamo quindi due concetti principali: il fondamento della figura geometrica e l'ultima figura geometrica ipotizzabile, che poi sarebbe il concetto di quell'assoluto di cui si parla tanto. L'ultima figura è sostanzialmente la stessa di partenza. Comprendere l'assoluto quindi si può se riuscissimo a riconoscere il fondamento. Il fatto è che non si ha coscienza di questi due limiti. Se ponessimo troppa attenzione sulle singole discipline e troppo lontani da questi due limiti (fondamento-assoluto) non avremmo contribuito alla piena coscienza della disciplina stessa. Pievani quindi (ci ritorno ) si è allontanato dal fondamento del suo essere filosofo per far parte integrante della disciplina, così facendo ha limitato la sua ricerca, in una ricerca di settore. Cioè è come se vedesse la figura geometrica "evoluzione" ad una certa distanza senza domandarsi del fondamento dell'evoluzione stessa. Cioè senza comprendere se ci troviamo difronte ad un fondamento che può essere spiegato in termini di frattali (come ho fatto io) oppure no. p.s. logicamente tutto il discorso che ho sul frattale è soltanto uno dei modi per parlare del fondamento o dell'assoluto e per comprendere la differenza che passa tra uno che riflette sul fondamento ed uno che segue o meglio, che esegue una disciplina. |
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01-04-2011, 21.04.13 | #48 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
Per il resto lascerei la cosa agli esperti di topolini…non certamente alla mia gatta (chi piu' esperto di un gatto?) che pur avendo coscienza di esserci, è nel contempo convinta di essere un umano…femmina ...per cui i topolini le fanno paura..magari schifo! Citazione:
Mi pare, infatti, che, in prima approssimazione, si possa affermare che il semplice ragionamento logico astratto (induttivo o deduttivo che sia) non è sufficiente a “dimostrare” scientificamente alcunché, se non è supportato da misure, esperimenti concreti e ripetibili o fenomeni evidenti o da essi inducibili/deducibili o almeno predittivi, verificabili sperimentalmente o, almeno, statisticamente. Se ne deduce che pensamenti, sensazioni, emozioni, credenze…discipline di pensiero prive di un riferimento in qualche modo misurabile, sono aliene da un approccio scientifico e viceversa. Il chè non esclude necessariamente che tali astrazioni siano nello stesso tempo aliene da elevatezza e nobiltà percepibile. Semplicemente non possono usufruire della copertura della scienza che quindi non le garantisce. Potevo forse ridurre il tutto alle poche parole che seguono:”l’approccio scientifico non è adatto all’indagine delle astrazioni…e viceversa”, ma ho preferito “estendere” per pararmi da una malevola impressione di inferiorità, incapacità, inaffidabilità… che la “nota a margine” che segue vorrebbe attribuire all’approccio scientifico. Citazione:
Nello stesso tempo però mi chiedo se altre discipline tali requisiti li abbiano o non credano solo di averli. Sospetto che i filosofi del passato (forse alcuni attuali) cercassero spesso cose o significanti privi di un corrispettivo nel mondo fisico e nel mondo psicosomatico dell’umano. Sembra che quei filosofi, quando si trovavano di fronte all’ignoto o all’inspiegabile per la cultura del tempo, si rivolgessero alla immaginazione, non dico solo nell'astratto, ma nel metafisico...nel trascendente. Del resto, proprio per la scarsa cultura fenomenica del tempo, ciò era inevitabile. Ciò che invece è evitabile è il fatto che ancor oggi certa filosofia si richiami a quelle elucubrazioni, credenze, concetti…ecc… che non oso dire fasulli..non trovo parola meno drastica però. Oggi la scienza sa dove cercare e dove dare un risultato concreto e affidabile! Cioè, la presenza della misura e del possibile calcolo…sia pure statistico, garantiscono che lì è campo di indagine della scienza. Più oltre, la fantasia può spaziare, inventare, costruire sistemi filosofici logicamente validi, ma non si dica che è scienza: a volte potrebbe essere infatti la nobiltà dell’alta filosofia...altre volte semplicemente fantasmi o parole in libertà: come distinguere? La scienza possiede parametri autocorreggenti che distinguono e separano l’affidabile dal’inaffidabile…e proprio per questo le correzioni e le precisazioni sono all’ordine del giorno.. Una certa autocongruenza dei trovati è controllabile: il metodo della scienza coi filtri della sperimentazione e della predizione sono difficilmente superabili...pur con eccezioni. Le teorie e le leggi fondamentali, pur in evoluzione continua, tendono all’inglobamento delle teorie e dei trovati piuttosto che al rigetto. D’altra parte chiedo: come può la filosofia garantire della bontà ed elevatezza di contenuti se non col rigore logico e formale del linguaggio, della struttura consolidata del pensiero o con l’autorità del filosofo..o cercando sostegno nei filosofi antichi quasi fosse un ipse dixit!? Molte filosofie o sistemi di pensiero trovano supporto nella moda o nel favore degli adepti…persino nelle capacità oratorie del filosofo stesso. Quante sono le linee filosofiche fasulle o esaurite? E quali danno garanzie di validità…se non per indagini a posteriori? In definitiva è vero che i problemi rognosi…in realtà le astrazioni… la scienza non li tratta…li supera d’un balzo..li dà per acclarati…o inesistenti! Restano campo della filosofia…finche non si collida col reale scientifico…magari creduto tale…in analogia al caso dell’autocoscienza dei topolini. In generale comunque, molti problemi dell'essere umano e sociale, o persino relativi a concetti fisici astratti quali il tempo o la percezione o la visione, in passato esclusivo campo della filosofia, sono poi via via passati alla scienza....comunque a diverse nuove branche scientifiche...non tanto o solo per la diversità degli argomenti, ma per la diversità di approccio che le scienze introducevano e sempre più introducono. Il campo filosofico ne viene, così, eroso in relazione ai tradizionali campi dell’essere, del senso, dell’essenza, della coscienza .…ma è pur vero che è l’evolversi stesso della scienza a suscitare nuovi insospettati campi d’indagine filosofica, etica, di interazione, della modalità della conoscenza (neuroscienza?), ecc… Ma non si tema, di argomenti rognosi sempre ne restano e ne sorgono, non perchè lo scienziato, il ricercatore…sempre piùil team di ricerca….voglia fare lo gnorri e rifugga i casi di difficile soluzione, ma semplicemente perchè la scienza non interviene e rinuncia a priori ad argomenti che “non permettono” l'approccio concreto e peculiare della scienza e dei suoi mezzi…finchè “non lo permettono”, ovviamente, dato che sono sempre ipotizzabili nuove scoperte, nuove possibilità di approccio, nuovi argomenti..o passaggi e inglobamento di argomenti dall’una all’altra disciplina…magari fino alla teoria M…di cui sento parlare…sempre piu’(!?) |
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01-04-2011, 23.17.59 | #49 |
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Proprio oggi, mentre leggevo qualche pagina dell'ultimo libro di Ida Magli (antropologa), mi sono imbattuto in una sua spiritosa definizione dei filosofi: parlando dell'Abbé de Saint-Pierre e di Kant (che, con mia sorpresa, possono essere annoverati tra i primissimi ideatori dell'Unione Europea) dice "proprio perché 'filosofi', abituati a spaziare liberamente nel mondo senza limiti del pensiero, al di fuori della concretezza del tempo e dello spazio".
Ecco, io vedo in questa leggiadra descrizione, la vera natura del filosofo, come di un ricercatore libero, non legato ad una disciplina, ma che proprio per questo può creativamente strutturare e associare come meglio ritiene le idee ed i fatti che raccoglie su più fronti, senza limiti che non siano legati ell'evidenza delle singole discipline, cercando di attingere alle fondamenta, o di immaginare come potrebbero essere. |
02-04-2011, 00.08.04 | #50 | |
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Riferimento: Filosofia o filosofare?
Citazione:
La tua similitudine del frattale, mi ha fatto ricordare il concetto di archetipo, coltivato Jung che ne aveva fatto quasi una religione. Ma certamente, se pensi all'evoluzione del mondo animale, ci sono alcuni archetipi che si ripropongono ossessivamente come frattali con leggere e più o meno continue varianti - non di sola dimensione - secondo un copione quasi banale (pensa solo al dualismo maschio-femmina). Per questo, tutto sommato, non mi sembra così riduttivo per un filosofo occuparsi di evoluzionismo e creazionismo, perché proprio qui si sviluppano tanti degli interrogativi fondamentali. Nel libro che ho citato si parla di teleologia, del bias interpretativo animato-inanimato, di come attribuiamo a ciò che è animato una finalità, diversamente da ciò che è inanimato, del perché da questo bias probabilmente deriva il nostro bisogno di una religione che proietti l'aspetto teleologico di ciò che cessa all'improvviso di essere animato, in qualcosa che lo preservi e lo continui, rendendo meno assurda la morte. Sulla coscienza distinta tra individuale ed universale, ho trovato indizi importanti dove meno me lo sarei aspettato: Robert Lomas - uno dei maggiori ispiratori dei romanzi di Dan Brown, nonché massone - ha approfondito in modo oserei dire "scientifico" gli aspetti esoterici della massoneria. Nel farlo si è imbattuto negli studi di Newberg e Aquili che hanno individuato un'area ben precisa del nostro cervello (l'area associativa dell'orientamento) come porta della coscienza universale. Non c'è niente di miracolistico in tutto questo, è semplicemente l'esperienza che provano alcuni monaci buddisti in una fase avanzata del loro cammino mistico: la cosiddetta samhadi, una sorta di beatitudine meditativa. A me è capitato di vivere qualcosa di molto simile ed è esattamente un sensazione in cui non ti senti più come un individuo separato dal resto del mondo, ma come parte di un'unica "coscienza" universale, il che dà una profonda sensazione di estremo benessere, una sorta di orgasmo filosofico-spirituale. Newberg spiega questa condizione come l'effetto del momentaneo "accecarsi" di quest'area cerebrale che sospende temporaneamente la localizzazione dell'io: il cervello quindi percepisce il sé "come qualcosa di infinito e profondamente connesso con tutte le cose captate dalla mente" e ciò "porta a un'esperienza di Dio". Fra l'altro questo assomiglia molto a come Meister Eckhart (mistico cristiano del basso Medioevo) definiva le proprie esperienze mistiche ed il proprio concetto di Dio: « l'occhio, nel quale io vedo Dio, è lo stesso occhio, da cui Dio mi vede; il mio occhio e l'occhio di Dio, sono un solo occhio e una sola conoscenza » Capisco che queste affermazioni possano indurre molto scetticismo, ma tengo a precisare che non sono un "fanatico", né un massone, né membro di alcuna setta o religione e non sono per nulla arrivato a conclusioni definitive sull'argomento. Mi ritengo semplicemente un ricercatore, e questi sono per me indizi importanti. |
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