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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 20-02-2011, 16.11.17   #1
CVC
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Filosofia o filosofare?

Vorrei cominciare ad argomentare questa discussione con due citazioni
"Sarà designato come filosofo colui che si sforza di comprendere l'essenza di tutte le cose, umane e divine,
la loro natura e le loro cause, e di conoscere e praticare tutte le norme del retto vivere" Cicerone
"Chi non sa filosofare non può definirsi in alcun modo filosofo". Kant
Che cos'è più importante, impegnarsi a conoscere il più possibile o avere un metodo efficente di ragionare?
Io credo che la cosa più importante, dovendo sceglierne una, sia quella di costruirsi un metodo di ragionamento,
sperimentarne l'efficacia sperimentandolo su problemi prima più elementari e poi via via più complessi.
Ovviamente per progredire sulla via della conoscenza entrambe le cose sono necessarie. Avendo un metodo però,
pur ancora rudimentale e sperimentale, ma in qualche modo funzionale, si può creare una sinergia per cui
ad un allargamento della propria conoscenza corrisponda necessariamente un perfezionamento del metodo e ad un
perfezionamento del metodo corrisponda una capacità di apprendere più velocemente.
Diversamente, ad una allargamento del nostro sapere non potrebbe corrispondere un'evoluzione vera e propria del
nostro studio filosofico.
Essendo all'inizio della lunga strada e dovendo quindi stabilire una priorità,
a cosa badare in primis, conoscere il più possibile o avere un metodo di ragionamento?
CVC is offline  
Vecchio 23-02-2011, 15.53.02   #2
Giorgiosan
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Vorrei cominciare ad argomentare questa discussione con due citazioni
"Sarà designato come filosofo colui che si sforza di comprendere l'essenza di tutte le cose, umane e divine,
la loro natura e le loro cause, e di conoscere e praticare tutte le norme del retto vivere" Cicerone
"Chi non sa filosofare non può definirsi in alcun modo filosofo". Kant
Che cos'è più importante, impegnarsi a conoscere il più possibile o avere un metodo efficente di ragionare?
Io credo che la cosa più importante, dovendo sceglierne una, sia quella di costruirsi un metodo di ragionamento,
sperimentarne l'efficacia sperimentandolo su problemi prima più elementari e poi via via più complessi.
Ovviamente per progredire sulla via della conoscenza entrambe le cose sono necessarie. Avendo un metodo però,
pur ancora rudimentale e sperimentale, ma in qualche modo funzionale, si può creare una sinergia per cui
ad un allargamento della propria conoscenza corrisponda necessariamente un perfezionamento del metodo e ad un
perfezionamento del metodo corrisponda una capacità di apprendere più velocemente.
Diversamente, ad una allargamento del nostro sapere non potrebbe corrispondere un'evoluzione vera e propria del
nostro studio filosofico.
Essendo all'inizio della lunga strada e dovendo quindi stabilire una priorità,
a cosa badare in primis, conoscere il più possibile o avere un metodo di ragionamento?
Per filosofia intendo una disciplina che come tutte le discipline deve essere affrontata con un metodo proprio alla disciplina senza il quale lo studio rischia di essere molto più dispendioso di energie e talvolta caotico. Comporta prima di tutto lo studio di quanti ci hanno preceduto nella riflessione filosofica. Quindi lo studio di quei filosofi che hanno rappresentato delle svolte epocali. Poi la conoscenza e l’analisi di concetti filosofici nella loro evoluzione, e la "chiarificazione" del lessico filosofico.
In questo itinerario è importante la lettura diretta degli scritti almeno di qualche filosofo fra quelli che rappresentano pietre miliari.
Lo studio della filosofia non può essere assolutamente disgiunto dallo studio della storia, la quale sola permette di conoscere le motivazioni e le esperienze dell’umanità che hanno portato alcuni temi filosofici ad emergere rispetto ad altri in determinate epoche. Senza la contestualizzazione storica i temi filosofici possono sembrare massi erratici della cultura umana e risultare incomprensibili.

Dal punto di vista didattico è sempre valido la disputatio assai utilizzata nelle università medioevali per rendere lo studio fecondo e piacevole . E’ un poco quello che facciamo anche in questo forum.


Filosofare invece è di tutti gli esseri umani qualunque sia il loro retroterra culturale. Ogni essere umano ha una visione del mondo, più o meno ingenua, ognuno si interroga sulla vita e sulla morte, sulla giustizia, sul dolore, sul bene e sul male. Ognuno ricerca la sapienza e la verità.

L’affermazione di Kant che hai citato è più comprensibile se completata:….“Ma a filosofare si impara soltanto con l'esercizio e usando autonomamente la ragione"

Ultima modifica di Giorgiosan : 23-02-2011 alle ore 18.55.28.
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Vecchio 23-02-2011, 18.50.18   #3
ulysse
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

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Originalmente inviato da CVC
Vorrei cominciare ad argomentare questa discussione con due citazioni
"Sarà designato come filosofo colui che si sforza di comprendere l'essenza di tutte le cose, umane e divine, la loro natura e le loro cause, e di conoscere e praticare tutte le norme del retto vivere" Cicerone
"Chi non sa filosofare non può definirsi in alcun modo filosofo". Kant
Che cos'è più importante, impegnarsi a conoscere il più possibile o avere un metodo efficente di ragionare?

Da non filosofo, pur avvezzo a filosofare, mi verrebbe da dire che la filosofia non è una conoscenza, è, piuttosto una opinione...o tante opinioni fino a costituire ideologie o correnti di pensiero non fra loro coordinate. Oppure è conoscenza solo nel senso di studiare e conoscere i vari sistemi cosmologici e filosofici che i vari filosofi della storia hanno ideato o fantasticato: Storia della Filosofia!

Questo permette di citare le molte sentenze o frasi che i filosofi hano emesso a sostegno delle loro elucubrazioni, ma sono sempre opinioni...a volte persino contrastanti fra loro: uno sceglie e sostiene quelle che più gli piacciono o che meglio si confanno al suo intendimento e carattere...o analizza il significato che i vari autori volevano attribuire ai loro propri ponzamenti confrontandoli anche...ma non è che un rimuginare fra vecchie cose: qualcuno però dice che non si costruisce sulla sabbia. Quindi il rimuginio sulle vecchie cose, pur utile purchè propedeutico non puo' essere fine a se stesso e proceddre all'infinito.

Comunque non intendo dire che lo studio e perseguimento della filosofia sia inutile o privo di valore...esso permette anzi di famigliarizzarsi con le varie idee e utopie di ordine filosofico, sociale e morale che hanno pervaso e pervadono il mondo culturale e civile in continua evoluzione...tanti passi in avanti per la tolleranza e l'approfondimernto critico delle varie idee, dubbi e pulsioni che sostengono o attanagliano l'unmanità.

In sinergia progredisce e si affina anche la capacità razionale o logica dell'apprendista stregone a fronte di inevitabili contraddizioni e paradossi: potrebbe essere questa l'auspica apertutra mentale attribuita ai filosofi.
Non è neppure alieno dal filosofo un corretto e coerente comportamento morale...per quanto si dia spesso che su nuove filosofie poggino le rivoluzioni da cui l'idea di buoni maestri nel successo o di cattivi maestri se le rivoluzioni falliscono...a giudizion dei restauratori.

Sotto questo aspetto il mestiere del filosofo potrebbe essere persino pericoloso.

Non è escluso, poi, che anche oggi un qualche studioso o filosofo non elabori un qualche sistema di interrelazione e convivenza mondiale utile o utopico per il mondo civile o non suggerisca una qualche idea di piu' spinto valore sociale e morale a confronto con precedenti barbare usanze
....In sostanza... originerebbe dalla filosofia in senso lato, la direzione del vivere civile: non è roba da niente! anzi!... ma nemmeno è conoscenza.

Peccato anche che qualcuno confonda e pretenda di validare oggi, tal quali, certi ponzamenti e sistemi del passato..in specie quelli anteriori all'emergere della scienza.
Ne deriva che un ipotetico filosofo privo di conoscenza, sia pur sommaria, delle piu eclatanti scoperte scintifiche, o che tenga in non cale il metodo di elaborazione della scienza, è un tarloccone.

Fallisce oramai il compito che si attribuiva come preminente della filosofia come sarebbero il perseguire la verità assoluta o il conoscere l'essenza delle cose.

Fallisce perchè la verità e l'essenza non esistono piu'...anzi sono diventati campi di ricerca e di indagine della scienza nella loro natura, funzionalità e consequenzialità: è la scienza a costituire oggi la conoscenza...non in senso assoluto...ovviamente... ma relativo.

Semmai si puo' parlare di filosofia della scienza!

Dall'oggi al domani, infatti, tutto puo' cambiare! Ma, intanto, è su questa strada che si procede e di passi in avanti, sia la conocenza del micro-macro universo, come la conoscenza dell'umano... ne hanno fatti tanti... anche se ancora molti ne restano da fare.

Ultima modifica di ulysse : 24-02-2011 alle ore 14.08.29.
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Vecchio 24-02-2011, 21.37.31   #4
Il_Dubbio
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

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Originalmente inviato da CVC
Essendo all'inizio della lunga strada e dovendo quindi stabilire una priorità,
a cosa badare in primis, conoscere il più possibile o avere un metodo di ragionamento?

Amletico

Essere o non essere?

Pensa se per esprimere un giudizio qualsiasi tu dovessi aspettare di conoscere tutto ciò che è necessario conoscere. Sono convinto che il tuo giudizio non potrebbe mai arrivare in quanto tutto ciò che sarebbe necessario conoscere è impossibile conoscere.

Sono convinto (viceversa) che una frase (per esempio quella di Cicerone che ricordi) basterebbe per conoscere ciò che è necessario conoscere per esprimere un'opinione su quella frase. Questo anche non avendo idea di chi l'abbia pronunciata.

Kant invece sembra richiamarsi ad un metodo che il filosofo deve avere per filosofare.
E quale sarebbe il metodo? Perchè bisogna usare un metodo e no un altro?
Qual è il miglior metodo per filosofare?

Per finire mi sembra che il più vecchio Cicerone (con quella frase) avesse un'idea più chiara di cosa voglia dire filosofare.
Se mai esistesse però un metodo per comprendere l'essenza di tutte le cose ad oggi non è ancora ben chiaro quale sia il migliore. L'unica cosa certa è che sappiamo cosa stiamo cercando (l'essenza di tutte le cose). I ragionamenti dei filosofi potrebbero, per esempio, essere molto lontani da quel metodo e non saperlo, ma l'unica verità evidente che è c'è una ricerca. Non è quindi una questione di metodo ma di ricerca. Se quindi il soggetto della ricerca fosse comune a tutti, il miglior metodo potrebbe appartenere a qualcun altro e che viva lontano dai metodi di ragionamento comune ai filosofi.

Lo studio dei filosofi sarebbe quindi comunque ininfluente per la ricerca della comprensione dell'essenza di tutte le cose, ammesso di non essere convinti che siano loro, e loro soltanto, ad essere in possesso del miglior metodo per la comprensione dell'essenza di tutte le cose.
Io ho dei Dubbi, ma questo dovreste ormai saperlo
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Vecchio 25-02-2011, 19.46.55   #5
CVC
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

Ragionare in proprio significa giudicare. Nulla può prescindere dal giudizio dell'individuo.
Leggere Platone o Descartes è pur sempre un prodotto del mio ragionamento,
che ha giudicato opportuno fare quella cosa piuttosto che un'altra.
Dopo aver letto i filosofi, ciò che ho letto influirà sui miei giudizi futuri ma, mentre sto leggendo,
non posso fare a meno di giudicare. Ciò avviene anche quando quello che sto leggendo è il risultato
dei ragionamenti delle menti più brillanti mai esistite.
Non posso fare a meno di giudicare, posso solo farlo bene o farlo male.
Anche se non giudico ho comunque giudicato di non giudicare
Nel momento in cui, leggendo, mi accorgo della superiorità del ragionamento del filosofo, mi sento
indegno di giudicare. Ma poi, presto o tardi lo farò. E' nella nostra natura esprimere giudizi,
non possiamo farne a meno, altrimenti naufragheremmo nei dubbi.
Ed è proprio qui la grandezza dei filosofi: si sentono talmente forti del loro giudizio, da non temere
che venga ad ogni ora rimesso in discussione da chicchessia.
Ci vuole coraggio per esprimere dei giudizi ed esporli, a suo volta, al giudizio
altrui.
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Vecchio 26-02-2011, 00.11.38   #6
Giorgiosan
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Ragionare in proprio significa giudicare. Nulla può prescindere dal giudizio dell'individuo.
Leggere Platone o Descartes è pur sempre un prodotto del mio ragionamento,
che ha giudicato opportuno fare quella cosa piuttosto che un'altra.
Dopo aver letto i filosofi, ciò che ho letto influirà sui miei giudizi futuri ma, mentre sto leggendo,
non posso fare a meno di giudicare. Ciò avviene anche quando quello che sto leggendo è il risultato
dei ragionamenti delle menti più brillanti mai esistite.
Non posso fare a meno di giudicare, posso solo farlo bene o farlo male.
Anche se non giudico ho comunque giudicato di non giudicare
Nel momento in cui, leggendo, mi accorgo della superiorità del ragionamento del filosofo, mi sento
indegno di giudicare. Ma poi, presto o tardi lo farò. E' nella nostra natura esprimere giudizi,
non possiamo farne a meno, altrimenti naufragheremmo nei dubbi.
Ed è proprio qui la grandezza dei filosofi: si sentono talmente forti del loro giudizio, da non temere
che venga ad ogni ora rimesso in discussione da chicchessia.
Ci vuole coraggio per esprimere dei giudizi ed esporli, a suo volta, al giudizio
altrui.

Leggendo il tuo post ho pesato ad Hegel ed ai tre momenti che fanno evolvere lo spirito. I momenti dilettici della tesi e dell'antitesi non si annullano a vicenda ma ad un livello superiore trovano l'unità che risolve il loro carattere di opposizione e questo livello superiore è la sintesi...per poi ricominciare: quella sintesi diviene tesi a cui si contrappone un'antitesi per poi ricongiungere tesi ed antitesi in una nuova sintesi ad un livello superiore e ancora...e questo processo è inevitabile.
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Vecchio 26-02-2011, 09.39.30   #7
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da CVC
Ragionare in proprio significa giudicare. Nulla può prescindere dal giudizio dell'individuo.

In realtà io tendo a ribaltare la questione. Noi ragioniamo in quanto giudichiamo. Cioè il ragionamento è un mezzo (un metodo) per giungere a comprendere l'essenza di tutte le cose attraverso il linguaggio. Ma io tendo a considerare il linguaggio un mezzo limitato e limitante.
La costruzione del linguaggio (filosofico) è secondo me ottusa verso la comprensione dell'essenza di tutte le cose. Mentre, dovrebbe essere da noi tutti preso in coscienza, che l'essenza di tutte le cose è causa della costruzione linguistica, non il contrario. Non è il linguaggio che costruisce l'essenza di tutte le cose ma è l'essenza che costruisce il linguaggio nel tentativo di conoscere se stessa.
Parafrasando Cicerone, il filosofo è colui che si sforza di comprendere l'essenza di tutte le cose... attraverso il linguaggio. Ma non è il linguaggio, la costruzione che viene creata, ad essere l'essenza. Ecco che se il linguaggio diventasse, per certuni, l'essenza, la filosofia avrebbe perso la partita in partenza.
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Vecchio 26-02-2011, 12.12.05   #8
ulysse
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

Citazione:
Originalmente inviato da CVC
Ragionare in proprio significa giudicare. Nulla può prescindere dal giudizio dell'individuo.
Ma non è necessario che ci confrontiamo sempre con qualcuno, giudicando od esendo giudicati, in modo conscio o inconscio...e neppure e necessario ragionare sempre dell'essere e del divenire...alla ricerca dell'inaccessibile essenza: possiamo andare più sul concreto e sul pragmatico.
Leggere e valutare gli scritti del passato non è solo prodotto del mio ragionamento: dovrebbe essere piuttosto una integrazione...sia che accogliamo cio' che leggiamo sia che lo rifiutiamo.

In genere nella lettura degli scritti dei nostri ascendenti, specie se illustri, cerchiamo una conferma alla nostra VISION. e persino distorciamo machiavellicamente, a volte inconsciamente, i significati in nostro favore nella ricerca della gratificazione cincidenza con la nostra VISION...altrimenti rigettiamo.
Ma puo' anche essere che leggiamo per semplice acquisizione informativo/emotiva senza alcuna pretesa di giudizio..e questo si chiamerebbe veramente studiare, ma sarebbe solo roba da novizi o romantici.
..................
Citazione:
Non posso fare a meno di giudicare, posso solo farlo bene o farlo male. Anche se non giudico ho comunque giudicato di non giudicare
Mah...è un dilemma cui non soggiaccio; dipende dallo scopo che mi propongo:
Voglio fare una disamina critica...se ritengo di potermi confrontare? o voglio solo imparare? sapere cosa ne pensava colui? o, piu' in generale, sapere cosa si dice sull'argomento, o, piu' in profondità, ...sviscerarlo?
Citazione:
Nel momento in cui, leggendo, mi accorgo della superiorità del ragionamento del filosofo, mi sento indegno di giudicare.

Il concetto di indegnità credo sia un pò teorico nella sua rarità ...certo che a volte piu' che il ragionamento puo' essere la fama del personaggio a influenzarci e attrarci al suo pensiero: mi pare che questo sia il pericolo piu' comune: il plagio dell'autorità...specie se siamo vergini!
Citazione:
Ma poi, presto o tardi lo farò. E' nella nostra natura esprimere giudizi,
non possiamo farne a meno, altrimenti naufragheremmo nei dubbi.
Certo è nella nostra natura esprimere giudizi, ma niente di male..anzi! importante è che non crediamo che siano assoluti o incontrovertibili: finiremmo certo con la piu' cocente delle delusioni! Quanto al naufragare nel dubbio non è poi così grave...anzi.... è spesso costruttivo.
Citazione:
Ed è proprio qui la grandezza dei filosofi: si sentono talmente forti del loro giudizio, da non temere che venga ad ogni ora rimesso in discussione da chicchessia.
Solo un pazzo sarebbe tanto forte e sicuro: la forza intellettuale del filosofo, come di qualunque pensatore o scienziato ecc...stà sia nella fede nel proprio elucubrato, che nella tenacia nel sostenerlo se ne ha le ragioni, ma anche nella disponibilità a rinnegarlo qualora, "al suo onesto giudizio", insorgessero, anche da parte di chi lo avversa, fondate ragioni in contrario.
Citazione:
Ci vuole coraggio per esprimere dei giudizi ed esporli, a sua volta, al giudizio altrui.
Ci vuole coraggio ma anche la coscienza che nulla è assoluto ed eterno: occorre sempre mettersi alla prova e siamo tutti nella stessa barca.

Ultima modifica di ulysse : 26-02-2011 alle ore 18.36.34.
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Vecchio 26-02-2011, 23.40.19   #9
CVC
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

Purtroppo non so nulla di Hegel anche se trovo interessanti i meccanismi di antitesi e sintesi da te citati.
Il ragionamento parte da questi passaggi di Piaget:"Il ragionamento è una
combinazionazione di giudizi di cui gli uni servono da mezzi e gl'altri da fini."
"Dal punto di vista funzionale il giudizio è l'assimilazione di un dato ad uno schema."
"Una volta usciti dall'atto del giudicare i concetti sono i punti di partenza per nuovi giudizi."
Il problema sorge quando si incorre in un errore nel giudizio poichè, ovviamente, da un giudizio sbagliato
consegue necessariamente un ulteriore errore.
Kant dice: "Il fondamento di origine di ogni errore dovrà venire cercato soltanto ed esclusivamente
nell'influsso inavvertito della sensibilità sul giudizio. E' questo influsso a far si che noi, giudicando,
prendiamo per oggettive ragioni solo soggettive e di conseguenza scambiamo la mera parvenza della verità
per la verità stessa."



"Ma non è necessario che ci confrontiamo sempre con qualcuno, giudicando od esendo giudicati,
in modo conscio o inconscio...e neppure e necessario ragionare sempre dell'essere e del divenire...alla ricerca
dell'inaccessibile essenza: possiamo andare più sul concreto e sul pragmatico.
Leggere e valutare gli scritti del passato non è solo prodotto del mio ragionamento: dovrebbe essere piuttosto
una integrazione...sia che accogliamo cio' che leggiamo sia che lo rifiutiamo." Ulisse
Erikson dice: "La maggior parte di noi e continuamente in uno stato di dubbio, conscio o inconscio,
rispetto alle differenze fra il modo in cui considera le proprie esperienze soggettive ed il modo in cui le
considerano gli altri".
Per la maggior parte della gente è necessario confrontarsi con qualcuno


"Noi ragioniamo in quanto giudichiamo" Il Dubbio
Pensiamo per giungere ad una conclusione, pensiamo per dissipare un dubbio, la conclusione (corretta) del
ragionamento (il giudizio) dissipa il dubbio.
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Vecchio 27-02-2011, 14.06.53   #10
ulysse
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Riferimento: Filosofia o filosofare?

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
In realtà io tendo a ribaltare la questione. Noi ragioniamo in quanto giudichiamo. Cioè il ragionamento è un mezzo (un metodo) per giungere a comprendere l'essenza di tutte le cose attraverso il linguaggio. Ma io tendo a considerare il linguaggio un mezzo limitato e limitante.

Bisognerebbe definre il significante delle parole:
Il ragionare è il processo cerebrale che elabora gli stimoli, in senso lato, che giungono al nostro organo pensasnte. Gli stimoli possono essere semplici o complessi...fino a costituire stimoli gli stessi nostri o altrui ragionamenti, al limite essi stessi materia di indagine e speculazione per rielaborazioni e ragionamenti ulteriori.

Il linguaggio è il mezzo di comunicazione o di ricezione dell'organo pensante.
Attraverso il linguaggio in senso lato (parole, scritture, suoni, simboli, ecc...) comunichiamo a terzi, al popolo tutto, il prodotto delle nostre elucubrazioni ricevendone in retroazione segni di ricezione e di risposta.

Una tale interazione è fondamntale per una sempre maggiore eccitazione cerebrale e per una sempre piu spinta evoluzione intellettuale nostra tanto piu di livello elevato quanto più elevata è la qualità della retroazione.

Qui però, pur essendo le due esplicazioni (ragionamento e linguaggio) di estrema reciproca utilità potrebbe sorgere il problema dell'uovo e della gallina: direi però che il problema non c'è e che sia chiaro che l'orgine stà nell'uovo... pardon... nel cervello...da cui la famosa attribuzione di "testa d'uovo" a chi si fregi di un cervello fino.

Citazione:
La costruzione del linguaggio (filosofico) è secondo me ottusa verso la comprensione dell'essenza di tutte le cose. Mentre, dovrebbe essere da noi tutti preso in coscienza, che l'essenza di tutte le cose è causa della costruzione linguistica, non il contrario. Non è il linguaggio che costruisce l'essenza di tutte le cose ma è l'essenza che costruisce il linguaggio nel tentativo di conoscere se stessa.

Ora non saprei se sono sulla tua linea...forse diciamo le stesse cose con diverso linguaggio, ma mi pare di constatare sempre che il linguaggio è spesso un passino indietro rispetto alla pienezza di cio che sento, che elaboro in me e che vorrei esprimere per cui mi occorerebbe sempre (od occorre alla mia essenza) una parolina in più e a volte invero si introducono nuove parole per significanti piu urgenti,...magari rivolte agli altri ...ma anche a se medesimi come riordino di inespressi pensieri.

Il significato di essenza potrebbe anche esser esteso a comprendere la globalità dei pensieri e delle elucubrazioni elaborate dagli umani che nelle parole e nei linguaggi evoluti meglio esprimono e apalesano intrinseci nuovi significati.

Ma temo purtroppo che l'espressione "essenza di tutte le cose" non assuma il signigficato testè espresso nel vetero linguaggio filosofico per cui mi parrebbe che, anche ai nostri giorni, l'espressone "essenza di tutte le cose" possa definirsi significante senza significato...per la filosofia moderna, ma di proficuo uso nell'industria dei profumi.
Citazione:
Parafrasando Cicerone, il filosofo è colui che si sforza di comprendere l'essenza di tutte le cose... attraverso il linguaggio. Ma non è il linguaggio, la costruzione che viene creata, ad essere l'essenza. Ecco che se il linguaggio diventasse, per certuni, l'essenza, la filosofia avrebbe perso la partita in partenza.
Certo non è il lingaggio l'essenza della filosofia, come di ogni altra disciplina, del resto, ma lo è il pensiero che la supporta...che attrverso un linguaggio adeguato di sesprime..
Con Cicerone abbiamo però un problema: forse era giustificato ai suoi tempi dire che filosofo è colui che si sforza di comprendere "l'essenza di tutte le cose"...essenza, del resto, non mai trovata e compresa.

Ma oggi cosa sarebbe questa "essenza di tutte le cose"? in che consiterebbe?
Forse Cicerone, piuttosto che ai filosofi, avrebe dovuto, se fosse stato dei nostri giorni, rivolgersi ai fisici: fisico è colui che si sforza di penetrare la meccanica quantistica...oppure la teoria del tutto o di perseguire la teoria delle stringhe...magari l'ineffabile teoria M!
ulysse is offline  

 



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