ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
11-10-2010, 18.43.48 | #125 | |||
Lance Kilkenny
Data registrazione: 28-11-2007
Messaggi: 362
|
Riferimento: La Morte Non è Niente
Citazione:
Il discorso poi delle probabilità sul quale pure batti e ribatti, come detto nell'altro topic, è logicamente insostenibile.Non è possibile cioè a mio avviso elaborare probabilità circa fenomeni mai osservati, analoghi a nulla, e rispondenti a non si quali leggi, cmq ad oggi sconosciute nella definizione di dio che danno gli stessi che vogliono confutarlo (essere trascendente, onnipotente, etc etc).Se questo dio trascende e onnipuò, o noi pure si trascende e onnipuò, oppure dove andiamo a prendere le probabilità per giocarcelo alla snai? Citazione:
Ti 'rincorro' anche qua, la teologia innesta la sua 'fisiologia dell'anima' sulla base di predisposizioni evoluzionistico/neuronali e non viceversa, visto che la prima data poche migliaia di anni, le seconde probabilmente qualche centimigliaio. Citazione:
|
|||
16-10-2010, 22.06.18 | #126 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 21-10-2005
Messaggi: 508
|
Riferimento: La Morte Non è Niente
Cosa intendeva senzanome quando parlando di morte comunicava il suo ateismo? E cosa intendeva senzanome quando parlando di morte e di vita coumunicava il suo no al teismo? Cosa intendeva propriamente con le idee di morte, vita e ateismo?
Citazione:
Di teismo si parla poco, è vero. E se lo si fa se ne parla male, è altrettanto vero. Ma non sarà che se ne parla poco perchè i 900 milioni di atei non corrispondono a verità? Basta dirsi a-tei per esserlo? Basta dirsi teisti per esserlo? Quali le ragioni del giovanile presunto a-teismo di Albert Einstein? Si trattava forse di mere ragioni logiche? Si trattava forse di mere ragioni determinate dai prodotti della sua capacità riflessiva di tipo fisico-matematico? Forse che il suo giovanile ateismo non era i "suoi numeri" alla stessa maniera in cui non lo era l'universo? Non mi fido di coloro che in punto di morte "salgono" nelle braccia di "Dio", così come non mi fido di coloro che come Elbert Einstein passano da una condizione di giovanile ateismo ad una di maturo e senile teismo. Stando a quanto di lui citato in questo thread: Albert Einstein: Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Essi sono creature che – nel loro rancore contro le religioni tradizionali come 'oppio delle masse' – non possono sentire la musica delle sfere. - Mi sarei curato di non chiamare "creature" gli atei, siano essi fanatici, siano essi non fanatici, essendo la nozione di creaturalità uno dei pilastri della cultura ebraico-cristiana. - Mi sarei curato di non dimenticare l'esistenza di ate-e fanatiche o meno, essendo l'episteme giudaico-cristiana costruita da e su figure maschili. - Io la musica delle sfere non la sento. Probabilmente Einstein percepiva la musica delle sfere nei suoi numeri, numeri nei quali, e per sua stessa ammissione, l'universo non poteva rientrare. Albert Einstein: "Io non credo in un Dio personale e non l’ho mai negato, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare". Non vedo cosa ci sia da ammirare sconfinatamente. Penso che Albert Einstein fosse eccessivamente impegnato con i suoi numeri. Fu forse questa infondata e sconfinata ammirazione per la struttura dell'universo scoperto dalla scienza a sostenere il suo teismo? Se la risposta fosse affermativa, si tratterebbe di un teismo ingenuo. Albert Einstein: Non riesco a concepire un Dio che premi e castighi le sue creature o che sia dotato di una volontà simile alla nostra. E neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica; lasciamo ai deboli di spirito, animati dal timore o da un assurdo egocentrismo, il conforto di simili pensieri. Sono appagato dal mistero dell’eternità della vita e dal barlume della meravigliosa struttura del mondo esistente, insieme al tentativo ostinato di comprendere una parte, sia pur minuscola, della Ragione che si manifesta nella Natura. Musica delle sfere? Armonia dell'essere scientificamente s-coperto? Meravigliosa struttura del mondo esistente? Come accordare, armonizzare tutto ciò con l'abbandono dei poveri di spirito al loro assurdo egocentrismo? Forse che quest'ultimo apparterrebbe all'essere ignoto non matematizzabile? E' da notare come sensanome utilizzi nel suo primo intervento una sola volta il sostantivo che significa ciò su cui si fonderebbe la posizione teista e che lo faccia con "dio", ovvero senza l'iniziale maiuscola. L'intento mi sembra chiaro: la sottrazione di valore a ciò che per un numero imprecisabile di esseri umani non può che essere "D-io". Ciò a cui la promotrice del thread sottrae valore è "Dio", ancora e sempre l'esser-divino della tradizione giudaico-cristiana, l'esser-divino come causa creante dal nulla (essere trascendente il mondo), l'esser-divino "che irrompe nella storia attraverso Cristo e che alla fine dei tempi giudicherà richiamando anche l'attenzione del diavolo". Continua.... |
|
16-10-2010, 22.08.36 | #127 | |||||
Ospite abituale
Data registrazione: 21-10-2005
Messaggi: 508
|
Riferimento: La Morte Non è Niente
Citazione:
A cosa si vorrebbe dare ancora una possibilità? Forse a quella dell'esistenza dell'esser-divino di quella tradizione? Ma questo non è poi così difficile nella misura in cui a credervi, dico credervi, sono ancora in molti. Trattasi però di mera credenza. Molto, ma molto più difficile è essere possibilisti in ordine alla stessa se per possibilisti si intende uno stare nel mezzo da scienziati e da filosofi. Nel mezzo in -verità non si può stare data la natura stessa di quel "Dio" e del modo in cui sarebbe entrato in comunicazione con le sue creature. A dimostrare l'assurdità di "Dio" si dà una mole impressionante di sapere empirico sperimentale così come una mole impressionante di sapere speculativo. Un "Dio" che si rivela agli esseri umani nelle forme in cui si tramanda nell'ambito della tradizione di cui sopra è un "Dio" assurdo. Rispetto ad esso è ragionevolissimo definirsi a-tei/a-tee. Citazione:
Rispetto a "Dio" c'è davvero poco da esser-possibilisti. Ciò su cui invece bisogna riflettere è l'ancor esistente atteggiamento del credente e di coloro che su tale atteggiamento fondano un certo potere istituzionale. La scienza intesa secondo il paradigma galileiano è nata ed è progredita proprio contrapponendosi ai dogmi che per secoli e secoli hanno impedito il progresso del sapere umano in quanto tale. Citazione:
Verso l'idea dell'ente rispetto alla quale senzanome dichiara con forza una posizione a-tea non è ormai più possibile nutrire alcun sentimento d'umiltà. L'umiltà può essere richiesta e pretesa in presenza di un autentico slancio conoscitivo; uno slancio che nel caso del teismo giudaico-cristiano non si è mai dato e non si dà, fino a prova contraria. C'è davvero poco da essere possibilisti e da stare nel mezzo: il linguaggio di coloro che pretendono di essere teisti e di coloro che dicono di credere, è un linguaggio falso e falsante. In quanto citato per ultimo si fa confusione tra il piano della scienza, ovvero il piano sul quale si parte dal reale e si torna al reale, e il piano di ciò che si può soltanto credere. O si pensa o si crede per dirla con Schopenhauer! Non è possibile richiedere la stessa legittimità a due forme così eterogenee dell'esser-psichico umano ed è per questo che non è possibile stare nel mezzo. Citazione:
Qui siamo ancor più vicini alla parte più calda del primo intervento di senzanome. Nulla ? Tutto? Vale a dire? Che l'ateo/l'atea si pensi come tale nella misura in cui concepisce un nulla dopo la morte è un'altra idea da mettere in discussione. Io ad esempio che, in-vero, non riesco a concepirmi e sentirmi né credente in senso cristiano né teista in senso altrettanto cristiano, non penso affatto ad un nulla dopo la morte. Nulla è qui,tra l'altro, soltanto una parola per dire la propria non conoscenza dell'essere. Ma non è affatto la stessa cosa! Siamo proprio convinti che il credente sia per il tutto ed il non credente per il nulla? Siamo proprio convinti che l'atteggiamento, il vissuto del credente metta capo in quanto tale ad un tutto, mentre quelli del non credente o ateo che dir si preferisca, non possa che metter capo ad un nulla? C'è davvero molto su cui ri-flettere. Citazione:
Questo a mio avviso il nucleo del primo intervento. senzanome vuole sentire il dolore dentro di se e non lenirlo con facili illusioni, perchè è viva. Cosa intende comunicare? Intende forse comunicare che chi lenisce il senso e l'esperienza della morte con facili illusioni non è vivo? Sembra proprio di sì. E se così è, la tesi della promotrice del thread è davvero grave: l'atea/l'ateo è colei/colui che non lenisce il dolore per la morte di una persona cara come un padre;e questo perchè è viva. Forse che credenti e teisti in senso cristiano sono morti? Certo che no, ma allora in che senso interpretare le parole di senzanome? Forse con l'idea che il credente sia meno vivo dell'ateo? Forse con l'idea che il credente sia una forma di vitalità minore dell'ateo? Forse con l'idea che il credente sia una forma di vita meno complessa? Forse con l'idea che il credente sia una forma vivente non così ben strutturata? Non altrettanto ben strutturata al punto da non poter sopportare l'angoscia dell'ignoto che la morte stessa determina? Perchè il credente dice di no alla morte? Perchè non l'accetta? Di cosa ha paura ed angoscia? Di cosa è paura ed angoscia? Perchè non ci sta a morire? Perchè recalcitra al presentimento della fine? Perchè chi sta scrivendo non fantastica, concepisce una sopravvivenza di sé come essere autocosciente ? Forse perchè caratterizzato da una pienezza di vita preclusa al credente? La risposta è sì. La promotrice del thread ha asserito che la morte non solo non è niente, ma che essa è il problema. Ritengo che la morte non sia il problema - il problema per antonomasia -, perchè per morire è necessario vivere e per vivere è necessario nascere. Che la morte non sia il problema è dimostrato tra l’altro dall’esser-certo dell’impossibilità di pensare all’esser-vivi a partire dalla condizione dell’esser-morti. Non è possibile giudicare la vita a partire dalla morte. Conditio sine qua non del pensiero dell'esser-morti è l'esser-vivi. Il problema della morte e del modo in cui viene pre-ideata e pre-sentita è il problema delle forme dell'esser-vivi. Franco |
|||||
18-10-2010, 14.43.09 | #128 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-08-2009
Messaggi: 154
|
Riferimento: La Morte Non è Niente
Citazione:
Riprendo questo post, anche se datato, con riferimento alla frase: "Trovo, quindi, che i credenti siano molto piu' coraggiosi di noi atei." Trovo che sia esattamente il contrario. Ci vuole coraggio ad esser atei, coraggio nel non aggrapparsi ad illusori appigli di salvataggio della propria anima, e vivere la vita nella sola ottica del "qui ed ora". Non sara' questa la vera evoluzione dell'anima? |
|
20-10-2010, 12.33.31 | #129 |
Ospite
Data registrazione: 09-09-2010
Messaggi: 15
|
Riferimento: La Morte Non è Niente
mi chiedo se sia altrettanto probabile che si inverino i miti e le narrazioni basate sulle antiche superstizioni e credenze di cui le religioni (anche le grandi) si costituiscono e su cui basano i propri dogmi?
Forse che la scienza si propone per dogmi piuttosto che per logica e sperimentaziome? forse che afferma di essere eterna ed universale? Nei miei precedenti post ho ampiamente spiegato i motivi per cui la stessa scienza non può ritenersi portatrice di verità assoluta, né –spesso- meno “dogmatica” di una qualunque dottrina religiosa. Probabilmente non sono in grado di trattare chiaramente l’argomento, visto il contenuto delle risposte. Ritengo possa essere utile postare di seguito un articolo del fisico Cantalupi: Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale. Desta notevole stupore che la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi sia passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico. E questo non già perché le sue implicazioni abbiano scarso interesse, ma perché queste implicazioni sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino per gli stessi scienziati che le concepirono. La rivoluzione di cui si sta parlando si è consumata, nella sua fase più "cruenta", durante i primi trenta anni del ventesimo secolo ed è conosciuta col nome di Teoria Quantistica o Meccanica Quantistica. Nata come tentativo di spiegare la fisica delle particelle elementari, la Teoria Quantistica in seguito crebbe sino ad incorporare gran parte della microfisica e parte della macrofisica. Oggi fra alterne vicende può dirsi (nella sua versione ortodossa) universalmente accettata. Sebbene attualmente nessuno dubiti della sua efficacia pratica ci sono ancora ampie schiere di studiosi che ne mettono in discussione le conseguenze, specie quando queste conseguenze vengono estese alla natura della realtà. Fondamenti della meccanica quantistica : - Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle "osservazioni" dell’uomo. - Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall'acausalità. - E’ possibile che, in determinate condizioni, la materia possa "comunicare a distanza" o possa "scaturire" dal nulla. - Lo stato oggettivo della materia, è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati. La conclusione più sconvolgente che si può trarre da quanto sino ad ora affermato è senza dubbio quella che asserisce che la realtà è tale solo se è presente l’uomo con le sue "osservazioni" ; con i suoi esperimenti. A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano confinato l’umanità ai margini dell’universo, la Teoria Quantistica riporta l’uomo ("l’osservatore") al centro della scena. Alcuni eminenti scienziati si sono spinti a ipotizzare che la Teoria dei Quanti abbia perfino risolto l’enigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che l’introduzione nei processi di misura quantistica dell’osservazione umana è un passo fondamentale per il costruirsi della realtà. Seppur fortemente avversata sin dal suo apparire (Einstein per manifestare la sua contrarietà arrivò a coniare la frase "Dio non gioca a dadi") la Meccanica Quantistica, è oggi universalmente accettata. Essa, oltre spiegare processi a livello microscopico come la stabilità dell’atomo o processi macroscopici come la superconduttività, ha ottenuto recenti eclatanti conferme sperimentali : si pensi alla diseguaglianza di Bell. Ciononostante il grado di diffidenza nei confronti di questa materia - sempre in bilico tra Fisica e Metafisica - è rimasto (come si diceva anche dianzi) alto. I suoi assunti, al limite dell’assurdo, mettono a dura prova le menti più aperte. Anche nell’era dei computer superveloci, la Teoria Quantistica più che una scienza "accettata" si caratterizza per una scienza "subita". E sono soprattutto gli studiosi di microfisica, i quali ogni giorno hanno a che fare con i suoi assunti filosofici e con il suo formalismo matematico, che più soffrono questo stato di cose. Perché mai “la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi ” è passata inosservata? Bè sono fermamente convinta che il motivo sia l’attaccamento della comunità scientifica ortodossa ai propri “dogmi”, il timore che tutte le conoscenze finora acquisite (portatrici di uno status di autorevolezza per qualsiasi scienziato) possano essere messe in discussione, o che le bizzarrie di questa “materia sempre in bilico tra fisica e metafisica” possano intaccare quel piedistallo di certezza che assicura gli addetti alla scienza di stare dalla parte “giusta” e di relegare coloro che postulano l’esistenza di un’entità divina in una sorta di universo “intellettualmente inferiore”. Ravviso una sorta di oscurantismo nei confronti della nuova scienza, ad opera della comunità scientifica. Non è stata fatta, come sarebbe logico aspettarsi, una vera e propria opera di divulgazione. E, probabilmente, solo perché “le implicazioni sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino per gli stessi scienziati”. Quindi tornando ai “dogmi”, sì, penso che anche la scienza sia fedele ai propri e penso anche che quando sconfina nello scientismo anch’essa, implicitamente, si ritenga “eterna ed universale”. Consiglio la lettura, a proposito di “scienza e dogmatismo”, della relazione presentata alla conferenza di premi Nobel del 2004 dal titolo “Incredulità patologica”. L’autore è B. Josephson (premio Nobel a soli 22 anni, non credo abbia niente da invidiare a Odifreddi, con tutto il rispetto…) che illustra la “sindrome da incredulità” che può affliggere certi scienziati di fronte al nuovo ed all’inaspettato e che spinge gli stessi a barricarsi su posizioni negazioniste anche di fronte al’evidenza. Nonché l’interessante articolo di Mario Bruschi, fisico docente dell’Università “La Sapienza” di Roma, “scienza e paranormale: a che punto è la notte?”. Entrando poi nel merito dei metodi scientifici, (lasciando da parte il campo delle ipotesi) la statistica, secondo le attuali conoscenze, è pilastro fondamentale in quanto la fisica dei quanti ha scardinato il determinismo a favore di una conoscenza basata sul calcolo delle probabilità… Fred Hoyle, astronomo, (che si convertì dall'ateismo al deismo anche se alcuni lo definiscono agnostico) proprio basandosi sulla statistica rispetto all’impossibilità che la cellula umana pervenga all’esistenza in modo accidentale -implicando quindi la teoria di un creatore-, ebbe ad affermare: "Credere che la prima cellula si sia formata per caso è come credere che un tornado infuriato in un deposito di sfasciacarrozze abbia messo insieme un Boeing. Sulla base del calcolo delle probabilità perché le unità molecolari che sono alla base della vita si combinino tra loro per formare il più semplice sistema vivente occorrerebbero tempi di una lunghezza incredibile: l'età dell'universo è ridicolmente insufficiente, non basterebbe neppure a far formare attraverso processi casuali gli enzimi indispensabili per dare inizio ai primi processi vitali". (Hoyle, Intervista rilasciata alla rivista "Nature" pubblicata il 12/11/1981) Hoyle, con equazioni matematiche, ha dimostrato che le probabilità che la più semplice forma di vita sia nata per caso sono pari a 10 elevato alla potenza di 40.000..... ! (presumo quindi che Odifreddi possa smentirlo, o magari lo abbia già fatto…) Perché non dovremmo tenere conto anche di queste voci? Hoyle basa la sua affermazione sulla statistica, una scienza non una “bizzarria”…O forse devo credere che per chiunque ammetta possibilità di un creatore la statistica automaticamente diventa inaffidabile? Come al solito, dobbiamo usare due pesi e due misure? O, per qualche motivo, le idee dell’astronomo Hoyle sono meno degne di rispetto di quelle dell’astronoma Hack? Ecco cosa intendo quando parlo di possibilismo. Qualcuno ha postato, “non si può stare nel mezzo”…Non si può in base a quale legge? Bè io nel mezzo ci sto, e voglio continuare a starci. E soprattutto continuare a dubitare di qualsiasi cosa, comunque essa sia etichettata: “scienza” o “fede”, per me, non fa alcuna differenza. Per concludere, infine, non credo affatto che le due suddette cose debbano necessariamente essere in antitesi. Al contrario. Molti scienziati sono giunti alla fede attraverso la conoscenza. Il fisico Carlo Fiore, ad esempio, afferma:"Parlare di origine del mondo porta inevitabilmente a pensare alla creazione e, guardando la natura, si scopre che esiste un ordine troppo preciso che non può essere il risultato di un 'caso', di scontri tra 'forze' come noi fisici continuiamo a sostenere. Ma credo che sia più evidente in noi che in altri l'esistenza di un ordine prestabilito nelle cose. Noi arriviamo a Dio percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell'irrazionale”. |
01-11-2010, 13.02.35 | #130 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 21-10-2005
Messaggi: 508
|
Riferimento: La Morte Non è Niente
trilla,
mi curerò anche in questo intervento di non allontanarmi dalle riflessioni iniziali di senzanome. Cantalupi: "Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale. Desta notevole stupore che la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi sia passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico." Mi riesce oltremodo difficile pensare che la meccanica dei quanta potesse e possa passare osservata all'occhio.... - Grosso pubblico? Da chi dovrebbe essere composto il grande pubblico? Spero non si tratti anche di quello che non legge neanche un libro all'anno. Cantalupi: "Nata come tentativo di spiegare la fisica delle particelle elementari, la Teoria Quantistica in seguito crebbe sino ad incorporare gran parte della microfisica e parte della macrofisica" Addirittura parte della macro-fisica! Quale? Chi sarebbe stato in grado di definire i limiti della macrofisica? La macro-fisica... La fisica del tutto.... Il tutto... Il trascendente il Tutto... Il trascendente.... Cantalupi: La rivoluzione di cui si sta parlando si è consumata, nella sua fase più "cruenta", durante i primi trenta anni del ventesimo secolo ed è conosciuta col nome di Teoria Quantistica o Meccanica Quantistica Non conosco il ventesimo secolo. E non lo conosco perchè non calcolo temporalmente l'essere a partire da un ente meramente creduto. Cantalupi: Nata come tentativo di spiegare la fisica delle particelle elementari, la Teoria Quantistica in seguito crebbe sino ad incorporare gran parte della microfisica e parte della macrofisica. Mi piacerebbe sapere se la meccanica quantistica sia stata una spiegazione della sfera delle particelle elementari oppure un mero tentativo della stessa. Cantalupi: Sebbene attualmente nessuno dubiti della sua efficacia pratica ci sono ancora ampie schiere di studiosi che ne mettono in discussione le conseguenze, specie quando queste conseguenze vengono estese alla natura della realtà. Fondamenti della meccanica quantistica : - Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle "osservazioni" dell’uomo. Natura della realtà?! Come si può da una parte affermare l'inesistenza dei una realtà obiettiva della materia e dall'altra il presunto potere della meccanica quantistica di estendersi nelle sue conseguenze alla natura della realtà? "Natura" in uno dei suoi sensi fondamentali è un concetto che nella coscienza occidentale ha designato e continua a designare l'essenza, l'esser-essenziale, l'esser-sostanziale, l'esser-comune, l'esser-universale; Ciò che si dice di molti enti reali è la loro natura. Qui bisognerebbe decidersi. Se, dico se seguendo la meccanica dei quanti la realtà è di volta in volta creata dalle osservazioni dell'uomo, allora la stessa forma di meccanica non può estendersi alla natura della medesima realtà. Mi resce oltremodo difficile comprendere come l'osservazione umana possa di volta in volta creare una qualche forma di realtà. Quello di creazione è una nozione assai scottante.... L'uomo non crea un bel nulla, semmai rischia di distorcere.... costringere il reale e non essere quello che è in ragione di una serie di forzature tecnico-scientifiche. Cantalupi: Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall'acausalità. E Cantalupi cosa ne sa? Forse che l'aggettivo "fondamentali" sta qui per definitive? E se non fosse così perchè concedere tutto questo credito ad una scienza che nega il determinismo delle "dinamiche fondamentali del micorocosmo"? A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano confinato l’umanità ai margini dell’universo, la Teoria Quantistica riporta l’uomo ("l’osservatore") al centro della scena. Alcuni eminenti scienziati si sono spinti a ipotizzare che la Teoria dei Quanti abbia perfino risolto l’enigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che l’introduzione nei processi di misura quantistica dell’osservazione umana è un passo fondamentale per il costruirsi della realtà Margini dell'universo? Quali margini? La poesia, trilla, è un genere di scrittura completamente differente. E a me la poesia piace. Rapporto tra mente e materia? Quale rapporto? Qui si parte ancora e sempre dal tradizionale e scontato rapporto fra entità mai dimostrate come non-immaginarie. La meccanica quantistica avrebbe addirittura risolto il problema dell'enigma del rapporto fra mente e materia? sul fondamento di cosa ? forse sul fondamento della stessa presunta distinzione fra mente e materia? Margini ? centro? quali margini e quale centro? Non sarà l'idea stessa di "Dio" - il solito!- a permettere la concezione di un centro e di una periferia dell'essere? La domanda è "evidentemente " retorica. Citazione:
- Perchè mai la cellula umana dovrebbe (per) - venire all'esistenza per l'atto di un creatore? Perchè si forza l'essere nel senso di una credenza. - Perchè mai la cellula umana dovrebbe (per)venire all'esistenza per atto creativo di un creatore e non di una creatrice? - Perchè l’alternativa alla creaturalità della cellula umana dovrebbe essere quella della accidentalità? Non è necessario che lo sia. Perchè non poter pensare in termini di formazione cumulativa graduale? Anche qui si è in presenza del tendenzioso e tradizionale processo mentale per il quale si vedono salti, voragini, abissi incolmabili un po' dappertutto. -Può in generale essere definito deista o agnostico colui che pensa in termini di atti di un creatore? Citazione:
Ecco un altro capace di misurare l'età dell'universo! Non ci sarà sarà la solita idea di un esser-divino creatore del cielo e della terra a permettere il calcolo dell'uni-verso? Citazione:
Qui ce n'è davvero per tutti i palati! - Parlare di origine del mondo... non porta proprio a nulla .... Per portare a qualcosa, l'origine del mondo (universo, tutto dell'esser-materiale, etc, ) dovrebbe esser-tale. Ma tale non è trattandosi di un'altra ideazione speculativa. E' tutt'altro che scontato partire dall'idea di origine del mondo per dimostrare qualcosa come l'idea di creazione. Non sarà la stessa credenza in un'entità creatrice a forzare la realtà materiale ad essere originata? - Non è per nulla necessario pensare ad un origine del mondo in seguito ad un atto creativo. Si è qui in presenza ancora e sempre dell'idea cardine dell'episteme giudaico-cristiana. A far capolino tra le nubi è ancora e sempre un esser-divino personale e dalla lunga barba bianca. - Guardando la natura? Io in-vero, la natura non riesco a guardarla. Non sarà la presunzione di guardare la natura a permettere la scoperta di un ordine troppo preciso della stessa? Ordine troppo preciso. Può in generale un ordine essere troppo preciso? - Guardando la natura il fisico Carlo Fiore ritiene poi che il suo ordine troppo preciso non possa essere frutto del caso, bensì di un creatore. Già Tommaso d'Aquino... Quistioni davvero antiche... Perchè mai un tale ordine troppo preciso non dovrebbe essere piuttosto il risultato di un processo di accumulazione graduale? Chi è a caccia di casualità si affretta e non può non affrettarsi a sostituirla con l'idea di un ente creatore. Chi è spinto a pensare in termini di creatore , creazione e creature forza la realtà ad essere una realtà originata. Chi è l'individuo umano che spinge per le idee di creatore, creazione e creaturalità? forse lo stesso che teme ed è angosciato dalla morte? E chi è colui/ colei che è paura ed angoscia della morte? chi è colui/ colei che spinto/ spinta più o meno prepotentemente a pensare e sentire in termini di origine, salto , caso, iato, discontinuità dell'essere e fine? da chi e perchè la morte individuale è pensata come fine dell'esser-fisico? chi è perché pensa in termini di iato fra corpo materiale e mente immateriale? Sono questi, trilla, gli esempi scientifici sui quali si fonderebbe il tuo stare nel mezzo? La discussione promossa da senzanome è impegnativa, molto impegnativa. Quando ti si chiede un giudizio su fenomeni come quelli della contraccezione, dell’aborto, dell’eutanasia, del parto in epidurale, dici di stare nel mezzo? Franco |
|||