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06-06-2006, 21.19.20 | #43 | |||
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
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Citazione:
sì, sono solo spunti, ma sono molto interessanti provo a buttare giù qualcosa, ciò che mi viene in mente così su due piedi leggendo quanto scrivi, ma ti invito a sviluppare i punti che hai fugacemente presentato, sai che sono molto curioso… prima di entrare nel merito dei tuoi interessanti spunti, voglio salire sul ponte con rubin e scambiare qualche ‘carezza’ dicevo che siamo interessati a dire che in qualche modo gli stati intenzionali degli agenti (credenze, aspettative, desideri, valori etici, etc.) siano responsabili dei comportamenti degli agenti stessi (per evitare l’epifenomenismo). quindi se vuoi per parlare di questa importanza degli stati intenzionali per le azioni dell’agente, sono disposto a parlare di causazione. soprattutto nel passato, la discussione era se gli stati intenzionali fossero ragioni (anscombe e von wright) oppure cause (davidson). l’importante qui, però, è che entrambi crediamo che gli stati intenzionali siano responsabili delle nostre azioni e che questa ‘responsabilità’ (chiamiamola pure ‘causalità’) non sia la pura e semplice causalità sufficiente (se ci sono x1,…,xn allora necessariamente si avrà y1,…,yn). carlo, in base alle proprie credenze e ai propri desideri, si fa una doccia: tali suoi stati intenzionali sono la causa (o la spiegazione: un altro fatto interessante da tener conto è l’interdipendenza tra spiegazione e causazione) delle sue azioni, ma non v’è ‘costrizione’ (non è una causa sufficiente). detto questo passo al punto (1a) di odos (o comunque quello che il punto (1a) di odos mi ispira a dire in questo momento). nessuno a mai detto che l’uomo ha una libertà assoluta (cosa che alessio fraintende con il suo esempio della pistola), infatti tale superlibertà richiederebbe l’onnipotenza, cosa che evidentemente l’uomo non possiede. sarà banale, ma forse è il caso di precisarlo: vi sono diversi gradi di libertà. qui, l’idea che si vuole difendere (e che alcuni vogliono/dovrebbero combattere) è che l’uomo disponga di una buona dose (una dose desiderabile) di libertà. io potrei anche condividere quanto dice rubin che non esiste la libertà assoluta (se con essa si intende qualcosa di trascendente e/o che ci permetterebbe di fare ogni cosa) e che però esiste la ‘libertà da’ e la ‘libertà di’: questi sono i giochi linguistici dove si utilizza la parola ‘libertà’. noi siamo liberi di cambiare le nostre idee riguardo Tizio, siamo liberi dall’influenza dell’impero marziano, etc. ma il passo falso che compie rubin è quello di non accontentarsi di tali giochi linguistici e pretendere di più, molto di più. è come se lui condividesse il fatto che carlo è libero di radersi il volto quando gli pare, ma che a tale libertà manchi qualcosa (forse la trascendenza?). in realtà alla libertà non manca proprio nulla, essa è apposto così com’è. (1b) è molto interessante, e forse rappresenta il più grande abbaglio che si può prendere sul problema del libero arbitrio. vi cito un pezzo di wittgenstein (lezioni sulla libertà del volere) un po’ lunghetto, ma credo che ne valga veramente la pena (se non sbaglio esso ci libererà da una cattiva immagine del rapporto tra leggi naturali e libertà): Citazione:
che dire in più? potrei aggiungere un’altra cosetta, che mi viene in mente ora: se la determinazione delle mie credenze è olistica ed ermeneutica (e sensibile all’ambiente fisico e sociale in generale, e al contesto specifico dove è collocato il parlante in un dato momento), non posso trovare una legge che mi dica “alle credenze che p corrisponde una determinata attivazione di una determinata classe di neuroni”. ma se non posso trovare una legge siffatta (neppure una legge specie-specifica, come kim propone, pensando erroneamente di risolvere tale problema), che mi trova i correlati neurali degli stati intenzionali, allora sarà impossibile prevedere gli stati intenzionali dell’agente (e quindi anche le sue azioni). (e non può venire d’aiuto neppure la sopravvenienza, infatti la stessa configurazione dello stesso set di neuroni può, a seconda dei casi, ‘rappresentare’ diversi stati intenzionali). incollo l’ultimo (per ora) pezzetto di wittgenstein (zettel): Citazione:
per il punto (2) mi prendo un po’ di tempo per rifletterci epicurus P.S. non è un problema del tuo browser, odos, è (credo) questo forum che non spezza i link, e quindi se il link è molto lungo la finestra del messaggio viene ringrandita. |
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07-06-2006, 15.28.38 | #44 | ||
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
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Citazione:
sulla scorta del suggerimento (2) di odos, prima di tutto cito il mio amato Hilary Putnam -- che, per chi non l'ha capito, assieme a Wittgenstein, è il mio eroe filosofico -- dal suo "L'evoluzione spiega la rappresentazione?". Citazione:
voglio aggiungere qualcosa di più specifico, in merito al possibilità o impossibilità di ridurre ogni nostra capacità o ogni nostro atteggiamento (credenza, desiderio, etc.) ad una base di bisogni biologici fondamentali. innanzitutto va detto che la cultura è un aspetto importantissimo (indispensabile, io direi) della nostra vita, assieme all'aspetto biologico: l'uomo è un agente tanto biologico quanto culturale. tra le moltissime conseguenze che ha questo fatto, c'è anche quello che, per esempio, le nostre decisioni (e le ragioni di queste) non sono riducibili a bisogni biologici fondamentali: (per esempio) se l'istinto di sopravviventa mi spinge a rimanere in vita, i miei valori potrebbero spingermi ad andare contro questi e sacrificare la mia vita per salvare una scolaresca di bambini delle elementari. "ma anche tale tuo valore ha una ragion d'essere perchè un qualche istinto biologicamente radicato in te ha fatto si che tu abbia tale istinto", mi potresti obiettare. ma che forza ha tale obiezione? è convincente? hai delle prove per dire questo? oppure, come io credo, è più ragionevole sostenere semplicemente che i miei valori sono quelli e che non centrino nulla (o gran poco) con i miei istinti primordiali? pensi che l'evoluzione abbia potuto selezionare così accuratamente anche il mio senso dell'altruismo e del sacrificio per gli altri? ma non solo tali principi in generale, ma anche che abbia formato tali principi in modo così preciso che essi fossero applicabili in quel dato e preciso contesto? ne dubito fortemente. d'altro canto l'evoluzione biologica segue un processo darwiniano, mentre quella culturale ne segue uno lamarckiano. epicurus |
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07-06-2006, 17.49.35 | #45 |
può anche essere...
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relativamente agli stati mentali quali cause del comportamento, siamo d'accordo. Però, a me sembra che tu non vada oltre. Che tu dica: "gli stati mentali causano il comportamento, gli stati mentali sono frutto dell'attività del soggetto, e perciò il comportamento è determinato dal soggetto stesso, e quindi è un comportamento libero".
Ma io tenderei ad andare oltre, dicendo che gli stessi stati mentali che determinano il comportamento, sono essi stessi causati. Causati da cosa? Dal soggetto? Benissimo. Ma il soggetto cos'è? E' anch'esso una rappresentazione: uno "schema di sè" costituito da rappresentazioni integrate. Credo che sarebbe possibile descrivere il sè come un reticolo di proposizioni che riguardano l'autodefinizione (a livello conscio, e inconscio), e sentimenti connessi. Quando poi le proposizioni costituenti l'autodefinizione entrano in contatto con le proposizioni costituenti la definizione della situazione x, dell'altro y, di norme che descrivono ciò che si deve fare, ciò che è bene fare, ciò che non va fatto, le punizioni conseguenti, ciò che è desiderabile socialmente eccetera eccetera, il comportamento che ne consegue non è altro che la risultante di quella relazione. Ad esempio: io sono una persona timidissima. Adesso mi chiameranno a parlare a questa platea. Quindi arrossirò. Le persone che arrossiscono sono prese per deboli. Chi è debole viene disprezzato e linceziato. Non voglio essere licenziato, quindi non devo arrossire, ma sono timidissimo, quindi non devo salire sul palco per parlare a quella platea, ma se non ho un buon motivo per non salire non posso, quindi fingerò di essermi appena ricordato di un impegno improvviso.. Il comportamento resta comunque, da un certo punto di vista, libero. Nel senso che è il comportamento che scaturisce da quell'identità. Ma quell'identità è autentica? Cioè è l'essenza di quella persona? Se non lo fosse sarebbe una costruzione arbitraria, casuale, sociale, condizionata. Quindi non proprio libera direi: <Albert Einstein definiva con il termine “Psicologia del Senso Comune”(PSC) tutto quell’insieme di nozioni, schemi e convinzioni su se stessi, gli altri e il mondo che ci circonda che vengono inculcate in un essere umano nei suoi primi diciotto anni di vita> L'unica libertà la riconoscerei nel caso esistesse un identità autentica: allora l'azione del soggetto sarebbe veramente solo sua, e libera. Libera nel senso che sarebbe causata solo da se stessa. E non dai condizionamenti sociali. Ma allora bisogna che esista un'essenza individuale. Ed è qui che forse non si può far altro che sfondare nel trascendente. Ultima modifica di r.rubin : 07-06-2006 alle ore 17.53.05. |
07-06-2006, 19.45.07 | #46 |
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Sebastiano hai utilizzato la metavora della mia domanda per rispondermi senza tenere conto di ciò che invece inteneda dire la domanda. Perche? Non è difficile indovinare.
Comunque se vuoi puoi provare a rispondere ad una domanda più facile, così spero non argomenterai la metafora. Se Viene un terremoto e ti casca sopra la testa una colonna di cemento da 500 Kg. Dove rimane il tuo libero arbitrio? Oppure se preferisci questa: Un bambino di un anno muore per un tumore. Dove rimane il suo livero arbitrio? Dubito che risponderai, ma grazie comunque per l'interessamento. Ciao. |
07-06-2006, 19.52.22 | #47 | |
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Citazione:
alessio, forse ti è scappato, ma io al tuo esempio della pistola ho risposto in un mio precedente intervento. ti quoto qui sopra l'obiezione che ti avevo rivolto. epicurus P.S. tu stesso hai aperto questa discussione -- con l'intendo di demolire il concetto di libero arbitrio -- e quindi sarei curioso di sapere cosa ne pensi riguardo ciò che io (e gli altri) scrivo: ti soddisfano le mie (e le altre) critiche o no? |
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07-06-2006, 19.55.43 | #48 | |
Moderatore
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Citazione:
ma -- a parte i casi di plagio vero e proprio, tipo lavaggio del cervello -- credo che noi siamo noi (e non vedo come non potrebbe essere il contrario). ovvio che, come ho già detto, non disponiamo di libertà assoluta (totale assenza di condizionamento sociale), ma di una buonissima dose sì però. P.S. ti ha convinto il mio intervento concernente il biologico? |
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08-06-2006, 09.26.51 | #49 |
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Alessiob, se fai coincidere la struttura grammaticale della domanda con il significato, non è difficile capirla. Il linguaggio è nato per comunicare. Non serve più a comunicare quando serve a provocare o denigrare.
Alessiob, se viene un terremoto, il mio libero arbitrio è sicuramente presente sino al momento in cui mi cade in testa una colonna di mezza tonnellata; se un bambino di un anno muore per un tumore, il suo libero arbitrio è di certo presente sino al momento della sua morte. Ma, visto che tutte le tue domande sono tese a confutare automaticamente le tesi della Chiesa Cattolica (perchè dai 3d che hai finora sostenuto emerge che conosci solo la sua struttura religiosa e, dunque, il tuo ateismo è Cattolico) senza conoscerla a fondo, non posso trovare argomentazioni valide, perchè vivi nel dogmatismo al contrario di molti atei che sanno solamente confutare, senza sostenere. Se conoscessi veramente a fondo anche solo il cristianesimo, sapresti che la questione Provvidenza è una teoria super determinista, tanto che i dannati per l'inferno sono già scelti da Dio e non potrannoricoprire altro che il ruolo dei dannati ecc. cosìè, se lo sapevi prima magari ti trovavamo super-liberalista a sostenere la teoria dei quanti, indeterminabili? Ad ogni modo, è sano combattere la Chiesa Cattolica, vuol dire che un fondino di caffè d'intelletto c'è. Ma usalo, per Dio! |
08-06-2006, 11.33.49 | #50 |
Ospite abituale
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Dunque, cerchiamo un punto di incontro per il problema del libero arbitrio.
Epicurs dice che vi sono vari gradi di libertà. Il primo è l'onnipotenza, e noi non abbiamo l'onnipotenza. Fino a qui abbiamo risolto che noi, sicuramente non possediamo la massima liberà della scala graduata del libero arbitrio. Allora forse gli stiamo un po sotto. Concordate tutti su questo primo assunto? Se la risposta è si, possiamo partire da qui per argomentare le nostre tesi. Allora il libero arbitrio è la capacità della scelta. Di effettuare una scelta libera, un processo decisionale volontario. Ma siamo sicuri della libertà delle nostre scelte? Facciamo un esempio pratico: Un uomo è affamato e gli viene proposto di scegliere liberamente quale cibo egli preferisca mangiare: Una porzione di lasagne, una pizza, Un gelato, una torta alla fragola. In base a cosa sceglie quell'uomo? La scelta è realmente libera? o no? Se noi potessimo osservare tutti quei precisi meccanismi mentali che si mettono in moto durante il processo decisionale potremmo avere qualche dubbio sul concetto di libera scelta: Il cervello inizierà immediatamente ad evocare le tre immagini metaforiche delle tre pietanze. Poi una ad una inizierà il processo di rispolverare tutti i ricordi memorizzati nel cervello derivati da ognuna delle singole pietanze. Per esempio quell'uomo si ricorderà che due settimane prima ha mangiato una porzione di lasagne in una trattoria e non gli sono piaciute per nulla poichè erano cotte male e le componenti erano di pessima qualità. Anche un mese fa gli capitò ad un ristorante la stessa situazione e per di più all'interno delle lasagne trovò un disgustoso insetto pieno di zampette...... Quindi deide di scartare la lasagna. Ora passa alla torta. All'apparenza sembra invitante ma il sapore della fragola gli ricorda l'infanzia quando era obbligato dalla madre a prendere antibiotici per la febbre al gusto di fragola. Erano veramente ripugnanti, tanto che nell'intero arco della gionrata non pensava ad altro che non al momento fatidico in cui veniva l'ora di bere il disgustoso antibiotico. Ogni volta che mangia qualcosa che abbia il gusto o l'aroma alla fragola gli viene quasi da vomitare, dunque scarta anche questa seconda scelta. Ora passa al gelato. Tecnicamente i ricordi gli inviano solo aspetti positivi di questa dolce pietanza, ma il crervello adesso gli segnala che non ha assolutamente voglia di mangiarlo. Lui vorrebbe assaggiare quel bel gelato, ma i segnali del cervello non glielo fanno desiderare, in pratica anche se lo vorrebbe il corpo gli dice che in questo momento il gelato non gli va.(cosa che accade spessissimo a chiunque nella vita ordinaria) Rimanendo solo la pizza, la sua scelta ricade inevitabilmente sull'ultima opzione disponibile, la compra e la mangia. Ora se notiamo la logica seguita dall'uomo possiamo fornire da questa molteplici spiegazioni. Alcuni di voi potrebbero dire che l'uomo in realtà ha scelto liberamente, ma altri potrebbero invece trovare contraddizioni nel concetto della libera scelta: Come possiamo scegliere liberamente se nel nostro cervello sono già inseriti dei programmi di azione? E un po come un computer che ha dentro alcuni precisi comandi e deve seguirli per eseguire efficacemente le sue azioni. SIamo dunque riconducibili a delle macchine? Programmi, sebbene sofisticati, che ci indirizzano nelle scelte? attendo le risposte. |