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05-12-2002, 15.03.48 | #33 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 14-08-2002
Messaggi: 128
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Certo, sono d'accordo
Citazione:
Guai a non avere dei punti di riferimento, a non aver maturato certe "consapevolezze"… C’è da augurarsi che ci sia una più ampia presa di coscienza … prima che intervengano fatti traumatici, come la storia spesso ci mostra. |
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24-12-2002, 14.11.39 | #35 |
Ospite
Data registrazione: 08-12-2002
Messaggi: 4
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La logica morale nasce quando la ragion pratica stabilisce leggi formali e regolatrici dei comportamenti individuali e sociali.
Ogni logica morale impone la interiozzazione della norma e l'attuazione di un progetto finalizzato alla perfezione individuale cioè al passaggio dall'interesse personale ad un interesse collettivo. Se in tale progetto di perfezione individuale coincidessero interesse personale ed interesse collettivo. Se l'etica diventasse uno spazio di libertà interiore in cui scegliere il percosso più adatto a sè per realizzare il progetto di perfezione individuale. In tal caso il convivere sarebbe, probabilmente, meno discorsivo. abbraccio affettuoso |
28-12-2002, 18.48.22 | #36 |
Iscritto
Data registrazione: 23-12-2002
Messaggi: 13
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Ciao a tutti, sono una new entry.
Mi chiamo Steppenwolf (dal titolo della nota opera di Hesse) ed ho apprezzato in particolare il tema di discussione sul relativismo etico poiché sono un convinto assertore che... tutto sia relativo, soprattutto in campo morale. Siccome so che la pensate in maniera diversa (se non vi ho frainteso), la possibilità di muovere e ricevere critiche costruttive mi ha indotto a scrivervi. Secondo me, chi nega il relativismo etico incorre in due pregiudizi: il primo consiste nella falsa credenza che il valore delle cose (in genere) stia nella loro universalità ed il secondo consiste nel ritenere che in assenza di valori universalmente condivisi sarebbe inconcepibile la convivenza civile. Sennonché, l'osservazione della realtà mi sembra smentire sia l'uno che l'altro pregiudizio. Quanto al primo, mi pare che a ragione si sia fondato nel corso dei secoli il valore delle cose nella loro infungibilità; in sostanza, vi è quasi un rapporto di proporzionalità inversa tra il valore di una cosa e la sua universalità e, conseguentemente, la relatività di un valore non costituisce ancora una prova del suo minor blasone. Quanto al secondo pregiudizio, mi pare che la convivenza, in un medesimo ambito territoriale, di tavole morali ispirate a differenti principi etici sia la regola (p. es. in Italia nei rapporti tra Stato e confessioni religiose). In generale, si può convenire sul fatto che presupposto per la civile convivenza sia la universale condivisione di alcuni valori di base ma questo non implica la loro "ontologica" universalità (se non ho capito male, questo è invece quello che sostenete voi sul presupposto della universalità delle regole razionali): infatti, anche valori ontologicamente relativi possono (e dovrebbero) essere condivisi universalmente sul diverso presupposto della... pratica utilità (!!) di una "tavola universale di valori relativi". Vorrei concludere giocando, e cioè con un indovinello: chi è l'Autore del seguente pensiero (che cito più o meno a memoria)? "Non nego che molte azioni cosidette morali vadano compiute e non nego che molte azioni cosidette immorali non vadano compiute: quello che io sostengo è un loro diverso fondamento razionale..." |
29-12-2002, 14.16.00 | #38 |
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Messaggi: 2,110
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No,perchè ad un certo punto perde senso la stessa parola valore,in quanto i valori non esistono più.E' come se si allargasse una maglia e alla fine questa si spezzasse.
E' il termine universale che è sbagliato!E' qui l'errore!I valori non devono diventare universali,ma devono essere soggettivi.Che poi la somma dei singoli valori soggettivi rappresenti qualcosa di universale,non interessa.Bisogna essere,come dissi da qualche altra parte,tutti diversi(nei propri valori e nelle proprie idee),ma uniti assieme(formando quindi qualcosa di universale),come i pezzi di un puzzle! Il problema è tenerli uniti questi pezzetti!La mia libertà finisce dove inizia la tua.Tutto sta in quel punto di intersezione in cui due persone e i loro interessi vengono a contatto.Si hanno solo due scelte.O si stabiliscono delle leggi comunemente accettate(creando,di fatto,un nuovo sistema di valori) e riconosciute dalle singole individualità(cosa praticamente impossibile)che regolano i rapporti umani;o ognuno è libero di prevalicare il prossimo,ed i rapporti umani tornano ad essere regolati dalle singole persone coinvolte,senza l'ausilio di un organo statale o comunque sovraindividuale. Io sono per il compromesso,uno stato liberale laico,che non rompa il cazzo sulle libertà personali.Perchè uno non può scegliere,ad esempio,di drogarsi?Perchè non può abortire?Perchè non può uccidersi(eutanasia)?Chi ha il diritto di privarlo della sua vita(pena di morte)?Lo stato?Mah... Ultima modifica di sisrahtac : 29-12-2002 alle ore 14.29.28. |
30-12-2002, 00.08.06 | #39 |
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Messaggi: 13
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Per Agostina: sostanzialmente si tratta di contrattare, così come avviene al momento della scrittura delle Costituzioni (cosidetti contratti sociali) e al proposito è interessantissimo il commercio dei valori che sta avvenendo per la scrittura della Costituzione Europea.
Per Catharsis: concordiamo, ma sei sicuro/sicura che uno Stato laico ti permetterebbe l'eutanasia, l'uso di droghe, etc... Purtroppo, penso di no. il punto non sta, a mio modesto parere, nella laicità o meno dello Stato ma nella presa di coscienza che se non si vogliono comporre i conflitti manu militari l'unica strada è il baratto. Tuttavia, un conto è intuire qualcosa un altro cercare di attuarla. Purtroppo, i tempi non sono ancora maturi... che il nostro miglior creare sia l'essere gli avi di coloro che scriveranno una costituzione mondiale (o tavola universale dei valori). Abbiamo già la costituzione americana, tra breve avremo quella europea, nell'epoca di internet e della globalizzazione potrebbe non essere utopia. io sono "yes global", voi due? |
30-12-2002, 15.44.47 | #40 |
Ospite
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Sostanzialmente si tratta di non perdere di vista la coerenza.
Chi , assertore di valori relativi, afferma che il valore delle cose non sta nella loro universalità e di contro aspirare ad universalizzare tali valori relativi, manca di coerenza. Chi non accetta di contrattare, non è coerente nell'auspicare una "tavola universale di valori relativi". Fino ad oggi, tutte le "tavole" sono nate da contratti, da alleanze, da compromessi. Bisognerebbe proporre, per essere coerenti, percorsi alternativi ai contratti, ai patti ecc... A torto o a ragione, credo che la coerenza permetta di mantenere, in ogni forma di comunicazione, una logica non contradittoria che porterebbe, inevitabilmente, ad affermare o negare il tutto ed il contrario del tutto. Sono d'accordo nel riconoscere che nella stesura dei contratti si fa "commercio di valori". abbraccio affettuoso. |