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27-11-2015, 12.07.15 | #32 | ||||
Moderatore
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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27-11-2015, 12.20.14 | #33 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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Condivido con convinzione gran parte di quanto qui scritto (malgrado purtroppo non conosca la filosofia indiana, né le altre "non occidentali"). Dissento solo da alcune delle tue considerazioni finali sul pensiero discorsivo (cioé, credo di capire, logico, razionale). Certamente esso ci consente di ottenere non più che qualcosa che si avvicina al reale ma io ritengo che comunque "qualcosa che si avvicina" sia meglio di niente; e oltre al pensiero discorsivo non non vedo altro che ci possa dare qualcosa in più di esso per avvicinarci alla conoscenza della realtà. Il non-pensiero discorsivo (sentimenti, volizioni, fantasie, ecc.) sono certamente altrettanto reali ed altrettanto necessari per vivere bene di esso, ma non mi pare servano ad ottenere alcuna verosimiglianza (anche limitata, come é quella che ci da il pensiero discorsivo) nella conoscenze della realtà (casomai pulsioni più o meno utili e buone -a seconda dei casi- ad agire per conseguire detrminati scopi attreverso i mezzi che ci da il pensiero discorsivo). |
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27-11-2015, 13.15.55 | #34 | ||||
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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Dunque l' esistenza del monte Bianco prima della comparsa di organismi in grado di conoscerlo e quella del resto del mondo che viviamo é un' esemplificazione dell' esistere realmente, o essere reale, in quanto tale (indipendentemente dall' eventualità dell' essere, inoltre, anche oggetto di conoscenza o meno). Citazione:
Ma il fatto che per definire lo schermo del computer (nell' ambito del pensiero che definisce, ed eventualmente conosce) occorra necessariamente anche (la definizione -nozione, pensiero!- di) qualcos' altro che non lo é non implica affatto necessariamente che pure tale “qualcos' altro”, oltre allo allo schermo del computer (e contrariamente ad esso), sia ugualmente reale, cioè che esista, oltre che nell' ambito del pensiero (che definisce lo schermo) anche nella realtà, non pensata o pensata che sia. Sono le sensazioni in quanto conosciute (cioé la conoscenza delle sensazioni) a necessitare di essere definite come relazioni; ma possono essere benissimo definite relativamente ad altro di pensato ma non affatto reale, e dunque essere benissimo le uniche cose reali (non le uniche cose pensate). Per “sensazioni” non si deve necessariamente intendere relazioni (tra un percipiente e un percepito: non é affatto contraddittorio, dunque é sensatissimo, intenderle come meri eventi fenomenici o “apparenze (per l' appunto) sensibili o sensitive” e basta. E anche il pensiero di un qualsiasi concetto, secondo me e contrariamente a quanto sostiene Wittgenstein, é pensabilissimo non contraddittoriamente, sensatissimamente come evento reale non accompagnato da alcun osservatore che lo pensi (o soggetto di esso) da esso diverso: tutto ciò che si dice (e si concepisce) necessariamente è detto (concepito), punto e basta; che lo sia dall'osservatore é possibile (e di fatto o credo), ma non affatto necessario. Citazione:
Ma ribadisco che non é necessario (per non incorrere in contraddizione; e dunque é pensabilissimo sensatamente, é teoricamente possibile, il contrario) che la percezione si intesa come relazione fra oggetto e soggetto. Citazione:
Oltre a sostenere che c'è uno schermo del computer, quando sostengo che c'è uno schermo del computer (e mi limito a fare questa affermazione) non sostengo altro (“considerarlo nella sua perfetta tautologia identitaria completamente autorefernte e quindi in un' autosussistenza del tutto indipendente dal suo significare per altro” non riesco proprio a capire che cosa possa significare). Ma se pensare l'essenza è impossibile (si può pensare solo l'esistente e magari a volte fingerlo essente per parlarne come tale), allora é perfettamente ovvio che non capisca che cosa significhi l' “essenza”, ho perfettamente ragione a non capirlo, cercare di capirlo sarebbe pretendere l' impossibile! |
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27-11-2015, 13.37.16 | #35 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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Secondo la relatività, non esiste il tempo assoluto, ma il suo scorrere è influenzato dallo stato dell'osservatore e dalla sua posizione spaziale. Non esiste quindi uno scorrere assoluto, ma uno scorrere relativo all'osservatore. Non può esistere quindi un presente che diviene: nello spazio-tempo, gli eventi sono tutti presenti contemporaneamente, e il tempo non sta più a indicare un "prima" e un "dopo", ma è una nuova dimensione, una nuova coordinata. Non ha senso viaggiare indietro nel tempo, perché andresti a modificare degli eventi già definiti, e ció non ha senso, in quanto lo spazio-tempo è un blocco assoluto e immutabile. Ogni cosa è un punto in questo blocco, i cui punti coesistono contemporaneamente. |
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27-11-2015, 13.48.19 | #36 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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Sto usando nuovi termini, che spiego per darti un'idea il più possibile simile alla mia. Le parole del tuo dizionario hanno la stessa funzione, se cerchi una definizione(parola o insieme di parole) in grado di dare esattamente la stessa idea a tutti non la troverai mai: la comunicazione è fatta di approssimazioni. |
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27-11-2015, 14.35.13 | #37 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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Non capisco la parte "se siamo esperienza...": la nostra mente è l'esperienza cosciente di tutti e DI OGNI ISTANTE, quindi non muta. |
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27-11-2015, 15.03.30 | #38 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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2) Io non sono percepito da niente, io sono la percezione, scollegata da qualsiasi altro essere che non sia io. Comunque, se ti più essere d'aiuto, è come se mi autopercepissi. Non siamo abituati a pensare che la coscienza non sia frutto di alcuna interazione, abbiamo(o meglio, siamo) sempre la sensazione di essere legati a qualcuno, che sia causa del pensiero, causa di me. 3) ma noi pensiamo quando dormiamo, anzi, sognare è stare quasi esclusivamente nel pensiero. E vediamo anche quando abbiamo gli occhi chiusi: vediamo la pelle delle palpebre. Non è che siamo frutto di una realtà fisica: noi siamo così, e immaginiamo una realtà astratta, che è la realtà fisica, che non è altro che la protezione del criterio che ci unisce e ci rende un tutt'uno. |
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27-11-2015, 15.29.50 | #39 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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Estirpare la pianta dalla foresta, e portarla in un giardino, si può fare perché la non esiste una sola foresta. Ma se paragoni la foresta alla coscienza universale, non puoi estirparci alcuna pianta per portarla in un giardino, perché non c'è niente al di fuori della foresta. Non esiste nessun altra coscienza, esisto solo Io. Non esistono tante coscienze, ma tante parti indipendenti di coscienza, che insieme formano la coscienza. L'unico elemento di senso è l'ambiente intero: l'occhio è solo una parte che aiuta a vedere, ma non l'unica: deve essere congresso al cervello, deve captare informazioni, quindi è necessaria la luce,... tutto l'ambiente fa la sua parte per produrre sensazione. Il nostro pensiero è frutto di una determinata configurazione di tutto l'ambiente. |
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28-11-2015, 09.54.15 | #40 | |
Moderatore
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato
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In poche parole [la coscienza] è l'elemento di senso della mente, così come gli altri cinque sensi lo sono del corpo. [/quote] Se la coscienza è l'elemento di senso della mente, la mente cos'è? Di cosa è elemento? Può forse esistere la mente oltre quella coscienza che la rappresenta pensandola? Questo è il gioco del significa che sempre si riavvolge su se stesso, il gioco dell'apparire, il velo di Maya di cui mente e coscienza sono ancora veli. Al di fuori di esso nulla può essere né detto né pensato, non c'è né coscienza né mente, ma qualcosa c'è che ne presenta il significato, è il soggetto assolutamente indicibile e impensabile di questo eterno significare il cui positivo è nella negazione continua di ogni significato (mente compresa) in cui viene a manifestarsi. Ossia nel gioco eternamente significante in cui l'essenza si presenta in uno dei modi in cui è, nella molteplicità di tutti gli innumerevoli modi che gli sono propri e che parimenti vengono via via a essere negati. Questo modo che si presenta è sempre come la foglia di una pianta in una foresta infinita, ma questa stessa singola foglia, qualsiasi essa sia, nella sua particolarità, partecipa di tutto lo stesso infinito della foresta. |
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