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Vecchio 21-01-2013, 20.33.40   #51
0xdeadbeef
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

@ Leibnicht
C'è una cosa che nel tuo discorso non mi è chiara: il tuo riferirti al passato come ad un periodo nel quale
la politica "c'era".
Voglio dire: se tutto è determinato dalla tecnologia, allora la politica era già morta e sepolta diversi
millenni orsono. Ad esempio quando le popolazioni indoeuropee invasero gli alluvi fertili per mezzo dei
cavalli e dei carri da combattimento.
Ma, naturalmente, ciò vorrebbe dire che la politica non è semplicemente mai nata, visto che di quell'episodio se
ne potrebbero tranquillamente enumerare importanti antecedenti.
Insomma: quello su cui non sono d'accordo è il tuo eccessivo (a mio avviso) ridurre la politica a semplice
"specchio" del divenire tecnologico; il tuo ricavare la "sovrastruttura" politica dalla "struttura" tecnologica
(detto con la terminologia di Marx).
Personalmente, vedrei invece un groviglio alquanto poco districabile fra struttura e sovrastruttura, cioè fra
le possibilità offerte dalla tecnica (dalla contingenza) e la decisione "politica" di personaggi storicamente rilevanti. Tanto
che ritengo possibile fare solo delle supposizioni alquanto aleatorie circa i "se" e i "ma".
Questa convinzione mi porta poi, come ovvio, alla considerazione per cui vi sono personaggi che, più di altri,
sanno sfruttare secondo il loro interesse particolare le possibilità offerte da situazioni contingenti.
Quando, ad esempio, George Soros fece quella celeberrima "vendita allo scoperto" che portò alla svalutazione
della sterlina (e alle conseguenti dimissioni del premier J.Mayor), non è che determinò, lui solo con la sua
operazione, la svalutazione. Ma agì in un quadro che vedeva la moneta britannica già alquanto destabilizzata.
Soros, insomma, non fece altro che "contribuire" (forse "accelerare") ad un processo che era già in corso.
Tutto ciò per dire che io non intendo sostenere che il politico, come d'altronde il filosofo, sia "creatore";
o che perlomeno non lo sia e non lo possa essere contro tutto e contro tutti.
Il politico, come il filosofo, si limita molto spesso ad "interpretare" quelli che sono sentimenti diffusi. E
li interpreta (almeno nel caso del politico, ma qualche volta anche nell'altro...) a vantaggio proprio o del
gruppo sociale di cui fa parte; ma li interpreta allo scopo di comandare.
Evidentemente nessun politico, dicevo, può andare contro il proprio tempo, per così dire.
Cesare varcò il Rubicone, ed instaurò di fatto la dittatura, perchè i tempi erano maturi (certo cent'anni prima
non lo avrebbe fatto, né forse pensato). Ma i tempi erano maturi anche perchè altri personaggi, come Silla,
lo avevano preceduto nella direzione di una politica "di potenza", e personale. E' lecito quindi chiedersi
se senza Cesare, o Silla, ci sarebbe stato Augusto.
Allo stesso modo, oggi i personaggi legati al grande capitale bancario internazionale trovano tempi maturi
per l'instaurazione di quella "tecnocrazia" con cui nascondono quello che è il vero "kratos", cioè il loro,
che è eminentemente (e non potrebbe essere altrimenti) politico.
Non è la politica ad essere morta negli anni 80 (non sarebbe possibile), ma la democrazia.
un saluto
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Vecchio 21-01-2013, 20.33.56   #52
gyta
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Non credo che possiamo davvero pensare che sia la tecnica a renderci mezzi, ma il potere che la utilizza e che oggi è quello finanziario e economico.
Spostare le responsabilità su qualcosa di astratto e neutro come la tecnica deresponsabilizza chi detiene davvero il potere decisionale e rende insolubile un problema dal quale ne discendono tanti altri

Lo credo anch’io!
Una strada di risoluzione, non è impossibile, di certo non repentina..
Il discorso alla base è all’apparenza piuttosto semplice, un pelino più complesso il metterlo in atto sino in fondo..

Non posso che esprimere la parte semplice della questione, quella della coscienza personale
che sta a monte di quei poteri dimenticati..

Le cose prendono l’impronta che ognuno di noi impone loro: se crediamo che qualcosa sia superiore alla nostra volontà, così sarà. Se resterà anche una sola mente a credere che è la nostra volontà a creare la forma futura delle cose allora nessuna impronta di un lontano passato potrà mai definire la realtà. Ciò che chiamiamo tecnica non è che il nome che diamo ad una visione delle forme che abbiamo creato proprio attraverso la volontà del nostro credo. Nessuna direzione è definita per sempre e immutabile, sino a quando non le doneremo l’anima immortale della nostra volontà volta a renderla tale. Ciò che appare complesso non è che l’insieme di piccole parti che correlate fra loro donano loro quella forma di granitica coesione. Se crediamo che esista un sistema invincibile al di sopra della volontà del singolo scordiamo che senza l’apporto del singolo non una sola realtà rimarrebbe immutata. Il fascino della creazione (opera) dell’intelletto cela lo stesso gioco di potere di cui si ciba. Nulla di ciò che vediamo ha vita propria. Forse rammentandoci questo possiamo giungere gradualmente a riprenderci quel potere che solo la volontà capace di vedere sé mededesima possiede. Allora nessun cancro potrà imporsi sul reale. Siamo pronti? Pronti, a non sostenere più l’incubo collettivo? Mettendo da parte ogni senso di inadeguatezza?

Il mio potrà apparire un discorso ingenuo e pretenzioso ma.. Non è forse il mondo nel quale viviamo il mondo delle idee che un tempo abbiamo bramato e temuto? Cosa se non il nostro pensiero può farci credere che un’altra realtà non sia possibile? O che questa sia più potente di qualsiasi mutamento voluto? Oppure abbiamo così tanta fede in ciò che crediamo da non riuscire più a mutare la nostra visione? Le realtà che comandano non avrebbero più potere se le forze che le contrastano potessero contare sul nostro sostegno. E non esiste nulla senza un pensiero attivo che l’abbia generato e nutrito. Troppo semplice o impossibile a vedersi? Nulla resta senza essere nutrito, reale o immaginario.
Citazione:
La politica è morta negli anni '80.
Se la politica fosse morta l’anarchia umanista avrebbe vinto emergendo dal cuore puro di ognuno.
La politica è viva. L’uomo sembra nel complesso in coma.
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Vecchio 22-01-2013, 20.57.13   #53
leibnicht
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
@leibcnit

la distinzione che fai tra causa del potere e politica, per quanto corretta dimentica quello che ti dicevo: già ma tu cosa fai?
e hai ammesso che hai speculato, e secondo te per quale motivo se non perchè la strutturazione dell'ingeneria sociale ti ha portato a stare nel solco e non a uscirne.
io non sono d'accordo con mauro che distingue ancora tramite categorie marxiste di dominato-domminatore che ripropongono la lotta di classe, che ormai non esiste più come hai notato in alto modo tu.
ma sono d'accordo che la scienza che determina il sostrato che determina a sua volta l'agire umano è hegelianamente-marxisticamente il prodotto del potere politico della tecnica.
dici bene perciò a dire che anche il più semplice vede il re nudo (che ancora si illude di dominare amministrando, nel caso italiano e recentemente europeo male se non molto male a dette degli "stessi ingegneri").
Quella politica è morta, ma non è morta quella della tecnica, che viene così illustrata bene da Severino-

stiamo parlando di livelli diversi, ma il tuo snobismo intellettuale ti porta a non affrontare l'agorà così!

anche se poi, come ammetterai è esattamente quello che stai facendo: participare ad un agorà.(ma il tuo valore lo mostri di già in alte parti del foru, un pò come mauro)

sono invece i molti le masse che come dici perse nello specchiarsi del moteplice rimangono fermi, nel senso più completo però!

almeno tu hai ancora l'intelligenza per capire lo scarto fra il passaggio di politiche, spero di averti convinto (come no! ) ciao!

A volte si "pensa" diversamente e, in realtà, si "sente" allo stesso modo. Confucio diceva che la prima opera da realizzarsi per poter governare un popolo fosse quella di "raddrizzare il senso delle parole". Cioè fare in modo che ogni termine ed ogni concetto avesse un significato univoco.
Viviamo un tempo in cui moltissimi concetti e troppe parole sono equivoche: e questo è del tutto contestuale e correlato all'assenza reale di qualsivoglia forma di governo.
Ora, quindi, abbiamo il grande problema di intenderci correttamente.
E' un problema più accentuato in alcune lingue e meno in altre. In inglese l'equivoco è minore, ma si è ristretta terribilmente la maglia dei concetti utilizzabili ed esprimibili in quella lingua (la quale, in verità, li ha sempre presi a prestito dalle altre nel passato remoto in cui li utilizzava).
In tedesco è molto più facile. Il russo è ancora quasi limpido.
L'italiano ed il francese, lingue ancora ricchissime, pagano il prezzo straordinario dell'equivocità: l'uso dei concetti mediante parole si è fatto confuso e il luccichio della facondia lessicale si sta opacando in una nebbia di inautenticità.

Secondo me noi siamo già d'accordo, ma occorre che diamo al termine "politica" un'accezione comune.
Per me la politica è l'arte del governare, il che non è solo "di più" che amministrare il potere: è proprio un'altra cosa.
"Arte", in primo luogo: dunque un'operare specificamente umano, con le caratteristiche intrinseche della "non riproducibilità", della "creatività" (che è immaginazione di una Realtà che anima di un senso nuovo la Realtà stessa) e della "progettualità" (che non significa affatto "programmi": quelli vanno bene per i computer).
In secondo luogo "governare": quindi un esercizio autentico e non riducibile ad altro del Potere e della Responsabilità, in una congiunzione indistricabile. Questa intrinseca e ineluttabile coniugazione di "potere" e "responsabilità", al punto da ritenerle necessariamente le due facce di una identica medaglia, è totalmente assente nella cultura italiana. Ma il grande problema non è questo.
Il problema è che sta evaporando dall'intera cultura europea, e lo sta facendo in modo sempre più rapido.
A questo punto, però, voglio essere ulteriormente dettagliato e preciso.
Il termine "problema" (il cui più remoto significato è quello di "scudo") va puntualizzato.

Ciò che, a parer mio, sta avvenendo nell'intera Europa non è un "problema": è, invece, la semplice conseguenza di uno stato di cose. Non soltanto in Italia non esiste più alcuna possibile arte del governo. Essa sta scomparendo dappertutto. Ma negli altri Paesi a tale oggettiva circostanza consegue la dissociazione dell'unità indissolubile "potere-responsabilità". Il potere sta diventando sempre più un esercizio amministrativo di burocrati incolori. La responsabilità si va sbiadendo e avvilendo anch'essa, in una mera questione di "immagine": il conflitto di coscienza sta mutando in timore dello scandalo.

In Italia, invece, questo fu sempre un autentico "problema". Dissociare il potere dalla responsabilità è strutturale alla mentalità di quasi tutti i popoli che compongono questo Paese: una mentalità servile, per la quale lo scudo rappresentato da questo effettivo problema fu sempre una difesa.
Dunque è vero: il caso italiano è particolare in europa. Proprio per questo esso non deve trarre in inganno: qui la politica come arte del governare non c'è mai stata se non in aree limitate della penisola e in tempi storici lontani.
Ma in tutto il resto d'Europa, alla cui cultura noi tutti apparteniamo, le cose stanno cominciando ad assomigliare drammaticamente a ciò che vediamo qui...

Quindi, in estrema sintesi, un potere esercitato da una struttura di algoritmi esiste, siamo d'accordo.
Ma questi non è "politica": dunque è impersonale, irresponsabile e a-progettuale.
Quanto all'agorà, caro amico, essa non è questa. In questo segmento minuscolo della virtualità in cui il nostro pensare si scambia e si arricchisce io percepisco un luogo mentale che non è la piazza della città: quella è oggi un labirinto di specchi.
Questa invece e' la palude Stigia, e di un Inferno con accezioni alla Blake. Anime isolate, pure e antiche: ed anche arrabbiate, certo, ma di un'ira non distruttiva.
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Vecchio 23-01-2013, 01.02.16   #54
paul11
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Penso che la tecnica debba rispondere anche del problema economico, in quanto la radice è il problema culturale da un secolo a questa parte , ma forse è addirittura nella natura umana.
La legge di natura è troppo simile alla legge del mercato.la competizione delle risorse nei regni animale e vegetale è simile al contendere della negoziazione economica. Laddove la densità della popolazione è legata alla risorsa e ai cicli delle stagioni delle alluvioni ,degli incendi sono simili ai cicli economici. Dove la vita biologica viene selezionata (la concentrazione nell’economia) e il “vinca i migliore” dall’evoluzione.
Sì, per me il mercato e il capitalismo sono potenti e vitali in grande somiglianza alla legge di natura, persino nelle migrazioni degli animali nella ricerca del cibo così nelle emigrazioni di popoli in cerca di “fortuna”.
La cultura lo ha suffragata volente o nolente ha vinto il liberismo dello”spontaneismo”biologico dell’atto intenzionale che genera in inintenzionalità.

Ritengo che la matrice culturale sia da ricercare nella seconda metà dell’Ottocento nel positivismo, ma che allora aveva ancora diverse “anime”, correnti interne che con le cadute degli anti modernismi dispotici del nazismo, fascismo e infine comunismo e la messa in discussione del Welfare hanno lasciato di fatto il campo alla cultura liberale radicale suffragata dalla cultura scientifica che l’uomo sai una semplice entità biologica, con qualche facoltà in più ,ma che tutto sommato risponde solo alla logica della natura. Quindi leggi di natura e legge del mercato vengono dalla stessa cultura.
Perché solo la morale può contrastare la spietatezza delle legge di natura=mercato. La politica ha il compito di restituire i principi e i valori sanciti nelle Costituzioni cioè ridare equità e dignità, giustizia e uguaglianza stemperando le disuguaglianze economiche.
Ma anche qui nel forum non è più chiaro a cosa si riferisca la morale se è finita la tradizione e Dio è morto. Che cosa c’è allora al di là del bene e del male cosa significa e su quale criteri giustificativi poggia l’uguaglianza e la ridistribuzione equa delle risorse? Se la morale non ha un fondamento, la politica diviene puro atto amministrativo, il contabile statale del”laisser faire” economico.

Forse Heidegger aveva intuito e capito che la tecnica, forma epocale del mondo moderno gli appare come un destino assegnato all’uomo dall’essere. L’uomo pensa di essere sovrano ma in realtà nno lo è e non ha possibilità di autosalvarsi. In altri termini l’uomo è sempre più calato in una storia di cui nno dispone ma cerca di adeguarsi.
S.Freud dirà che abbiamo scambiato la felicità con pezzi di sicurezza.
Heidegger dirà che bisogna fare passi indietro e richiamare l’uomo ai limiti della sua finitudine.

Personalmente credo nella morale .L’uomo è l’unico “animale” che con un atto di volontà può andare contro gli istinti di natura e contro le pulsioni: la storia e la vita insegnano con miriadi di esempi. Martiri di libertà, umani cha hanno fatto scelte di vita completamente controcorrente alle convenzioni esistenti. Piccoli e grandi esempi di pro-gettarsi l’esistenza ci sono anche nella nostra quotidianeità , o quanto meno modi di essere Penso anch’io quindi che sia necessario riprendere la centralità dell’uomo nel sistema prima che ne sia stritolato, dopo esserne stato oggettivato, come semplice risorsa, come semplice fattore economico.. Ma il mio problema di fondo, ammesso che ne abbia capito veramente la causa ,è quale cultura può vincere questa esistente?

Ultima modifica di paul11 : 23-01-2013 alle ore 08.13.29.
paul11 is offline  
Vecchio 23-01-2013, 14.53.12   #55
gyta
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Ma il mio problema di fondo, ammesso che ne abbia capito veramente la causa ,è quale cultura può vincere questa esistente?

Io penso che il problema (da sempre?) sia proprio quello di eleggere una cultura a rappresentanza del singolo, ovvero dare priorità al concetto di sociale spodestando di fatto la centralità della voce del singolo. E’ dentro la voce ipotetica di un sociale investito di potere burocrate che la voce del singolo viene soffocata. L’ipotetica democrazia di fatto si esprime null’altro che come la volontà di una ipotetica maggioranza che comanda sulla totalità; maggioranza non come unione di (dialogo fra) individui ma finalizzata a riconfermare la delega a quel medesimo potere amministrativo inerziale. Un circolo chiuso in sé, asfittico. Un governo che non è affatto garanzia di un potere distribuito equamente fra i cittadini, essendo spariti i cittadini dietro lo scopo di un ipotetico sociale a rappresentazione non dei singoli ma dei poteri economici stilati in accordi internazionali fra i detentori abusivi delle risorse del pianeta.
Il singolo non ha ai minimi termini né rappresentanza né voce per quanto riguarda qualunque decisione presa in ambito nazionale e internazionale, perché l’organizzazione governativa accentra ogni potere celandosi dietro il fantoccio del fine di un ipotetico bene comune, bene da estrapolarsi in quei medesimi accordi e della cui reale identità si perde obbligatoriamente traccia.
Cosa possiamo fare? Visto che rivoluzionare una gestione di poteri corrotta non è pensabile né probabilmente possibile direttamente non resta che gradualmente intaccare alla fonte quelle realtà su cui poggia quel potere arpionato. I meno ingenui sanno bene che il cosiddetto libero mercato e il gioco d’azzardo su cui si fonda non l’economia ma la truffa monetaria sono le gigantesche frodi attraverso cui l’iniquità si auto elegge a necessità planetaria e scalzarla non resta possibile se non facendo a meno di ogni prodotto che reca all’origine quel marchio infame. Non sarà necessario privarsi dell’indispensabile ma gradualmente cercare di aprire la nostra mente al ragionamento e scegliere ogni giorno ed ogni spesa ciò che eleggiamo a potere. Un solo tarlo farà un buchino irrisorio ma più tarli sono in grado di distruggere le intere fondamenta di un edificio, tanto più quando tale edificio di regge sul sangue di miliardi di individui.
Nessuna rivoluzione portata a termine si compie nel giro di poco tempo. Se ne siamo per davvero consapevoli allora qualcosa potremo mutare, se poniamo la nostra attenzione attiva a mutare serenamente e gradualmente il nostro modo di pensare.
La differenza tra retorica e semplicità è la sostanza sulla quale radica.
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Vecchio 23-01-2013, 17.01.22   #56
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

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Originalmente inviato da paul11

Personalmente credo nella morale .L’uomo è l’unico “animale” che con un atto di volontà può andare contro gli istinti di natura e contro le pulsioni: la storia e la vita insegnano con miriadi di esempi. Martiri di libertà, umani cha hanno fatto scelte di vita completamente controcorrente alle convenzioni esistenti. Piccoli e grandi esempi di pro-gettarsi l’esistenza ci sono anche nella nostra quotidianeità , o quanto meno modi di essere Penso anch’io quindi che sia necessario riprendere la centralità dell’uomo nel sistema prima che ne sia stritolato, dopo esserne stato oggettivato, come semplice risorsa, come semplice fattore economico.. Ma il mio problema di fondo, ammesso che ne abbia capito veramente la causa ,è quale cultura può vincere questa esistente?
Anch'io credo nella morale. Si fa presto a dire con Nietzsche che la morale è una questione di comodo, oppure con Freud che l'uomo ha barattato la felicità per un pò di sicurezza. Ma è chiaro che l'uomo completamente disinibito non è l'uomo felice. La disinibizione invocata da Freud ha si allentato la morsa repressiva esercitata da alcune istituzioni (stato, scuola, genitori), ma ha portato anche al sesso facile, alla violenza impulsiva, allo smarrimento di fronte ai problemi, all'insensibilità verso i propri simili. Credo che i problemi di molta gente derivino proprio dalla loro totale disinibizione che gli impedisce di tenere sotto controllo il proprio conto in banca, la salute, i rapporti coniugali. Ma forse per Freud questa è la felicità
Si sente spesso dire che poichè nessuno può stabilire cosa è bene e cosa è male, di conseguenza non può esserci una morale. L'ipocrisia più bieca è proprio di quelli che negano l'esistenza della morale come non fosse vero che ognuno vive secondo un proprio codice morale. Persino i serial killer nelle carceri hanno un codice morale. E' solo una questione di comodo accantonare la questione morale così che ognuno possa fare ciò che vuole senza dover rendere conto a nessuno, ne ad altri ne a se stesso
Quando ero ragazzino ero molto timido ed arrossivo spesso, avrei fatto carte false per liberarmi completamente del mio pudore. Ora invece penso che sia proprio quello la mia salvezza, perchè è proprio il pudore che spesso ti trattiene dal compiere azioni scellerate e che fa sì che non ci si senta vuoti dentro.
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Vecchio 29-01-2013, 17.44.17   #57
green&grey pocket
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

@leibnicht

credo che veramente siamo d'accordo in tutto allora.
la distinzione politica che governa con la politica "altro"o"x" è essenziale, e di nuovo mi trova d'accordo sia sul caso italiano (2/3 dell'italia appoggia la connivenza, di fatto o per paura, ma a livello numerico è quello che "torna"a livello sociologico, con questa accezione perciò ) che su quello europeo.
dunque perdonerai la forzatura sull'agorà, d'altronde stare nella palude stigia mi permette di leggere perlomeno virtualmente qualcosa che stimo.

@paul

la morale è il buon governo delle persone e delle cose.
è il neimen hekasto aristotelico cioè il distribuire condividendo, che ha sì una base numerica ma in corrispondenza al dazein, all'esserci nel mondo.
è questo il vero significato che la saggezza antica millenaria ci aveva consegnato e che abbiamo dimenticato, proprio grazie agli economisti che invece traducono erroneamente "nomos" come "legge" di fatto facendo passare la possibilità di allocazione ed espropriazione come qualcosa di buono e senza problemi.
da cui poi non si racapezzano più a contare i danni e di cui additano la colpa ai politici.


@gyta

cito:"L’ipotetica democrazia di fatto si esprime null’altro che come la volontà di una ipotetica maggioranza che comanda sulla totalità"

siamo ancora all'errore di base di confondere il comando con il governo.

la differenza è abissale.

la soluzione è quella già premessa da leibnicht, a cui ho aggiunto qualche considerazione.

è inutile arrabbiarsi sulla storia che non è stata (e forse non è mai stata), e rimboccarsi le maniche individuo per individuo sullo studio di cosa era veramente l'insegnamento puro (con gli accorgimenti del nostro sentire moderno ovviamente) etico-

buno studio a me e a tutte le anime antiche
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Vecchio 30-01-2013, 20.41.02   #58
ulysse
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

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Originalmente inviato da paul11
Penso che la tecnica debba rispondere anche del problema economico, in quanto la radice è il problema culturale da un secolo a questa parte, ma forse è addirittura nella natura umana.
Non discordo dai discorsi fatti, ma mi pare che siano troppo generalisti facendo di ogni erba un fascio. Un poco anche disfattisti!

Per esempio la "tecnica": di quale tecnica si parla?

Sembra che sia di una cosa cattiva che si parla! ma è sulle diverse tecniche che in ogni caso si esplicano che ci sosteniamo...che un mondo di sette miliardi di persone si sostiene...o vorrebbe sostenersi...e si fa il possibile, nel bene e nel male, attraverso specifiche tecniche.

E' anche vero che c'è chi sa usare e sfruttare la tecnica e chi non lo sa e la sfrutta e applica alla boia di una cane...piu' e meno eticamente.

Quindi sono gli uomini che usano la tecnica che a sua volta è una ricaduta del pensiero...pensiero che elaborano uomini del tipo che scrivono quì... che spregiano la tecnica e che esaltano e vorrebero instaurare il mondo delle idee..giustamente!

Voglio dire che è la tecnica che si fa carico del mondo economico, ma sono gli uomini che gestistiscono le tecniche a loro "giudizio"...giudizio cattivo sembra si dica....conforme ad una cultura distorta.

Ma un tale cattivo "giudizio da che deriva?
Dagli istinti cattivi dell'uomo si dice.
O piuttosto non deriverebbe da quella alta cultura che gli uomini di cultura e non di tecnica non hanno saputo elaborare e inculcare?

Alla fine chiedo: la pervadente distorta cultura tecnoligica che ci pervade si è auto imposta di per se stessa oppure è che l'elevata cultura filosofica non ha saputo dare il necessario indirizo e sono stati elevati al potere uomini tecnologici piuttosto che uomini filosofici o almeno scientifcfici di livello?

Non è che gli uomini altamente ed eticamente acculturati si sono chiusi e si chiudono nelle loro torri d'avorio ed il mondo è abbndonato ai barbari che solo di tecnica sanno?

Ho fatto un gran discorso forse tutto ingarbugliato e me ne scuso, ma sospetto che troppo poco, chi oggi parla di una controcultura etica sia esposto e si esponga ad acculturare le folle...se non col lamento e la deprecazione.
Si tratta di folle e popolo che pur con tutti i mezzi mediatici a disposizione con frequenza ed età scolastica elevata come mai non è stata...sono tuttavia così poco acculturati come mai dal dopoguerra in avanti è avvenuto.

Incolpiamo i politici, i banchieri, le tecniche finaziarie, le tecniche di costruzione e persino il pensiero materialistico riduttivo della scienza (!?), ma non consideriamo che oggi la gente vota...e che siamo in democrazia!

Non ci chiediamo di quale livello culturale ed etico è la stragrande maggioranza della gente che vota...facciamo i sondaggi, ma non sappiamo cosa significano: significano che a gestitre le sorti culturali ed economiche del paese ...le tecniche in sostanza, si eleggno persone di estrema incultura ...tal quali le persone che li eleggono...e poi ci lamentimo se compare qua e là un qualche Sadokan!

Il bello è che gli eletti fanno il possibile per essere al livello degli elettori...ed anche meno!...culturalmente ed eticamente!

Alla fine mi chiedo..e chiedo: perchè il livello culturale di questo paese è tanto basso...e non credo sia questione di controcultura o di altra cultura...è prorio che non c'è cultura...ce lo dicono esplicitamente i sondaggi politici!

Che sia tutta colpa della tecnica?...ma poi non è che le varie tecniche, da noi, eccellano tanto!...magari eccellono le tecniche distorte..esplicate da uomini distorti...ma ricomiciamo da capo: il pesce puzza dalla testa!

E' la grande cultura a partire dalle università che deve acculturare via via a scendere...ma forse il processo è troppo lungo e prima che arrivi all'elettore che deve eleggere chi andrà in cima ...campa cavallo!

Eppure proprio noi eravamo la patria della cultura e dell'arte...persino delle morale religiosa!...ma che fanno i nostri preti stanchi...in tutte quelle parrocchie?...Non è che io ci tenga...ma mi pare che mai sono stati così stanchi!...e manco pagano l'IMU...ancora!

Forse è vero ciò' che dici di seguito.
Tutto segue la legge di natura: pesce grosso mangia pesce piccolo!
Ma la cultura non è legge di natura: si chiama "cultura" proprio perchè intende superarla!

Sono gli uomini che devono influire sui cicli naturali: seguirli soltato sarebbe roba da civiltà mesopotamica!
I cilcli naturali devono essere gestiti, in una erculea sinergia pensiero-cultura scienfico/filosofica-tecnica per volgerli a proprio favore e non viceversa.

Siamo tarli, ma sempre piu' acculturati... e come tarli dobbimo agire assomandoci non per distruggere, ma per costruire...il problema è il come e la direzione

Ma la cosa non prenderà il via e non avverrà finchè ci limitimo a constatare e a seguire i sondaggi ad essi adeguandoci...invece di cercare e sforzarci di dominarli.
Mi sono persino accalorato!
ulysse is offline  
Vecchio 31-01-2013, 03.46.09   #59
Soren
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Vedo che dalla tecnica si è passati ad interrogarsi di politica... il che ha un suo senso qui... perché potenza e controllo sono due concetti pur opposti ma inseparabili ( è interessante a margine notare come due concetti come potenza e potere siano opposti talvolta :P siccome il potere è il controllo sugli altri... e si sa che più una persona è controllata da agenti esterni... meno è "potente"! la sua possibilità di assaporare la contingenza è ridotta )

Comunque, sono d'accordo con chi dice che la democrazia è morta da tempo. Il pensiero critico è stato abolito a livello delle masse ed è manipolato da chi ha imparato come fare. A questo punto preferirei una politica di stampo culturale più che nazionale-territoriale... non che le due non si intreccino a più riprese ( vedi costituzione ) ma mi pare che ancora l'accezione forte di stato sia quella territoriale, mentre l'accezione forte di "appartenenza" intesa come un legame sentimentale ( storico ) con la globalizzazione sia diventata sempre più materia eminentemente culturale, oggi nessuno si sente più legato al paese se non che da una debolissima traccia genetica ( la propria famiglia ) che comunque è un legame sempre più distinto da quello con lo stato; con l'espansione dell'orizzonte del concetto di "comunità", dove ciò che è comune è proprio lo status sociale, quello di "stato" lascia sempre più a desiderare, perché prevede un'assoggettazione funzionale su larga scala che spersonalizza il lavoro; rimane l'etica del lavoro, certo... ma è un etica debole senza il sentimento di appartenenza... oggi in politica non troviamo più infatti persone che abbiano a cuore ( come fine primo ed ultimo della loro attività ) lo stato, ma sempre più la carriera e l'autorealizzazione non nel merito ma nel guadagno... Il che significa che il politico di oggi, a parte rari casi, non è diverso da un ingegnere o da un medico, soltanto che esperto di politica. Ma in fondo il politico vecchio stampo era destinato a morire da quando le grandi narrazioni di massa ( come quella di Hitler, o Mussolini ) sono sparite per lasciare spazio a quelle individuali. Un passaggio necessario e giusto, ma lascia la politica come una carriola in mezzo alla strada, lasciata a chi passa. Il fatto è che attualmente una narrazione nazionale di senso, scopo o destino precostruito farebbe ridere i più, se non tutti. Quello che volevo dire con questo è che era nell'ordine delle cose che la politica passasse prima o poi, la dove l'identità nazionale va decostruendosi ( Italia in testa! ), ad un ordinamento tecnico, ma le problematiche così generate ancora nessuno è capace di risolverle perché sono fuori dalle possibilità della politica e probabilmente dello stato; persa la sua identità, dovrà trovare in identità più grandi o più piccole di sé la legittimazione della sua esistenza, come organo sottoposto ( come già adesso nei confronti di UE etc ) o portatore di valori come dicevo all'inizio culturali, che possano unire tra loro i singoli individui. Per quanto io creda che la crisi della politica sia appena cominciata e non finirà in fretta. A chi gliene frega più niente della grandezza del proprio stato, comunque ? è ovvio che l'esaltazione populista ormai è un espediente di cattivo gusto, solo certi padani sembrano ancora riunirsi sotto una fiaccola facendo finta di essere crociati, a pro di un certo ordine culturale basato su elementi territoriali-storici. E lo sappiamo tutti la figura che fanno...
Soren is offline  
Vecchio 31-01-2013, 14.01.30   #60
gyta
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Fondamentalmente sono un’idealista.. ma non c’è certo da stare allegri..
basta anche solo una rapida visione d’insieme:
il rapporto stato/istituzioni cittadino è vertiginosamente sbilanciato, unidirezionale,
per non dire di pura non consensuale sodomia. La cosiddetta burocrazia non è esattamente
lo stato in assetto militare del paese ma ne fa di fatto le veci. Così se non lo uccidi direttamente
lo privi anestetizzandolo dei diritti fondamentali, trasformando in una fantomatica burla la stessa costituzione
per la quale hanno combattuto intere generazioni di uomini.
Noi ci domandiamo se non sia frutto insito nella/della tecnologia aver attentato ed attentare alla qualità
della vita intellettuale/mentale dell’uomo, ai benesseri fondamentali, alla qualità della vita dell’uomo;
spesso ci beviamo che siano le inevitabili ripercussioni che ogni cambiamento, ogni sviluppo porta con sé,
ma ci basta poco per “sentire” che questo discorso non quadra e non ha mai quadrato..


Qualcuno prima di Confucio avvertiva, correggetemi se sbaglio, dicendo più o meno così:
“quando si è smarrita la naturalezza (Via) allora si ricerca la morale e la giustizia,
quando anche queste vengono smarrite segue la necessità di un governo etc.. “
Quanto sono sagge è vere queste parole!

“ Addestrare “il popolo” senza totalmente illuminarlo, ma quanto basta perché possa
Procedere seguendo l’ordine prefissato. “ –questo pensiero penso sia proprio di Confucio.
Non che avesse torto, diciamo che proseguiva quel primo discorso illuminato e anarchico
di lontanissima data.

Ma se proprio dobbiamo parlare di potere da distribuire, di un governo in grado di guidare,
allora è il momento di dare sfogo alle parole che seguono..

Citazione:
siamo ancora all'errore di base di confondere il comando con il governo.
(green&grey pocket )


E’ vero. Ma questo ai minimi termini è ciò che avviene,
che è il comando a presiedere la gestione in una morsa talmente stretta
da vanificarne ogni sorta di distinzione
Ancora citando leibnichtViviamo un tempo in cui moltissimi concetti e troppe parole sono equivoche
e sono d’accordo, continua con “Secondo me noi siamo già d'accordo, ma occorre che diamo al termine 'politica' un'accezione comune.
Per me la politica è l'arte del governare, il che non è solo "di più" che amministrare il potere

e come dargli/darti torto? Al fine della presente discussione, pure per me la politica dovrebbe risolversi nell’arte di saper illuminare (guidare)
oltre che gestire e non differentemente nell'influenzare tramite l’inganno, la menzogna e l’occultare ciò che anche il deficiente avrebbe diritto di vedere e comprendere in chiaro. Quando questo influenzare sinistro è divenuto il significato primo di ciò che a torto chiamiamo politica, la responsabilità non rientra né può rientrare nel gioco dove sono gli interessi meschini travestiti da ideologie pseudo progressiste e falso pacifiste a presiedere la danza e dove il potere parlamentare non è che il luogo simbolico dove si consumano quelle danze. E’ tutto sbagliato dalle fondamenta, come ben avvertiva il caro Lao-Tzu (o chi mai scrisse quei lontani versi illuminati).

Come può esserci una sovranità del popolo (seppure a rappresentanza) se l’unica reale informazione intorno a quei giochi resta quella occultata, di dominio e comprensione di quei pochi altamente motivati a volerci capire ed a pretendere di volerci capire più di qualcosa? Ognuno ha già da combattere per comprendere il senso e la direzione della sua propria esistenza, solo un personale differente senso di maturazione interiore può spingere a volersi fare carico e responsabilità di quelle scelte che implicite lo investono suo malgrado.
E questa serietà interiore e questa moralità-priva di moralità (Naturalezza –se vogliamo aggiungiamoci a rammentare- Illuminata o Intelligente) non sarà mai casa delle istituzioni di per sé stesse ben poco lungimiranti spose ai compromesso. Sì, avete compreso bene, il governo, la nostra democrazia, la nostra repubblica, non è ai miei occhi che una delle tante istituzioni al pari di ogni altra realtà snaturata ed eletta coercitivamente a potere: potere come dominio, dominio come politica, politica come addestramento, addestramento come esigenza all’uniformare, essenziale al fine di applicare quell’ordine apparente. Se e dove è restata la politica non-politica (della Naturalezza) è in quella piccola parte della mente del singolo non ancora disillusa che ancora crede e spera che il pensiero e l’agire sia il Dio dei possibili eventi presenti (passati) e futuri.

Sto piangendo? Mi sto commiserando? Sono solo sincera, esprimo ciò che sento.
E il lamento talvolta può servire per ritrovare la forza per proseguire illuminando man mano il percorso..
Mi paiono passati secoli da quando mi bastava rammentarmi “ Chi mai non resta, chi col cuore e col sangue medita cose ‘impossibili’ vince” o detta per altra bocca (e storia) “siamo realisti: esigiamo l’ “impossibile” “.
Seppure “impossibile” suoni a me come un’orribile parola e, fondamentalmente, irrazionale.
Per ora questo è quanto.

Forse il dialogo che segue può servire a ritrovare quella possibile luce
e restituire alle parole il loro fondamento originario (che ahimè sembrerebbe fare rima con ideale). Spero possa ben comprendersi il legame inscindibile fra la realtà tecnologica, quella del lavoro e quella operaia. E, in aggiunta e tra parentesi, sarebbe tanto bello per me poter non leggere più che “le classi non esistono più” ma come dice qualcuno “hanno solo mutato d’abito”. Forse allora in questi “abiti” troveremo la risposta e all’uomo tecnologico e alla imperdonabile dimenticanza di una ‘democrazia’ -cito dal seguito- ‘sociale’. E questa chiosa -mia- pecca. mio malgrado, di retorica.

Citazione:

DOMANDA: Professor Bobbio, se la democrazia fosse tanto inflazionata nella realtà così come lo è come concetto,
probabilmente vivremmo in un mondo di uguaglianza universale; ma invece non è così.
Si parla indistintamente di democrazia a proposito dell'Atene di Pericle e dei Soviet di Lenin;
c'è la democrazia liberale, quella socialista, c'è la democrazia cristiana.
Possiamo tentare di dare una definizione minima, ma precisa, di questo termine?

Io ritengo che non sia soltanto possibile dare una definizione minima della democrazia, ma che sia necessario. Se vogliamo metterci d'accordo, quando parliamo di democrazia, dobbiamo intenderla in un certo modo limitato, cioè attribuendo al concetto di democrazia alcuni caratteri specifici sui quali possiamo esser tutti d'accordo.

Io ritengo che per dare una definizione minima di democrazia bisogna dare una definizione puramente e semplicemente procedurale: vale a dire definire la democrazia come un metodo per prendere decisioni collettive. Si chiama gruppo democratico quel gruppo in cui valgono almeno queste due regole per prendere decisioni collettive: 1) tutti partecipano alla decisione direttamente o indirettamente; 2) la decisione viene presa dopo una libera discussione a maggioranza. Queste sono le due regole in base alle quali a me pare che si possa parlare di democrazia nel senso minimo e ci si possa mettere facilmente d'accordo per dire dove c'è democrazia e dove democrazia non c'è.

DOMANDA: Quindi si può parlare di democrazia, sia che si tratti di decidere in un condominio sia che si tratti di decidere una legge dello Stato?

Ha detto benissimo: un'associazione, una qualsiasi associazione. Qualsiasi associazione generalmente stabilisce quali sono le regole in base alle quali si prendono le decisioni che poi valgono. Anche se le decisioni vengono prese da pochi, da alcuni, anche da uno solo, l'importante è che quella decisione venga presa in base a quelle regole.

DOMANDA: Quando Lei dice queste cose mi viene in mente che effettivamente nel mondo esistono alcuni - forse neanche troppi - Stati democratici: ma all'interno di questi Stati democratici - penso a tutti gli apparati della produzione, gli apparati dei servizi, a molte delle istituzioni, dalle scuole alle caserme, ecc. - io non ci ritrovo molte delle due regole.

Lei effettivamente ha ragione: qui stiamo parlando di democrazia politica. Difatti io ho considerato come una delle promesse non mantenute della democrazia proprio il fatto che la democrazia politica non si è estesa alla società e non si è trasformata in democrazia sociale. A rigore una società democratica dovrebbe essere democratica - cioè dovrebbe avere queste regole - nella maggior parte dei centri di potere. Questo in realtà nella maggior parte delle democrazie non è avvenuto. Qual è poi il centro di potere in cui dovrebbe avvenire quest'estensione delle regole democratiche? E' la fabbrica. All'interno della fabbrica non esiste un regime democratico: le decisioni vengono prese da una parte sola, dall'altra parte c'è la possibilità di un certo controllo delle decisioni, ma le decisioni non vengono prese, da tutte, da tutte le parti che sono in gioco in quel in quel centro di potere.

DOMANDA: Quindi Lei pensa che sia auspicabile questa autodeterminazione della propria vita produttiva?

Io credo che questo sia l'ideale limite della democrazia.

Tratto dall'intervista "Che cos'è la democrazia?" -
Torino, Fondazione Einaudi, giovedì 28 febbraio 1985

(da www.emsf.rai.it)
gyta is offline  

 



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