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17-01-2013, 21.39.27 | #42 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
@ Leibnicht
E perchè mai interpretare il "fine" in senso necessariamente metafisico? Certo comprendo l'esigenza (da te acutamente sottolineata) di definire esattamente la terminologia che si sta usando (per quel che mi riguarda potremmo benissimo usare il termine "scopo"), onde non creare malintesi. Credevo, d'altronde, che la mia precedente definizione della scienza come "mezzo" (atto a raggiungere uno scopo prestabilito da un preciso interesse di partenza - che poi alcune scoperte avvengano casualmente è, ritengo, del tutto indifferente in questo discorso); l'attribuzione qualitativa di "utile" che riferivo alla scienza; potessero, in un certo qual modo, sgombrare il campo da equivoci di quel genere. La stessa definizione di "tecnica" che dà Severino (la tecnica è un rimedio contro l'angoscia suscitata dal divenire delle cose) mi sembra definisca piuttosto nettamente un mezzo (la tecnica) e un fine (rimediare all'angoscia). Un fine che, come dicevo in una precedente risposta a La Viandante, può non sempre essere perseguito in maniera conscia, o comunque chiarissima (ad esempio alcuni comprendono che la "tecnica" dell' acquisto compulsivo è diretta a cercare di fronteggiare stati depressivi, mentre altri non hanno piena consapevolezza di ciò). Il nocciolo del problema, dal mio punto di vista, è che qualcuno (qualcuno che pensa malissimo, ed è molto, ma molto, "celere"...) sta cercando di approfittare di questa situazione nella quale la finalità è obliata appunto perchè si dice (un "si dice" nel senso profondo descritto da U.Eco, che qui non descrivo per brevità ma che sarebbe estremamente interessante analizzare) che il "fine" è un concetto metafisico, e che in quanto tale non ha più ragion d'essere nella modernità. Una modernità "scientifica", che ha esteso la scienza ad ogni dove (persino al fine, che la scienza in quanto mezzo non è assolutamente in grado di determinare). Insomma: quello di cui sto parlando non è del Paradiso o dell'Inferno; ma dell'interesse di partenza che fa sì che (ad esempio) alla ricerca del petrolio vengano destinate somme enormi (mentre sta morendo, ancora ad esempio, la ricerca archeologica). Questo sarà anche "razionale" (in fin dei conti col petrolio va avanti il mondo mentre la ricerca archeologica non interessa nessuno...), ma di una razionalità che, ancora, è dimentica di essere solo un mezzo atto a raggiungere un determinato fine. E chi determina questo fine che nessuno comprende più? Dal punto di vista che cerco di esporre non lo determina nessun "elemento" scientifico; ma lo determina ancora lui: "Celer", colui che fonda il Diritto. un saluto |
18-01-2013, 03.32.46 | #43 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
"(...) Rovine, roghi, disfatte -
in tossiche sfere, fredde, qualche anima stigia, sola, sublime, antica!" Dalle Statische Gedichte, di Gottfried Benn, questa premonizione (era il 1948) che forse oggi un po' ci riguarda... Citazione volta a sottolineare che non apparteniamo a schiere contrapposte, non esistono barricate. Siamo anime nella palude Stigia, punti vaghi e dispersi, pensiero che ancora dona forma e corpo ad altre anime che non l'hanno più, conservatori che creano, e consapevolezze che si interrogano. Se non vogliamo ( io non lo desidero) che questa brillante e interessantissima discussione si arresti nell'impasse di un contraddittorio che rischia di isterilirla, io credo che sia necessario andare "oltre" la liceità, la correttezza, la precisione terminologica e logica. Occorre banalizzare ed esporre impressioni. Che sono quelle, del resto, che hanno il potere dirompente di infrangere i pregiudizi ermeneutici, rivelandoli come tali, e costringerci in un disorientamento interrogativo. La mia "impressione" è quella di un mondo intero che non è dominato da nessuna volontà umana: da nessuna "intenzione", da nessun "progetto". A me pare che i "grandi" della Terra, come i "piccoli", siano tutti ugualmente uniformati a microchips di un sistema di cui nessun uomo è propriamente l'artefice, che nessun essere umano ormai controlla, e che si muove verso un futuro che non è prevedibile. Io ho l'impressione che il potere che Obama ha sul mondo sia identico a quello del mio gatto: sugli scenari che ci si prospettano e su tutto ciò che (catastrofi naturali in gran parte escluse) ci troveremo a vivere domani, come tra un anno o dieci. La mia "impressione" è quella di un mondo umano in cui tutto è umano, ma tutto: tranne la facoltà di esercitare scelte autentiche ed aspirare ad essere parte di un progetto. A me sembra che tra Cipputi e Marchionne corra soltanto una differenza di emolumenti in denaro: per tutto il resto essi hanno gli stessi padroni, la stessa cogenza di dar loro riscontro, la stessa misera necessità di piegarsi e mentire (da buoni servitori) per ingraziarsi chi, ora l'uno e tra cinque minuti un altro, ha "aspettative". E questi, che "ha aspettative": questi occupa per un attimo e ora tale ruolo, ma l'istante successivo egli risponde ad un altro, e un attimo dopo a un altro diverso, che "a sua volta" ha aspettative. E così via, in un regressus ad infinitum in cui non si danno soggetti che non siano oggetti e viceversa. Ed il sistema di cui tutti siamo tasselli mobili (come un oceano di pixels che in ogni istante muta la sua forma complessiva e in cui nessuno è in grado di vedere mai una qualsiasi forma d'insieme) è costituito esattamente dalla "rete comunicativa", in tutto il suo straordinario sviluppo tecnico. La mia "impressione" è che chi pensava che la "comunicazione" avrebbe permesso all'umanità stessa di generarsi in un' identità generale ha creato una non identità, cioè una struttura sociale in cui nessun essere umano si identifica. Un mostro che non ha immagine e probabilmente nessun progetto, ma che ha spogliato ogni categoria logica conosciuta del suo valore e del suo senso interpretativo. I disastri naturali hanno pur sempre grande risonanza e si levano sempre altissime le voci di coloro che ne chiedono conto anche agli uomini, al loro agire. Ma sempre di più, ogni volta di più, le persone, cioè gli esseri umani concreti che vengono identificati come responsabili assomigliano agli "untori" della peste manzoniana. Increduli malcapitati il cui sacrificio non compensa nessuno e viene subito dimenticato. Ognuno svolge il suo compito, è vittima e carnefice, il suo ruolo muta persino retroattivamente... Ciascuno crede, illusoriamente, di operare per il suo bene: ma ogni sua scelta è, in realtà, massimamente determinata da contingenze che, per sarcasmo della sorte, spesso addirittura egli si rappresenta come aderenti a sè. Nessuna finalità è nota ad alcuno. Ognuno agisce per sè e più nulla si compone. |
18-01-2013, 12.19.39 | #44 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
Io credo che manchi una riflessione sul confronto fra la vita nell'attuale civiltà della tecnica e la vita delle generazioni che hanno preceduto il boom tecnologico. Questo perchè se è vero che non si può ignorare la nostra ormai stretta dipendenza dagli apparati tecnologici, è altrettanto erroneo ignorare le nostre radici, ciò da cui proveniamo, perchè gran parte degli insegnamenti che ci sono stati tramandati dai nostri genitori, maestri, insegnanti o mentori, provengono da un contesto legato ad una tradizione che ancora non ha digerito la civiltà tecnologica.
Chi ha più di trent'anni è cresciuto e si è formato in un mondo in cui la tecnologia era esclusiva di grandi apparati: la scienza, l'industria, i media. Oggi grazie all'intercessione dei vari Gates, Jobs, Zuckerberg la tecnologia è penetrata nel nostro animo, condiziona i nostri pensieri ed i nostri sentimenti. Dicevo che questo salto tecnologico non è stato digerito, ed in particolare ciò che ci rimane indigesto è la relazione direttamente proporzionale fra l'aumento della tecnologia e l'aumento del controllo. La civiltà della tecnologia è anche la tecnologia del controllo. Emblematico più di ogni discorso è il video che circola su you tube(http://www.youtube.com/watch?v=PVtP1vaqD6s). C'è un tale che invita dei passanti in una stanza per leggere i loro pensieri, e sorprendentemente rivela tutti i particolari di queste persone: lavoro, hobby, relazioni personali, persino dati sui c/c bancari. Poi ad un certo punto vengono giù le pareti e si vede un equipe di hacker col passamontagna che ticchettano freneticamente sulle tastiere dei pc rovistando su tutto ciò che il web rivela su quelle persone. Basta una foto, l'immagine di un volto per dare inizio alla ricerca. Il filmato sarà senz'altro fittizio ma anche realistico, fa riflettere..... Non penso possa esserci autenticità se non è chiaro il confine fra virtuale e reale. E' non è facile come si pensa, perchè si potrebbe dire che le relazioni fra le persone devono avere più valore di quelle fra persone e macchine. Che dire però nei casi in cui le vite di persone sono salvate dalla tecnologia? Il problema e che noi pensiamo, dato che la tecnologia è stata creata dall'uomo, che l'uomo ha il potere di controllarla. Ma una volta che il destino dell'uomo e quello della tecnica si sono mischiati e confusi fra loro, diventa sempre più difficile distinguere nettamente fra ciò che è umano e ciò che è tecnologico |
18-01-2013, 21.31.12 | #45 |
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
@ Leibnicht (e a chi legge)
Io credo, come gli empiristi anglosassoni, che il movente dell'azione sia sempre e solo l'"utile". Ho passato anni (ahimè, decenni...) pensando di poter determinare, io con la mia volontà, il movente; anche quando questo movente sembrava contrastare con quella che sembrava essere la mia utilità. Poi, fedele al motto socratico "conosci te stesso", ho scoperto "in me" che anche quando facevo qualcosa che sembrava non essere legato alla mia particolare utilità (ti faccio l'esempio dell'elemosina ai poveri), in realtà era il mio interesse che stavo facendo (qui dovrei descriverti i miei stati d'animo, ma ritengo interessino poco ai fini del discorso). Oggi mi sto chiedendo se io sia, o meno, dotato di libero arbitrio; una cosa che fino a poco tempo fa consideravo assodata. Ma allora, se conosco così poco me stesso (l'oggetto che dovrei conoscere meglio...), come posso conoscere l'Altro (uso un "filosofismo", per definire tutto ciò che è altro da me, dunque non necessariamente solo un soggetto-persona)? Anch'io penso che al mondo non vi sia un'"ordine" (l'unico ordine, se vi fosse, sarebbe quello Provvidenziale). Cipputi e Marchionne condividono senz'altro lo stesso destino (sono entrambi "gettati nel mondo", e per entrambi c'è la morte -l'assolutamente Altro- in inesorabile attesa). Però c'è una cosa che non bisogna dimenticare (e che riecheggia un pò il "rimprovero" che Sartre fece a Camus): né Marchionne né i suoi figli respirano l'aria appestata di Taranto; né hanno l'ormai tremendo problema di arrivare alla fine del mese: non dimentichiamo mai la realtà effettiva delle cose. Dunque sì, è vero: nessuno è in grado di vedere mai una qualsiasi forma d'insieme (la destrutturazione radicale del valore dello spirito ad opera della modernità, come dicevo a La Viandante, ha reso impensabile la forma d'insieme, la cui "realtà" è pensabile solo all'interno di una visione religiosa), però in molti vedono quello che è il loro interesse immediato, e lo vedono senza troppo curarsi che questo interesse coincida con quello altrui (nella riflessione che facevo in apertura, grande conforto ho trovato nelle parole di Leibniz, il quale appunto distingue un interesse che è solo personale da un interesse che è personale e altrui allo stesso tempo). Io penso, parafrasando Platone, che compito della filosofia non sia solo quello di discutere nell'"alto" della Acropoli, ma sia anche quello di "scendere al porto" (il porto, come crocevia di traffici e di commercio estetizza l'"interesse" privato; un interesse che, particolarmente ad Atene, è gia ben oltre l'economia della "oikos" descritta da Aristotele). E' dunque necessario "riconoscere" l'interesse privato (che equivale a riconoscere "Celer"). E per riconoscerlo è appunto necessario "scendere al porto", un luogo nel quale gli uomini sono forse più "semplici", e mantengono una finalità che diverge, forse, da quella ipotizzata nell'Acropoli. un caro saluto |
18-01-2013, 22.39.10 | #46 |
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
@leibnicht
possiamo anche bypassare i tecnicismi, ma solo quando si ha in mente il problema. se liquidi tutto passando direttamente al cogente al necessario, e siamo d'accordo, poi però mi chiedo come fai i conti a casa? dire che obama e il suo facchino sia ai tuoi occhi uguali sotto il peso della storia è innegabile quanto sciocco, poichè dimentica che la cogenza e la necessità si scontra con queste persone, cioè comunque dovrai farne una questione di politica (non so tipo nemico-amico di aristotelica memoria). e quindi a rebours, è quantomeno utile usare i tecnicismi per comprendere meglio la realtà che ci circonda. di nuovo la technè come estensione esonerante l'uomo, ma esonerante da che cosa se non dalla vita stessa (in una lontana e utopica a mio avviso, visione finale)? questa è politica, che incide nella cogenza di ciascuno e quindi nel proprio poter essere. |
20-01-2013, 02.43.58 | #47 | |
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
Citazione:
Il senso era precisamente questo: la politica è morta e sepolta. L'agorà è un labirinto di specchi. |
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20-01-2013, 21.20.07 | #48 |
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
@ Leibnicht
Se intendessimo (come io credo corretto fare) la politica come l'insieme delle forme e dei contenuti di governo, come sarebbe possibile sostenere che la politica è morta e sepolta? E se anche la intendessimo in altra maniera, ovvero come la distinzione fra chi comanda e chi è comandato, come ugualmente sostenere che essa è morta e sepolta? Forse che sono morti e sepolti coloro che comandano e coloro che sono comandati (democraticamente si potrebbero definire queste categorie come quelle dei governanti e dei governati, ma nulla cambia)? Insomma: c'è sempre o non c'è più chi decide anche per gli altri? Se c'è sempre chi decide e chi subisce quelle decisioni, allora questo vuol semplicemente dire che c'è la politica. Certo il potere politico si è abbastanza "velato" negli ultimi tempi. Le decisioni che contano davvero non vengono più prese dal Governo o dal Parlamento, ma da istituzioni che di democratico hanno assai poco (BCE, FMI e compagnia cantante); ma davvero ci basta questo per dire che la politica è morta e sepolta? Non è piuttosto che ad essere morta e sepolta è la particolare forma di governo chiamata "democrazia"? Un saluto |
21-01-2013, 03.20.53 | #49 | |
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
Citazione:
Vedo solo "comandati" e nessuno che comandi. Nessuno che, indipendentemente dal ruolo e dalla posizione che occupa e riveste, non debba render conto a qualcuno o a qualcos'altro. Essere "potenti" oggi significa semplicemente godere di un più facile ed immediato, e meno selettivo, accesso ai beni di consumo. Ma nessun "potente", da molto tempo, ha la reale possibilità di incidere e determinare un'impronta sull'evoluzione delle società. Certo, un "potente" può determinare ed incidere sul destino di singoli, per quanto numerosi, individui: lo può fare, entro limiti variabili, senza incorrere in immediate sanzioni. Ma non ha alcun potere sulla società nel suo complesso. Questo fatto è del tutto indipendente, oggi, dalle diverse forme di "governo". Il fatto che le istituzioni moderne discendano solo parzialmente da una rappresentanza elettiva è la semplice "rivelazione" di un dato di fatto sussistente già almeno dagli anni '80: che la democrazia non è una forma di governo, nè mai lo è stata, ma una forma speciale di riciclaggio di potere sporco. Quando, su per giù negli stessi anni, nel nostro Paese vi trovaste a votare per referendum il cui esito, pur a schiacciante maggioranza positivo, non trovò mai alcuna applicazione; l'intera Italia fu coinvolta in scelte di politica internazionale che non passarono mai il vaglio della consultazione popolare e neppure ebbero alcuna risonanza ed espressione mediatica; quando crollò, senza alcuna previsione ragionevole, il muro di Berlino e ad uno ad uno tutti i governi dei Paesi dell'est Europa: non certo per l'azione di papa Wojtila, nè per la glaznost e la perestroika di Gorbaciov, ma perchè le reclames tedesche (Werbung) erano alla portata, grazie ai satelliti, di un numero crescente di parabole televisive ad est del muro. Dopo un quarto di secolo da quegli eventi, come possiamo non capire ancora questa evidenza? E' la tecnologia che decide, che impronta "realmente" il decorso e l'evoluzione degli eventi sociali: non la politica, non gli uomini e meno che mai le idee. E la tecnologia non è nessuno e niente dal punto di vista di qualsivoglia soggettività intenzionale: non è nè l'"astuzia della ragione" hegeliana, nè la "mano invisibile" di Adam Smith. Chi può credere che, oggi, i tecnocrati della BCE siano davvero "coloro che tirano le fila" delle scelte dei governi europei? Nessuno di loro, Draghi compreso, fa nient'altro che eseguire programmi prestabiliti e scontati, i quali eseguono semplicemente ciò che preserva la possibilità di avere programmi "prestabiliti e scontati". A lato di questo esiste ancora un fenomeno umano, per carità... Ma il suo nome è brutto ed antipatico: si chiama "speculazione". E si tratta, da alcuni anni a questa parte, di un'unica modalità della speculazione, fondata sul "moral hazard", che di morale non ha davvero nulla: una scommessa sull'impossibilità che la struttura distrugga se stessa, impedendosi la programmazione prestabilita e scontata. Ti garantisco personalmente della "umanità" di questa speculazione, avendola messa in atto più volte io stesso in questi ultimi anni e soprattutto l'anno scorso. La politica è morta negli anni '80. A quei tempi pochi lo vedevano e lo capivano. Ma come è possibile non capirlo e non vederlo oggi, di fronte a tanta lampante evidenza? Conquistare il potere, oggi, non significa neppure "amministrazione ordinaria" del potere stesso: l'economia reale non ha alcuna rilevanza rispetto all'ingegneria finanziaria; le diagnosi sono state sostituite dai protocolli diagnostici; le relazioni umane sono destinate a divenire massimamente virtuali. I potenti di oggi sono individui insigniti di semplici onorificenze: al pari dell'aristocrazia settecentesca essi non rappresentano altro che l'agiatezza e per nulla ciò che il termine "aristocrazia" significa. Analogamente agli aristocratici del tempo che fu essi raggiungono il potere grazie a "cordate" di potentati preesistenti: vincono alle elezioni oppure vincono ai concorsi per la magistratura, e poi passano da una sponda all'altra di uno stesso "potere" velleitario e fasullo. Come i nobili di tre secoli fa sono ormai percepiti dai semplici come dei puri parassiti. Credimi, Mauro, i "semplici" vedono il re nudo, anche se non lo sanno dire. |
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21-01-2013, 19.21.56 | #50 |
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Riferimento: L'uomo e la tecnica
@leibcnit
la distinzione che fai tra causa del potere e politica, per quanto corretta dimentica quello che ti dicevo: già ma tu cosa fai? e hai ammesso che hai speculato, e secondo te per quale motivo se non perchè la strutturazione dell'ingeneria sociale ti ha portato a stare nel solco e non a uscirne. io non sono d'accordo con mauro che distingue ancora tramite categorie marxiste di dominato-domminatore che ripropongono la lotta di classe, che ormai non esiste più come hai notato in alto modo tu. ma sono d'accordo che la scienza che determina il sostrato che determina a sua volta l'agire umano è hegelianamente-marxisticamente il prodotto del potere politico della tecnica. dici bene perciò a dire che anche il più semplice vede il re nudo (che ancora si illude di dominare amministrando, nel caso italiano e recentemente europeo male se non molto male a dette degli "stessi ingegneri"). Quella politica è morta, ma non è morta quella della tecnica, che viene così illustrata bene da Severino- stiamo parlando di livelli diversi, ma il tuo snobismo intellettuale ti porta a non affrontare l'agorà così! anche se poi, come ammetterai è esattamente quello che stai facendo: participare ad un agorà.(ma il tuo valore lo mostri di già in alte parti del foru, un pò come mauro) sono invece i molti le masse che come dici perse nello specchiarsi del moteplice rimangono fermi, nel senso più completo però! almeno tu hai ancora l'intelligenza per capire lo scarto fra il passaggio di politiche, spero di averti convinto (come no! ) ciao! |