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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-01-2013, 22.11.58   #21
0xdeadbeef
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

@ Paul11
A mio avviso, è assolutamente da evitare una terminologia che parla di "mano longa" o di "grandi vecchi".
Queste persone hanno nomi e cognomi; possiedono società ben precise ed agiscono nel mercato finanziario con
strumenti ben conosciuti. Che abbiano "potere" è indubbio, visto che già B.Constant parlava della ricchezza
e del denaro come di strumenti ben più efficaci e "suadenti" che non il potere politico (già la Guerra del
Peloponneso ce ne offre un chiaro esempio).
P.Krugman, in "Il ritorno dell'economia della depressione e la crisi del 2008", ci offre svariati esempi di
come certi fondi d'investimento agiscano sul mercato; di come, di fatto, determinino gli andamenti borsistici
e persino i cambi delle valute (celebre il caso della "vendita allo scoperto" che portò alla svalutazione della
sterlina con le conseguenti dimissioni del Premier britannico J.Mayor).
Quanto alle cifre in ballo, pensiamo soltanto che "Auction Rate Security", uno dei fondi di Lehmann Brothers,
gestiva qualcosa come 400 miliardi di dollari.
Se ragioniamo "economicamente", cioè razionalmente, vediamo che il "mezzo" viene scelto in base all'efficacia
in vista di un determinato "fine". E questo da che mondo è mondo...
Quindi è semplicemente irrazionale ipotizzare un "mezzo" separato dal "fine" (Galileo non credo segua il processo
della creazione artigianale del cannocchiale al fine di, che so...studiare la rotazione delle colture nei
campi). E' necessario piuttosto darsi un "fine" allo scopo di elaborare un "mezzo" atto a quel fine.
In altre parole, il fine è sempre pre-stabilito rispetto al mezzo (che è stabilito in funzione di esso).
Il problema che cerco di sollevare è appunto questo: qual'è il "fine" cui tutto questa "complessità" si rivolge?
Nessuno ce lo dice, ma io credo sia chiarissimo (soprattutto se si conosce a fondo l'opera di Von Hayek).
Il "modello" per cui se uno va in una direzione tutti lo seguono è stato oggetto di un'altra delle vaste ed
acute analisi di Von Hayek (non che in realtà il meccanismo sia di impossibile comprensione: basta osservare
un gregge di pecore). Sinteticamente si potrebbe riassumere con la tesi che al consumatore non serve
conoscere a fondo le caratteristiche del prodotto che intende acquistare, ma basta seguire quella "ragione
collettiva" che, concretizzata nel "prezzo", rappresenta la migliore delle condizioni (teoria liberista della
coincidenza dell'utile individuale e dell'utile collettivo).
Concludo con una battuta che, mi auguro, venga compresa e scusata (la filosofia, di cui sono grande appassionato,
mi impone di dire la verità - cioè quello che io penso lo sia): sono esterrefatto da tanta ingenuità; una
ingenuità che, da quel che vedo, permea anche le menti più acute e brillanti.
un saluto
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 11-01-2013, 03.05.11   #22
leibnicht
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Paul11
A mio avviso, è assolutamente da evitare una terminologia che parla di "mano longa" o di "grandi vecchi".
Queste persone hanno nomi e cognomi; possiedono società ben precise ed agiscono nel mercato finanziario con
strumenti ben conosciuti. Che abbiano "potere" è indubbio, visto che già B.Constant parlava della ricchezza
e del denaro come di strumenti ben più efficaci e "suadenti" che non il potere politico (già la Guerra del
Peloponneso ce ne offre un chiaro esempio).
P.Krugman, in "Il ritorno dell'economia della depressione e la crisi del 2008", ci offre svariati esempi di
come certi fondi d'investimento agiscano sul mercato; di come, di fatto, determinino gli andamenti borsistici
e persino i cambi delle valute (celebre il caso della "vendita allo scoperto" che portò alla svalutazione della
sterlina con le conseguenti dimissioni del Premier britannico J.Mayor).
Quanto alle cifre in ballo, pensiamo soltanto che "Auction Rate Security", uno dei fondi di Lehmann Brothers,
gestiva qualcosa come 400 miliardi di dollari.
Se ragioniamo "economicamente", cioè razionalmente, vediamo che il "mezzo" viene scelto in base all'efficacia
in vista di un determinato "fine". E questo da che mondo è mondo...
Quindi è semplicemente irrazionale ipotizzare un "mezzo" separato dal "fine" (Galileo non credo segua il processo
della creazione artigianale del cannocchiale al fine di, che so...studiare la rotazione delle colture nei
campi). E' necessario piuttosto darsi un "fine" allo scopo di elaborare un "mezzo" atto a quel fine.
In altre parole, il fine è sempre pre-stabilito rispetto al mezzo (che è stabilito in funzione di esso).
Il problema che cerco di sollevare è appunto questo: qual'è il "fine" cui tutto questa "complessità" si rivolge?
Nessuno ce lo dice, ma io credo sia chiarissimo (soprattutto se si conosce a fondo l'opera di Von Hayek).
Il "modello" per cui se uno va in una direzione tutti lo seguono è stato oggetto di un'altra delle vaste ed
acute analisi di Von Hayek (non che in realtà il meccanismo sia di impossibile comprensione: basta osservare
un gregge di pecore). Sinteticamente si potrebbe riassumere con la tesi che al consumatore non serve
conoscere a fondo le caratteristiche del prodotto che intende acquistare, ma basta seguire quella "ragione
collettiva" che, concretizzata nel "prezzo", rappresenta la migliore delle condizioni (teoria liberista della
coincidenza dell'utile individuale e dell'utile collettivo).
Concludo con una battuta che, mi auguro, venga compresa e scusata (la filosofia, di cui sono grande appassionato,
mi impone di dire la verità - cioè quello che io penso lo sia): sono esterrefatto da tanta ingenuità; una
ingenuità che, da quel che vedo, permea anche le menti più acute e brillanti.
un saluto

Credo che il moderatore accetterà e perdonerà questo scivolamento pubblico nel privato. Sono certo che gli risulterà chiaro che l'amore comune per il capire ed il sapere lo giustifica.
Carissimo Mauro, il tuo contributo a queste nostre discussioni è grande: sei una mente davvero brillante, fuori del comune. E' la prima volta nella mia vita che sento, in piena autenticità, di poter sottoscrivere questo. La prima da qualche decennio... Hai reso vivaci e restituito brillantezza a tanti threads resi un pochino polverosi e opachi: hai portato l'aria sempre nuova, il Favonio dell'intelligenza e del sapere attento e consapevole, risvegliando qualche mente assopita.
Continuiamo questo nostro dialogare, condividiamolo noi tutti con tutti!

Vorrei, però, che tu ti esplicitassi meglio, in modo compiuto e articolato rispetto al tuo concetto di "ingenuità", forse più in generale che nello specifico particolare del tema proprio di questo argomento: l'uomo e la tecnica.
Personalmente, forse perchè di matrice culturale germanica, ho un concetto moralmente molto positivo della "ingenuità". Praticamente in ogni senso...
L'ingenuità come "disposizione all'ascolto ed alla comprensione", come "umiltà naturale", come "semplicità (non "facilità") del sentire", come "pulizia morale", etc.
Ma so che nella cultura latina essa ha invece l'accezione negativa di contrapporsi alla "scaltrezza" la quale, tu sai benissimo, ha una radice ellenistica remota e radicale nella figura di Ulisse. L'eroe che "inganna" gli Dei e, in realtà, li "supera" facendosi gioco dei loro giochi e "superandoli" proprio in quanto rende possibile un'articolazione storica (di gesta e di fatti, di azioni e di pensiero) al Fato. Così infatti egli lo (il Fato) ostenta, all'Uomo e agli Dei, come "superiore" ad entrambi.

Non ho la tua profonda cultura della classicità, una cultura che ammiro ed amo profondamente. Questa mia citazione è commista di una qualche mia modesta intuizione che maggiormente esprime il mio "sentire", piuttosto che il mio "sapere".
Non perchè il mio sapere sia vacuo, ma perchè esso vuol essere "originale" nel senso di "non mediato da alcuna autorità".
Prediligo espormi all'errore, sapendolo rimediabile, piuttosto che ripararmi dietro allo scudo di un'interpretazione che la caducità dell'oggi sancisce come "vulgata".
Ma condividiamo un tempo mutato, una dimensione culturale nuova e diversa.
Io non so, non capisco questo tempo e questo mondo. Lo confido e lo dico a te e a tutti, con spirito "ingenuo".
Ma non trovo, per ora, se non qualche dubbiosa intensità di fumo che nella polvere non diventa mai scintilla!
Proviamo a mettere insieme ogni intelligenza.
leibnicht is offline  
Vecchio 11-01-2013, 14.56.25   #23
paul11
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Paul11
A mio avviso, è assolutamente da evitare una terminologia che parla di "mano longa" o di "grandi vecchi".
Queste persone hanno nomi e cognomi; possiedono società ben precise ed agiscono nel mercato finanziario con
strumenti ben conosciuti. Che abbiano "potere" è indubbio, visto che già B.Constant parlava della ricchezza
e del denaro come di strumenti ben più efficaci e "suadenti" che non il potere politico (già la Guerra del
Peloponneso ce ne offre un chiaro esempio).
P.Krugman, in "Il ritorno dell'economia della depressione e la crisi del 2008", ci offre svariati esempi di
come certi fondi d'investimento agiscano sul mercato; di come, di fatto, determinino gli andamenti borsistici
e persino i cambi delle valute (celebre il caso della "vendita allo scoperto" che portò alla svalutazione della
sterlina con le conseguenti dimissioni del Premier britannico J.Mayor).
Quanto alle cifre in ballo, pensiamo soltanto che "Auction Rate Security", uno dei fondi di Lehmann Brothers,
gestiva qualcosa come 400 miliardi di dollari.
Se ragioniamo "economicamente", cioè razionalmente, vediamo che il "mezzo" viene scelto in base all'efficacia
in vista di un determinato "fine". E questo da che mondo è mondo...
Quindi è semplicemente irrazionale ipotizzare un "mezzo" separato dal "fine" (Galileo non credo segua il processo
della creazione artigianale del cannocchiale al fine di, che so...studiare la rotazione delle colture nei
campi). E' necessario piuttosto darsi un "fine" allo scopo di elaborare un "mezzo" atto a quel fine.
In altre parole, il fine è sempre pre-stabilito rispetto al mezzo (che è stabilito in funzione di esso).
Il problema che cerco di sollevare è appunto questo: qual'è il "fine" cui tutto questa "complessità" si rivolge?
Nessuno ce lo dice, ma io credo sia chiarissimo (soprattutto se si conosce a fondo l'opera di Von Hayek).
Il "modello" per cui se uno va in una direzione tutti lo seguono è stato oggetto di un'altra delle vaste ed
acute analisi di Von Hayek (non che in realtà il meccanismo sia di impossibile comprensione: basta osservare
un gregge di pecore). Sinteticamente si potrebbe riassumere con la tesi che al consumatore non serve
conoscere a fondo le caratteristiche del prodotto che intende acquistare, ma basta seguire quella "ragione
collettiva" che, concretizzata nel "prezzo", rappresenta la migliore delle condizioni (teoria liberista della
coincidenza dell'utile individuale e dell'utile collettivo).
Concludo con una battuta che, mi auguro, venga compresa e scusata (la filosofia, di cui sono grande appassionato,
mi impone di dire la verità - cioè quello che io penso lo sia): sono esterrefatto da tanta ingenuità; una
ingenuità che, da quel che vedo, permea anche le menti più acute e brillanti.
un saluto

Questa è una discussione dell'uomo e la tecnica, non sull'economia in specifico anche se so che quest'ultima determina la tecnica.

Su Von Hayek vedo che sei fissato è il tuo “deus ex machina” potrei ritenere a mia volta che sia una tua ingenuità .
Leggi bene il post e sottolinea i punti che ritieni poco chiari o considerazioni che ritieni in contrasto a ciò che pensi; è il modo migliore di chiarire una posizione al posto di sentenziare, così come potrebbe benissimo essere che ho comunicato io male per cui il messaggio è arrivato distorto.

Galileo conosce tutto il processo perchè ha in testa il modello di conoscenza finalizzato e lo strumento per arrivarci. Artigianalmente si costruisce un cannocchiale(il cannocchiale galileano) con le sue mani e quindi conosce tutte le fasi, dalla progettazione all'osservazione del cielo.

Il passaggio dal mondo artigianale e contadino alla fase industriale del commercio, dei media. ecc., ha comportato la segmentazione del sapere anche nei singoli cittadini/lavoratori. Le parcellizzazioni delle conoscenze dove ognuno di noi è in funzione di un "qualcosa" , ma nessuno ha presente un "tutto" ha contribuito alla famosa alienazione, all'individualismo. Noi siamo sempre più una frantumazione in una società gerarco/funzionale incapace di avere una idea del “tutto” che dia senso ad un modello condiviso. Si socializza meno e con le "chiacchiere" perchè i problemi posti ,come quì nel forum, là fuori , nel mondo, sono persi nell'individualismo, ognuno si tiene dentro di sè i problemi (che non smetteranno mai di esistere), ma ci sono momenti storici in cui divengono socializzazione e solidarizzazione in quanto condividono innanzitutto i problemi(denaro, sfruttamento, condizioni sociali,ecc) e altri in cui "siamo persi" nella mondanità.

Nessuna cultura oggi è in grado di giustificare un modello esistente pragmatico che è quello che ogni giorno ci fa alzare da un letto e andare a scuola, a lavorare, ecc. Stiamo andando per inerzia perchè esiste un modello vecchio e consunto dove sono entrati in crisi: Dio, Il socialismo, il capitalismo e il concetto positivista di progresso: ma intanto ...andiamo avanti...dove ...non si sa.
Non intendo quì dire che in altri tempi si sapessero dare soluzioni alle domande, ma esisteva una idea forza che motivava e dava speranza e quindi "senso" al movimento della nostra vita.

Abbiamo perso i processi, abbiamo molti modelli di rappresentazione del mondo, troppi non sanno cosa stanno facendo, il perché e soprattutto perché deve necessariamente la realtà funzionare così, in questo modo.

Siamo in un mondo dove i modelli ci hanno cambiato, ma senza possibilità di cambiare i modelli stessi, senza una reale alternativa , ci siamo semplicemente adeguati .Oggi vince la retorica, come persuasione nel far passare un modello e nei rapporti di forza e questo su qualunque piano: teorico, pratico.
Allora ecco il motivo della “mano longa” e del “grande vecchio”, perché noi umani abbiamo necessità di spiegare gli avvenimenti del mondo con nome e cognome, visi, pensieri ed azioni: una identità, proprio come nel tempo del mito bisogna incorporare i tuoni e i fulmini e la potenza del mare negli dei. Dietro un nome di una società per azioni, di un ente pubblico, diventa difficile a volte difficile sapere chi decide realmente
Il mondo identificativo, non esiste più oggi. Oggi siamo una partita iva, password, nickname, matricole e costi e una “risorsa” con codice(item) come una materia prima qualsiasi e tanti auguri a cercarci una identità in questo sistema Ma il modello funziona……dicono i privilegiati di questo sistema che vincono solo per rapporto di forza, sono mediologicamente presenti, chi si oppone a questa cultura dominante ha problemi di “visibilità”, è boicottato….e allora avanti; hanno postulato un modello, messo un pilota automatico a guidarlo: su quale rotta?


A me non piace dare giudizi e dire agli altri cosa e come devono scrivere ci sono i moderatori a compiere questo difficile lavoro: ho la legge morale dentro di me(Kant)che mi dice rispetta chi ti rispetta. Il mio nome continua ad essere “Nessuno” e sono fuori dal branco di Von Hayek e soprattutto sono qui umilmente a confrontare i miei pensieri con voi tutti per migliorarmi e a mia volta spero di contraccambiare.

Con rispettosi saluti
paul11 is offline  
Vecchio 11-01-2013, 16.50.16   #24
La_viandante
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Io credo che quello che trasforma i valori dello spirito in strumentali ed utilitaristici non sia il valore economico. Ma sia, come dice Severino, quella destrutturazione radicale che il pensiero moderno ha operato nei confronti del valore dello spirito.
Ma il valore dello spirito è davvero stato destrutturato, o piuttosto è stato accantonato, messo da parte senza che vi sia stata attenta disamina e sconfessione? I recinti posti attorno ad esso, dogmi religiosi, costruzioni teologiche, son caduti uno a uno al progredire della conoscenza, l'oscurità si è dissolta ai lumi della ragione senza che il nucleo fondamentale (lo spirito) che ad essi dava origine sia stato minimamente intaccato. Il peccato originale dal quale dobbiamo essere salvati non può più riguardare la colpa di Adamo ed Eva perché i nostri lontani antenati si perdono nella notte evolutiva dei tempi, l'uomo non è più il centro del mondo come creazione divina né dell'universo che s'immaginava gli ruotasse attorno. Tutto l'impianto teologico è collassato ma resta in piedi il profondo bisogno umano che lo originava. Nel corso degli ultimi secoli si è affermato sempre più l'aspetto materialistico della vita, e lo spirito individuale e collettivo è stato relegato alla sfera psicologica e sociologica. Nonostante il progredire delle nostre conoscenze del funzionamento della mente, come fai notare aumentano le dipendenze da alcool, droga, lavoro, gioco d'azzardo, psicofarmaci. (Proprio oggi Galimberti era in tv da Augias a parlare del suo libro e di come la religione cristiana, con i suoi riti inefficaci non riesca più a contenere la follia umana)
Citazione:
Il valore dello spirito si dà un fine; uno scopo ultimo; in definiva
una verità "assoluta": è questa verità che oggi viene a mancare.
E se non esiste una verità qualsiasi cosa va bene (purchè "efficace"); "qualsiasi fosso può essere saltato" (così si esprime Severino).

E' vero, la razionalità e la scienza han spazzato via la teleologia dall'evoluzione, dal nostro essere al mondo, e la verità forse l'abbiamo creduta assoluta in passato, ma non possiamo, non siamo ingrado di conoscerla. Come se ne esce?
Citazione:
Io non trovo che il valore economico abbia un tale "potere". "Economia" significa ordine; regolarità. Essa
si concretizza nella realizzazione del massimo risultato con il minimo sforzo
Se per economia intendiamo questo che dici , che poi è la definizione che Galimberti dà di tecnica, allora non posso che convenire anche io, resta un mezzo. Della tecnica si può fare a meno, ma del denaro no, non si può fare a meno. Anche a fare una scelta di vita drastica come il clochard si ha sempre bisogno di denaro.
Quello che io intendo per economia è il mercato e la finanza, dove il guadagno è l'unico fine, la produzione spreme gli esseri umani, questi sì ora solo ingranaggi, l'uomo serve a far funzionare questa macchina.
Citazione:
un saluto (leggo sempre volentieri quanto scrivi, e ti apprezzo sinceramente)
Mi fa davvero piacere, io però preferisco di gran lunga quello che scrivi tu, avessi almeno un terzo della cultura che hai tu.
La_viandante is offline  
Vecchio 11-01-2013, 21.25.48   #25
0xdeadbeef
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Caro Leibnicht
Intanto, devo dire che le prime parole della tua risposta (non i complimenti a me diretti, dei quali comunque
ti ringrazio) ti rendono davvero onore. E dimostrano la persona che sicuramente "sei"; anche in altri ambiti
che non sono quelli delle discussioni filosofiche.
Ho pensato piuttosto a lungo se usare quel termine ("ingenuità"). Perchè, credimi, il rispetto che ho per
qualsiasi persona che, come te o Paul11, "pensa" (e, nel vostro caso, pensa profondamente) mi impedisce di
fare o di dire alcunchè che possa, anche minimamente, ferire.
Alla fine ho deciso di usarlo; e sia perchè, come dicevo, la filosofia mi impone di dire sempre la "verità",
sia perchè mi siete subito sembrati entrambi perfettamente in grado di comprendere e di scusare quel termine.
Devo dire che, almeno nel tuo caso (ma sono sicuro anche nel caso di Paul11), avevo visto giusto: la tua
risposta è da filosofo e, forse soprattutto, da uomo vero. Complimenti.
Dunque, "ingenuus", cioè "nato libero"; nato libero, io penso, soprattutto dal "pensar male".
Io, devo dirti, sono uno di quelli che "pensano male" (forse l'origine contadina; forse la mia terra; che è
terra di persone diffidenti). D'altronde, non che l'ingenuità, come ben sottolinei, debba necessariamente rifersi
ad una qualità negativa (considero ingenuo lo stesso Von Hayek, e pur essendone grande ammiratore - nonchè
grande contestatore).
E però, come diceva Andreotti: "a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca".
Nel nostro caso specifico, io credo che l'ingenuità consista nel non vedere la contraddizione sottesa alla presunta
"reductio ad unum" dei termini "fine" e "mezzo".
Una contraddizione, beninteso, della quale non sembrano essere consapevoli neppure i più brillanti pensatori di
scuola liberale anglosassone; ma della quale gli uomini di potere (che "pensano male" praticamente ad ogni
latitudine ed ad ogni longitudine) hanno prontamente approfittato (a proposito di classicismo: non dimenticare
che il Diritto Romano -così sostiene Guido Rossi- nasce dal ratto delle Sabine e dall'uccisione del "filosofo"
Remo per mano dello sgherro di Romolo chiamato, e forse non a caso, "Celer").
In cosa consiste tale contraddizione? Essenzialmente consiste nell'indebita estensione dei concetti scientifici
ad ogni ambito dell'umano vivere. E siccome la scienza altro non è se non un "mezzo" (il programma di ricerca
scientifico, dice Feyerabend, viene intrapreso per un ben preciso interesse - la scienza, e a differenza
della filosofia, è "utile"), ecco l'indistinzione oggi creatasi fra mezzo e fine. Con la proclamata insignificanza
dei due termini.
Il fine tuttavia sussiste, perchè non può non sussistere. E di conseguenza sussiste anche il mezzo.
Tutto questo vuol dire che la "tecnica" mantiene indissolubilmente il suo carattere di strumento. Ma, essendo
la "tecnica" null'altro che il mezzo atto a raggiungere un fine prestabilito (questo fine può essere anche
inconscio o malcompreso, come nella definizione di Severino), anch'essa è pre-stabilita.
Nelle faccende che riguardano il potere sotto uno dei suoi aspetti (mi riferisco al mantenimento; l'altro è
la conquista), la tecnica prestabilita è velata e raffinatissima (non a caso gli animali che simboleggiano
il potere sono il leone e la volpe), e consiste sostanzialmente nel pieno sfruttamento di questa nuova
"weltanschauung", che ripudia il valore dello spirito (quel qualcosa che si dà inconfondibilmente ed
esplicitamente un fine) per il valore della "macchina", che apparentemente non ha un fine.
Il successivo passaggio è quello che consiste nell'obliare il proprio fine (e di conseguenza il mezzo); un fine
ideologicamente dato.
Con profonda e sincera stima
mauro
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Vecchio 11-01-2013, 22.08.04   #26
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@ Paul11
Credo sia inutile che io ti risponda sulle questioni filosofiche. D'altronde, puoi leggere quanto da me scritto
in risposta a Leibnicht (se avessi letto in tempo questa tua, avrei intitolato quella risposta ad entrambi).
Ti dirò invece sulla questione che ritengo più importante (ben più importante), e continuerò a dire la verità.
Sono enormemente dispiaciuto che tu te la sia presa a male (questo è ciò che percepisco). Non ti dirò che non
era mia intenzione essere maleducato o banalità simili, che offenderebbero la tua intelligenza.
Ho usato un termine (che ho usato anche nei riguardi di Leibnicht), "ingenuo", dopo lunga riflessione. E l'ho
usato perchè speravo, e credevo, che fosse accettato come, diciamo, una piccola ed innocua provocazione. Insomma:
sperando che desse solo un pò di "brio" alla discussione, tutto qui.
E' inutile che io dica che la mia stima nei tuoi confronti (come più volte ti ho espresso) è immutata. E spero
che questo, per me, piccolo incidente di percorso non mi privi, in futuro, del dialogo con una persona acuta ed
intelligente quale tu sei senza alcun dubbio.
Aggiungere altro sarebbe, forse, retorico: ti chiedo solo di scusarmi, visto che ho sottovalutato il fatto
che persone diverse possono avere sensibilità diverse.
mauro
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Vecchio 11-01-2013, 22.17.21   #27
Tempo2011
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
La_viandante

Nonostante il progredire delle nostre conoscenze del funzionamento della mente, come fai notare, aumentano le dipendenze da alcool, droga, lavoro, gioco d'azzardo, psicofarmaci. (Proprio oggi Galimberti era in TV, da Augias, a parlare del suo libro e di come la religione cristiana, con i suoi riti inefficaci non riesca più a contenere la follia umana)

E' vero, la razionalità e la scienza han spazzato via la teleologia dall'evoluzione, dal nostro essere al mondo, e la verità forse l'abbiamo creduta assoluta in passato, ma non possiamo, non siamo in grado di conoscerla. Come se ne esce?
Per alcune centinaia di anni, quando il compito dei Gesuiti era di adattare la religione al cambiamento delle società, questa ha svolto egregiamente il suo compito di supporto all'alienazione umana, ma poi gli stessi hanno fatto altre scelte, prendendo la strada dell'insegnamento; ma forse perché, ci si rese conto che, contro la razionalità e la scienza, i loro cambiamenti di adattamento sarebbero stati, comunque, inefficaci. Per uscirne? Secondo me bisognerà avere tanta pazienza, affinché non sia la scienza stessa a indicarci il significato del nostro esistere su questa terra. Se non altro, è un suo dovere, poiché ci ha distrutto il massimo sistema che ci indicava un percorso escatologico; ovvero: dall'inizio alla fine.
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Vecchio 12-01-2013, 12.46.55   #28
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Per alcune centinaia di anni, quando il compito dei Gesuiti era di adattare la religione al cambiamento delle società, questa ha svolto egregiamente il suo compito di supporto all'alienazione umana, ma poi gli stessi hanno fatto altre scelte, prendendo la strada dell'insegnamento; ma forse perché, ci si rese conto che, contro la razionalità e la scienza, i loro cambiamenti di adattamento sarebbero stati, comunque, inefficaci. Per uscirne? Secondo me bisognerà avere tanta pazienza, affinché non sia la scienza stessa a indicarci il significato del nostro esistere su questa terra. Se non altro, è un suo dovere, poiché ci ha distrutto il massimo sistema che ci indicava un percorso escatologico; ovvero: dall'inizio alla fine.
Sono abbastanza scettica sulla possibilità della scienza di dare risposte alle domande di senso, fine, della vita umana, o meglio queste non sono questioni propriamente scientifiche, nemmeno la religione lo ha mai fatto, la filosofia ci prova, con scarsi risultati fino ad ora, ma non si sa mai .. l'uomo sa sempre anche superare se stesso .. chissà l'ingegno umano dove saprà e potrà approdare
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Vecchio 12-01-2013, 16.40.19   #29
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

@La_viandante

a riguardo del tuo ultimo post: condivido il tuo scetticismo, che eleverei anche a sicurezza: la scienza non può rispondere alle domande sul senso perché la natura ne manca e per cui studiandola, certo non emergerà una risposta. Ciò significa, per proprietà transitiva, che ne manca anche la vita umana ( almeno a monte del problema ). perciò il senso non è questione della scienza ma semmai dell'arte che non lo trova ma piuttosto lo crea, lo tira fuori dal nulla. Anche la filosofia non può trovare il senso ma piuttosto chiarirne la definizione, o sviluppare un sistema all'interno del quale la creazione risulta più spontanea/facile. Chiedere alla scienza di trovare il senso della vita sarebbe pressapoco come chiederle di trovare un certo gatto nera in una stanza buia... che non c'è: allora andrebbe inventato! ma questo non è compito della scienza: purtroppo ( o per fortuna ). Avrei decisamente paura del contrario in fondo, se anche il senso della vita venisse uniformato al millimetro in base ad una legge economica ( massimizzante il profitto ), dubito che per l'individuo ci sarebbe ancora posto a questo mondo. Perciò è forse meglio che continui ad essere affare dell'arte, dove nessuno capisce a fondo ciò di cui parla e si esprime con la vaghezza tipica della materia: se ciò non è chiarificatore è perlomeno favorente la meditazione e di conseguenza anche l'identità individuale.
Per il resto volevo fare i miei complimenti ai partecipanti della discussione perché l'argomento sta al crocevia della contemporaneità e ne decide, indirettamente, il senso, anche se non avendola ancora letta tutta aspetterò per dire la mia :P ma da quel che ho letto c'è molta carne pertinente al fuoco!
Soren is offline  
Vecchio 12-01-2013, 17.01.32   #30
green&grey pocket
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Buongiorno a tutti, già ho partecipato come baol, brevemente, ma ho perso tutte le password...

scusate la prolissità volevo rispondere a tutti e magari se ancora siete in linea ottenere qualche risposta.

Citazione:
bobgo:
Ossia che la Ragione è molto più ampia della Razionalità, che gli istinti altro non sono che un prodotto della Razionalità stessa .

Mi interessa molto questa considerazione, se l'utente è ancora in linea vorrei chiedergli come intende argomentare questa posizione relativamente alle pulsioni sessuali, come farebbero a essere il prodotto automatico della ripetizione di regole razionali?

Mi viene il sospetto che intende la ragione come un il logos di eraclitea memoria, o anche lo spirito hegeliano.
In questo caso soprassiedo, perché ho deciso di limitarmi solo a considerazioni e non a tecnicismi.

Se invece è qualche idea nuova attendo con impazienza.

Citazione:
La_viandante
Scienza e tecnica, inserite in un mercato globalizzato, non hanno un fine, semplicemente funzionano e l'uomo è sua funzione, trattato come un mezzo, non un fine, come auspicherebbe Kant, in Fondazione della metafisica dei costumi.

ti correggo per galinberti e per severino la tecnica ha un fine
e si tratta della necessità di trovare un modus essendi che ne permetta la moltiplicazione in atto ad infinitum.
È quello che marx chiamava feticismo delle merci, il riscontro psicologico risulta nella alienazione freudiana o nella paranoia junghiana, entrambe malattie che contravvengono alla ricerca della felicità sia personnale che sociale.
Non c'è quindi a mio avviso un vero scontro, se non di valutazione etica (non conosco il giudizio di merito di macluhan).
Se la tecnica fosse come un nemico distinto da combattere allora converrei con te, ma è molto lontano da quel che intende galinberti e in generale tutto quel movimento di antropologia umanista all'inizio del '900.

Comunque a parte queste precisazioni sono in linea di massima d'accordo con la tua posizione.

Citazione:
cvc
Credo che Galimberti, psicologo junghiano, abbia identificato nella tecnica un nuovo archetipo: quello dell'efficienza .

No nessun archetipo per la tecnica, in quanto l'archetipo è sostanzialmente una entità spirituale con capacità materializzanti almeno per Jung. La tecnica come ripeto non è una cosa a sé stante, è solo uno strumento, è il meccanismo che scatena il problema.

Sono per altro d'accordo, come già con paul prima d'altronde, sullo spostare il problema all'eticità se non la moralità dell'utilizzo di quello sapere e dei suoi strumenti.


Citazione:
mauro:
la tecnica è certamente in sè neutra, ci mancherebbe. Ma affermare che il "fine", cui il mezzo della tecnica
dovrebbe condurci, è in mano al potere finanziario ed economico mi pare una forzatura.

Sì è una forzatura dovuta ad una cattiva lettura.

Citazione:
La viandante:
Nonostante abbia focalizzato il quesito sulle opinioni da me non condivise di U. Galimberti,

vedrai che quando troverai il tempo di legger psiche e tecnè cambierai idea. , lo hai solo mal inteso.

Citazione:
La viandante:
E qui, a parer mio sbaglia, se pure il ragionamento appare logico, in realtà la tecnica non è oggi quella condizione universale, così come il denaro, per pervenire ad ogni altra cosa. Prova ne è che Galimberti ad essa imputa quella colpa di non svelare verità, di non rispondere alle domande di senso, salvezza, redenzione, semplicemente funziona.


Sicuramente in questo punto potresti anche aver ragione, ma poi dovresti cercare di rispondere ai quesiti stessi che ti pone la vita quotidiana, in cui la ricerca di soldi, di casa, di oggetti in generale è un fenomeno difficilmente negabile.

I nemici di Severino sostengono che non sono quesiti, potrebbe anche essere la tua risposta, se non fosse che poi moralmente e prendendo il problema alle spalle, e spendendo magari il doppio in tempo e sforzo intellettuale, e con probabile disilllusione annessa con la politica (quella vera dico) si ritroverà necessariamente di fronte a quegli stessi quesiti.
Certo chiamarli universali è una forzatura (e qui posso anche essere d'accordo) ma si avvicinano pericolosamente al cuore del problema del nostro agire,


Citazione:
leibnicht :
Il mio pensiero, in grande sintesi, è il seguente. Categorie come quelle di "mezzo" e "fine" hanno perso qualsiasi significato come concetti atti ad interpretare il mondo contemporaneo nel suo complesso.
In modo particolare ed ancora più evidente essi sono inutilizzabili per descrivere qualsiasi relazione intercorrente oggi tra l'uomo e la tecnica.



Condivido alla lettera la tua descrizione del rapporto strumento-ricercato, e anche la tua brillante analisi riguardo l'inutilità del mezzo e del fine come categorie sociologiche di dibattito.

Ma il tutto andrebbe piuttosto riconsiderato al netto del prodotto(nota bene!) che la tecnica propone come elemento nel dibattito di tutte le scienze umane.
E l'influsso come decritto da galimberti (ancora in lettura) è tutt'altro che secondario.
Ed è quello che vari utenti hanno già descritto come mancanza di eticità e scompensi psichici.

Citazione:
Tempo2011
Per la verità, fino ad oggi, non mi risulta che si sia applicata una tecnica che abbia sorpreso l'uomo oltre la sua sperimentazione; di fatto, per quanto complessa sia, non potrà mai superare la comprensione dell'uomo che l'ha costruita, poiché, al massimo, avrà i limiti dell'uomo stesso. Di là di questo concetto, non staremmo parlando più di tecnica, ma di entità che possono sopravvivere al di fuori dell'intervento umano; ma allora sarebbe un'altra intelligenza indipendente.


Riguardati bene cosa scrive leibnicht e pensa anche all'esempio della velocità della luce, non si tratta di cattivo calcolo ma di
un range di interrelazioni che debbano rispondere di una componente forte (calcolata mica interpretata) .


Citazione:
la viandante
Ma la macchina che osserva, rileva, non restituisce dati infine osservati dall'uomo?
Si ma sono dati numerici che solo la macchina può fornire.
Stiamo contemplando un vero e proprio modello platonico (non che prima fosse poi tanto diverso aggiungo io).


Citazione:
Leibnicht :
Esistono parametri e criteri metodologici che sono stati "ammessi" dalla comunità scientifica a legittimare i protocolli di qualsiasi ricerca. Questi parametri e questi criteri conseguono al processo selettivo che, nel tempo, li ha imposti come "maggiormente affidabili" in ragione del miglior rapporto possibile tra costi e risultati attesi.
Questo perchè la ricerca comporta spese enormi ed è cosa buona e giusta individuare a priori "come" ridurre al minimo il "rumore di fondo" dell'inutile, del velleitario e del ridondante.

Sono d'accordo sul nocciolo del problema da te sollevato e trovo giusto il metodo dell'argomentazione a cui gli altri utenti dovrebbero tentare di rispondere, ma sono in disaccordo sulla modalità del processo selettivo, che non avviene certo per meriti scientifici o di costo-spesa (l'energia solare è già pronta dagli anni '80 per esempio!!!).
La verità è che anche nel mondo scientifico le polemiche sono sempre all'ordine del giorno e il numero dei defenestrati per motivazioni politiche è sempre presente.
Anche a livello teorico poi il metodo popperiano è buono solo a parole, ma nei fatti avviene sempre il contrario.
Ho ascoltato alcune conferenze scientifiche che lo davano come conosciuto il problema della teoria dominante, Feyerabend dovrebbe (non l'ho mai letto) confermarlo argomentativamente.

Citazione:
Leibnicht
Ma l'uomo che sottoscrive, pubblicandola, i risultati di un lavoro di ricerca è assai più un notaio che non uno scienziato.
Questa è la realtà: può piacere o dispiacere oppure spiacere, ma le cose stanno così.

Assolutamente d'accordo.(quale che sia il modello selettivo)

Citazione:
mauro:
Il fine tuttavia sussiste, perchè non può non sussistere. E di conseguenza sussiste anche il mezzo.
Tutto questo vuol dire che la "tecnica" mantiene indissolubilmente il suo carattere di strumento. Ma, essendo
la "tecnica" null'altro che il mezzo atto a raggiungere un fine prestabilito (questo fine può essere anche
inconscio o malcompreso, come nella definizione di Severino), anch'essa è pre-stabilita

no! vedo che questo errore continua a sussistere: il fine non è inconscio o malcompreso, quella è la direzione (che molti si illudono illuministicamente ad infinitum ) al massimo degli effetti del prodotto.
Il fine ripeto è l'instaurazione di un modello di auto-replicazione all'infinito del modello progressivo di auto-accumulazione: alias noto come fenomeno capitalista in campo economico, globalizzante e consumista in ambito sociologico e alienante in campo psicologico.(molto dozzinalmente e forzatamente)
La critica più valida a chi fa di queste argomentazioni è il valore universale che si pensa di regalargli, dimenticando tutta la dimensione edonistica e di piacere e quindi perché no di felicità a cui si ispira la filosofia neo-liberale e neo-liberal (ho detto filosofia mi raccomando non politica!).
Entrambi dimenticano spesso la dimensione complessa del problema. (e infatti oggi si parla di filosofia della complessità o strutturalismo che dir si voglia)
green&grey pocket is offline  

 



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