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17-10-2012, 16.41.59 | #132 | |||||
Ospite abituale
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Citazione:
Nell’esserci compare solo ciò che è oggetto. L’esserci è scissione soggetto-oggetto. Mi sembra che stiamo girando a vuoto... Citazione:
Che poi lo stupore possa essere “esperito” ma non l’orrore o il Nulla… donde nasce questo a mio parere strano convincimento? Forse da chi ha solo provato stupore ma non orrore? Però qui dici: Citazione:
In sostanza, tu affermi di conoscere la Verità! Andando oltre la filosofia, sveli il mistero. Se così è, non posso che prenderne atto. Perché il tuo mondo è, e deve essere, sacro e inviolabile. Da parte mia, rimango con le mie esperienze d’infinite possibilità, di felicità e anche… di orrore per il possibile Nulla assoluto. Che non sono “concetti”, ma semplici esperienze, e perciò sempre opinabili nella loro supposta “verità”. Poiché non possiedo la Verità e non voglio ingannarmi, resto nella filosofia, ogni volta rigenerata da ciò che spero di cogliere dalle situazioni-limite. |
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17-10-2012, 20.55.47 | #133 | ||||
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Perché senti che stiamo "girando a vuoto" ?
Quando esiste l'interesse per un confronto approfondito del proprio pensiero non è "girare a vuoto". Certo richiede più impegno che non il lasciare il nostro pensiero fra i tanti. Uno o più scritti non sempre sono esaustivi e non sempre sono sufficienti per comprendersi e confrontarsi realmente col pensiero dell'altro, oltre il fatto che spesso il confronto approfondito può portare uno sviluppo progressivo nella qualità di indagine di entrambi i pensieri. Ma questa ricerca deve sentirsi da ambo le parti naturalmente pertanto non insisto. Ti faccio solo notare che non è così trasparente il perché mai secondo il tuo pensiero in questo mondo (in ciò che chiami esserci) esistano solo oggetti. Al massimo comprenderei meglio chi affermasse che esistono solo interpretazioni (introspettive e rivolte verso l'esterno). Che tu o la mente dell'uomo colga la realtà attraverso la scissione io-altro ovvero soggetto-oggetto non significa né implica inderogabilmente che quell'oggetto (che compare anche come soggetto) sia realtà limitata né che la conoscenza che ne posso fare sia limitata in quanto colta come altro-da-me. Tutto qui quello che cercavo di chiarire. Oltre tutto sembrerebbe da ciò che ancora rimarchi che tu stesso, la tua interiorità, sia in questo mondo da te intesa e vissuta inderogabilmente come oggetto finito.. cosa non tanto in linea con ciò che affermi al contempo secondo cui, sempre quel 'te stesso' fa comunque esperienza di una realtà esistente qualitativamente differente, che chiami "essere e non esserci", seppure sperimentata in ciò che individui come punto-limite. Citazione:
No, non voglio stabilire proprio niente per nessuno, sono qui per un confronto se e quando è serenamente cercato. Ho detto "stupore" ed anche "senso di potenza" perché mi sono parsi i due termini nel contesto più vicini ad un sentire immediato il meno filtrato possibile col mondo delle interpretazioni del pensiero. Ed a questo punto per precisione leverei "senso di potenza" avvicinandosi quest'ultimo ad una interpretazione mentale tanto quanto il sentimento della paura o dell'orrore. Citazione:
In sostanza io affermo di conoscere.. ciò che io penso e/o di cui ho esperienza personale. E non la sciroppo affatto per verità intoccabile. Sennò non cercherei il confronto e l'indagine approfondita con l'altrui. Ma ho l'imperdonabile pretesa che mi si argomentino le contestazioni che man mano sorgono (e si spera sorgano) nello sviluppo del confronto. Citazione:
Non ho messo in dubbio che tu l'abbia sperimentate. Ho voluto solo evidenziare che provare orrore (o profondo piacere) implica un ben determinato mondo mentale interpretativo e di finalità. "Stupore" l'ho trovato un pelo più scevro da interpretazioni; posso essere "sorpresa" nel bene e nel male, ma il primo sentimento di fronte ad un'esperienza per me inconsueta è quello della "sorpresa". Certo che anche il sentimento di "sorpresa" a sua volta implica la conoscenza mentale del consueto e dell'inconsueto. Citazione:
Bene, mi sembra ottimo procedere tramite esperienza vagliata. Quindi anche tu attraverso l'esperienza interiore cerchi di giungere ad una coerente lettura filosofica relativa a quella tua esperienza. Non vedo perciò malvagio il fatto di tenere conto in questo sperimentare del ruolo principale che ha la capacità interpretativa risultato della modalità della nostra mente, secondo ciò che a questa mente (inderogabilmente) consentiamo e secondo ciò che di questa mente conosciamo. -------------------------------------------------- Sintesi: Se affermiamo esista un "x" di cui possiamo comunque fare un minimo conoscenza significa che quel "x" non trascende noi e che ciò che andremo a conoscere di quella "x" sarà inderogabilmente ciò che di "x" possiamo conoscere, seppure l' "x" obbligatoriamente in rapporto a noi ed alla conoscenza di noi medesimi. Ma da qui ad affermare che sia impossibile conoscere "il vero x" perché la conoscenza implica il rapporto significa affermare: 1) che esiste "il vero x" solo se con questo non giungiamo a rapportarci, il ché comporta: a) che siamo lui. Ma se le cose stanno così allora se siamo lui lo siamo di già (anche ora) e quindi lo conosciamo benissimo; oppure se non siamo lui non possiamo né potremmo mai farne conoscenza, nemmeno nei punti-limite. b) che non siamo lui. Ma in tal caso "il vero x" non può essere Dio perché esiste una realtà aggiunta che non lo comprende: noi. Cosa impossibile, se per Dio intendiamo un essere privo di limiti. 2) oppure che "il vero x" nel rapportarsi muta realmente di identità e non esattamente come io sostengo che è la nostra conoscenza relativa a noi stessi a farci mutare l'immagine percepita di quella identità del "vero x". Ultima modifica di gyta : 17-10-2012 alle ore 23.21.21. Motivo: Aggiunta sintesi |
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20-10-2012, 16.45.36 | #134 | |
Ospite
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Citazione:
Hai fatto una bella sintesi, sono convinto che il dominio prevalente non è dell'ordine, ma del caos ricorrente, nel macrocosmo e nel microcosmo, avviene tutto ed il contrario di tutto con delle persistenze che chiamiamo leggi immutabil, visibili in campi ristretti. L'entropia che ci da la morte ed il cambiamento sono l'eradità del caso e del caos. Nonstante tutto riusciamo a vivere a volte bene ed a volte male per un po di anni ed anche questo voluto dal buon dio che prima o poi ci ama, anzi ci uccide tutti. Non è più modesto dire, non affermare, che sappiamo un po di cose o tante e per il resto ci asteniamo e solo facciamo congetture? OM |
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20-10-2012, 20.53.59 | #135 | |
Ospite
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Citazione:
Connesso con l'immagine di Dio, di cui molto piacevolmente ho letto il pro e contro, voglio recuperare una idea, non mia originale, ma che mi ha fatto pensare molto:è possibile che l'esistenza di Gesù Cristo. sia soltanto una leggenda? E prego i credenti di non ofefndersi. E' una congettura, nemmeno una ipotesi o teoria. A parte tutte le traduzioni dei due nomi che ne danno dei valori, sembra che sia i consoli che i capitani romani erano tenuti a tenere rigoronti resoconti dell'accaduto da inviare a Roma e che i rabbini avevano la stassa pratica. Tracce di una figura significativa e di grande impatto come viene descritta non si trovano nell'intorno temporale descritto. Come mai? Solo dopo anni emergono le figure di un gruppetto di ribelli uniti intorno ad un personaggio che viene giustiziato con la pena caratteristica da comminare ai ribelli che erano puniti allo stesso modo a centinaia in quel tempo di rivolte contro l'oppressore romano. Anche i rabbini dovevano controllare i riottosi che non sopportavano le rigide regole della loro teologia- Solo dopo anni, dei dubbi personaggi, come Paolo di Tarso, poi santificato, adottarono lo strumento di un personaggio emblematico per assuere potere personale e pure Costantino dette libertà di culto ai Cristiani forse per avere braccia che impugnassero spade contro i suoi oppositori a Roma. L'idea che Cristo proponesse eguaglianza tra Dio e gli uomini come dice il Vangelo Giovanni 10.34 "Dio è in ognuno di voi e lo dice la Bibbia" (lo si legge nelsalmo 82) è democratica, libertaria, rivoluzionaria e molto bella, di rispetto reciproco e di amore. Teniamoci questo, che emerge già dalla cultura Pesiana Mazdea da mille anni prima: Retto pensiero, retta parola, retta azione. Per mio conto, pur ritenendo tutto quanto concerne religioni e fede fuori da un ragionamento serio e razionale, sostanzialmente superstizioso, un pensiero definito Cristico per la leggenda che ritengo foriera di pensiero positivo sostenibile può essere sostenuto e praticato. Il pensiero e non l'immagine. Negli anni 80 c'era a milano in via del Bollo in centro una chiesa di cristo assolutamente staccata dal Vaticano. Un personaggio invece storico, al quale mi ispiro è Francesco d'Assisi. Che ne pensate? OM Ultima modifica di matasilogo : 20-10-2012 alle ore 22.50.38. |
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20-10-2012, 23.25.46 | #136 | |||||
Ospite abituale
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Cara Gyta, secondo me due sono le direzioni lungo le quali ci si avvia quando non si riesce a reggere la tensione dell’originaria scissione soggetto-oggetto.
Una va verso l’assolutizzazione dell’oggetto, l’altra favorisce viceversa il soggetto. Entrambe possono dare molta soddisfazione, ma, a mio parere, non possono che naufragare. Perché la scissione non può essere risolta, essendo la condizione necessaria dell’esserci. Noi siamo esserci. Citazione:
Tutto quello che c’è, c’è in quanto oggetto per il soggetto. Il termine “interpretazione”, viceversa falsa a mio parere la situazione. Perché riconduce all’ambito mentale, mentre l’oggetto prescinde dal mentale o fisico, in quanto è semplicemente “altro” rispetto al soggetto. L’interpretazione limita l’ambito dell’esserci alla mente, escludendo il mondo fisico considerato “arbitrariamente” esistente solo perché interpretabile. Inoltre essa consiste in un’elaborazione, che si fonda sull’universale, di modo che le è irraggiungibile il particolare. Perché il particolare non è mai “finito”, essendo unico e irripetibile ( non uno dei tanti). Il “finito” non è che l’illusione che deriva dall’universale. L’interpretazione è un’attività basilare, sempre da tener presente, ma come limite del comprendere, non come ciò che c’é. Infine, l’esperienza non è interpretazione, ma solo lo diventa… dopo. Perché l’esperienza viene prima di qualsiasi sua interpretazione. E’ solo nel ricordo, che l’esperienza appare come interpretazione, ma nell’istante presente essa è puro esserci. Citazione:
Ciò che osservo è sempre altro da me, al punto… che io, come identità, potrei essere un'autoillusione. Citazione:
Partendo da ciò che risulta essere la caratteristica fondamentale dell’esserci, ossia la scissione originaria soggetto-oggetto, non ritengo vi sia una sostanziale differenza tra mondo mentale e mondo fisico. Perché entrambi nell’esserci sono oggetto. Inoltre, qualsiasi costruzione mentale è tanto più “vera” quanto più è corroborata dall’esperienza nel mondo fisico. Anche l’amore, per esempio, è tanto più “reale” quanto più si fonda sull’oggetto fisico. Chi ama l'umanità, o Dio, ma neppure un singolo uomo nella sua irripetibilità non ama nessuno. Ciò che contraddistingue me stesso, non è perciò il pensiero o il sentimento, perché essi sono solo oggetti di cui posso eventualmente disporre, ma non sono me stesso! Inoltre essi sono “veri” solo perché relazionati al mondo fisico. L’ipotesi poi che il mondo fisico sia una costruzione mentale non cambia la sostanza. Perché l’esserci è comunque soggetto-oggetto con l’oggetto che appare come mentale o come fisico. Di modo che, senza un riferimento alla Trascendenza il soggetto è il semplice riflesso di ciò che è altro da lui. Ho bisogno della Trascendenza, perché ciò che mi fa essere “esistenza” è solo la libertà. Io, soggetto, sono in quanto libertà! E poiché la libertà non c’è, nell’esserci, sono libero solo nel mio slancio verso il trascendente. Libertà impossibile, nell’esserci, e proprio per questo lo slancio esistenziale, per affermarsi, attraverso la libertà spezza l’esserci. Esistenza e libertà sono un tutt’uno. Citazione:
Essere “toccati” dalla situazione-limite prescinde dall’interpretazione, perché evento impensabile. Solo dopo, si cerca di pensarlo, e allora lo si interpreta… ma è già perduto. Citazione:
Tuttavia, qui non stiamo trattando un “qualcosa” ma Dio. Per il qualcosa vale il principio d’identità: A = A, ma è arbitrario supporre che questo principio debba valere anche per l’Assoluto. Anche perché… questo principio non vale neppure per l’esserci in quanto tale! Interrogandoci infatti circa la Totalità, facciamo un errore considerandola un “qualcosa”. Il Tutto non è un qualcosa! Solo ipotizzando un impossibile soggetto che osservi dal di fuori la scissione soggetto-oggetto nella sua totalità, potremmo affermare che tale scissione (esserci) è un qualcosa. Ci immaginiamo cioè di uscire dall’esserci pur rimanendoci… illusione. Se il Tutto non è un qualcosa, non è nemmeno un essere. Anche l’Infinito è in realtà inconcepibile. Noi magari lo trattiamo come un qualcosa, ma non lo è. Di modo che non ha senso, a mio avviso, affermare che cose finite stiano all’interno di un contenitore infinito. Ultima modifica di bobgo : 21-10-2012 alle ore 17.33.15. |
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22-10-2012, 07.58.10 | #137 | |
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Citazione:
Appare un pò strano come un ebreo osservante, quali in effetti pare sia stato Gesù, avrebbe sentito la necessità di fondare una religione in contrapposizione a quella cui si era sempre mostrato fedele. E non è nemmeno di facile comprensione il culto di un Dio che manda sulla terra suo figlio per farlo flagellare dall'uomo, ed inoltre che il flagellamento del figlio da parte dell'uomo sia l'unico modo per riconciliare Dio e l'uomo. Ma un aspetto che meriterebbe particolare attenzione è il concetto di anima, per nulla presente nella cultura ebraica e di fatto ereditato in tutto e per tutto dalla cultura greca. La chiesa aborre ogni confronto fra il Cristo storico e quello delle scritture, perchè teme di perdere il proprio potere. Io invece trovo che sarebbe di importanza vitale, per lo stesso cristianesimo, una reinterpretazione della genealogia del cristianesimo. Si dovrà pure ammettere per esempio, che questo colossale fenomeno culturale non può essere unicamente figlio della folgorazione sulla via di Damasco, ma che sia più verosimilmente una miscela di ebraismo, cultura greca, megalomania e crudeltà romane. Dico questo non per distruggere il cristianesimo, al contrario, proprio perchè penso che sia uno straordinario veicolo di valori umani, morali, spirituali, penso che per sopravvivere abbia bisogno di confontarsi con l'analisi storica per riguadagnare una coerenza con i tempi attuali. Finchè continuerà a rifiutare questo confronto continuerà ad attirare i sospetti di chi vuole conciliare cristianesimo e coerenza. |
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22-10-2012, 10.01.55 | #138 | |
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Citazione:
Benvenuto metasilogo. Sarò telegrafico, per non uscire dalla discussione, sulle prove storiche di Gesù Cristo. Sono stati scritti fiumi di inchiostro e mi sono fatto un' idea di chi seriamente cerca attraverso esegesi ed ermeneutica "le chiavi" di lettura sui testi antichi e sulle antiche culture. Sono state trasmesse anche interpolazioni e interpretazioni da parte di tutte le culture sugli antichi testi (compreso i vedici)lo trovo un dato di fatto, ma ci sono anche speculatori che da questo ne approfittano per dire il contrario di tutto per far soldi con libri e diritti e questo alimenta confusione invece di contribuire a chiarire. Ma è solo il mio parere e io sono Nessuno ,uno che cerca e si cerca. Questi sono i testi storici su Gesù Cristo. -negli Annali di Cornelio Tacito -nelle lettere di Plinio il Giovane inviate all’imperatore Traiano -in “Antichità giudaiche” di Giuseppe Flavio In due altre culture. Corano: sura 4 verso157 e 158: 157 e dissero: "Abbiamo ucciso il Messia Gesù figlio di Maria, il Messaggero di Allah!" Invece non l'hanno né ucciso né crocifisso, ma così parve loro. Coloro che sono in discordia a questo proposito, restano nel dubbio: non hanno altra scienza e non seguono altro che la congettura. Per certo non lo hanno ucciso 158 ma Allah lo ha elevato fino a Sé. Allah è eccelso, saggio. Su quest'ultima ci andrei " cauto", non so fino a che punto abbia valore di veridicità ,appartiene alle scritture sanscrite dei Veda e non ho approfondito ancora la traduzione, ma quanto meno è diciamo così curiosa. Il Bhavista Purana è il testo che profetizza le venute degli avatara. (Bhavisha Purana - Chaturyuga Khanda Dvitiyadhyayah 17:23-32). Il re chiederà: “Signore, chi siete?”. Egli rispose: “Dovete sapere che io sono Isha Putra, il figlio di Dio nato da una vergine. Sono un esponente del dharma dei mleccha e aderisco alla verità assoluta”. Udite queste parole lo interrogò dicendo: “Secondo la vostra opinione, quali sono i principi del dharma?” Ascoltata la domanda di Shalivahana, Isha Putra dirà: “O Re, quando la verità viene meno, io il Masiha (Messia), appaio nella nazione di questa gente degradata, priva di regole e regolamenti. Vedendo queste paurose condizioni dei mlecha, che si espandono da mleccha desha, sono venuto a profetizzare. O Re, ascoltate ciò che vi dico a proposito dei principi che sono stati stabiliti tra i mleccha. Gli esseri viventi sono soggetti alle buone e alle cattive contaminazioni. La mente deve essere purificata attraverso la propria condotta e la recitazione del Japa. Cantando i santi nomi si ottiene la purezza più alta. Così come il Sole attira da ogni direzione gli elementi di tutti gli esseri viventi, così come mantiene Surya Mandala (il sistema planetario) che mantiene la Terra stabile e attrae il cuore di ogni creatura. Così seguendo le regole, con sincerità di parole, con la mente in armonia per via della meditazione, o discendente di Manu, uno deve adorare l’inamovibile Signore. Ho piazzato l’eterna e di buon auspicio forma del Signore Supremo nel mio cuore, o protettore della Terra, ho predicato questi principi ai mleccha, così il mio nome è divenuto Isha Masiha (Gesù il Messia)”. Dopo che avrà ascoltato queste parole, reso i suoi omaggi alla persona adorata dai malvagi, il Re continuò il suo viaggio nella paurosa regione dei mleccha. Re Shalivahana, dopo aver compiuto uno asvamedha yajna, regnerà per sessanta anni, poi morirà e Salirà al cielo. Ora ascoltate cosa accadrà, dopo che il Re raggiunse svargaloka.” |
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22-10-2012, 10.09.38 | #139 | |||
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Poiché questo discorso sarebbe lunghissimo..
mi limito ad alcuni spunti.. secondo ciò che sento man mano prioritario.. Citazione:
che è attraverso il linguaggio che questo accade e non per altro, essendo quel linguaggio l'espressione del nostro porci. [Solo che io risolvo la questione analizzando l'uscire e l'entrare per ciò che per me sono: modalità del linguaggio attraverso cui appare ciò che noi stessi dividiamo e non perché vi sia una separazione intrinseca al reale, ma livelli coesistenti di realtà poiché così appaiono attraverso le distinzioni intrinseche non alla realtà ma al linguaggio forgiato atto ad esprimerla. Linguaggio attraverso cui la visione assume un pre-determinato ordine. Linguaggio attraverso cui la mente stabilisce (e non semplicemente identifica!) ciò che sperimenta.] Citazione:
E come possiamo considerare il cosiddetto mondo fisico se è proprio attraverso la nostra coscienza che si compie? Citazione:
Secondo me invece ha senso perché ci poniamo domande entro un contesto ben preciso, da noi stessi forgiato, che è la nostra modalità di interpretare i dati della nostra esperienza e di comprenderli entro il terreno di quelle nostre facoltà che hanno creato il linguaggio attraverso cui quella medesima domanda è venuta in essere. Qualunque realtà considerata è di già compresa entro un terreno ben definito che è il nostro linguaggio mentale radicato nelle nostre facoltà sensoriali ed è quindi quel linguaggio e quei sensi che andiamo ad indagare nel profondo quando cerchiamo una risposta a qualunque domanda che la nostra esperienza ci pone. Quindi non può, sempre secondo il mio avviso, essere corretta l'idea che una risposta non vi sia od esuli -parzialmente o totalmente- da quelle nostre medesime capacità che hanno forgiato il terreno che ha posto in essere quella domanda. Una volta presi in considerazione gli strumenti a disposizione per la nostra indagine, essendo stati quegli stessi capaci di evidenziare ed identificare la domanda, la risposta per essere tale non può esulare dal terreno entro il quale è stata individuata. Qualunque domanda sorga è già stata formulata dal linguaggio delle nostre capacità sensoriali pertanto la risposta per quanto complessa è possibile, indagabile e pienamente comprensibile senza che sia necessario delegarla ad un mondo sensoriale alternativo, poiché se tale mondo fosse possibile rientrerebbe ancora una volta nelle nostre facoltà essendo stato da quelle individuato e formulato. Questo mio modo granitico pressoché pedante di porre le fondamenta alla questione non mira a cancellare la qualità della complessità della nostra esperienza né ad esaurirla entro il terreno di finitezza del linguaggio sensoriale, vuole solo sottolineare la capacità del linguaggio di rispondere a sé medesimo compiutamente senza che questo significhi rendere limitata una realtà incommensurabile entro la quale i nostri sensi scorgono, percepiscono, si specchiano. Dal mio punto di vista quindi, nel momento in cui stiamo parlando intorno ad una questione stiamo fornendo questa di un linguaggio determinato, tale questione pur non esaurendosi entro la lettura del linguaggio da noi posto, è compiutamente indagabile essendo la questione quel medesimo linguaggio e non solo posta nell'ambito del linguaggio, pertanto compiutamente conoscibile e comprensibile. Compreso il linguaggio, compresa la questione entro i termini del linguaggio, compreso che il linguaggio è compiutamente in sé conoscibile, ogni questione dotata di parole è conoscenza compiuta in sé, senza che restino parti inconoscibili espresse tramite il linguaggio. Lo stesso termine 'inconoscibile' non è a mio avviso corretto se non nel momento che a questo diamo il significato temporale di 'non ancora posto in linguaggio': non 'non conoscibile' ma 'non ancora conosciuto/indagato/evidenziato'. Pertanto, sempre secondo il mio modo di intendere, non possiamo affermare che "Dio sia inconoscibile" senza dichiarare implicitamente al contempo di stare formulando un linguaggio incapace di rispecchiare la nostra precisa esperienza. Ovvero detta in altri termini.. stiamo mentendo a noi stessi sul nostro sentire. Un linguaggio impreciso e vago è null'altro che fotografia ad un corrispondente impreciso e vago sentire. Quella vaghezza non fotografa l'obiettivo ma l'osservatore. Mi si potrà obiettare che ogni obiettivo ha una determinata e ben definita portata di azione oltre la quale non è in grado di cogliere. Bene, è quello che desidero evidenziare in questo discorso. Per cui ogni parola è ben in grado di definire e cogliere una ben determinata, definita e chiara visione, senza giustificare la vaghezza o l'improprietà con l'inesistenza di un obiettivo adeguato, poiché ciò che si coglie è di per sé determinato dall'obiettivo che lo ha colto pertanto definibile entro quel medesimo contesto perché a quello fa riferimento, seppure possa non esaurirsi in quello, considerazione coerente e logica in virtù del fatto che ogni cosa è secondo relativa visione, assoluto compreso, che assoluto non sarebbe se non avessimo la capacità di cogliere un senso unitario tangibile seppure di non facile definizione. Ultima modifica di gyta : 22-10-2012 alle ore 11.52.01. |
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24-10-2012, 16.37.45 | #140 |
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Riferimento: Sull'esistenza di Dio
Cara Gyta, nel tuo argomentare avverto una grande passione per la Verità. E questo è ciò che davvero conta.
Tuttavia, ho l’impressione che seguendo questa stessa passione tu abbia voluto prendere una scorciatoia, per giungere più in fretta alla tua agognata meta. Ebbene, secondo me, questa scorciatoia può essere insidiosa. Dico questo perché ne sento il dovere, anche se molte volte mi sono trovato a essere come un elefante in una cristalleria… Così ti chiedo di perdonarmi sin d’ora, se le mie parole potranno dispiacerti, fammelo capire e non tornerò più sull’argomento. Dai tuoi scritti mi sono infatti ormai fatto l’idea che tu sia convinta d’aver colto la soluzione dell’Enigma. E che questa soluzione altro non sia che la semplice constatazione: “Io sono Dio!” Sì, ammetti che vi sono ancora molti punti da chiarire, ma una volta giunti a comprendere di essere Dio, questa mancanza di conoscenza non può essere che sostanzialmente una dimenticanza, dovuta al fatto d’essersi scordati della propria vera natura: Dio. Questo è il motivo dello “stupore” dinanzi a ciò che appare, perché non è un incontrare il “nuovo”, ma il semplice riconoscere il da sempre saputo, e solo temporaneamente dimenticato. Che il fine dell’Esistenza altro non sia che l’annullarsi in Dio, è secondo me non solo auspicabile ma pure molto probabile. Tuttavia, bruciare i tempi e identificarsi in Dio, a prescindere dal nostro stato, che è esserci, può causarci molta sofferenza. Perché ciò che riteniamo di salvare comunque del nostro esserci (ad esempio la mente), mentre già assaporiamo il nostro essere Dio, verrà annientato dalla Trascendenza, che non c’è! Dio, la Trascendenza, è il Nulla. Ed evocarlo per giungere alla Verità nell’esserci, non potrà che farci naufragare. Di un naufragio esistenziale, non fisico, dove tutto perde di senso. La Verità non c’è, nell’esserci. Per cui siamo costretti a procedere lottando contro la non verità, con la sola speranza (fede) che alla fine, ma solo alla fine, si giunga alla meta. Di modo che, cara Gyta, il dubbio non solo è ineliminabile, ma pure necessario. Se si prova a escluderlo, l’effettivo non esserci dell’Assoluto annichilerà ogni nostra supposta certezza. Questo ti dovevo, con affetto. Ultima modifica di bobgo : 24-10-2012 alle ore 19.04.37. |