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06-07-2009, 18.46.32 | #32 | ||||
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2007
Messaggi: 689
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Esattamente Citazione:
Non vorrei entrare in una discussione sull’Iran (in fondo tutti quelli che gli dicono che non può farsi la bomba loro la bomba ce l’hanno ...). Il punto è: se il mio vicino si procura una pistola e mi minaccia, mi danneggia subito oppure mi danneggia solo quando mi spara? Penso che si possa accettare la prima ipotesi (e quindi mantenere la corrispondenza azione non etica – danneggiamento) Citazione:
Direi che che se uno mi pedina mi danneggia senz’altro. Che poi la moglie fedifraga anche lei abbia danneggiato il marito (il pedinamento potrebbe essere una sorta di legittima difesa) è un altro discorso Citazione:
se ti viene in mente altro ... |
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06-07-2009, 18.50.02 | #33 | |
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2007
Messaggi: 689
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
ciao giorgiosan. Devo dire che in questa discussione sono stato quasi sempre d'accordo con le tue risposte. Vero che la mia proposta riecheggia l'utilitarismo, ma su questo ci sarebbe da fare un lungo discorso. Preciso solo che non sono un fautore "stretto" dell'utilitarismo |
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06-07-2009, 20.46.13 | #34 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Urge specificare il significato di danneggiamento, perché secondo me pedinando una persona non si danneggia nessuno, non si sta nemmeno parlando di sofisticati sistemi di controllo, ma solo di pedinamenti. La strada è libera quindi il marito potrebbe anche dire che era lì per caso, per farsi una passeggiata. E' l'intenzione che è eticamente scorretta, e la moglie certo ne subisce un danno, ma morale. Se invece tu identifichi il danno col danno morale come si fa a stabilire oggettivamente cos'è un danno? Mi sembrava che il danneggiamento fosse di natura pratica, ma a questo punto non saprei nemmeno cosa potrebbe voler dire... Allo stesso modo l'Iran (era un esempio, non volevo parlare del grave problema in atto) è tenuto eticamente a non costruirle perché questo grande stato "etico" (Onu o forse il G8 non ricordo, ma non ha importanza) le ha bandite. Quindi si "condanna l'intenzione" non l'uso, ma praticamente non vi è alcun danno se no quello sul piano etico (poi se si fanno le guerre etiche è un altro discorso, ma è meglio non addentrarci volevo solo fare un esempio). Si potrebbe anche parlare largamente dell'etica professionale. Ma mi sembra che sia meglio prima fermarsi su questa definizione...solitamente si fa la differenza fra danni fisici e morali (per dire la verità non ho mai sentito parlare di "danno etico" ma a questo punto se per te è meglio specificare l'eventuale differenza è meglio ) ... se però io già identifico un danno come morale non posso dimostrare la tesi che l'atto non etico (o non morale) compie un danno, quello è proprio ciò che devo dimostrare. |
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07-07-2009, 09.21.28 | #35 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Non c'è pensiero senza ideazione. Leggi questo documento perché è dagli etologi che abbiamo una prima informazione fenomenica. La filosofia non può cavar fuori le sua deduzioni e le sue conclusioni senza tener conto della realtà fenomenica. “Prima di Darwin”, spiega Giorgio Celli, etologo e docente di entomologia all’Università di Bologna, “si pensava che gli animali fossero delle creature parallele create da Dio per motivi molto vari. Nel primo Medioevo, per esempio, i bestiari descrivevano gli animali come esseri creati da Dio per fornirci degli esempi da imitare o da fuggire. Questi testi erano concepiti in maniera binaria: da un lato si davano dei dati sull’etologia dell’animale, spesso del tutto fantasiosi, dall’altra se ne traevano dei buoni consigli per la salvezza dell’anima”. Per esempio, si descriveva la martora come un animale libidinoso indicandola come un modello negativo, da non seguire. Oppure si mostrava lo struzzo che guardava il cielo, indice di cura vero il suo creatore, e poi si invitava ad imitarlo. “Poi”, continua lo studioso, “c’è stata la lezione di Cartesio, per me negativa, che considerava gli animali come macchine, per cui se si dava un calcio a un cane e questo guaiva ciò non significava che provava dolore: essendo un mero meccanismo, una volta percosso i suoi ruotismi emettevano un suono simile a un lamento umano, di cui però non ne aveva il significato”. Niente a che vedere con un essere umano dunque. Ma andiamo avanti: verso la metà dell’Ottocento, grazie a Darwin l’umanità scopre di essere imparentata con tutti gli animali, in modo più o meno stretto. La tesi è stata via via confermata dagli studi genetici, per cui oggi sappiamo che noi e lo scimpanzé abbiamo un antenato comune, dal quale ci saremmo separati 5 o 6 milioni di anni fa. E questo è dimostrato dal fatto che il Dna nostro e quello dello scimpanzé differiscono solo per un 2 per cento. Eppure l’uomo è ancora convinto di essere una creatura speciale: anche avendo scoperto di esser imparentato con gli altri animali si sente il padrone di casa. E questo atteggiamento antropocentrico non ha risparmiato gli scienziati. Per esempio, quando si è scoperto che alcune scimmie potevano imparare il linguaggio simbolico dei sordomuti americani e interloquire con l’istruttore, quando si è scoperto che alcune scimmie potevano scrivere su una lavagna con degli oggetti che erano delle parole sintetiche, e quindi si impadronivano di un linguaggio simbolico, molti scienziati, semiologi soprattutto lo hanno negato affermando che gli animali sì potevano avere un loro pensiero ma non potevano attingere al pensiero simbolico. “Io direi invece che aveva ragione da vendere il vecchio Darwin quando affermava che il pensiero degli animali e il nostro differisce solo per quantità”, dice Celli. Noi certamente con il numero di neuroni di cui disponiamo abbiamo un pensiero più vasto, una possibilità di astrazione maggiore. “Però, dal punto di vista della qualità gli animali pensano più o meno come noi. E quando dico animali intendo una vasta gamma: alcuni pensano di meno, altri di più”. Celli ha studiato la possibilità delle api di fare delle scorciatoie per raggiungere delle fonti di cibo: “Ebbene: ne sono capaci, e questo, significa che gli insetti hanno una mappa cognitiva. Di conseguenza hanno un mondo interno. E se hanno un mondo interno di questo tipo si può pure presumere un frammento di coscienza, e quindi le api pensano”. L’intelligenza quindi sarebbe diffusa a tutti i livelli: “Perfino le amebe, che sono organismi unicellulari, imparano che alcuni stimoli sono positivi e altri invece negativi”. Ma vedere negli animali qualcosa di noi è un atteggiamento che l’evoluzione legittima? In parte sì, nel senso che condividiamo moltissimi geni e dunque possiamo pensare che abbiamo comportamenti simili e forse anche pensieri e mondi interni simili. Questo più nel caso dello scimpanzé che nel gatto. In realtà, nel caso del felino questo non è un atteggiamento scientificamente corretto perché bisogna considerare che questo animale ha una sua etologia ben diversa da quella umana. “Naturalmente”, conclude lo studioso, “ci sono delle sovrapposizioni e degli sconfinamenti reciproci e quindi tutto sommato direi che la scienza dell’etologia va in bilico sulla corda come un equilibrista: da un alto deve essere un po’ antropomorfa perché legittimata dal pensare che nell’animale ci sia qualcosa anche dell’uomo, dall’altro deve guardarsi dal non esserlo troppo per non sconfinare in una illazione che la scienza non autorizza”. Citazione:
Cerca di capire che una discussione epistemologica non servirebbe a niente in modo particolare per categorie come quella di libertà. Si può dire comunque che chiunque neghi la libertà è continuamente contraddetto dalla sua pratica di vita. Per me è significativo quando asserzioni di tipo filosofico non siano e non possano essere praticate. La tigre che insegna ai suoi cuccioli ad uccidere compie il suo doveroso compito educativo. Il suo comportamento "etico" è relativo alla sua specie. Altrimenti sarebbe immorale anche che l'essere umano si cibasse, il che è palesemente assurdo. Tutte le forme viventi sono libere. Ovviamente un cane è più libero di un granchio ed un granchio di una ameba, ed un cane è meno libero di un essere umano. Dipende dalle potenzialità che ha ogni forma di vita e la potenzialità dipende dalla complessificazione di ogni organismo. Non c'è nulla nelle forme più evolute che non si trovi in nuce nelle meno evolute. Natura non facit saltum ciao Il_Dubbio Ultima modifica di Giorgiosan : 07-07-2009 alle ore 10.05.51. |
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07-07-2009, 09.40.43 | #36 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Anch'io preferisco distendere le mie convinzioni sul sistema morale utilitaristico, mettendo l'accento sul fatto che l'utile maggiore sia la felicità, il fine ultimo di tutti gli utili particolari, e che quindi l'ordinamento morale abbia come scopo il suo raggiungimento. Credo che quasi tutti convengano su questo fine. E' perseguibile questo facendo del male al prossimo? Non credo proprio. E' perseguibile una felicità solipsistica? Non credo neppure questo. Ciao Alberto Ultima modifica di Giorgiosan : 07-07-2009 alle ore 10.02.20. |
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07-07-2009, 11.02.24 | #37 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Una delle cose che non si vuol evidenziare (non so per quale motivo) è che l'ideazione, il pensiero, la mente, la coscienza non sono fenomeni; i fenomeni sono i comportamenti che poi sarebbero gli effetti dei pensieri, della mente, della ideazione e della coscienza; sono questi comportamenti che noi "studiamo". Anche il mio computer però ha un comportamento, devo quindi credere che stia pensando stia idealizzando, sia cosciente, abbia una mente? Anche per il concetto di libertà, ognuno ne ha uno suo... e quindi bisognerebbe fare una lunga discussione su cosa si intenda per libertà, ma entrambe le discussioni ci allontanerebbero da questo argomento (almeno credo,ne ho solo un'idea che non so se coincide con quella di Albert,ma io mi comporto di conseguenza, ed è solo questa l'evidenza ad essere il fenomeno (il mio comportamento), non il mio pensiero, che invece non si vede e non si conosce, come non conosco il tuo o quello di Albert ) |
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07-07-2009, 13.05.01 | #38 | |
Moderatore
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Come scrissi in un'altra discussione qui sul forum di riflessioni, e pure altrove, io credo che una base dell'etica consista nell'autodeterminazione della persona senza che questa ne danneggi altre. Come è già stato detto, il problema è capire quand'è che inizio ad oltrepassare la mia libertà a discapito dell'altro. Per risolvere questo problema (seguendo il consiglio di z4nz4ro) si può considerare il postulato di equiprobabilità di Harsanyi secondo il quale ogni individuo dovrebbe prendere le proprie decisioni immaginando di non sapere in anticipo quale posizione occuperà nella società e quali esigenze svilupperà, avendo la medesima probabilità di occupare qualunque posizione. Questo principio ci aiuta a trovare il confine tra la nostra libertà e quella degli altri. Come dicevo più sopra, l'autodeterminazione della persona è solo una delle basi dell'etica, infatti io sono convinto che un'etica siffatta sarebbe profondamente sbilanciata, tanto sbilanciata che risulterebbe essere una non-etica, una semplice dottrina per non vivere male. E' paurosamente sbilanciata verso l'individuo, il soggetto, ma trascura totalmente gli altri, se ne cura quel minimo che basta per far vivere sereno senza troppe complicazioni. Ma se vedo un incidente stradale, non dovrei forse fermarmi e prestare soccorso ai feriti (o almeno chiamare il 118)? Cioè l'etica non trascende, per così dire, l'egoismo dell'attenzione su noi stessi per giungere a porgere una mano alle persone sofferenti? Credo proprio di sì. Propongo che l'altra "gamba" dell'etica sia la solidarietà per il prossimo (che è un "prossimo" altro da noi, che non ha i nostri stessi bisogni, interessi e sentimenti): lenire la sofferenza dell'altro, capire le sue vere esigenze e cercare di aiutarlo (evitando così un paternalismo violento tipico dei monoteismi). Ora la difficoltà starà proprio nel trovare di volta in volta, in diversi contesti, il punto di equilibrio tra l'autodeterminazione individuale e la solidarietà sociale. |
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07-07-2009, 14.50.19 | #39 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Girandoci sempre intorno con nuove terminologie e nuove sfumature: troppo banale,troppo semplice senza nuovi postulati da aggiungere? L’autodeterminazione è frutto dell’amore di sé. La solidarietà non nasce nella mente ma nel cuore,dunque è sempre frutto di amore. Non è necessario mettere in mezzo le religioni per parlare, senza scandalizzare, di amore. E’ così che ci siamo inventati l’amore laico:la solidarietà. PS Come già detto,l’amore non è cieco ,ma è implicito del suo manifestarsi l’attenzione per i bisogni altrui,dunque non è un altro capitolo da aggiungere.. |
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07-07-2009, 15.27.48 | #40 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Il tuo computer si comporta come tu hai programmato si debba comportare. Il comportamento di una stampella che usi per camminare in realtà non è un comportamento della stampella ma un tuo comportamento. Se lo esprimi posso conoscere il tuo pensiero... e tu il mio, altrimenti che cosa dialoghiamo a fare? Il termine fenomeno si applica anche allo spirito e quindi alla coscienza, al pensiero, ecc. ecc. ed è perfettamente legittimato questo uso. Ti ricordo che Hegel ha scritto Fenomenologia dello spirito, senza parlare di Husserl e di Heidegger. |
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