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02-01-2010, 21.00.20 | #143 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Ne devo dedurre che la posso commentare, in questo forum? Citazione:
Non lo trovo un atteggiamento banale mentre trovo banale il modo in cui recepisci fare la volontà di Dio... Come apprendiamo ogni nozione così impariamo la morale sia da una tradizione o da varie tradizioni, sia dall’ esperienza. La morale di ognuno non può essere che la risultante di questi due vettori. Sei d’accordo? Anteriormente alla morale, poi, bisogna delineare una antropologia perché la morale non può sussistere senza l’antropologia, essendo prioritaria la conoscenza dell’essere umano e la sua capacità di fare rispetto a ciò che si pretende debba fare. In estrema sintesi per la mia antropologia il modello dell’essere umano è Cristo ed il suo comportamento è il modello di riferimento del comportamento cristiano e il suo consiglio, attuale, ciò che informa attualmente la coscienza. Quando si agisce in conformità a Cristo si è virtuosi nello stesso senso che il Cristo è virtuoso… egli stesso ha uniformato il suo agire alla volontà del Padre suo. |
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03-01-2010, 10.42.16 | #144 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Mi dispiace, Giorgiosan, ma l’etimologia ha sempre torto di fronte alla vita delle parole. Perché tutto scorre e oggi noi (noi uomini della strada) possiamo parlare di moralità di un politico, di un automobilista e perfino di un calciatore pensando a quanto è bacato dentro di sé, anche se non si mette in urto col codice e non sollecita l’intervento dei carabinieri….mentre l’etica. Beh, credo che ne possa parlare solo chi ha frequentato almeno il liceo.
Comunque, a parte queste fiorettate eleganti, credo anch’io naturalmente che non sia la stessa cosa la coscienza morale e l’osservanza di un codice (che potrebbe essere anche un decalogo inciso sulla pietra): se lo fosse la storia non avrebbe registrato tante viltà ed eroismi, tanti roghi e beatificazioni…. |
03-01-2010, 16.32.09 | #145 |
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Riferimento: Una base per l'etica
Concordo con emmeci,
"L'etica (dal greco antico ἔθος (o ήθος)[1], "èthos", comportamento, costume, consuetudine) è quella branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontico ovvero distinguerli in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. L'etica può anche essere definita come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri. Essa pretende inoltre una base razionale, quindi non emotiva, dell'atteggiamento assunto, non riducibile a slanci solidaristici o amorevoli di tipo irrazionale. In questo senso essa pone una cornice di riferimento, dei canoni e dei confini entro cui la libertà umana si può estendere ed esprimere. In questa accezione ristretta viene spesso considerata sinonimo di filosofia morale: in quest'ottica essa ha come oggetto i valori morali che determinano il comportamento dell'uomo. Ma l'etica si occupa anche della determinazione di quello che può essere definito come il senso, talvolta indicato con il maiuscolo Il Senso dell'esistere umano, il significato profondo etico-esistenziale (eventuale) della vita del singolo e del cosmo che lo include. Anche per questo motivo è consuetudine differenziare i termini 'etica' e 'morale'. Un altro motivo è che, sebbene essi spesso siano usati come sinonimi, si preferisce l'uso del termine 'morale' per indicare l'assieme di valori, norme e costumi di un individuo o di un determinato gruppo umano. Si preferisce riservare la parola 'etica' per riferirsi all'intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina. http://it.wikipedia.org/wiki/Etica Quindi ì albert con questo thread ìha un intento etico: "intento razionale di fondare la morale intesa come disciplina", e non morale: "assieme di valori, norme e costumi di in individuo o di un determina gruppo umano." C'è da dire poi che la parola "etica" a me piace di più |
04-01-2010, 00.46.51 | #146 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Prova a descrivere le parole: buono, giusto, moralmente lecito, cattivo o moralmente inappropriato. Forse è come dice emmeci, bisogna aver fatto almeno il liceo per riuscire a parlarne, o forse, come io credo, non serve studiare basta saper inventare...; Cosa c'è, poi, di "oggettivo" nei comportamenti etici vorrei proprio comprenderlo. |
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04-01-2010, 14.52.39 | #147 | |
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Riferimento: Una base per l'etica
La distinzione tra eticità e moralità è stata introdotta da Hegel con la sua opera, "Filosofia del diritto": siamo nel 1821.
Prima di allora i due termini erano stati usati come sinonimi perchè indicavano la stessa riflessione filosofica e per 22-23 secoli, almeno da Aristotele, è sempre stato così. In questo patrimonio di riflessione non c’è differenza fra eticità e moralità, il che la dice lunga. Nella riflessione di Socrate , per i sofisti, per Aristotele, per Platone, per Epitteto, per Cicerone, per Epicuro, per gli stoici, ecc. ecc. e su su fino a Spinoza, a Kant, Hobbes, Hume, senza dimenticare la plurisecolare riflessione cristiana….per tutti costoro morale ed etica significavano la medesima disciplina. E’ ovvio che quanto proveniva dalla cultura filosofica greca era a volte traslitterato con etica ma era tradotto con morale. Hegel ha voluto distinguere l’intenzione del soggetto, la sua disposizione interiore, ecc. ecc. cioè gli aspetti soggettivi della moralità , dal complesso dei valori morali effettivamente realizzati nella storia che lui classifica come eticità. Ha bisogno di mostrare, infatti, la scissione fra stato e individuo, antitesi che poi sarà superata in una nuova sintesi operata da quella religione popolare che egli ipotizza e che opererà un rinnovamento morale. Da questo si può capire perché questa scissione operata del tutto artificiosamente da Hegel sia poi piaciuta alle ideologie, ai demolitori della morale (etica) individuale e ai negatori della validità di una morale religiosa. E’ cosa del tutto naturale che gli studiosi di filosofia morale si occupino spesso anche di problemi di filosofia giuridica, di concezioni sociologiche, politiche talvolta anche economiche….si pensi ai marxisti. Se poi l’applicazione della riflessione morale in questi campi si vuol chiamare etica la si chiami pure ….ma senza dimenticare che alla base c’è la morale individuale e quindi la libertà individuale e che bisogna sempre massimamente diffidare di chi proponga una etica sociale sganciata dall’etica individuale che ne è il fondamento ineludibile. Eticità e moralità dicono la stessa filosofia ed io non ho preferenze né per l'una né per l'altra come ho avuto modo di dire altre volte. Citazione:
Vorrei solo farti notare che ho messo l'etimologia fra parentesi per indicare che non era un argomento che consideravo decisivo. E' vero che è l'uso a determinare il significato delle parole e non l'etimologia però questa serve a ri-orientare quando il significato di una parola è confuso. Ultima modifica di Giorgiosan : 04-01-2010 alle ore 23.55.22. |
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06-01-2010, 17.43.55 | #148 |
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Riferimento: Una base per l'etica
Ma al di là di una sostenibile differenza fra morale ed etica, ciò che è alla base di questi termini - che quasi unirei nel termine ethos - è, in una visione antropologica e filosofica, quella maturazione del pensiero dell’uomo che lo porta a passare dal concetto dell’essere a quello del dover essere, il quale si sovrappone, per così dire, all’evoluzione naturale della specie e la trasforma in storia. Qualcosa che mi pare sia sfuggito a Darwin, quando ha fissato nell’adattamento e nel caso gli elementi determinanti dell’evoluzione, mentre questo processo sembra dipendere da un potere diverso, proprio della specie homo, quasi una sua capacità non solo di automodificarsi ma addirittura di cambiare la propria essenza.
Così, mi pare che possiamo lasciare da parte il dibattito sul significato preciso dei termini e concentrarci sull’elemento che hanno in comune e che è rappresentato da una sorta di balzo inatteso del pensiero. E’ evidente che in quel “dover essere” è l’alba di un mondo nuovo, cioè di un mondo degno della nuova specie apparsa su questo pianeta. Forse direte che è difficile abbozzare ipotesi su ciò che è tanto remoto, eppure non credo che solo la scienza possa arrivare ad afferrare l’inizio, anzi credo che l’inizio di realtà così estese nel tempo non possa essere colto che dal pensiero – oserei dire creato dal pensiero, perché solo un pensiero creativo può scavalcare storia e preistoria e sprofondare in qualcosa che c’è e non c’è. Perché non si tratta di immergersi in ciò che è solo natura. Anche dopo che si è formato il primo dna dell’uomo, è continuato il processo di formazione: l’apparire dell’ethos costituisce una mutazione almeno altrettanto decisiva di quella del dna. Ed è questo, mi pare, che è sfuggito all’occhio di Darwin, cioè che il dna non è tutto e il nascere della nostra specie è stata caratterizzata almeno da un’altra base prioritaria (per riferirmi a come la chiama Albert, a cui chiedo scusa se la spoglio dei singoli comandamenti): quella che è proprio la base dell’ethos, ed è su questa che l'uomo diviene in grado di determinare il futuro, con un potere che cambia l’evoluzione per iniziare la storia. Non è infatti veramente una rivoluzione, cioè una superiore capacità di mutazione, questo nuovo modo di pensare il rapporto col tempo, cioè quell’ethos che non sopravviene per forza di cose cioè per necessità evolutive, ma per il sollevarsi della coscienza di un essere apparso come nuovo personaggio nella scena del mondo? |
07-01-2010, 00.03.45 | #149 | |
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Riferimento: Una base per l'etica
Citazione:
Sapere chi è l'essere umano e come è (antropologia) per sapere cosa deve fare (etica). Un dover essere preceduto da un dover sapere... la ricerca dell'assoluto, una brama di conoscere tutto, di risolvere tutto, di voler vedere tutto...di desiderare tutto. Sembra proprio che ci si aspetti molto, moltissimo dall'essere umano. Gli ideali verso cui si protende, giustizia, compassione, solidarietà, altruismo, amore disinteressato, sacrificio di sé....sono altissimi e stridono con la sua animalità. Si potrebbe dire che l'etica che si teorizza ci dice chi è che la può praticare....l'etica ideale diventa rivelatrice dell'antropologia....ovvero l'etica postula l'antropologia. Sembra proprio l'educazione di un dio in embrione. Ultima modifica di Giorgiosan : 07-01-2010 alle ore 10.43.09. |
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07-01-2010, 11.40.26 | #150 |
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Riferimento: Una base per l'etica
L’uomo – un Dio in embrione? Mi pare un’espressione forte, Giorgiosan, ma non sbagliata, perché – risalendo a quelle primordiali ere dove non può arrivare antropologo o storico - si potrebbe pensare che la religiosità, questa prima universale cultura dei popoli, trovi la sua base nell’onnipotenza non di un Dio ma del desiderio degli uomini di arrivare, al di là di sconfitte, malattie e morte, a dominare gli eventi, facendo delle loro qualità – di tutte le qualità, positive e negative – le proprietà sublimi di un Dio. Perché anche quelle che si ritengono qualità negative, a volte appaiono degne di un Dio: non si è detto in un sacro testo "Io sono un Dio geloso"?; e non ha esortato a combattere gli dei d’altri popoli o a rubarli e consegnarli al suo popolo? Non si loda la sua giustizia quando colloca in paradiso i fedeli e gli infedeli all’inferno? E, se mi consentite di aprirmi ancora una volta all’antropologia, non ci è dato supporre che veramente potesse trovarsi qui il germe della fede, che trasforma l’umana ansia dell’assoluto nella visione di un super-uomo in grado di regnare come un monarca, circondato da musicanti e guerrieri? E siamo proprio sicuri che l’uomo abbia rinunciato – nella nostra o in un’altra regione del mondo – al segreto compiacimento di credersi lui stesso Dio?
Forse non basta l’ethos su cui abbiamo discusso a frenare le nostre ambizioni, e non basta, Albert, un comandamento. O meglio, si tratta di vedere, affidandoci magari a uno psicoanalista freudiano, se in quel pronome “me” usato in un decalogo per la verità controverso, si cela veramente Dio. |