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18-02-2004, 20.21.28 | #70 |
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A sentire l'autorevole studioso Karl Polanyi c'e' stato a un certo punto cambiamento epocale nella storia dell'occidente nella relazione tra economia e societa', che forse ci spiega molte cose dell'attuale tipo di globalizzazione:
e' un poco lungo ma credo valga la pena di fare un piccolo sforzo http://www.graffinrete.it/cittanova/....php?id_vol=18 Karl Polanyi Nessuna società potrebbe, naturalmente, sopravvivere per un qualsiasi periodo di tempo senza avere un'economia di qualche genere, tuttavia prima del nostro tempo non è mai esistita un'economia che anche in linea di principio fosse controllata dai mercati. Nonostante il coro di invenzioni accademiche tanto insistente nel XIX secolo, il guadagno e il profitto nello scambio non hanno mai prima svolto una parte importante nell'economia e per quanto l'istituzione del mercato fosse abbastanza comune a partire dalla tarda età della pietra, il suo ruolo era soltanto incidentale nei confronti della vita economica. … In realtà i suggerimenti di Adam Smith sulla psicologia economica dell'uomo primitivo erano tanto falsi quanto la psicologia politica del selvaggio di Rousseau. La divisione del lavoro, un fenomeno antico quanto la società, nasce da differenze inerenti al sesso, alla geografia e alla doti individuali e la presunta disposizione dell'uomo al baratto, al commercio e allo scambio è quasi del tutto apocrifa. Se la storia e l'etnografia parlano di diversi tipi di economie la maggior parte delle quali comprendenti l'istituzione del mercato, esse tuttavia non ne conoscono alcuna, antecedente alla nostra, anche approssimativamente controllata e regolata dai mercati. … L'eccezionale scoperta delle recenti ricerche storiche e antropologiche è che l'economia dell'uomo, di regola, è immersa nei suoi rapporti sociali. L'uomo non agisce in modo da salvaguardare il suo interesse individuale nel possesso dei beni materiali, agisce in modo da salvaguardare la sua posizione sociale, le sue pretese sociali, i suoi vantaggi sociali. Egli valuta i beni materiali soltanto nella misura in cui essi servono a questo fine. Né il processo di produzione né quello di distribuzione sono legati a specifici interessi economici legati al possesso dei beni; tuttavia ogni passo di questo processo è legato a una molteplicità di interessi sociali che alla fine assicurano che il passo necessario venga compiuto. Questi interessi saranno molto diversi in una piccola comunità di cacciatori o di pescatori rispetto a quelli che troviamo in una vasta società dispotica, ma in ambedue i casi il sistema funzionerà sulla base di motivi non economici. … Ma come è dunque assicurato l'ordine nella produzione e nella distribuzione? La risposta è data da due principi del comportamento non primariamente associati all'economia: la reciprocità e la redistribuzione … Principi del comportamento come questi tuttavia non possono diventare efficaci a meno che i modelli istituzionali esistenti non si prestino alla loro applicazione. Reciprocità e redistribuzione sono in grado di assicurare il funzionamento di un sistema economico senza l'aiuto di scritture e di un'elaborata amministrazione soltanto perché l'organizzazione delle società in questione soddisfa le richieste di una simile soluzione per mezzo di strutture come la simmetria e la centricità. La reciprocità è enormemente facilitata dalla struttura istituzionale della simmetria, un aspetto frequente dell'organizzazione sociale tra i popoli illetterati. La sorprendente "dualità" che troviamo nelle suddivisioni tribali si presta all'accoppiamento dei rapporti individuali e assiste perciò al dare e ricevere di beni e di servizi in assenza di registri permanenti. Le "metà" della società primitiva che tendono a creare un "pendant" a ciascuna suddivisione risultano derivare dagli atti di reciprocità sui quali si basa il sistema oltre che essere un contributo alla loro realizzazione. … La struttura istituzionale della centricità che è presente in qualche misura in tutti i gruppi umani fornisce una traccia per la raccolta, l'immagazzinamento e la redistribuzione di beni e di servizi. I membri di una tribù di cacciatori di solito consegnano la preda al capo perché la redistribuisca; fa parte della natura della caccia che il suo esito sia irregolare oltre a essere il risultato di un'iniziativa collettiva. In condizioni come queste nessun altro metodo di divisione è praticabile se il gruppo non si divide dopo ogni impresa di caccia. In tutte le economie naturali esiste una necessità simile che il gruppo sia sempre numeroso e più vasto è il territorio e più diversificato il prodotto, tanto più la redistribuzione avrà come risultato una effettiva divisione del lavoro, poiché, esso deve contribuire a collegare geograficamente gruppi differenziati di produttori. Simmetria e centricità incontreranno a mezza strada le necessità della reciprocità e della redistribuzione; le strutture istituzionali e i principi del comportamento sono reciprocamente adattati. Fino a che l'organizzazione sociale corre nei suoi binari non occorre che entri in gioco alcun motivo economico individuale, non occorre che sia temuta alcuna invasione allo sforzo personale; la divisione del lavoro sarà automaticamente assicurata e gli obblighi economici debitamente assolti, e soprattutto saranno forniti i mezzi materiali per un'esuberante manifestazione di abbondanza in tutti i festeggiamenti pubblici. In una comunità di questo tipo è esclusa l'idea del profitto, il contrattare è condannato, dare generosamente è acclamato come una virtù; la supposta propensione al baratto, al commercio e allo scambio non appare. Il sistema economico è in realtà una semplice funzione dell'organizzazione sociale. … Generalmente è corretto dire che tutti i sistemi economici che ci sono noti, fino alla fine del fedualesimo nell'Europa occidentale, erano organizzati alternativamente sui principi della reciprocità o della redistribuzione o dell'economia domestica o di una combinazione dei tre. Questi principi furono istituzionalizzati con l'aiuto di un'organizzazione sociale che inter alia faceva uso dei modelli della simmetria, della centricità e della autarchia. In questo quadro la produzione ordinata e la distribuzione dei beni era assicurata da una grande varietà di motivi individuali disciplinati da principi generali del comportamento. Tra questi motivi, quello del guadagno non era preminente, la consuetudine e la legge, la magia e la religione cooperavano nell'indurre l'individuo a seguire regole di comportamento che alla fine assicuravano il suo funzionamento entro il sistema economico. Il periodo greco-romano, nonostante il suo commercio fortemente sviluppato non rappresentava sotto questo aspetto una rottura. Esso era caratterizzato dalla redistribuzione del grano su vastissima scala praticata dall'amministrazione romana nell'ambito di un'economia per altri versi domestica e questo non rappresentava un'eccezione alla regola per cui fino alla fine del medio evo i mercati non svolgevano una parte importante nel sistema economico; altre strutture istituzionali prevalevano. Dal XVI secolo in poi i mercati erano a un tempo numerosi e importanti. Nel sistema mercantile essi divennero una delle principali preoccupazioni del governo, tuttavia non vi era ancora alcun segno del prossimo controllo della società umana da parte dei mercati, al contrario: regolamentazione e discipline erano più severe che mai, l'idea stessa di un mercato autoregolato era assente. Per capire l'improvviso cambiamento verso un tipo di economia completamente nuovo nel XIX secolo, dobbiamo ora passare alla storia del mercato, un'istituzione che noi siamo stati praticamente in grado di trascurare nella nostra rassegna dei sistemi economici del passato. (Polanyi - Economie primitive, arcaiche e moderne - Einaudi Paperbacks 1980) |