PseudoGnosi marxista 3a parte
L'uguaglianza tra gli uomini, la dignità del lavoro e l'ineluttabilità della lotta, archetipi del socialismo, rivelano così inaspettatamente il loro volto arcaico, molto più antico e genuino delle teorie materialiste del diciannovesimo secolo. Quanto siano stati consapevoli i militanti socialisti del ventesimo secolo dell'antichità delle rappresentazioni simboliche delle loro aspirazioni non è comprovabile ma nemmeno del tutto escludibile a priori; la scelta dei simboli, anche politici, non è mai casuale e risponde spesso a remote ragioni riposte nell'inconscio collettivo che riemergono, di tanto in tanto, anche nel secolo materialista desacralizzato.
Quanto sopra esposto, non lo nascondiamo, ha la sua buona dose di provocatorietà. Sostituire le classiche icone del socialismo reale, ossia la barba di Marx, le calvizie di Lenin e il baffo di Stalin, con le inquietanti e, senza provocazioni per nessuno, ben più inossidabili immagini di Saturno, Vulcano e Marte, veri Dei, sovrani di un mondo forte di eguali, può sembrare il frutto di fantasia bizzarra. A nulla varrebbe insistere ricordando che anche il calendario ancora in uso ci riporta, seppur celatamente, all'aspirazione del ritorno di un era di eguali, specialmente in occasione di festività carnascialesche e gaudenti, con uomini travestiti che si fanno gioco delle distinzioni sociali, del tutto
immemori dell'origine saturnale di tali eventi. La mitologia pagana e il politeismo romano non devono essere utilizzati al più che per un semplice richiamo suggestivo. Salvo comunque tener presente che anche in politica esistono gli archetipi e come non è facile per l'uomo singolo liberarsi delle più profonde strutture di pensiero che condizionano la sua esistenza, così anche l'umanità , nel corso del suo procedere storico, ripropone segni, immagini e forme antichissime.
Quello che dell'essenza socialista rimane difficilmente traducibile, in termini simbolici, è il forte carattere di lotta che essa sottende. In Carlo Marx e nella sua dialettica storica, ben più viva e reale di quella vacua e astratta di Hegel, risiede la forte carica del socialismo moderno. Anche i più feroci detrattori del marxismo non nascondono la loro ammirazione nei confronti di chi per primo osò rivoluzionare la funzione dell'intera filosofia : "Sino ad oggi i filosofi hanno interpretato il mondo, l'essenziale è tuttavia cambiarlo"; giustamente Gramsci definì il socialismo come "Filosofia della prassi". Questo carattere dialettico e reale del socialismo risulta, a prima vista, irriducibile alle tradizioni
spirituali del passato. Abbiamo forse una incontrovertibile prova di assoluta rottura in termini materialistici della più grande corrente di pensiero della nostra epoca. Con il socialismo l'uomo diventa il completo artefice della realtà, senza Dei, spiriti e Provvidenza. Suo compito ultimo è cancellare l'ingiustizia ed edificare una realtà segnata dapprima dall'eguaglianza nel lavoro "a ciascuno secondo il proprio lavoro" e infine dal ritorno di una vera e propria età dell'Oro "a ciascuno secondo il proprio bisogno". Il tutto in profonda antitesi con la realtà borghese, segnata dall'egoismo e dall'istituto della proprietà privata, la quale deve essere superata gradatamente ma senza ritorno,
nell'ottica socialdemocratica, oppure cancellata a seguito di una rivoluzione violenta, nell'ottica bolscevica. Quindi due caratteri importanti: la globale negatività della realtà presente, del mondo così come è, e la lotta radicale, per il cambiamento e il capovolgimento dei termini dalla dialettica politica e sociale. Sorprendentemente anche questi caratteri, con una certa dose di spregiudicatezza, sono rintracciabili in una corrente spirituale dell'antichità.
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