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30-06-2007, 22.21.31 | #112 | |
Ospite pianeta Terra
Data registrazione: 17-03-2003
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Citazione:
in effetti avevo avevo un dubbio.. mi ha tratto in inganno la parola ego spirituale ricorrente.. ok.. ok.. a morte l'ego.. e i sottoprodotti dello stesso |
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02-07-2007, 09.31.13 | #113 | |
Ospite pianeta Terra
Data registrazione: 17-03-2003
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Citazione:
risparmiati il volermi rispondere.. non era un quiz.. nessun premio, ma una semplice risposta che parte da un'esperienza.. fai andare il Cuore, prima della mente! prima dell'ego.. vedrai che meraviglia! per soddisfare la tua mente, il mio neologismo "discepolame" sta a indicare miscellanea di discepoli di tutte le razze, colori e bandiere..e soprattutto di tutte le intenzioni.. spero di averti soddisfatto... |
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02-07-2007, 09.53.21 | #114 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Citazione:
Non rischiamo di andare OT, lo siamo da un bel po’, forse lo siamo sempre stati – almeno io -. Nondimeno, domando un solo attimo della tua fiducia e farò in modo di “riportare tutto a casa”. <<Così volli che fosse>>. Quest’enunciato tradisce in modo emblematico la nozione di “Eterno ritorno”, cui si collega quella di “Amor fati”, entrambe di derivazione stoica – l’annunci come se si trattasse di una novità, ti avvertivo che l’intera filosofia o visione di N. risente enormemente del pensiero greco, ovverosia nulla di più distante dalla filosofia orientale, se non altro per la concezione tragica della vita che la classicità greca riversò nel pensiero dell’Occidente. V’è da dire che dello stoicismo conserva alcuni tratti, mentre per altre coloriture se ne discosta alquanto -. Ti domando scusa in anticipo se risulterò pedante, ma, a questo punto, per meglio comprendere e cogliere le differenze fra il pensiero di N. e la filosofia orientale, è opportuno domandarsi in che consista questo senso tragico della Vita, mutuato quasi integralmente dalla cultura classica. Il ”sentimento tragico” non ha nulla a che vedere con il pessimismo, poiché quest’ultimo annienta ed annichila. E’, invece, un presentire, un permanere ed un’accettazione Fatale della dilacerazione della Vita e della Natura. Il respiro della Vita, nel suo espandersi e contrarsi, si esplica nella costante ed inesausta disputa fra fioritura e dissoluzione; fra armonia e disarmonia, nel perenne oscillare fra Cosmo e Caos; fra bello e brutto; estasi ed afflizione; meraviglia e disincanto; sistole ed extrasistole; in definitiva, fra Vita e Morte. L’uomo è preso nel mezzo di questa eterna dialettica; immerso nelle increspature che si generano, subisce, nella sua esistenza, l’oscillante moto dell’ansito della vita. Un eroe classico, sebbene sottostia alla legge del Fato, forza primordiale cui neppure gli dei possono sottrarsi, non ne subisce il moto, ma in esso confluisce divenendone parte attiva, fattore creativo di cui Vita e Fato si servono, da qui la danza. Si potrebbe dire che, in una certa misura, pur dialetticamente, Vita Fato ed eroe confluiscano nel medesimo flusso ondulatorio, componendo e invigorendone il moto, accentuandone la cresta. Gli eroi greci, sebbene le loro esistenze fossero totalmente comprese in questo ansito, rappresentano un elemento attivo del divenire. Così pure Zarathustra di N. Là dove la filosofia orientale nega o sottace quest’ansito, relegandolo fra le aberrazioni o ritenendolo l’emergere dell’oblio del Sé Superiore; la cultura cui si rivolge N. per attingere le peculiari caratteristiche del suo campione, viceversa lo esalta, e l’eroe si traduce in un complemento del moto stesso; non un Illuminato o Risvegliato che staziona imperturbabile ed inacesso in un ”Centro Immobile” che gli permette di trascenderlo. L’eroe greco soffre, piange, urla e lotta – l’intera Iliade ruota intorno alla figura di Achille ed alla sua ira: <<Cantami, O Musa, l’ira funesta del Pelide Achille>>. Ripeto: <<Così volli che fosse>>. Da quest’enunciato puoi derivare l’intero percorso che il pensiero del folle genio compì per approdare, giustificare e “santificare” la sua creatura: il Superuomo. La “volontà di potenza”, che è ben altra cosa da quel che affermi tu, emerge dall’ipertrofia dell’Ego (così tento di rimettere sul giusto binario la discussione), e l’ego stesso (vale a dire l’Io) si ciba di questa volontà espansa oltre ogni limite fino allora lambito dal pensiero speculativo e filosofico. L’io si esplica attraverso la volontà di vita, concetto tanto caro a Schopenhauer, che in N. assume il nome di “volontà di potenza” . Non v’è shakti in questa “volontà di potenza” , non v’è neppure un racimolo della potenza o forza cosmica tanto cara allo Shiva ishvarico di cui parli, v’è solo un’ipertrofica volontà tutta umana che non colloquia, perché ne disconosce la discendenza, con energie cosmologiche primordiali, sennonché la cosmologia di N. si riduce tutta nella potenza dell’uomo nuovo, nella sua forza posta in essere (creata?) in virtù della massima espansione della volontà: << Davvero, attraverso cento anime io ho camminato la mia via e attraverso cento culle e dolori del parto. Molte volte ho già preso congedo: io conosco gli ultimi istanti che spezzano il cuore. Ma così vuole la mia volontà creatrice, il mio destino. O, se debbo parlarvi più sinceramente: proprio un tal destino vuole la mia volontà. Tutto quanto è sensibile soffre in me ed è in ceppi: ma il mio volere viene sempre a me come mio liberatore e apportatore di gioia. Volere libera: questa è la vera dottrina della volontà e della libertà, così ve la insegna Zarathustra.>> . Cerca di non intendere le proposizioni in maniera letterale: N. non credeva minimamente all’anima eterna, né alla reincarnazione o alla metempsicosi. Si tratta semplicemente di un linguaggio simbolico espresso in forma poetica, ove il simbolismo è inscritto in un nuovo ordine temporale. Il volere riecheggia dal passato, da un tempo mitico e viene a lui per coniugarsi con il Fato, e quest’ultimo giunge a lui, cogliendolo per strada, per recargli il volere, quel particolare volere, che è potenza di volontà, o meglio “volontà di potenza: “così vuole la mia volontà creatrice, il mio destino.” . Fato e volontà si conformano ed insieme, assentendo l’uno all’altra, ”creano” il divenire, l’attimo fuggente che diviene. Non v’è più dunque un’armonia cosmologica che intessa la storia per l’uomo, bensì un’ebbrezza voluttuosa che si genera nel caos, o un caos che pullula nell’ebbrezza delle passioni. Questa è, con ogni dovuta evidenza, voluttà, non distacco. Il Superuomo è un errabondo, un viandante che danza e i cui colori sono il rosso avvampante della fiamma delle passioni, non è un anodino ed atarassico Saggio dal Centro immobile. Egli è consono alla Vita che è disputa, tragedia, consunzione, crepuscolo, virilità. La sua è voluttà, lussuria di vita, è un imperioso Sì alla Vita. L’Amor fati non è un semplice conformarsi al destino, ovvio che in definitiva di ciò si tratta; è creazione e volontà creativa che si coniugano con il Fato; è Fato che si congiunge alla volontà. Il ”matrimonio mistico” che si celebra nella pagine dell’opera di N. è di ben altro tenore rispetto a quello esoterico officiato nei saggi di spiritualità. V’è passione, un amore rosso e cruento come vivido sangue che ribolle. Se osservi con attenzione, egli postula un confluire di destino e volontà di vita. Le due matrici si conformano l’una all’altra, e non per volere di un Dio, o per via di un recupero di una coscienza superiore o a seguito di un complesso procedimento introspettivo o meditativo – niente di più estraneo dal pensiero di N. –, bensì per causa di un “ritorno” , di un rivisto, di un rivissuto che celebra il fastigio della volontà. L’Amor fati è così un “volere che così fosse” , i cui termini opposti che lo inscrivono sono da recuperare nell’impossibilità per la volontà stessa di infrangere lo scorrere del momento (cosa che neppure la geniale follia di N. potè negare) e, dall’altra parte, dall’ineluttabilità del Fato, del destino, fra le cui braccia siamo sospinti. La volontà è però libera; questa volontà, che è comunque convogliata verso un destino ineluttabile – il suo destino –, è al tempo stesso la massima espressione di libertà. Ma come potrebbe essere intravista o presentita una libertà che si esplichi nell’ambito di un tempo lineare, teleologico, escatologico ove il destino l’attende per compiere l’evento, se non postulando un “eterno ritorno dell’uguale” ? Z. non nega lo scorrere del tempo. Egli danza nel suo fluire, nel divenire. Anche in ciò puoi notare la grande distanza da qualsiasi negazione dell’entità di Cronos. Da qui il suo celeberrimo “Così volli che fosse” , il suo “Amor fati” , il suo bramare la sofferenza che impregna il tempo e la vita, la sua tragicità esistenziale nell’eterna disputa fra la dionisiaca ebbrezza delle passioni da preservare e coltivare, espandere e glorificare e quanto reso necessario dal momento, dall’attimo stesso. La vita, sebbene sia dissoluzione e disfacimento, si rigenera eternamente proprio nella decomposizione, nello sfacelo, ricomponendosi nella sua magnificenza. La sofferenza è parte della vita, poiché la rigenera, non nel senso da voi caldeggiato che, in ultima analisi, si traduce in una sua negazione o in un suo trascendimento: la sofferenza è amata. La Vita, pur nella sua ciclicità, è divenire, impermanenza; il Superuomo, conforme alla Vita, a differenza dell’Illuminato, è un uomo del divenire, totalmente immerso nell’impermanenza, intriso di transizione. La volontà di vita, sospinta in una danza folle dall’ebbrezza delle passioni, è la creatrice dell’attimo transeunte che si origina nel caos. Ultima modifica di visechi : 02-07-2007 alle ore 10.22.30. |
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02-07-2007, 09.54.42 | #115 |
Ospite abituale
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Il volo cui incessamente allude Zarathustra non è un volo metafisico, neppure reale, ancor meno del samadhi, né di un nirvana o celestiale, bensì un volo ideale sospinto dal vento nuovo di un uomo che supera l’uomo vecchio, è il volo della libertà, e il suo aleggiare si svolge tutto nel mondo terreno, non fra ovattate nubi, neppure fra gli spazi interstellari di un universo e di un cosmo che sono ricusati dalla sua filosofia: <<Deve essere tolta al creatore la sua fede e all’aquila il suo librarsi in lontananze d’aquila?Dio è un pensiero che rende storte tutte le cose dritte e fa girare tutto quanto è fermo. Come? Il tempo sarebbe abolito, e tutto ciò che è perituro sarebbe abolito? Pensare queste cose è vortice e vertigine per gambe umane, e vomito per lo stomaco: davvero, abbandonarsi a simili ipotesi io lo chiamo avere il male del capogiro. Io lo chiamo cattivo e ostile all’uomo tutto questo insegnare l’Uno e il Pieno e l’Immoto e il Satollo e l’Imperituro>>.
Che cosa c’entra l’Ego in tutto ciò? Lo puoi scorgere da solo senza ulteriori mie imbeccate… auguri per la ricerca dell’Ego. Sul nome affibbiato al suo campione, non saprei proprio che dirti, forse l’ha voluto scegliere perché nella Grecia classica era considerato il Saggio per eccellenza. In ogni caso, anche il nome da solo avrebbe potuto suggerirti quanto fosse lontano N. da ogni ipotesi di adesione o solo di concezione spirituale di matrice orientale: Zoroastro è il campione della dualità. Ciao |
02-07-2007, 10.36.13 | #116 | |
Sii cio' che Sei....
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Citazione:
Grazie Visechi. Il Tantra non si discosta di tanto da queste ultime parole che ho quotato....ma ad una lettura attenta neanche l'Advaita.... La Vita va vissuta sino in fondo, cosi le passioni e ogni desiderio. |
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02-07-2007, 12.23.24 | #117 | |
Ospite pianeta Terra
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
visechi:
Citazione:
il Saggio è atarassico interiormente.. ma nel contempo egli è avviluppato al fuoco della Passione, Passione cosciente della Vita in tutti i suoi aspetti.. aspetti che riesce a gestire.. in sostanza è un godurioso.. un vero Imperatore della tragicicomica vita.. e morte.. questo il mio appunto |
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02-07-2007, 18.27.06 | #118 | ||
Perfettamente imperfetto
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
visechi:
Citazione:
Questa è una visione superata che appartiene all'immagine del Saggio quietista, generalmente di matrice orientale, almeno per quanto mi riguarda esecondo il mio parere. Si rifà al vecchio uomo di conoscenza dualista, ancora diviso tra corpo e spirito. Ora ci sono sono nuovi approcci "religiosi" che sono più integrati: i quali fanno sì, come dicono Atisha e Yam in forma diversa, che l'individuo si esprima totalmente, ma consapevolmente. Che è sia materialista che spiritualista, che non nega nulla del ciò che è. Per esempio: "io", Mirror, sono distaccato e, allo stesso tempo, sono una torcia focosa, carica di passione. Il "mio" Centro però è sempre immobile ( almeno quasi sempre ), come l'occhio del ciclone, ma fuori sono fatto di quel rosso avvampante... a cui tu alludi, carico d'impeto, immerso e interessato ai giochi del mondo e alle sue tragedie. L'immagine che tu hai di dei saggi orientali va aggiornata... sono arrivati tempi nuovi anche qui. O, piuttosto, diciamo che non ci sono solo i saggi orientali o occidentali... ma nuovi tipi di saggi: i saggi dei giorni feriali... Citazione:
Sono pienamente d'accordo con te. Io sono "fatalista" proprio nel senso su cui ti sei soffermato molto bene nel tuo bel intervento. Ciò a cui tu ti riferisci sopra io la chiamo cocreazione congiunta all'accettazione... Il fato sono io, sei tu, è il Tutto, così come si manifesta nel qui ed ora, sempre. Il cosiddetto superuomo, per me, non è altro che un uomo che si esprime totalmente con Coscienza indivisa, come essere cocreatore e codistruttore, libero e responsabile... senza però il senso dell'ego, sentendosi un tutt'uno con le forze, l'energie, l'impersonalità dell'Universo, vivendole in una forma individualizzata e consapevole. Per cui anche il dilemma ego o non ego è "roba" mentale: molti stanno andando oltre anche questa separazione apparente. L'ego ha bisogno del non ego, come il non ego per riconoscersi necessità dell'ego. Sono complementari. Come l'area ha bisogno del perimetro per definirsi, lo stesso vale per l'ego. In realtà l'ego è solo una convenzione di cui ci si è dimenticati che siamo stati noi a crearla, identificandoci negli aggregati di memorie, pensieri, nei grumi di sensazioni ed emozioni... Nella misura in cui ci si identifica in essa si è più o meno coscienti di Sè. |
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02-07-2007, 19.50.23 | #119 | |
Sii cio' che Sei....
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Citazione:
No, Visechi, qui ti stai lanciando in fantasiose elucubrazioni staccate dal poetico ed ispirato Zarathustra....che nulla ha a che vedere con l'N. precedente. Certo che Zoroastro e' un campione di dualita' ed e' per quello che N. ha chiamato il suo non-duale Zarathustra cosi... N. sull'ego si e' espresso piu' volte, soprattutto sulla necessita' di andare oltre le identificazioni emotive causate appunto dalla dualita' attraverso cui funziona la mente. |
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02-07-2007, 20.01.45 | #120 |
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Riferimento: EGO NON-EGO.... quale dilemma...
Mirror:Per cui anche il dilemma ego o non ego è "roba" mentale: molti stanno andando oltre anche questa separazione apparente.
L'ego ha bisogno del non ego, come il non ego per riconoscersi necessità dell'ego. Sono complementari. Come l'area ha bisogno del perimetro per definirsi, lo stesso vale per l'ego. In realtà l'ego è solo una convenzione Grazie per la chiarezza..è vero Mirror.. definire è sempre dividere cio' che nella realta' non lo e'... Bisogna sempre tenerne conto... D'altronde non si può descrivere a parole il non-duale |