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29-12-2015, 21.38.39 | #62 | |
Moderatore
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
In questo continuo cessare di apparire e nuovo sopraggiungere di ogni altro scorre il tempo che ci racconta, anche se il racconto è già da sempre e per sempre. Il racconto che mi racconta è senza tempo, ma solo nel tempo posso leggere ciò che sono e per leggerlo, per sentirlo, occorre il tempo di un apparire finito. |
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30-12-2015, 11.10.58 | #63 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 28-06-2015
Messaggi: 172
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
Tutto questo è necessario per il tema della morte. A quindici anni, ancora ero credente, e chiedendomi, per curiosità, cosa è la morte per un ateo, mi sono dato questa risposta, quasi subito, senza pensarci molto, funzionava alla perfezione. Era evidente. |
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30-12-2015, 22.06.44 | #64 | ||||||
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
Perché deve significare per forza qualcosa? Secondo me vi sono fatti reali fenomenici che significano qualcosa perché qualcuno intenzionalmente vi ha attribuito un significato (segnali stradali, monumenti, giornali murali, scritte di varia natura, prezzi di articoli in vetrine, ecc.) e (di fatto molto più numerose) cose senza significato, insiemi di sensazioni fenomeniche (distinguibili dallo sfondo, dato che ci tieni; anche se secondo me possono a volte pure riempire l’ intero campo visivo, senza sfondo e non cambierebbe la sostanza della questione) esistenti “naturalmente” (e non artefatti umani cui sia, intenzionalmente ed arbitrariamente, convenzionalmente, attribuito un certo significato). ****** Per me l’ identità-non contraddizione degli enti teorici (di pensiero: i concetti) è un dato unicamente logico... (Sgiombo) Citazione:
Questo per il significato attribuito al concetto di “negazione”, per il quale si intende che qualcosa non accade di alcunché (di reale o anche solo di pensato) insieme e contemporaneamente al suo accadere. Per l’ essere o accadere di qualsiasi “cosa” (ente o evento; reale o anche solo concettuale ovvero reale solo in quanto mero oggetto di pensiero) si è stabilito di intendere e si intende una condizione che non può darsi insieme e contemporaneamente al non essere o non accadere. Per questo necessariamente Qualsiasi cosa appaia, se effettivamente appare (è o avviene), nella sua immediatezza è proprio quel qualcosa, non quel qualcosa e insieme il suo non essere quel qualcosa (e questa è una tautologia). Citazione:
La percezione è un evento naturale e non un artefatto intenzionale (umano; o di altro ipotetico agente intenzionale). Perciò non ha alcun significato (men che meno contraddittorio. Potrebbe averne uno un simbolo (o insieme di simboli) intenzionalmente dotato di significato, come per esempio una scritta o un segnale stradale. Che non esista, almeno nell'essere umano normalmente cosciente, una sensazione separabile dal pensiero che la conosce è un’ affermazione di Sellars (“sensazioni o qualia necessariamente carichi di teoria”) che ha avuto molta fortuna in filosofia, in particolare analitica (tuttavia è discussa e non universalmente accettata), ma che personalmente ho sempre convintamente considerato totalmente errata: le sensazioni possono essere “attenzionate” più o meno intensamente; possono anche “passare inosservate” (ma non: non sentite), come quelle che abbiamo camminando o guidando un veicolo su un percorso abituale (non ce ne ricordiamo nulla, perché non ci abbiamo fatto attenzione, non vi abbiamo pensato, ma le abbiamo avute coscientemente, tant’ è vero che non abbiamo sbattuto contro nessun ostacolo e non siamo mai passati a un semaforo che fosse “rosso”; ed è del tutto fuori dubbio che non si tratta certo di uno di quei particolarissimi casi fisiologici che sono detti di “visione cieca”). ****** “Ammissibilità di ciò che appare rispetto al contesto in cui può come tale, nella sua compiuta autossussistenza, apparire” non capisco cosa possa significare (Sgiombo). Citazione:
Purtroppo continuo a non capire. Qualcosa di apparente (insieme di sensazioni fenomeniche) ha un significato unicamente se si tratta di artefatto simbolico (soliti esempi di scritte e segnali stradali); altrimenti (ad esempio se si tratta di una montagna o di un sasso) non vedo come il contesto in cui appare possa conferirgli un qualsiasi significato (un certo sasso è tale e non significa alcunché sia che rimanga nel greto di un torrente, sia che la corrente lo porti sul fondo o sulla riva di un fiume e poi sulla costa di un mare, oppure che qualcuno, trovandolo piacevole, lo prenda e utilizzi come fermacarte (cambia il contesto in cui si trova, e magari anche culturalmente, socialmente, ma il sasso resta sempre quello e senza significato; a meno che un’ artista non gliene dia uno inserendolo in -o al limite facendone tout court- un monumento commemorativo di qualcosa, cioè a meno che un agente intenzionale non glielo appioppi artificialmente e arbitrariamente). Al principio di identità risponde allo stesso identico (sic!) modo qualsiasi ente o evento: se fosse come dici tutto significherebbe indiscriminatamente tutto e il contrario di tutto; id est: nulla significherebbe alcunché. IL cavallo ci appare realmente e basta (che altro può significare l’ astrusa locuzione “ci è dato immediatamente come significato appropriato di ciò che ci appare”?”; l’ ippogrifo no (che altro può significare l’ astrusa locuzione: “è spurio, non è autosussistente”?): la sua apparizione può solo essere pensata, immaginata, ma non accadere realmente (casomai appare il pensiero di essa, che è tutt’ altro!). Citazione:
Idem come sopra circa l’ oscurità del linguaggio. Ma nessun europeo aveva visto un canguro prima del XVIII secolo; e tuttavia in tale contesto non era affatto ammissibile che qualcuno sano di mente lo vedesse: bastava che andasse in Australia! Non basta che qualcosa non sia di fatto (finora) stato percepito empiricamente perché sia inammissibile che lo sia anche in futuro. ****** “Come é “immortale” (sempre se stesso e sempre in teoria pensabile) il concetto di “ippogrifo”, così lo sono anche quelli che si riferiscono ad enti reali, per esempio quello di “cavallo” (Sgiombo= Citazione:
Qui non hai capito. Non mi riferivo all’ immortalità (letterale, senza virgolette) di un cavallo (ente realmente esistente e mortale), ma all’ “immortalità” metaforica (riprendendo pari pari la tua terminologia), cioè l’ impossibile trapassare nel loro non essere se intesi essere, dei concetti (tanto di -denotanti- cose reali come i cavalli, quanto, esattamente allo stesso modo, di -connotanti- cose irreali come gli ippogrifi), e non invece degli enti ed eventi reali (come i cavalli e non gli ippogrifi). CONTINUA Ultima modifica di sgiombo : 30-12-2015 alle ore 22.55.55. |
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30-12-2015, 22.15.54 | #65 | ||||||
Ospite abituale
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Riferimento: Lettera sulla Morte
CONTINUAZIONE
Citazione:
La locuzione “l'esistenza come coincidente con la realtà in se stessa e il pensiero come un libero pensare la realtà che a questa può o meno adattarsi” comprendo benissimo che cosa significhi. Invece quella “il significato originario dei termini in cui l'essenza è ciò che è e l'esistenza il suo modo sempre diverso e molteplice di apparire. All'esistenza appartengono sia le immagini immediate della sensazione sia quelle mediate del pensiero, determinate dai contesti in cui possono manifestarsi (immediatamente o mediatamente) vere o false” (dato che non significa la stessa cosa della precedentre, come si evince dal contesto della tua argomentazione) no! Citazione:
Solita oscurità del discorso. Ma (obietto solo al poco che trovo comprensibile, ignorando ovviamente il molto altro) un’ affermazione può essere vera o falsa (esistono cavalli; esistono ippogrifi), non così un ente o evento, che può solo essere reale o meno (un cavallo; un ippogrifo); e nel primo caso può essere molteplice e diviene. La morte è un fatto diffusissimo (ovviamente non contraddittorio: non avrebbe senso essendo un fatto! Ma reale!). Non comprendo a che proposito mi muova l’ obiezione (peraltro per me incomprensibile; letteralmente!) circa la creazione. Ma ovviamente alla realtà appartengono sia enti ed eventi reali (cavalli), sia (se e quando qualcuno li pensa; veracemente, cioè negandone l’ esistenza, o meno) i pensieri, i concetti di enti ed eventi fittizi (ippogrifi), che sono comunque ben altro; non enti ed eventi fittizi (ippogrifi). ****** “E ripeto che il principio di identità, essendo una regola del corretto (sensato) parlare, è relativo ai concetti e non ha senso se riferito alle cose (enti ed eventi) reali: concetti e cose reali non sono affatto reciprocamente identici, né contrari (contraddittorio il predicarli reciprocamente gli uni delle altre o viceversa), ma semplicemente diversi (non contraddittoriamente, compatibilmente: sebbene costantemente si intreccino l'uno con l'altro sono separati, diversi, da non confondersi concettualmente se si vuole pensare correttamente veracemente). (Sgiombo) Citazione:
Corollario a me assolutamente incomprensibile. Ma il pr. di identità apparirebbe (vigerebbe?) anche se (per assurdo! Periodo ipotetico dell’ irrealtà!) anche se vi fossro realmente cose non fugaci, non divenienti ma eterne. Citazione:
Che non si possano accogliere acriticamente le definizioni del vocabolario o del linguaggio comune non implica che si debba usare un linguaggio oscuro ed astruso; a maggior ragione se si parla di filosofia, che esige strema chiarezza e inequivocità. Citazione:
Solita osservazione circa l’ oscurità del discorso. Ma il termine di separazione tra un passato che comunque non accade (più) e un futuro che ugualmente non accade (ancora) è con tutta evidenza qualcosa e non affatto nulla! Citazione:
Ciò che è ora può (o poteva; o potrà) benissimo essere niente ieri e/o domani semplicemente perché è (tempo presente!) e non era (tempo passato!) e non sarà (tempo futuro!) assolutamente niente ieri e domani rispettivamente. Le frasi successive non riesco proprio a capire che cosa significhino, che senso abbiano (mi dispiace, ma mi devo proprio ripetere ancora). So di certo che non possono mostrare (né dimostrano) l’ eternità di alcun ente concreto reale. Non ho alcuna pretesa fenomenologica assoluta e aprioristica. Semplicemente constato (a posteriori) che solo i fenomeni sono direttamente mostrabili, constatabili, e che di qualcosa che non fosse fenomeno (apparenza sensibile) non può (nonché mostrarsi: sarebbe autocontraddittorio!) dimostrarsi che realmente accada. Evidentemente Garbino ha compreso il senso della frase che citi. Io proprio, pur con tutta la buona volontà no. |
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30-12-2015, 23.10.59 | #66 | |
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
Il tempo lo si può intendere proprio come uno scorrere dal futuro al passato, considerando che ciò che ora accade è sorto dal futuro e finirà nel passato, prima è il futuro ancora da accadere, poi è il passato già accaduto e quindi, guardando innanzi a noi, vediamo il passato, non il futuro, è nell'essere passato, nel diventar passato che vediamo la morte che verrà. Ma sono d'accordo, lo scorrere del tempo è un'illusione, ma non perché la sensazione è eterna, dato che la sensazione abita il tempo, occorre che qualcosa cominci e che cessi per sentirla, solo ciò che non si sente è eterno. L'illusione del tempo è comunque assolutamente necessaria per sapere di esistere. Solo l'illusione di ogni cominciare e finire può lasciare intravvedere l'eternità. |
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30-12-2015, 23.52.46 | #67 | |
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Riferimento: Lettera sulla Morte
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31-12-2015, 10.41.24 | #68 |
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Caro Sgiombo, avevo iniziato come al solito a replicare al tuo lungo intervento, poi mi sono accorto che la discussione ci stava portando entrambi decisamente ben oltre il tema proposto e soprattutto che non stavamo facendo altro che ripetere per l'ennesima volta le stesse argomentazione contrapposte sul significato della realtà (mi verrebbe da dire a dimostrazione del fatto che i significati non sono per nulla il risultato di convenzioni dell'intelletto che si prestabiliscono come si prestabiliscono i segnali stradali come segni significanti). Ho quindi cancellato la mia risposta ritenendola del tutto inutile e inopportuna, lasciando la tua a testimonianza conclusiva della differenza di significato che, in parte, ci contrappone. Certamente questa contrapposizione emergerà ancora, credo dovremo semplicemente accettarla: fa parte di quella differenza essenziale che caratterizza l'esistenza di ognuno, finché si vive.
Ciao e tanti auguri per il nuovo anno. |
31-12-2015, 11.06.56 | #69 | |
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Riferimento: Lettera sulla Morte
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Un po' come, guardando un film o uno spettacolo teatrale, nello scorrere di scene e fotogrammi possiamo certamente ritenere che ciò che vediamo sia solo una finzione, che la verità è la pellicola in sé o il testo già scritto, ma è solo in quello scorrere che a un certo punto arriva a conclusione, attimo dopo attimo, che possiamo partecipare di esso, che possiamo intenderlo come qualcosa che si rivela nella sua verità a cui partecipiamo. Heidegger scrisse all'inizio di "Essere e Tempo" che l'Essere (Sein) può rivelarsi solo dall'Esserci (da-sein) e quindi dallo scorrere del tempo. Heidegger è spesso oscuro, ma questa affermazione è lampante nella sua evidente intuitiva chiarezza. |
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31-12-2015, 12.08.25 | #70 | |
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