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17-12-2015, 21.42.41 | #32 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 06-10-2014
Messaggi: 49
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
Mi permetto di fare un timido commento: ritengo che la nascita l’abbiamo sperimentata, anche se a livello conscio non lo ricordiamo, ma certamente ci ha dato delle emozioni che oggi non siamo capaci di collegare a quell’evento; per quanto riguarda la morte, essendosi il nostro essere sviluppato nel corso della nostra vita materiale, potremmo essere capaci di sperimentarla coscientemente. L’esperienza di nascita e morte riflessa negli altri non ci può far conoscere la loro essenza: infatti è estremamente differente vivere una cosa sulla propria pelle dal viverla di riflesso. |
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19-12-2015, 21.38.01 | #33 | |||
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
L'io universale non ha alcun senso (come non ha senso pensare a un io incorporeo, una sorta di ineffabile sostanza di pura coscienza in cui continua a essere), perché non sono io, non è il mondo che io vivo da soggetto che quell'io universale o incorporeo può restituirmi. La morte è l'angoscia suprema e totale di una coscienza che non può assolutamente concepirla per se stessa, anche se vede continuamente la morte accaderle attorno sottraendo ogni cosa alla sua presa, finché sarà assurdamente sottratto anche ciò che io sono senza che nulla resti. I miei pensieri che muoiono è altra cosa dal diventare io, che li ho pensati, cadavere e quindi nulla, per l'eternità. Ma in quel nulla io non ci sono, dunque la morte, in ultima analisi, non mi compete per nulla, tutto ciò che mi compete è il disfacimento del mio corpo e l'essere abbandonato, finché vi è ancora un barlume di coscienza, finché vivo nell'impossibile attesa di poter morire. Citazione:
Per contro, se sperimenteremo la morte è evidente che in quell'evento noi non moriremo, altrimenti come possiamo sperimentarla? Citazione:
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20-12-2015, 01.12.25 | #34 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 22-03-2015
Messaggi: 257
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Tra gli innumerevoli desideri dell'uomo c'è pure quello di Non-essere, di Non-esistere. E' un desiderio profondo di fuga , di distacco dal dolore. Spesso lo si vede negli anziani provati dalla sofferenza o dalla solitudine. Ma anche la persona "sana", mediamente infelice, non sprofonda con gratitudine nel sonno alla sera ? Non ci si rifugia con dolcezza nell'oblio di se stessi? E con quanta fatica, spesso, ci si rialza al mattino o si indugia nel tepore del letto, intimoriti dall'iniziar la giornata. Questi due poli, coscienza e incoscienza, vita e morte, veglia e oblio, danzano insieme. Ma se non ci fosse il ristoro della dimenticanza come sarebbe possibile sopportarsi in eterno? Temiamo la morte fisica , ma sostanzialmente è un tornare da dove siamo venuti. Ci siamo levati dalla terra e a quella torniamo, nudi di tutto siamo entrati, nudi ce ne usciamo.
Nudi dall'Io abbiamo provato la nascita, eppure c'eravamo davvero. Con questo compagno incostante e infelice gusteremo la morte ? O pure lui ci abbandonerà nel momento finale ? O sarà probabilmente talmente cambiato dalla vecchiaia o dalla malattia che ignaro se ne andrà alla fine ? |
20-12-2015, 10.59.30 | #35 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
(Per la mia ignoranza in materia di filosofia idealistica) Il concetto di "essenza" mi é del tutto oscuro. Tuttavia mi sembra evidente che, come osservo che l' esperienza cosciente di altri, alla loro morte (al loro diventare cadaveri), non accade più, smette definitivamente di accadere realmente (o meglio: é per lo meno pensabile come possibile che così sia, essendo pure pensabile come possibile che continui un esistenza "svincolata" dal, o non più in corrispondenza biunivoca con il, funzionamento del loro cervello*), ciò si dia (o per lo meno possa darsi) anche della mia propria esperienza cosciente. Dire che mia esistenza finisce (=viene a essere definitivamente nulla) dopo la morte (come quella di tutti gli altri uomini) non equivale affatto a (é altra ben diversa cosa da) dire che la mia essenza è nulla ora che sono vivo: quella prima affermazione non é affatto una contraddizione, in un certo senso si potrebbe dire anzi che é un' assoluta non-contraddizione; é invece solo questa seconda -assolutamente diversa- ad essere assolutamente contraddittoria. E lo stesso dicasi del passaggio dal fatto che ciascuno di noi non é (ancora realmente vivo) prima della nascita al fatto che é (realmente vivo) dopo la nascita (e prima della morte): é tutt' altra e ben diversa cosa assolutamente non-contraddittoria- dal preteso non essere realmente vivo dopo la nascita (e prima della morte), il quale é invece assolutamente contraddittorio. * Per la cronica ci tengo a precisare che non lo credo, anche se non ritengo dimostrabile con certezza la verità della negazione di questa ipotesi; e dunque vivo conseguentemente a questo mio non credere alla continuazione delle mia esperienze cosciente (la mia come le altre) dopo la morte cerebrale. |
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21-12-2015, 17.57.43 | #36 | ||
Nuovo ospite
Data registrazione: 06-10-2014
Messaggi: 49
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
E’ vero che nel periodo che va dalla nostra nascita alla nostra morte noi viviamo nel tempo e nello spazio e recepiamo dal mondo esterno quello che i nostri sensi (presenti fin dalla nascita) ci permettono di recepire: ed i nostri sensi non sono solamente cinque come la nostra limitata razionalità ci insegna, ma anche qualcosa di più profondo della quale penso che tutti noi ne abbiamo una irrazionale consapevolezza. E quello che noi sperimentiamo è un susseguirsi di attimi di presente che rappresentano la nostra realtà che , nello stesso momento in cui avviene svanisce, lasciandoci il ricordo del passato e la speranza del futuro. Se consideriamo la nascita e la morte non come gli attimi fuggenti dell’inizio e della fine della nostra vita materiale (attimi che, per quanto io ne sappia, neanche la scienza riesce a definire precisamente), ma come processi che ci portano ad assumere coscienza prima dell’inizio e poi della fine della vita , io ritengo possibile sperimentare la morte come somma di tutti gli istanti successivi alla nostra percezione che è in arrivo e precedenti all'attimo finale, vivendoli soggettivamente come ricordo. Ma ti prego, spiegami che significato ha sperimentare la nostra nascita e morte sulla base dell’esperienza degli altri; non riesco a capirlo: ritengo che l’esperienza sia un qualcosa di personale . P.S. su internet, ci si può credere o meno , ma si trovano molti scritti(alcuni considerati anche scientifici) che raccontano di persone che hanno sperimentato una situazione di pre-morte e che hanno avuto la capacità di raccontarlo come ricordo soggettivo del passato. Citazione:
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22-12-2015, 19.56.23 | #37 |
Moderatore
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Sgiombo, quando diciamo che qualcuno è diventato nulla , dunque che è nulla rispetto a quel qualcuno che era, esprimiamo una evidente contraddizione, perché se è nulla non può mai (né nel passato, né nel presente, Nè nel futuro, in qualsiasi attimo) essere quel qualcuno.
Immaginare (dato che evidentemente non potrò mai constatarlo, anche se lo prevedo) che io sarò un giorno nulla è appunto questa contraddizione: o ci sono io o c'è il nulla, le due cose insieme non potranno mai starci e dunque nulla (inteso come essere altro da ciò che sono) io non potrò mai esserlo in base al principio di identità che implica quello di non contraddizione. Lo stesso discorso vale per la nascita, ma in termini opposti. E' il divenire stesso che è un'assoluta contraddizione. Ma di questo abbiamo già a lungo parlato, quindi non mi ripeterò ulteriormente, qui volevo solo evidenziare il fatto che la nostra morte la vediamo solo come riflesso del morire degli altri, identificandoci in essi in quanto l'io appare come altro del nostro altro. E' sempre solo l'altro che muore (ogni altro), a quanto possiamo fenomenologicamente vedere. |
22-12-2015, 21.16.40 | #38 | ||
Moderatore
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
Il morire dell'altro, ossia la sola morte che vediamo, è semplicemente la nostra esperienza di non poterlo assolutamente più trovare, il suo definitivo non poterci più apparire in ciò in cui lo riconoscevamo. Sia la nascita che la morte dunque le vediamo solo nel nascere e morire degli altri, la differenza è che, mentre nel primo caso può esserci qualcuno che ce la racconta per come lui ne ha avuto esperienza, nel secondo no. Citazione:
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23-12-2015, 03.45.03 | #39 | |
Moderatore
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
nello stesso tempo pero e in quella stessa circostanza,(magari casi in cui erano dati per clinicamente morti o di coma irreversibile) si potrebbe altrettanto dire che fossero vivi?!.. (perlomeno di cio che per noi consideriamo in tal senso,e questo mi farebbe pure sorgere il dubbio che forse quello che noi riteniamo- essere/ci in vita- sia anche qualcosa di diverso e/o riduttivo rispetto a cio che riusciamo ad esperire) |
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23-12-2015, 08.27.30 | #40 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Lettera sulla Morte
Citazione:
Secondo il significato correntemente assegnato alle parole (dai parlanti italiano, nella fattispecie) le cose non stanno così: Dire che qualcuno é diventato nulla al tempo “b” rispetto a qualcosa (o qualcuno) che era al tempo “a”, essendo “a” =/= “b”, del tutto evidentemente non é una contraddizione. Se qualcosa o qualcuno é ora può benissimo darsi che (non) sia stato (alcunché) in passato o che (non) sarà (alcunché) in futuro. Immaginare (dato che evidentemente non potrò mai constatarlo, anche se lo prevedo) che io sarò un giorno nulla è appunto un pensiero sensatissimo, logicamente correttissimo, coerentissimo, assolutamente non contraddittorio: o ci sono io o c'è il nulla per un determinato, identico a se stesso, lasso di tempo, le due cose insieme contemporaneamente non potranno starci. Ma in periodi di tempo diversi potranno starci benissimo. Dunque non sarò più (dopo la mia morte) nel pieno rispetto del principio di identità che implica quello di non contraddizione. |
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