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29-09-2013, 14.50.15 | #103 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Sgiombo:
Non riesco proprio a trovare un senso in queste parole, che mi sembrano autocontraddittorie: concordi con me che non è dimostrabile in alcun modo ciò che è bene e ciò che è male fare? Oppure credi che sia dimostrabile? Ma in questo caso la dimostrazione dove mai sarebbe? Ho detto che è dimostrabile, ma che la maggior parte della gente con cui parlo non riesce a portare, effettivamente, giustificazioni secondo me rilevanti fino in fondo perché ad un certo punto, pressati dalla richiesta di motivazioni affermano come dici tu: "perché lo sento"; o nel migliore dei casi: "sentire di voler realizzare questo fine è proprio di tutti". Sgiombo: Infatti noi (o meglio il nostro corpo) non siamo genericamente “l ‘energia”, bensì una specifica forma di organizzazione e di divenire della materia (massa e/o energia), trasformandosi la quale oltre un certo limite (quello tra la sua vita e la sua morte) non siamo più, bensì è qualcos’ altro. E’ del tutto incomprensibile cosa intenderebbero, secondo, queste tue parole, “i più” in proposito, ma comunque è irrilevante: da quando in qua la verità si stabilirebbe votando, “a maggioranza”? La prima parte del tuo commento lascia molto vaghi i confini dell'essere di un oggetto, pensi di poter applicare l'inesistena del mio Io una volta verificatasi la mia morte; ma è proprio su questo che dovremmo discutere, cioè quand'è che potrai dire che sono morto. Se tutti i processi sono scambi di energia o mutamento della materia, il fatto che chiamerai un determinato mutamento "morte" non può dirci nulla di interessante, apparte che si è verificato un certo processo particolare. In che senso quel preciso processo dovrebbe essere così devastante per noi non è chiaro. Quando un tavolo verrà distutto potrò dire che è morto il tavolo, se volessi; questo non vuol dire che, per esempio, la coscienza del tavolo sia svanita. Con ciò voglio dimostrarti che non c'è alcun motivo per cui dovresti legare un grande mutamento alla perdta totale di consapevolezza, ad esempio, in quanto nel caso del tavolo non diresti che accade qualcosa del genere. L'unica cosa che empiricamente si può vedere è che c'è un "grande mutamento nel tipo di interazioni di energia"; se volessi legare un discorso della coscienza a questo forse la cosa più sensata che potresti dire (per analogia) è: "c'è un grande mutamento nella coscienza". Sopratutto mi piacerebbe capire definitivamente quando, per te, un oggetto continua ad essere lo stesso oggetto. Sembra che si possa affermare una cosa del genere fintanto che non si trovino "grandi mutamenti di forma", il che però contraddice con la tua metafisica, nel momento in cui affermi che il tavolo nella mia coscienza non è il tuo tavolo anche se ci mettiamo quasi nello stesso punto di riferimento (e da qui ricavi, di solito, un discorso sul noumeno ecc.). Quando mi riferisco ai più porto semplicemente un invito a considerare e studiare, se ti interessa, questo argomento per come è stato trattato dai grandi logici, matematici e filosofi nella storia. Potrai anche non credergli sulla parola, ma potrai certamente vedere se i loro argomenti ti stuzzicano. Inoltre il mio voleva essere un riferimento al fatto che le stesse teorie fisiche sono accettate ufficialmente (o ben considerate) in quanto accettate dalla "comunità scientifica". Sgiombo: Gli scopi nelle cose naturali non prodotte dagli uomini o da altri animali che si pongano fini coscienti possono solo vederli illusoriamente, falsamente gli uomini stessi; in realtà non ci sono. Ma la scienza spiega benissimo la vita senza ricorrere ad alcunché di non-naturale; credere all’ esistenza del quale peraltro significherebbe mandare a scatafascio tutta la scienza stessa (è logicamente inconciliabile con essa, la quale parte dal presupposto -indimostrabile- che tutto in natura diviene secondo modalità universali e costanti oggettivamente vigenti e non stabilite né modificabili da nessuno coscientemente e finalisticamente). La scienza spiegherebbe bene queste cose se avesse prondotto una ontologia completa, visto che invece ci sono molte cose che non può psiegare quello che dici non può essere vero. Se mi spieghi che ci si può evolvere grazie al caso ma non mi dici come si è arrivati alle condizioni per cui il caso poteva portare determinazioni del genere (come si arrivati alla conformazione del pianeta terra ed esempio) potrò sempre dire in proposito ciò che mi pare più senato, e ciò che mi "invento" avrà ripercussioni sulle altre cose. Comunque il dibattito sul neodarwinismo è apertissimo, non capisco perché citi la posizione neodawninista come quella esatta se tantissimi scienziati non la condividono, in quanto credono che non possa essere soddisfacente (per esempio c'è il famoso problema del passaggio dalla materia morta alla prima materia viva, che può essere il frutto del "brodo primordiale", ma alcuni pensano che le probabilità che si fosse verificato qualcosa del genere -a causa della complessità della più infima forma di vita- sia praticamente pari a 0). Sgiombo: Quello che non hai mai detto è la dimostrazione stessa di ciò (non pretenderai che ti si creda sulla parola...). Si, per me la distruzione dell’ umanità alla quale in qualche misura contribuisco (ma sono pressoché certo questo lo si possa dire anche di te) è un problema; infatti cerco di lottare per superare le condizioni che determinano questa distruzione. Ok, ma ho paura delle persone che dicono di contribuire alla non eliminazione dell'umanità senza saper giustificare una simile posizione. Della mia giustificazione in qualche modo ne stiamo già parlando. Per ora credo di essere in grado di dimostrare che non scompariremo una volta collassato il sistema di interazioni neuronali con cui per approssimazione ci identifichiamo, per cui ci conviene di "coltivare" il mondo per permetterci di "abitarlo" meglio anche dopo il "trapasso" (e che, in generale nell'Io sono compresi anche gli altri, cioè tutta la natura, una volta morto sarò comunque parte della natura o meglio la natura stessa). L'unico assioma che compare è che "non voglio soffrire", una possibile motivazione è che il dolore è spiacevole (ma questa è una tautologia?). Forse possiamo discutere anche di questo però: perché quando l'autoconservazione è minacciata si soffre? Sono cose difficili, ma possiamo ragionarci se vuoi. In ogni caso, per i motivi esposti sopra, dovremmo rispettare tutte le forme di vita visto che fanno parte del nostro Io (danneggiarle vorrebbe dire danneggiare noi stessi). Il discorso è ampliamente legato a quello dell'identificazione dell'essere di un oggetto, di una persona o di un ente in generale (discorso che stavamo affrontando sopra). Non stò facendo riferimento a nessun Dio e a niente di a-scientifico. Perché la scienza non dice quello che affermi tu, cioè che con la "morte cerebrale" la nostra coscienza svanirà nel nulla, la scienza si stà apprestando da poco a studiare la coscienza e per farlo si stà avvalendo di team con filosofi e psicologi annessi (di fatto so che molti scienziati direbbero che l'Io personale coincide con la natura stessa o cose simili). |
29-09-2013, 19.25.18 | #104 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Aggressor:
Secondo la visione meccanicista della realtà tuttalpiù puoi illuderti di essere padrone del tuo destino, o meglio, in un certo senso puoi pure esserlo, perché è meccanicamente che ne sarai padrone. Sarai costretto a decidere delle cose invece di altre, ovviamente questo non vuol dire che non compi delle scelte e che queste scelte non siano frutto del tuo essere, ma non vuol nemmeno che avresti potuto agire diversamente. Avanzando una visione probabilistica, invece, sarebbe vero che potevi fare cose diverse, ma a determinare ciò che fai sarebbe il caso e non la "libera volontà" che così spesso si ascrive all'uomo. Sgiombo: Fin qui perfettamente d’ accordo (mi hai capito benissimo)! Aggressor: Il problema del meccanicismo, a mio avviso, è l'impossibilità di spiegare l'accidentalità della forma dell'universo in cui siamo immersi. Non trovo nessun motivo per il quale esso doveva configurarsi così e non in un altro modo. Ammettendo che tutto si sia sviluppato dal Big-Bang, si dovrebbe ammettere che la materia doveva essere disposta in un certo modo per evolversi di consegueza. Ma perché era disposta in un certo modo e non in un altro? Se ci fosse stata una pura omogeneità primordiale, allora non si vede perchè questa omogeneità si sia persa. Sgiombo: Qui ritengo che poni un problema senza senso. Infatti ha senso chiedersi (si può descrivere) come accade ciò che accade in natura (al di fuori dell’ operato umano; e a livelli “primordiali” anche di altre specie animali), ma non ha senso chiedersi perché dal momento che solo ciò che è operato da un soggetto per qualche scopo ha un “perché” (che coincide con lo scopo; per esempio il “perché” del fatto che uno conduca una vita sana é il desiderio di vivere a lungo in salute: la vita sana è il mezzo, nelle circostanze date -la fisiologia umana- per conseguire il fine -la vita lunga e sana-, il mezzo che spiega il fine). Ma a proposito di ciò che semplicemente esiste come esiste un oggetto minerale (per esempio una montagna, una stella, una galassia; ma anche l’ universo intero) e che non è stato “fatto” come mezzo in vista di un fine in determinate circostanze non ha senso chiedersi “perché” accade che sia così com’ é. D’ altra parte ogni preteso “perché” (risposta alla domanda: perché?) può essere sottoposto alla domanda sul “perché” a sua volta di esso stesso (della risposta stessa), in una regressione all’ infinito. Aggressor: La visione probabilista, invece, a mio avviso, avrebbe il difetto di non portare alcuna ragione per ascrivere movimenti casuali a solo certe entità. Se il caso esiste davvero, non vedo perché non dovrebbero accadere i più strampalati fenomeni in modo casuale. Sgiombo: Ritengo che per parlare sensatamente, non autocontraddittoriamente, e se si considera esistere il mutamento (contrariamente a Parmenide, Severino e i loro pochi intimi), allora o tale mutamento è casuale (integrale, assoluto, senza nulla di costante che vi si possa astrarre dal resto cangiante), oppure è parziale, relativo, ovvero in esso si possono astrarre determinati aspetti costanti, immutevoli (questi sono le leggi universali e costanti del divenire naturale, indimostrabili nel loro “essere in vigore” -Hume!-. Tertium non datur. Tuttavia a loro volta queste leggi del divenire ordinato possono essere ipotizzate essere di tipo meccanicistico-deterministico oppure di tipo probabilistico-statistico; in questo ultimo caso si realizza una sorta di sintesi fra caso, relativo ai singoli eventi, e determinismo, relativo alle proporzioni degli eventi in gruppi numerosi di essi). Aggressor: Ancora una cosa che trovo estremamente interressante e che riguarda un argomento introducibile con questo commento: Sgiombo "Nulla si crea e nulla si distrugge", sì, tuttavia "tutto si trasforma", e dunque dopo la morte noi probabilmente (la certezza assoluta non ce l' ho) non ci saremo più ma ci sarà qualcos' altro in cui ci saremo trasformati Si potrebbe dire che conviene difendere il patrimonio dell'umanità, invece che goderne a sbafo senza contribuire alla società in generale proprio perché non possiamo essere sicuri che il fregarcene non avrà ripercussioni su di noi. Ho voluto fare questa precisazione perché una volta tirai fuori l'esempio del folle che, in punto di morte, vorrebbe far saltare il pianeta. Io credo sempre alla gente cosa potrebbe dire al folle per dissuaderlo. Tutti, di solito, dicono di volerlo fermare ma alla fine, vedendo che dopo la morte non c'è nulla e che lui non-è gli altri, non riescono a portare alcuna dimostrazione logica per fermarlo. A fermarlo, però, potrebbe essere il dubbio di avere torto; e così avremmo una motivazione razionale per giustificare il fine di fare il bene per tutti. Una dimostrazione che non richiede nemmeno una grande verifica, poiché si basa proprio sul dubbio. Sgiombo: Non ho capito il senso generale del ragionamento. (a parte l’ inverosimiglianza alquanto cervellotica dell’ esempio, che a mio avviso lo rende poco convincente in generale), se questo folle si astenesse dal distruggere il mondo per paura di continuare ad esistere dopo la morte e di dover pagare le conseguenze del suo gesto umanicida, allora non compirebbe affatto un gesto eticamente buono, apprezzabile, encomiabile bensì un gesto comunque gretto, meschino ed egoistico, esattamente come tutti gli altri diversi che in diverse circostanze (per esempio se fosse sicuro di non sopravvivere alla propria morte) la sua natura malvagia lo indurrebbe a compiere: agirebbe comunque nel proprio meschinissimo interesse, fregandosene completamente di tutti gli altri uomini, che solo per caso, per un “effetto collaterale eticamente indifferente” della scelta del folle otterrebbero che fosse evitata la distruzione del mondo; un po’ come un ladro che si rende conto di non avere i mezzi necessari per neutralizzare un antifurto particolarmente moderno ed efficace e per questo evitasse di tentare il furto: dovremmo forse considerarlo onesto? |
29-09-2013, 20.43.45 | #105 | |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Citazione:
Naturalmente ho già la risposta: ma occorre crederci! Comunque sembra che per chi crede in una qualche religione...che attribuisce gli eventi ad intervento divino...sia molto confortante pensare che invece i laici si "illudono"...supportati in questo dalla fallace scienza...che sia il "Caso" a condure la loro vita...e ne siano anche felici...i tapini! A parte il fatto che la scienza non parla di "Caso", ma di "consequenzialità" degli eventi: in realtà quindi, anche se non nota e non rigorosamente deterministica, c'è sempre una causa o più cause che provocano gli eventi. Ed in effetti la ricerca scientifica si propone, fra l'altro, proprio lo scopo di studiare le "cause" provocanti gli eventi in modo da conoscerle, prevenirle e predirne gli effetti...ecc...sconfiggendo quindi il "Caso"! Strategicamente questo significa che mentre contro l'ineffabile divino nulla possiamo se non affidarci alla preghiera...contro il "Caso" veramente possiamo essere padroni coscienti del nostro destino e capitani della nostra anima! La scienza, infatti, con la relativa cultura e con l'avanzare delle ricerca, sempre più, ce ne offre i mezzi fisici, intellettuali, spirituali: dipende solo da noi! Noto per inciso che negli ultimi decenni la ricerca scientifica si è spinta fino ad indagare e ipotizzare che anche l'emergere dell'universo...dei multiversi...abbia una causa, una multicausa o una modalità dovuta alla leggi fisiche che reggono, appunto, l'universo. La ricerca scientifica quindi è la prima nemica dell'ipotetico "Caso"...che quindi, eventualmente, sarebbe solo dovuto al non sapere come funzionano le cose...nel macro come nel microuniverso...all'ignoranza. .. in definitiva! A parte questo, dicevo, l'accenno al fatto che i non credenti o i supposti credenti nel "Caso"...sarebbero vittime di "illusione"...mi ha riportato alla mente la situazione dei due amici in cui l'uno, non accorgendosi della trave conficcata nel proprio occhio...cerca di togliere il bruscolino che crede di vedere nell'occhio dell'altro. |
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29-09-2013, 21.51.15 | #106 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Duc in altum!:
La legge del Caso è (sintetizzando): per caso "c'è stato" un inizio, un big-bang, per caso la distanza "precisa" dal sole della terra e le condizioni fisiche-chimiche "perfette" su di essa hanno dato luogo all'atmosfera, per caso in queste "qualità necessarie" è venuta alla luce la prima cellula vivente e sempre per caso, tutte queste "accidentali coincidenze", hanno partorito l'essere umano. Sgiombo: A parte il “Big bang” come inizio del tutto (che nego) e a parte la presunta "perfezione" che non si da mai in natura, sono "quasi perfettamente" d’ accordo con tutto ciò. Duc in altum!: La domanda nasce spontanea: come mai il tuo essere dottore non è un casuale colpo di fortuna?? Quindi non solo tesi contraddittoria ma anche opportunista. Se così non fosse perché ci si scontra con dei meriti, c'è da chiedersi: quando e "perché" il Caso si è trasformato in Coscienza?!? Sgiombo: Credo che in ultima analisi il mio essere dottore sia un evento fortuito: deterministicamente conseguente a condizioni “iniziali” (non in senso letterale: non le condizioni del “Big bang”, le condizioni in un qualsiasi istante del divenire naturale senza inizio e senza fine nel tempo) fortuite. La coscienza è insorta in certi casi e in certi momenti dell’ evoluzione biologica. Non c’ è un perché: lo si constata, accade così (invece la comparsa dei corrispettivi materiali -neurofisiologici- della coscienza si spiega benissimo con l’ evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale). Quindi nessuna contraddizione (e tantomeno opportunismo, che c’ entra come i cavoli a merenda)! Duc in altum!: Inoltre nessuno potrebbe, innanzi alla teoria di Hoyle: "Le probabilita' che un processo spontaneo metta insieme un essere vivente sono analoghe a quelle che una tromba d'aria, spazzando un deposito di robivecchi, produca un Boeing 747 perfettamente funzionante" - non sviluppare dubbi e riflessioni sul materialismo. Sgiombo: Colossale sciocchezza da Testimoni di Geova! Duc in altum!: Perché almeno una volta nella vita accadono fenomeni strampalati in modo casuale dai quali, dopo averli ben discerniti, s'intuisce che di casuale non c'era nulla. Sgiombo: Le intuizioni non sono spiegabili o dimostrabili: le si provano e basta e le si può in qualche misura comuncare ma non certo dimostrare (in quanto tali). Dunque (sia detto senza alterigia) parla per te (a proposito delle tue intuizioni). Tu, e non tutti (come suggerito indebitamente dall’ uso della forma verbale impersonale) personalmente intuirai che di causale non c’ è niente! Per quel che mi riguarda non lo intuisco affatto (anzi non capisco nemmeno bene cosa possa significare)! (Credo si dica "discreti", anche se non sono sicuro). |
29-09-2013, 22.05.19 | #107 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
PRIMA PARTE
Aggressor: Ho detto che [ciò che è bene e ciò che è male fare] è dimostrabile, ma che la maggior parte della gente con cui parlo non riesce a portare, effettivamente, giustificazioni secondo me rilevanti fino in fondo perché ad un certo punto, pressati dalla richiesta di motivazioni affermano come dici tu: "perché lo sento"; o nel migliore dei casi: "sentire di voler realizzare questo fine è proprio di tutti". Sgiombo: Si, ma se è dimostrabile allora non dovresti scrivere che molti non riescono a dimostrarlo, bensì esporre come si riesce a dimostrarlo. Sgiombo: Infatti noi (o meglio il nostro corpo) non siamo genericamente “l ‘energia”, bensì una specifica forma di organizzazione e di divenire della materia (massa e/o energia), trasformandosi la quale oltre un certo limite (quello tra la sua vita e la sua morte) non siamo più, bensì è qualcos’ altro. E’ del tutto incomprensibile cosa intenderebbero, secondo, queste tue parole, “i più” in proposito, ma comunque è irrilevante: da quando in qua la verità si stabilirebbe votando, “a maggioranza”? Aggressor: La prima parte del tuo commento lascia molto vaghi i confini dell'essere di un oggetto, pensi di poter applicare l'inesistena del mio Io una volta verificatasi la mia morte; ma è proprio su questo che dovremmo discutere, cioè quand'è che potrai dire che sono morto. Se tutti i processi sono scambi di energia o mutamento della materia, il fatto che chiamerai un determinato mutamento "morte" non può dirci nulla di interessante, apparte che si è verificato un certo processo particolare. In che senso quel preciso processo dovrebbe essere così devastante per noi non è chiaro. Quando un tavolo verrà distutto potrò dire che è morto il tavolo, se volessi; questo non vuol dire che, per esempio, la coscienza del tavolo sia svanita. Con ciò voglio dimostrarti che non c'è alcun motivo per cui dovresti legare un grande mutamento alla perdta totale di consapevolezza, ad esempio, in quanto nel caso del tavolo non diresti che accade qualcosa del genere. L'unica cosa che empiricamente si può vedere è che c'è un "grande mutamento nel tipo di interazioni di energia"; se volessi legare un discorso della coscienza a questo forse la cosa più sensata che potresti dire (per analogia) è: "c'è un grande mutamento nella coscienza". Sopratutto mi piacerebbe capire definitivamente quando, per te, un oggetto continua ad essere lo stesso oggetto. Sembra che si possa affermare una cosa del genere fintanto che non si trovino "grandi mutamenti di forma", il che però contraddice con la tua metafisica, nel momento in cui affermi che il tavolo nella mia coscienza non è il tuo tavolo anche se ci mettiamo quasi nello stesso punto di riferimento (e da qui ricavi, di solito, un discorso sul noumeno ecc.). Quando mi riferisco ai più porto semplicemente un invito a considerare e studiare, se ti interessa, questo argomento per come è stato trattato dai grandi logici, matematici e filosofi nella storia. Potrai anche non credergli sulla parola, ma potrai certamente vedere se i loro argomenti ti stuzzicano. Inoltre il mio voleva essere un riferimento al fatto che le stesse teorie fisiche sono accettate ufficialmente (o ben considerate) in quanto accettate dalla "comunità scientifica". Sgiombo: In effetti i confini fra la vita e la morte sono molto vaghi e incerti; malgrado questo non c'é alcun dubbio che a un certo punto il nostro cadavere non è più vivo e la materia di cui eravamo fatti si sta già trasformando in qualcos’ altro da noi. E’ chiarissimo e certo che a un certo punto (dopo un istante che non si può stabilire con precisione e certezza) noi come uomini vivi non ci siamo più e abbiamo già cominciato a trasformarci in altre cose (per esempio è già ampiamente accduto allorché compare la rigidità cadaverica). Dubito che un tavolo possa avere una coscienza; la nostra allorché non funziona più il nostro cervello (eventualmente anche prima della morte, per esempio in caso di coma irreversibile) non da più segno di esistere (e per quanto qualche dubbio sia forse lecito, non essendo possibile una dimostrazione rigorosa e indubitabile -un po’ come dell’ inesistenza di Dio- trovo ragionevole credere che non esista più; poi la fantasia può correre a briglia sciolta, ma ciò non costituisce un motivo per credere ragionevolmente ai suoi molteplici e svariatissimi possibili parti; uno fra gli altri dei quali, accanto per esempio all’ esistenza di Biancaneve e i sette nani, di omini verdi con le antenne, centauri, chimere e quant’ altro, è quella della sopravvivenza della coscienza alla morte del cervello). Certamente l’ esperienza fenomenica del tavolo nella mia coscienza non è (è diversa cosa da) l’ esperienza dello “stesso” tavolo nella tua coscienza; tuttavia si può ammettere (non dimostrare) che vi è una perfetta corrispondenza fra di essi e ci si può benissimo del tutto arbitrariamente accordare sul momento in cui ciò che corrispondentemente accade nelle diverse coscienze non è più l’ esistenza di quel tavolo ma di qualcos’ altro in cui si è trasformato (ti risparmio il discorso sul noumeno che vedo hai già ben compreso). Certamente mi interessa moltissimo al storia della filosofia (che ovviamente conosco molto limitatamente, da dilettante); ma non vi ho mai trovato dimostrazioni dell’ etica (il tentativo del grande Spinoza, che ammiro comunque moltissimo, mi sembra il più ambizioso ma non mi convince affatto |
29-09-2013, 22.10.45 | #108 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
SECONDA PARTE
Sgiombo: Gli scopi nelle cose naturali non prodotte dagli uomini o da altri animali che si pongano fini coscienti possono solo vederli illusoriamente, falsamente gli uomini stessi; in realtà non ci sono. Ma la scienza spiega benissimo la vita senza ricorrere ad alcunché di non-naturale; credere all’ esistenza del quale peraltro significherebbe mandare a scatafascio tutta la scienza stessa (è logicamente inconciliabile con essa, la quale parte dal presupposto -indimostrabile- che tutto in natura diviene secondo modalità universali e costanti oggettivamente vigenti e non stabilite né modificabili da nessuno coscientemente e finalisticamente). Aggressor: La scienza spiegherebbe bene queste cose se avesse prodotto una ontologia completa, visto che invece ci sono molte cose che non può spiegare quello che dici non può essere vero. Se mi spieghi che ci si può evolvere grazie al caso ma non mi dici come si è arrivati alle condizioni per cui il caso poteva portare determinazioni del genere (come si arrivati alla conformazione del pianeta terra ed esempio) potrò sempre dire in proposito ciò che mi pare più senato, e ciò che mi "invento" avrà ripercussioni sulle altre cose. Comunque il dibattito sul neodarwinismo è apertissimo, non capisco perché citi la posizione neodawninista come quella esatta se tantissimi scienziati non la condividono, in quanto credono che non possa essere soddisfacente (per esempio c'è il famoso problema del passaggio dalla materia morta alla prima materia viva, che può essere il frutto del "brodo primordiale", ma alcuni pensano che le probabilità che si fosse verificato qualcosa del genere -a causa della complessità della più infima forma di vita- sia praticamente pari a 0). Sgiombo: Decisamente non capisco: la biologia spiega egregiamente la nascita e l’ evoluzione della vita. Ovviamente non può (e non vuole) descriverla per filo e per segno nei minimi insignificanti particolari (sarebbe come chiederle di esporre gli elenchi del telefono di tutte le città del mondo). C’ è chi crede che la vita non sia comparsa dal brodo primordiale (malgrado considerazioni teoriche impeccabili e anche esperimenti probanti) ma sia stata creata da Dio, ma questa non è scienza (anche se chi lo fa si dichiara “scienziato”; ma non basta dichiararsi tali per dire cose scientifiche: c’ è perfino una banalissima superstizione di un certo successo in America che si autodenomina “Scientology). Sgiombo: Quello che non hai mai detto è la dimostrazione stessa di ciò (non pretenderai che ti si creda sulla parola...). Si, per me la distruzione dell’ umanità alla quale in qualche misura contribuisco (ma sono pressoché certo questo lo si possa dire anche di te) è un problema; infatti cerco di lottare per superare le condizioni che determinano questa distruzione. Aggressor: Ok, ma ho paura delle persone che dicono di contribuire alla non eliminazione dell'umanità senza saper giustificare una simile posizione. Della mia giustificazione in qualche modo ne stiamo già parlando. Per ora credo di essere in grado di dimostrare che non scompariremo una volta collassato il sistema di interazioni neuronali con cui per approssimazione ci identifichiamo, per cui ci conviene di "coltivare" il mondo per permetterci di "abitarlo" meglio anche dopo il "trapasso" (e che, in generale nell'Io sono compresi anche gli altri, cioè tutta la natura, una volta morto sarò comunque parte della natura o meglio la natura stessa). L'unico assioma che compare è che "non voglio soffrire", una possibile motivazione è che il dolore è spiacevole (ma questa è una tautologia?). Forse possiamo discutere anche di questo però: perché quando l'autoconservazione è minacciata si soffre? Sono cose difficili, ma possiamo ragionarci se vuoi. In ogni caso, per i motivi esposti sopra, dovremmo rispettare tutte le forme di vita visto che fanno parte del nostro Io (danneggiarle vorrebbe dire danneggiare noi stessi). Il discorso è ampliamente legato a quello dell'identificazione dell'essere di un oggetto, di una persona o di un ente in generale (discorso che stavamo affrontando sopra). Non stò facendo riferimento a nessun Dio e a niente di a-scientifico. Perché la scienza non dice quello che affermi tu, cioè che con la "morte cerebrale" la nostra coscienza svanirà nel nulla, la scienza si stà apprestando da poco a studiare la coscienza e per farlo si stà avvalendo di team con filosofi e psicologi annessi (di fatto so che molti scienziati direbbero che l'Io personale coincide con la natura stessa o cose simili). Sgiombo: Non ho scritto di non contribuire, ma di contribuire, purtroppo di fatto in una certa misura all’ eliminazione dell’ umanità (ma anche di darmi da fare per cercare di superare le condizioni che determinano questa tendenza umanicida). Continui a dire di essere in grado di dimostrare e a non dimostrare; ripeto: non pretenderai che ti si creda sulla parola!? La scienza sta dimostrando molto convincentemente che a ogni determinato stato di una certa determinata coscienza corrisponde necessariamente un certo determinato stato funzionale di un certo determinato cervello e viceversa; e che senza cervello regolarmente funzionante (per esempio non in coma) non può esserci coscienza (poi uno può credere quel che vuole, ovviamente). |
30-09-2013, 14.55.36 | #109 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Sgiombo:
La scienza sta dimostrando molto convincentemente che a ogni determinato stato di una certa determinata coscienza corrisponde necessariamente un certo determinato stato funzionale di un certo determinato cervello e viceversa; e che senza cervello regolarmente funzionante (per esempio non in coma) non può esserci coscienza (poi uno può credere quel che vuole, ovviamente). Il fatto che sia utile pensare ad un corrispondenza fisica di stati funzionali non vuol dire che la verità sia questa. Infatti da un certo punto di vista potrei darti ragione, ma non dirò che esistono enti materiali a sé stanti, a cui non si possa ad un punto ascrivere quella relatività propria dei contenuti esperenziali (cioè la dipendenza dal contesto=> "cioè che si è" + "ciò che c'è fuori"-). In ogni caso la scienza può solo ammettere che crollato il sistema "interazoni neuronali" la percezione dell'individuo -a cui si ascriveva il possesso di tali interazioni- non ricade sulle stesse istanze di prima (il che, come dicevo, può essere ammesso ragionevolmente per analogia, neanche per dimostrazione empirica). Semplicemente si vede che se insultavo una persona prima che morisse quella rispondeva, dopo no. Il che può voler dire che quell'uomo non avverte più l'insulto, non che non avverte più nulla (ma dovresti annettere a questo mio discorso quello della negazione di un Io personale ed in tutto distinto dagli altri Io; su queste cose si basa la dimostrazione che cerco di portarti della mia etica, non è vero che non ti stò portando argomenti). Sgiombo: Qui ritengo che poni un problema senza senso. Infatti ha senso chiedersi (si può descrivere) come accade ciò che accade in natura (al di fuori dell’ operato umano; e a livelli “primordiali” anche di altre specie animali), ma non ha senso chiedersi perché dal momento che solo ciò che è operato da un soggetto per qualche scopo ha un “perché” (che coincide con lo scopo; per esempio il “perché” del fatto che uno conduca una vita sana é il desiderio di vivere a lungo in salute: la vita sana è il mezzo, nelle circostanze date -la fisiologia umana- per conseguire il fine -la vita lunga e sana-, il mezzo che spiega il fine). Ma a proposito di ciò che semplicemente esiste come esiste un oggetto minerale (per esempio una montagna, una stella, una galassia; ma anche l’ universo intero) e che non è stato “fatto” come mezzo in vista di un fine in determinate circostanze non ha senso chiedersi “perché” accade che sia così com’ é. D’ altra parte ogni preteso “perché” (risposta alla domanda: perché?) può essere sottoposto alla domanda sul “perché” a sua volta di esso stesso (della risposta stessa), in una regressione all’ infinito. Francamente non ho mai capito bene la differenza tra il perché e il come; in ogni caso il problema del determinismo, per come lo volevo esporre, ricade esattamente sul come (o anche sul come). Come ha fatto una certa materia iniziale a trovarsi in un certo modo e poi, di lì, evolversi meccanicamente fino a noi? Secondo l'interpretazione meccanicista doveva essere accaduto qualcosa che ce l'ha messa e così certo che cadiamo all'infinito (a me preme di risolvere questo regresso). Ma se doveva, invece, avere una certa necessaria conformazione iniziale, non si capisce come si sia discriminato tra le altre possibili. Quando avrai dimostrato che una certa specifica conformazione iniziale (non omogenea) era necessaria a discapito di qualsiasi altra sarai molto credibile. Sgiombo: Ritengo che per parlare sensatamente, non autocontraddittoriamente, e se si considera esistere il mutamento (contrariamente a Parmenide, Severino e i loro pochi intimi), allora o tale mutamento è casuale (integrale, assoluto, senza nulla di costante che vi si possa astrarre dal resto cangiante), oppure è parziale, relativo, ovvero in esso si possono astrarre determinati aspetti costanti, immutevoli (questi sono le leggi universali e costanti del divenire naturale, indimostrabili nel loro “essere in vigore” -Hume!-. Tertium non datur. Tuttavia a loro volta queste leggi del divenire ordinato possono essere ipotizzate essere di tipo meccanicistico-deterministico oppure di tipo probabilistico-statistico; in questo ultimo caso si realizza una sorta di sintesi fra caso, relativo ai singoli eventi, e determinismo, relativo alle proporzioni degli eventi in gruppi numerosi di essi). Forse dai troppo credito ai concetti che usi, pensando che l'umanità sia già arrivata ad una stilizzazione di concetti immutabili, necessari nonché completi nella loro lista, e che dunque tra meccanismo e caso non ci siano alternative. Io ho provato a farti concepire qualcosa di diverso tra le due istanze parlandoti di una somma olistica di quelle che coinciderebbe con la libertà (ma so che una cosa del genere non è facile da digerire, io stesso ne stò vagliando la sensatezza). Ora se collegherai questa libera volontà con il concetto della non discriminazione tra gli Io (siamo tutti lo stesso ente), vedrai che non sarò capace di biasimarti per ciò che fai, poiché il tuo Io è il mio stesso Io (mi biasimerei da solo), ma neanche sarò costretto ad escludere che quella sorta di grande Io proceda per libertà. Vorrei cercare di farti capire che nonostante tutto partii dai tuoi stessi presupposti; non mi piaceva il concetto "cristiano" di colpa e pensai che il meccanicismo ben spiegasse l'insensatezza di simili cose (e in modo pragmaticamante stringente; infatti quelli che si comportavano male erano "costretti" dai preconcetti, dalla famiglia ecc, da ciò che casualmente si ritrovavano e a cui meccanicamente rispondevano per ciò che erano). Dopodiché, resomi conto del regresso all'infinito che esso suppone e non riesce a superare (cosa che imparai soprattutto al corso di filosofia medievale, che è quasi tutta telogia -ma se conoscessi la teologia medievale capiresti che il cristianesimo per come è inteso dai più oggi c'entra poco, si tratta di pura filosofia, metafisica e fisica-) inziai a cambiare veduta. Sono così ricorso ad una ontologia non meccanicista e in cui rientri addirittura il libero arbitrio, in cui però non saremo comunque capaci di denigrare gli altri per ciò che fanno, semmai dovremo denigrare l'intero sistema in cui siamo immersi, non vendicarci o punire per aver mal usato la propria particolare libertà (siamo infatti un tutt'uno non separato), ma semplicemente fare in modo che le cose vadano meglio. Mi sono dilungato in questo discorso perché non vorrei che riducessi il mio pensiero a qualcosa di cattolico, religioso ecc. (nel modo in cui queste cose sono di solito intese). Non voglio parlare di libertà per giustificare il merito, il demerito ecc, lo faccio solo per motivi inerenti alla fisica o alla metafisica se vuoi, ed io stesso sono contro quelli che si arrabbiano tanto contro gli altri dicendo: "certo che quello è un bastar.. meriterebbe di essere punito". Al massimo potrei accettare qualcosa come: "lo "punisco" a scopo educativo". |
30-09-2013, 14.56.18 | #110 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Sgiombo:
un po’ come un ladro che si rende conto di non avere i mezzi necessari per neutralizzare un antifurto particolarmente moderno ed efficace e per questo evitasse di tentare il furto: dovremmo forse considerarlo onesto? Non è esattamente così se presti attenzione (e qui si entra nel merito della mia teoria etica "dimostrata"). La mia etica sarebbe individualista se ammettessi l'esistenza di un ME; tale concetto però può avere senso solo ammettendo l'esistenza degli ALTRI, ma io ho indetificato me e gli altri in modo che queste cose opposte non abbiano senso, quindi la mia etica non è individualista. Dire che il tipo non ruba la macchina per fare del bene a sé o per fare del bene agli altri sarebbe lo stesso (così ogni volta risulterebbe onesto). Ma anche ammettendo che tutte le volte, alla fine, lo faccio per me, l'etica funzionerebbe lo stesso in modo da giustificare un bene verso la comunità cosicché sarei comunque in grado di dimostrare di voler fare del bene alla società. Il tuo concetto di onestà presupporrebbe che si operasse il bene in modo disinteressato (cioè non per soddisfare esigenze soggettive); ammesso che la mia etica non sia già qualcosa del genere (ti ricordo che ho annullato il senso del me e degli altri), potremo forse trovare appoggio almeno in Kant; ma qui tocca studiare ancora bene almeno la critica del giudizio e quella della ragione pratica. Sgiombo: Si, ma se è dimostrabile allora non dovresti scrivere che molti non riescono a dimostrarlo, bensì esporre come si riesce a dimostrarlo. Cerco solo di essere onesto, non è che voglio imporre il mio punto di vista, percui se a una certa domanda che ci stiamo facendo molti hanno risposto in un certo modo avrò pure il diritto di dirtelo. Sgiombo: Certamente l’ esperienza fenomenica del tavolo nella mia coscienza non è (è diversa cosa da) l’ esperienza dello “stesso” tavolo nella tua coscienza; tuttavia si può ammettere (non dimostrare) che vi è una perfetta corrispondenza fra di essi e ci si può benissimo del tutto arbitrariamente accordare sul momento in cui ciò che corrispondentemente accade nelle diverse coscienze non è più l’ esistenza di quel tavolo ma di qualcos’ altro in cui si è trasformato (ti risparmio il discorso sul noumeno che vedo hai già ben compreso). Certamente mi interessa moltissimo al storia della filosofia (che ovviamente conosco molto limitatamente, da dilettante); ma non vi ho mai trovato dimostrazioni dell’ etica (il tentativo del grande Spinoza, che ammiro comunque moltissimo, mi sembra il più ambizioso ma non mi convince affatto Dietro agli Io fenomenici che potete vedere dovrebbe esserci un Io noumenico singolo (il mio Io per esempio), che però muta in corrispondenza col mutare fenomenico. Percui se l'asserzione <<il tavolo fenomenico mio non è lo stesso tavolo fenomenico tuo>> è vera poiché per premessa si afferma <<forme diverse appartengono a cose diverse>> tanto che si possa dire <<due cose diverse non-sono la stessa cosa>>, allora è vero anche <<il mio Io noumenico non-è l'Io noumenico che ci sarà tra un istante>> -visto che la forma dei due è diversa- (ed abbiamo parlato molto di questo, tu stesso hai affermato che la "forma" noumenica è sottoposta al mutamento in quanto deve corrispondere al cambiamento dei fenomeni corrispondenti). In sintesi riporto l'argomento già presentato: secondo la tua teoria Io non sarò già me stesso tra qualche istante, percui di fatto sarò morto. Verrò forse sostituito da qualcuno di simile a me che non sono Io comunque. Non si capisce perché dovrei agire anche solo per me, se sono già morto o morirò tra un secondo. Allo stesso tempo, invece, affermi che Io non sarò più me stesso solo dopo il grande mutamento della morte cerebrale, il che sembrerebbe contraddittorio. Ultima modifica di Aggressor : 30-09-2013 alle ore 16.36.00. |