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27-09-2013, 13.43.52 | #94 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Aggressor:
Si possono benissimo spiegare i motivi per cui si vuole agire in un certo modo, cioè si può spiegare il motivo del perseguimento di un qualunque fine. Non sarà semplicemente "perché sento di volerlo". Il problema di oggi è che la maggior parte della gente non riflettendo su ciò che vuole non sa ben argomentare. L'etica, se vuole essere ragionata e dimostrata in tutti i suoi aspetti deve, credo, affondare le sue radici nella metafisica e nella fisica (insomma nelle teorie naturali in generale). Ma può anche appoggiarsi su un residuo storico, molto pragmaticamente. Quando si stilano leggi e diritti non si dice che queste leggi e questi diritti rispettano una realtà naturale obbiettiva, come, d'altronde, in tutte le scienze, le quali si approssimano al reale e/o ci aiutano semplicemente ad interagire con esso. Che sia sbagliato uccidere (e in questo esempio non intendo che sia sbagliato in vista di un certo fine, ma che lo sia e basta, come gli atomi sono atomi) non possiamo, forse, saperlo con certezza matematica; come d'altronde non possiamo sapere che le particelle elementari ipotizzate dal "Modello Standard" sono i veri mattoni della realtà (o che dietro il collasso della sovrapposizione di stati non si celi qualche causa meccanica ignota). Sgiombo: Il comportamento etico si può spiegare scientificamente (e in parte anche storicamente, certo!) ma non dimostrare. Altrimenti "perché sento di volerlo" (al di là della spiegazione delle tendenze comportamentali dovute ad evoluzione biologica e in parte a condizionamenti sociali)? Aggressor: Molti dei fini che ci spingono a fare ciò che facciamo possono essere ricondotti al fine del vivere bene (per esempio). Che si voglia vivere bene può anche rimanere un assioma indimostrato ma poi tutto si collega a questo. Si può discutere sopra un simile principio e chiedersi se la vita, fermandosi con la morte cerebrale, debba essere appagata considerando che si concluderà lì, o se, per esempio, non convenga di curarsi anche di ciò che verrà dopo (magari dicendo che non ce ne andremo mai se "nulla si crea e nulla si distrugge"). Sgiombo: "Nulla si crea e nulla si distrugge", sì, tuttavia "tutto si trasforma", e dunque dopo la morte noi probabilmente (la certezza assoluta non ce l' ho) non ci saremo più ma ci sarà qualcos' altro in cui ci saremo trasformati; l' unica preoccupazione che posso avere in proposito é quella di farmi cremare perché (ora che sono vivo) mi ripugna l' idea del mio corpo che va in putrefazione. Aggressor: La maggior parte della gente ragiona come se si dovesse garantire il benessere dell'umanità, nonostante i detentori delle forze capaci di gestre qualcosa del genere non sembrino dello stesso parere. Come si garantisca un siffatto benessere è già difficile a spiegarsi, ma ciò che mi colpisce di più è che non si dimostra affatto che qualcosa del genere sia la cosa giusta (so che il concetto di giusto è problematico, un pò come quello di vero o quello di "approssimativamente vero"), come dici tu, sembra che la cosa sia lasciata al "sentire" irrazionale. Ora io credo che si possa, invece, giustificare logicamente una simile proposizione e la natura stessa, stranamente, sembra volersi preservare per un qualche motivo forse soltanto ignoto ad oggi (e forse solo a causa di uno spostamento di attenzione dall'etica alla tecnica). Anche perché la spinta alla riproduzione rivela un istinto di preservazione che trascende la morte cerebrale o in generale del sistema che si è (per es. una cellula può muoversi nel reale col fine di riprodursi, nonostante, dopotutto, essa morirà e non-sarà la propria cellula figlio -soprattutto rispettando l'utilizzo semantico a cui tu, Sgiombo, ti accosti, utilizzando la parola essere-; ma allora perché la vita è improntata a questo? e perché la materia ha creato la vita che cerca questo?). Che tutto ciò (l'autoconservazione delle specie) sia stato un caso e che l'uomo sia un animale spinto (ormai poco) dall'inerzia di una biologia scaturita dal probabilismo o dal puro meccanismo è tutto da dimostrare, per ora è solo l'ipotesi che alcuni (e non sono poi molti né i più autorevoli -la fase determinista come quella idealista è un passaggio proprio di moltissimi pensatori-) credono più elegante. Sgiombo: Tutta da dimostrare credo sia l' esistenza di una provvidenza in natura, non la sua inesitenza: l' onere della prova spetta a chi asserisce. E lo si può credere per fede ma non dinostrare (e anzi molti aspetti crudelissimi della natura, oltre che dell' umanità, sembrerebbero dimostrare il contrario). Peraltro non vedo nulla di problematico nel fatto che la vita sia sorta ed evoluta "per caso", cioé per cause naturali, fisiche (non sopra- preter- o comunque extra- naturali) estremamente complesse e non discernibili nei minimi particolari e dettagli. Ciao. |
28-09-2013, 11.30.17 | #95 |
Ospite abituale
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Sgiombo:
Il comportamento etico si può spiegare scientificamente (e in parte anche storicamente, certo!) ma non dimostrare. Altrimenti "perché sento di volerlo" (al di là della spiegazione delle tendenze comportamentali dovute ad evoluzione biologica e in parte a condizionamenti sociali)? Tutte le cose che credi senti di crederle. Tu dici: posso spiegare scientificamente perché senti il bisogno di perseguire certi fini, ma non posso dirti che il perseguimento di quei fini è cosa buona. Non capisco perché il secondo punto sarebbe idimostrabile; se vuoi puoi chiedermi perché mi comporto con certi fini e ti risponderò. Certo, non posso essere sicuro al 100% che le motivazioni siano valide(come accade in tutte le cscienze e la conoscenza), ma non ti dirò che lo faccio "perché lo sento". Già solo per il fatto che è da un pò che combatto con gente che argomenta così il proprio agire (scavando nel fondo delle sue motivazioni etiche) e non voglio fare quella fine; ma neppure quelli, quando gli dicevo: "alla fine lo fai perché lo senti", sembravano piuttosto dispiaciuti e in cerca di una possibile soluzione al problema (si sentivano in difetto di qualcosa, la dimostrazione, che dovevano poter ostentare ma che in quel momento gli mancava, come succede a volte in alcune teorie fisiche, scietifiche ecc.). Ma se dopo la morte non ci saremo più, che significato ha il "nulla si distrugge"? Significa solo che è l'energia a non distruggersi nel processo, ma se noi siamo l'energia, più che la specifica conformazione di quell'energia stessa in un dato tempo, allora anche noi non ci distruggeremo. Ora, su questo punto di legare l'essere di un oggetto alla sua forma particolare in un dato momento ci siamo già scontrati a lungo, percui forse nn è il caso continuare. Solo ti dirò che molti logici, filosofi ecc, non sarebbero affatto daccordo con la tua posizione. Di fatto usi il termine esistenza come un attributo, fai pure una ricerca veloce e vedrai che questo uso non si addice a quel termine nel modo in cui tu stesso lo intendi (cioè almeno questa è la posizione dei più). D'altronde se non fosse così, io non sarei già me stesso adesso rispetto ad un secondo fa, percui cotinuamente sperimenteremmo la nostra morte, e se volessi fare ciò che mi conviene fintanto che non mi distruggo, non mi conviuene pensare a ciò che mi succederà tra un anno, tanto, come abbiamo ammesso, tra un anno la mia forma sarà mutata, percui, essendomi trasformato, mi sarò pure distrutto (non sarò più io). Non capisco perché sarei io a dover dimostrare che c'è una provvidenza naturale (che poi non voglio affatto dire qualcosa del genere) e non tu a dover dimostrare il contrario; visto poi che per secoli si è optato per la prima risposta che doveva essere (e lo è secondo me) evidentemente più plausibile (basta guardare l'incredibile disposizione degli elementi naturali, soprattutto quelli "vivi" che sembrano seguire un fine). Un argomento degli stoici era più o meno questo: si porti ad un barbaro un modello del sistema solare e gli si chieda se crede essere futto del caso (il modellino stesso) o se pensa che lo ha costruito qualcuno; il barbaro risponderà certamente che deve averlo costruito qualcuno, percui, se dobbiamo prestare mente non al modellino ma al sistema solare stesso (che è ancora più complesso) non possiamo credere che sia stato frutto del caso, esso deve essere frutto di un disegno intelligenete. (Attenzione però, questo voleva essere un esempio, non è che con ciò voglio convincerti che esiste Dio, forse una sorta di logos -come d'altrone era il Dio degli stoici- si; ma non ci punterei, ora, così tanto). In ogni caso io non voglio dire che c'è un fine della natura, una legge del tutto; se vedrai bene neanche credo che possa dirsi esistente il tutto. Ho detto che si può dimostrare essere vera una posizione etica, essere giusto un fine perseguibile. Anche se all'universo tutto non gliene frega niente se l'umanità si ditrugge, per una parte di esso questo può essere un problema; per te, per esempio, se è vero che rimarrai all'interno di un sistema che contribuisci a degradare. |
28-09-2013, 12.32.29 | #96 | |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
** scritto da sgiombo:
Citazione:
Credere che la vita sia sorta ed evoluta per caso non comporta nessun problema (è sacrosanto che ognuno è libero d'illudersi come meglio desidera), a meno che qualcuno rientri dalla dimensione post-mortem e ci venga a dire che idolatrare questa possibilità ( la quale si può credere per fede ma non dimostrare) possa creare problemi nella trasformazione umana successiva alla morte, ma crea una logica contraddizione: in che momento e perchè (o che cosa abbia) è cambiata la legge del Caso in Scopo, visto che un individuo può essere il padrone del suo destino, il capitano della sua anima, svincolato dalla fortuna/iella?!? |
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28-09-2013, 16.36.52 | #97 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Duc in altum!:
Credere che la vita sia sorta ed evoluta per caso non comporta nessun problema (è sacrosanto che ognuno è libero d'illudersi come meglio desidera), a meno che qualcuno rientri dalla dimensione post-mortem e ci venga a dire che idolatrare questa possibilità ( la quale si può credere per fede ma non dimostrare) possa creare problemi nella trasformazione umana successiva alla morte, ma crea una logica contraddizione: in che momento e perchè (o che cosa abbia) è cambiata la legge del Caso in Scopo, visto che un individuo può essere il padrone del suo destino, il capitano della sua anima, svincolato dalla fortuna/iella?!? Secondo la visione meccanicista della realtà tuttalpiù puoi illuderti di essere padrone del tuo destino, o meglio, in un certo senso puoi pure esserlo, perché è meccanicamente che ne sarai padrone. Sarai costretto a decidere delle cose invece di altre, ovviamente questo non vuol dire che non compi delle scelte e che queste scelte non siano frutto del tuo essere, ma non vuol nemmeno che avresti potuto agire diversamente. Avanzando una visione probabilistica, invece, sarebbe vero che potevi fare cose diverse, ma a determinare ciò che fai sarebbe il caso e non la "libera volontà" che così spesso si ascrive all'uomo. Il problema del meccanicismo, a mio avviso, è l'impossibilità di spiegare l'accidentalità della forma dell'universo in cui siamo immersi. Non trovo nessun motivo per il quale esso doveva configurarsi così e non in un altro modo. Ammettendo che tutto si sia sviluppato dal Big-Bang, si dovrebbe ammettere che la materia doveva essere disposta in un certo modo per evolversi di consegueza. Ma perché era disposta in un certo modo e non in un altro? Se ci fosse stata una pura omogeneità primordiale, allora non si vede perchè questa omogeneità si sia persa. La visione probabilista, invece, a mio avviso, avrebbe il difetto di non portare alcuna ragione per ascrivere movimenti casuali a solo certe entità. Se il caso esiste davvero, non vedo perché non dovrebbero accadere i più strampalati fenomeni in modo casuale. |
28-09-2013, 16.52.28 | #98 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Ancora una cosa che trovo estremamente interressante e che riguarda un argomento introducibile con questo commento: Sgiombo "Nulla si crea e nulla si distrugge", sì, tuttavia "tutto si trasforma", e dunque dopo la morte noi probabilmente (la certezza assoluta non ce l' ho) non ci saremo più ma ci sarà qualcos' altro in cui ci saremo trasformati
Si potrebbe dire che conviene difendere il patrimonio dell'umanità, invece che goderne a sbafo senza contribuire alla società in generale proprio perché non possiamo essere sicuri che il fregarcene non avrà ripercussioni su di noi. Ho voluto fare questa precisazione perché una volta tirai fuori l'esempio del folle che, in punto di morte, vorrebbe far saltare il pianeta. Io credo sempre alla gente cosa potrebbe dire al folle per dissuaderlo. Tutti, di solito, dicono di volerlo fermare ma alla fine, vedendo che dopo la morte non c'è nulla e che lui non-è gli altri, non riescono a portare alcuna dimostrazione logica per fermarlo. |
28-09-2013, 16.56.49 | #99 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
A fermarlo, però, potrebbe essere il dubbio di avere torto; e così avremmo una motivazione razionale per giustificare il fine di fare il bene per tutti. Una dimostrazione che non richiede nemmeno una grande verifica, poiché si basa proprio sul dubbio.
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28-09-2013, 19.04.42 | #100 |
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Riferimento: Riflessioni e dubbi sul materialismo?
Aggressor:
Tutte le cose che credi senti di crederle. Tu dici: posso spiegare scientificamente perché senti il bisogno di perseguire certi fini, ma non posso dirti che il perseguimento di quei fini è cosa buona. Non capisco perché il secondo punto sarebbe indimostrabile; se vuoi puoi chiedermi perché mi comporto con certi fini e ti risponderò. Certo, non posso essere sicuro al 100% che le motivazioni siano valide (come accade in tutte le scienze e la conoscenza), ma non ti dirò che lo faccio "perché lo sento". Già solo per il fatto che è da un po’ che combatto con gente che argomenta così il proprio agire (scavando nel fondo delle sue motivazioni etiche) e non voglio fare quella fine; ma neppure quelli, quando gli dicevo: "alla fine lo fai perché lo senti", sembravano piuttosto dispiaciuti e in cerca di una possibile soluzione al problema (si sentivano in difetto di qualcosa, la dimostrazione, che dovevano poter ostentare ma che in quel momento gli mancava, come succede a volte in alcune teorie fisiche, scietifiche ecc.). Sgiombo: Non riesco proprio a trovare un senso in queste parole, che mi sembrano autocontraddittorie: concordi con me che non è dimostrabile in alcun modo ciò che è bene e ciò che è male fare? Oppure credi che sia dimostrabile? Ma in questo caso la dimostrazione dove mai sarebbe? Aggressor: Ma se dopo la morte non ci saremo più, che significato ha il "nulla si distrugge"? Significa solo che è l'energia a non distruggersi nel processo, ma se noi siamo l'energia, più che la specifica conformazione di quell'energia stessa in un dato tempo, allora anche noi non ci distruggeremo. Ora, su questo punto di legare l'essere di un oggetto alla sua forma particolare in un dato momento ci siamo già scontrati a lungo, percui forse nn è il caso continuare. Solo ti dirò che molti logici, filosofi ecc, non sarebbero affatto daccordo con la tua posizione. Di fatto usi il termine esistenza come un attributo, fai pure una ricerca veloce e vedrai che questo uso non si addice a quel termine nel modo in cui tu stesso lo intendi (cioè almeno questa è la posizione dei più). D'altronde se non fosse così, io non sarei già me stesso adesso rispetto ad un secondo fa, per cui continuamente sperimenteremmo la nostra morte, e se volessi fare ciò che mi conviene fintanto che non mi distruggo, non mi conviuene pensare a ciò che mi succederà tra un anno, tanto, come abbiamo ammesso, tra un anno la mia forma sarà mutata, per cui, essendomi trasformato, mi sarò pure distrutto (non sarò più io). Sgiombo: Infatti noi (o meglio il nostro corpo) non siamo genericamente “l ‘energia”, bensì una specifica forma di organizzazione e di divenire della materia (massa e/o energia), trasformandosi la quale oltre un certo limite (quello tra la sua vita e la sua morte) non siamo più, bensì è qualcos’ altro. E’ del tutto incomprensibile cosa intenderebbero, secondo, queste tue parole, “i più” in proposito, ma comunque è irrilevante: da quando in qua la verità si stabilirebbe votando, “a maggioranza”? Aggressor: Non capisco perché sarei io a dover dimostrare che c'è una provvidenza naturale (che poi non voglio affatto dire qualcosa del genere) e non tu a dover dimostrare il contrario; visto poi che per secoli si è optato per la prima risposta che doveva essere (e lo è secondo me) evidentemente più plausibile (basta guardare l'incredibile disposizione degli elementi naturali, soprattutto quelli "vivi" che sembrano seguire un fine). Un argomento degli stoici era più o meno questo: si porti ad un barbaro un modello del sistema solare e gli si chieda se crede essere futto del caso (il modellino stesso) o se pensa che lo ha costruito qualcuno; il barbaro risponderà certamente che deve averlo costruito qualcuno, percui, se dobbiamo prestare mente non al modellino ma al sistema solare stesso (che è ancora più complesso) non possiamo credere che sia stato frutto del caso, esso deve essere frutto di un disegno intelligenete. (Attenzione però, questo voleva essere un esempio, non è che con ciò voglio convincerti che esiste Dio, forse una sorta di logos -come d'altrone era il Dio degli stoici- si; ma non ci punterei, ora, così tanto). Sgiombo: Per secoli c’ è stato chi ha creduto nella provvidenza (per esempio gli stoici), e chi nel caso (per esempio gli epicurei ma anche i più antichi atomisti alcuni secoli prima degli stoici); ma questo ovviamente non dimostra nulla né in un senso né nell’ altro. E l’ argomento degli stoici che riporti fa acqua da tutte le parti: Non crederei per fede nemmeno all’ uomo più colto e civile, figuriamoci a un rozzo cacciatore-raccoglitore analfabeta! Gli scopi nelle cose naturali non prodotte dagli uomini o da altri animali che si pongano fini coscienti possono solo vederli illusoriamente, falsamente gli uomini stessi; in realtà non ci sono. Ma la scienza spiega benissimo la vita senza ricorrere ad alcunché di non-naturale; credere all’ esistenza del quale peraltro significherebbe mandare a scatafascio tutta la scienza stessa (è logicamente inconciliabile con essa, la quale parte dal presupposto -indimostrabile- che tutto in natura diviene secondo modalità universali e costanti oggettivamente vigenti e non stabilite né modificabili da nessuno coscientemente e finalisticamente). Inoltre la provvidenza divina (per lo meno quella del Dio onnipotente dei seguaci di Abramo; del logos degli stoici non saprei dire) è logicamente inconciliabile con la presenza -innegabile- del male. Aggressor: In ogni caso io non voglio dire che c'è un fine della natura, una legge del tutto; se vedrai bene neanche credo che possa dirsi esistente il tutto. Ho detto che si può dimostrare essere vera una posizione etica, essere giusto un fine perseguibile. Anche se all'universo tutto non gliene frega niente se l'umanità si distrugge, per una parte di esso questo può essere un problema; per te, per esempio, se è vero che rimarrai all'interno di un sistema che contribuisci a degradare. Sgiombo: Si, ho capito che hai detto che si può dimostrare essere vera una posizione etica, essere giusto un fine perseguibile. Quello che non hai mai detto è la dimostrazione stessa di ciò (non pretenderai che ti si creda sulla parola...). Si, per me la distruzione dell’ umanità alla quale in qualche misura contribuisco (ma sono pressoché certo questo lo si possa dire anche di te) è un problema; infatti cerco di lottare per superare le condizioni che determinano questa distruzione. |