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05-02-2010, 17.43.58 | #82 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Avevo scritto una risposta per Giorgiosan, la giro qui. Prima però, ad intuito, dico che il principio di non-contraddizione non può essere immediatamente evidente se quest'ultimo si regge sul principio di identità. Le cose evidenti si reggono da sole. Spero che la risposta che avevo formulato per Giorgiosan sia valevole anche come risposta (con un maggiore approfondimento) a quello che qui dici. Citazione:
Non ho compreso perché dovrebbe essere insostenibile. Come ho avuto modo di dire in “Filosofia dell'informazione”: il contenuto informativo di un messaggio è legato alla sua probabilità di mostrarsi entro un insieme di messaggi possibili: maggiore è la probabilità di realizzarsi, minore è il contenuto informativo. Quindi il messaggio meno probabile ha in sé la massima quantità di informazione. Se io però ho un singolo bit e voglio comprendere qual è la probabilità che si realizzi entro un insieme di messaggi possibili credo uscirebbe una cosa tipo: evidente che esca proprio quel messaggio (Albert direbbe, per chi ha letto quell'argomento, che non ci sarebbe alcuna sorpresa). Nei post precedenti, faccio notare, ho distinto l'evidenza della singola nozione (termine che prendo in prestito da Leporello) dall'evidenza della singola proposizione. Una proposizione però dovrebbe mirare a far passare un messaggio (come da definizione) e non è evidente che esca quello poco probabile (e un motivo ci sarà). Presa da sola, tutta assieme, però, la proposizione sarà evidente come il singolo bit (o nozione). Consideriamo nel dettaglio la proposizione <<A non è non-A>>; notiamo all'interno diverse “nozioni”. Bisogna vedere se sono tutte nozioni. Ciò che però io, fino ad ora, sottoscrivo, è che “non-A” non è una nozione evidente. Essa si regge solo sulla nozione evidente di A. Quindi la probabilità che esca A, dopo aver visualizzato quella proposizione, è al 100%, in quanto “non-A” non è evidente. L'unica informazione possibile è quindi A=nozione Vediamo cosa succederebbe se facessi passare come evidente la proposizione: A è non-A. Chiaramente, come ho detto in precedenza, la proposizione è evidente, ma il messaggio della proposizione sarà ugualmente evidente? Che tipo di informazione è questa? Tu mi risponderesti contraddittoria (credo che anche Aristotele direbbe contraddittoria). Il principio di non-contraddizione però sembra ammettere come nozione evidente anche il non-A. Proprio perché invece non è evidente il non-A la proposizione “A è non-A” è contraddittoria. Per cui il messaggio che ci aspettiamo di vedere è impossibile. Non è solo poco probabile è proprio impossibile. L'unico messaggio possibile (evidente e altamente probabile ovvero certo) è A=A. Cosa importante: non-A si regge su A. Quindi la nozione base (aggiungi tutti i termini che vuoi: premessa, assioma, coscienza, postulato ecc.) è A. In una macchina che non girasse questa nozione base, non avrebbe alcun senso quella su cui essa si regge. Non-A non è una nozione base, non è una premessa non può essere un postulato o un assioma. Nessuno ha mai preso coscienza di negazioni prima ancora di prendere coscienza di affermazioni. La negazione quindi vive all'interno di una proposizione (composta) in cui la sola evidenza è data dall'informazione base che sarà l'unica evidente e su cui poi si fonderà la nostra conoscenza. p.s. Per Leporello, tu dici: A non può essere bianco e nello stesso tempo non esserlo ("A è e non è bianco"). Io non vedo dove sta l'evidenza in questa proposizione (quello che ho scritto a Giorgiosan probabilmente dovrebbe andar bene). L'unica evidenza è data dall'affermazione (se c'è) "A è bianco". |
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05-02-2010, 20.00.26 | #83 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
L'affermazione, nella concretezza della sua formulazione, invece, non è evidente! Il principio sostiene che un predicato o si afferma o si nega; non può, cioè, contemporaneamente e sotto lo stesso aspetto, affermarsi e negarsi. Mentre l'affermazione, considerata nella sua materialità, va valutata, per la sua evidenza, in base ad altri criteri o parametri (la vista, per esempio, oppure la ragione). Inoltre, la dipendenza del principio di non contraddizione da quello di identità (come ho più volte ripetuto, anche se in altri termini) è semplicemente intuibile: un predicato si può attribuire ad un soggetto solo ed esclusivamente se il soggetto c'è... dunque, posto il soggetto (il quale sottostà al principio di identità... come facevo notare qualche post addietro) posso anche cominciare ad attribuirgli qualche predicato; ossia, del soggetto stesso posso affermare o negare qualcosa (e quando comincio ad effermare o negare qualcosa di un soggetto già posto applico il principio di non contraddizione). Spero essere stato chiaro. Gaetano T. |
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06-02-2010, 10.38.43 | #84 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
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Riformulo la questione sotto un altro punto di vista (tenendo presente quello che avevo scritto nel post precedente e che ho quotato) Ammettiamo che A sia una nozione evidente e che lo sia anche non-A (nel post precedente invece ho ipotizzato che non-A non sia un messaggio evidente, secondo me ha qualche elemento in più per essere coerente). La proposizione "A è non A" dovrebbe far passare un solo messaggio evidente affinché in principio di non- contraddizione sia evidente. Il messaggio però che passa è che per il principio di identità A è A; che non-A è diverso da A, quindi il messaggio meno probabile è che A e non-A siano identici. Il fatto che però sia il messaggio meno probabile non garantisce che il messaggio non passi come messaggio. Quindi non è evidente (cioè l'unico messaggio possibile) che A debba essere diverso da non-A. La contraddizione è possibile in quanto è un messaggio informativo che, se pur poco probabile, è insito nella proposizione. Quindi il principio di non contraddizione non è un messaggio evidente. Facciamo l'esempio preso da Leporello: non posso dire che "A è e non è bianco" contemporaneamente e sotto lo stesso aspetto; ma potrò specificare che "A è bianco in questo senso e non è bianco in quest'altro" Il messaggio poco probabile che passa è che bianco e non-bianco possono essere considerati contemporaneamente e sotto lo stesso aspetto. Infatti se A fosse bianco e non bianco nello stesso tempo susciterebbe molta sorpresa, la proposizione quindi cela più messaggi. Il messaggio è evidente solo quando è solo soletto, non produce sorpresa e appunto...evidente! Quindi non è evidente che A sia e non sia bianco. Sono modi diversi di ragionare ma la conclusione rimane la stessa, il principio di non-contraddizione non è evidente, al massimo può essere considerato un messaggio molto probabile. |
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06-02-2010, 12.10.18 | #85 | |||
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
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Se evidenza coincide con aver coscienza allora evidenza non significa più alcunché. Dire che qualcosa per te è evidente equivale a dire hai coscienza di qualcosa, e per converso affermare che qualcosa per te non è evidente significa che non ne hai coscienza. (Per Kant l'unica verità di per sé evidente è quella del principio di non contraddizione e quindi dei giudizi che dipendono da esso soltanto....vale a dire i giudizi analitici.) Ultima modifica di Giorgiosan : 06-02-2010 alle ore 14.39.08. |
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06-02-2010, 13.25.18 | #86 |
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
In filosofia nozione indica una cognizione fondamentale identificabile con l’idea o con il concetto… in soldoni la nozione è costituita sempre da una proposizione che abbia senso.
Un bit che indica come indica un alternativa fra si-no circuito aperto- circuito chiuso non ha niente a che fare con la nozione. Bicicletta non è una nozione, lo è invece lo sua definizione: veicolo consistente in un telaio e due ruote azionata dalle gambe. Sei d’accordo? |
06-02-2010, 14.26.47 | #87 | ||
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
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Certo, gli esempi concreti li facciamo per intenderci meglio, ma quello che sto sostenendo vale anche per ciò che tu chiami “principio”. Io infatti ho sostenuto fino ad ora che tale principio non è evidente anche senza affidarmi a esempi concreti. Poi comunque per comprendere se un principio è un principio come faccio? Può un principio dipendere da un altro principio? Quello di non-contraddizione sembra dipendere dal principio di identità, quindi non è un principio, ma anche se lo fosse, in cosa, e qui viene il bello, il principio di non-contraddizione dipenderebbe dal principio di identità? Il principio di non contraddizione vieta di poter attribuire e non attribuire un predicato ad un soggetto (come tu sostieni e come sosterrebbe forse Aristotele). Da quale principio proviene tale divieto? Giannantoni diceva nel link da me riportato: La formula aristotelica è archè tes antifaseos cioè principio di contraddizione. Già questo ci dice che Aristotele con questo principio non intendeva esprimere un divieto, non intendeva dire "il pensiero non si deve contraddire", ma intendeva dire qualcos'altro, e cioè intendeva analizzare qual è il principio da cui scaturisce la contraddizione. Non è evidente che io non possa, per principio (e bada bene ho detto per principio), attribuire e non attribuire un predicato ad un soggetto. In effetti è proprio questo il problema. L'informazione più assurda è che io possa farlo. Quindi non è evidente che io non possa farlo. Solo concretamente sembra che io non possa farlo (anche se manca l'evidenza anche per questa affermazione e fin qui anche tu, da ciò che ho compreso, saresti d'accordo), ma per principio posso farlo (e questo mi sembra che stravolga il tuo ragionamento di prima); non c'è alcun principio secondo cui la non-contraddizione sarebbe un principio ovvero non c'è alcun motivo principe che vieti la contraddizione per principio. Per spiegare questo mi sono affidato a varie tipologie di ragionamenti, l'ultima (forse non l'hai ancora letta) si rifa all'aspetto filosofico che c'è dietro la parola informazione. Anch'io spero di essere stato chiaro Citazione:
Penso di aver già risposto varie volte ed in modo articolato, non so cosa aggiungere. Mi lascia stupefatto quella prima frase; significa che anche la coscienza non significa nulla come l'evidenza? Voglio ribadire che noi si ha coscienza anche di cose che non significano nulla... non per questo è evidente che non significhino nulla o che debbano per forza significare qualcosa. Ti lascio pensare |
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07-02-2010, 00.46.50 | #88 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Non pretendo che tu dica : ho dato di evidenza una definizione sbagliata ...ma potevi cercare di mettere a fuoco la tua idea di evidenza Non importa; però d'ora in avanti dovrai essere coerente: tutto ciò di cui hai coscienza è per te evidente. Chissà com' è vivere in tanta luce. Ciao |
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07-02-2010, 00.47.34 | #89 | |
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
La tua è una giusta osservazione (a prescindere dal fatto che quei termini li ho presi soltanto in prestito), però anche A (che qui abbiamo usato tanto) è anche la prima lettera dell'alfabeto e una vocale . Il problema è che A simboleggia qualsiasi cosa: una lettera, una nozione, una proposizione, l'intero argomento del topic...ecc. Praticamente, nel principio di identità, simboleggia se stesso qualsiasi cosa voglia significare. Anzi la tua osservazione mi fa sottolineare maggiormente quello che ho voluto dire nei precedenti post: l'evidenza sta nel principio di identità a prescindere da ciò che voglia significare il simbolo. Quindi anche un'intera proposizione è evidente (cioè ne siamo coscienti) anche se non la capiamo. Mettiamo però bene i puntini sulle i: quando entriamo ad analizzare una proposizione (o altro) per comprenderla non è che non siamo coscienti di ciò che comprendiamo. Comprendiamo però anche che non siamo più sicuri dell'evidenza di ciò che stiamo tentando di comprendere. L'evidenza si tramuta cioè in "ragionevolezza". E' ragionevole cioè dubitare in quanto manca l'evidenza della comprensione (ciò che forse tu identifichi con la verità; io, invece, mi fermo alla sola evidenza indubitabile, data dalla comprensione immediata), ma è anche ragionevole non dubitare troppo del risultato se reputiamo poco probabile che si realizzi il messaggio informativo difficile. Se fossimo troppo sicuri, infatti, della ragionevolezza dei risultati tanto da esserne certi (cioè come se fosse evidente), non saremmo più coscienti delle probabilità irrisorie dovute al dubbio. Nel momento in cui io non ho dubbi non sono cosciente che vi siano altre possibilità. Per questo coscienza ed evidenza vanno a braccetto con il principio di identità che è il limite oltre il quale non è possibile dubitare mentre è giusto dubitare di tutto ciò che vi è all'interno (su questa però tenterò di ritornarci in un altro momento... ora l'ho buttata lì) . |
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08-02-2010, 00.11.30 | #90 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
E no, qui ti sbagli, io non do una definizione di evidenza... l'evidenza è l'evidenza. Non è che puoi comprendere l'evidenza da una definizione, altrimenti non sarebbe piu evidente. Questo in coerenza con il principio di identità, che è appunto evidente. Non c'è molto da comprendere... è soltanto evidente! Del resto anche la coscienza è coscienza, non riesci a comprenderla tramite una definizione. Ho parlato, in un post precedente, di principio di identità come un principio autoreferenziale coerente con ciò che esprime la coscienza. Un concetto autoreferenziale non ha bisogno di altro per riconoscersi, si autoriconosce. Più evidente di così? |
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