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17-01-2010, 21.47.25 | #32 | |||||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Per il momento siamo d'accordo anche se ho delle riserve che dirò in altro momento, quando avremo, anche in parte, risolto il resto. Citazione:
Citazione:
Avevo già portato l'esempio degli insiemi (che tu non hai mostrato di comprendere, evidentemente perché mi sono spiegato male), ma in quella occasione non avevo affermato che il procedimento non era valido e per validità intendo che funzioni con delle regole. La validità del procedimento non lo sto mettendo in discussione, ma è una regola che hai creato a tavolino, quindi è solo dentro quella regola che si evidenzia l'identità tra Socrate ed Arturo. Se vuoi sapere se è falsa o vera devi chiedere a Socrate (non era una battuta). Se proprio vuoi mettere dei disegnini (che purtroppo qui non si possono fare) pensa di fare un insieme di quadrati e un sottoinsiemi di triangoli. Ora un rombo è un elemento degli insiemi dei triangoli, quindi è anche un elemento degli insiemi di quadrati. Ora mi sai dire se il rombo è identico o meno a quadrati e triangoli? Non mi sembra! Tu mi dici che è comunque evidente che il procedimento è giusto, va bene sarà giusto sarà anche evidente, ma questo con il principio di identità che ha da spartire? L'identità fra rombi, quadrati e triangoli puoi saperlo con quel metodo? Certo che no... o pensi che un rombo sia identico a un triangolo? Bene o male è proprio il principio di identità che ci dice che un rombo è un rombo e che quel metodo non ci dice nulla sull'identità fra rombi e triangoli, anzi è proprio in virtù di quel principio che possiamo dire che un rombo non è un triangolo. Tu però hai anche detto un'altra cosa: chi ci dice che un rombo non sia un triangolo (avevi detto precisamente: che Socrate non sia Arturo?). Io ho risposto che è Socrate a dirlo... cioè lui direbbe che Io (Socrate) sono Socrate. Come fai tu a dire che invece è anche Arturo? Poi dipende a cosa ti serve il metodo deduttivo, se ti serve a stabilire l'identità tra enti è un metodo sbagliato (o che porta a dubbi, che poi, ripeto, e quello che mi hai inizialmente accusato), se non ti serve a nulla può essere anche buon metodo Citazione:
Non mi sembra, avevi scritto proprio "creato" Citazione:
Se non ci comprendiamo perché non ti ricordi quello che ho detto o non è comprensibile quello che dico io, mi va pure bene, ma se non ci comprendiamo perché cambi opinione tra un post e l'altro non è colpa mia |
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18-01-2010, 15.23.28 | #33 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
La mia opinione non è cambiata da un post all'altro. Il verbo 'creare' nella frase si riferisce evidentemente ai linguaggi. Poi ho scritto che PNC e PI (che non sono linguaggi!) fanno parte della struttura sottostante a queste costruzioni arbitrarie, a questi linguaggi. Ovvero questi linguaggi utilizzano dei principi intuitivamente corretti e antecedenti ai linguaggi stessi. Inoltre il fatto che questi principi si rivelino ANCHE in questi linguaggi è conclamato: è vero che E dunque è falso che non-E Questa frase mi dice che le regole di questo linguaggio non ammettono il caso in cui si diano sia E che non-E, quindi mi dico che questo linguaggio lo hanno modellato tenendo conto del PNC! Citazione:
Prendiamo il tuo 'disegnino', che è strutturalmente identico al mio: è evidente che un triangolo NON è un rombo. Ed è altrettanto evidente che l'insieme dei triangoli NON può essere un sottoinsieme dei rombi! E' ovvio che se fai partire il ragionamento da premesse false poi puoi trovare delle falsità nelle conclusioni! Il metodo deduttivo, o meglio un insieme di regole di cui dimostriamo la correttezza, ti garantisce che se lo applichi a premesse vere ti darà conclusioni vere! Che le premesse siano vere non te lo garantisce il metodo: puoi chiederlo a Socrate, puoi sognarlo stanotte, puoi chiederlo al tuo vicino! Io ho detto che per garantirci che Socrate non sia anche Arturo occorre assumere delle altre premesse, del tipo un ente non può essere due persone, o cose simili. Quindi se poi qualcuno ci viene a dire: questo ente è Socrate e anche Arturo, noi gli diciamo: no! questo si contraddice (ed è dunque il PNC) con la premessa di prima. (chiederlo a Socrate funziona solo se 1. Socrate dice sempre il vero; 2. se riesci a contattarlo per chiederglielo 3. se il sillogismo ha a che fare con degli enti che possono risponderti! capisci l'assurdità della cosa? vuoi chiederlo anche al triangolo se non è per caso un rombo?) Se uno ti dice: questo ente è Socrate e anche Arturo, tu, usando il PI puoi al massimo ripetere 'dunque questo ente è Socrate e anche Arturo. Il PI ti garantisce che se Socrate ha le seguenti proprietà 'saggio, brutto, buono' e nessun'altra allora lui ha queste tre proprietà e nessun'altra. Infatti il PI, in realtà, non entra in nessuna deduzione o ragionamento. Non stabilisce relazioni di identità tra enti distinti (anche se ipoteticamente identici), stabilisce l'identità autoreferenziale di un oggetto con se stesso! Per questo ti dico che è sempre in gioco ma in realtà non lo è mai veramente, è un principio fondamentale ma non lo puoi usare a fare praticamente niente: infatti se uno ti dice che questa figura con tre lati ha quattro lati, tu non glielo contesti col Pi, ma col PNC! Un'ultima cosa: non è la regola che è vera o falsa, la regola funziona se tu le metti dentro dei dati: se gli metti dentro dati veri lei ti restituisce conclusioni vere, se le metti dentro dati sbagliati (come che tutti gli uomini sono Arturo) lei non garantisce la verità della conclusione. |
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18-01-2010, 16.41.00 | #34 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Io sono paziente e mi sono andato a rileggere quello che avevo scritto. Avevo detto in riferimento alla definizione di deduzione riportata da wikipedia che riscrivo: Il metodo deduttivo o deduzione è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche, dentro cui quella conclusione è implicita. Il termine significa letteralmente «condurre da», perché proviene dal latino "de" (traducibile con da, preposizione indicante provenienza, o moto di discesa dall'alto verso il basso), e "ducere" (condurre). Quanto segue :"chiaramente, forte del discorso fatto fino ad ora, questa definizione la ritengo sbagliata in quanto se il principio primo fosse il principio di identità le deduzioni che da esse derivano non sono "conseguenze logiche". Ovvero la deduzione non è un procedimento logico. Si vuol far passare per logico qualcosa che invece non può essere logico in quanto la logica è una soltanto e fuori di essa c'è solo spazio per il dubbio." Riprendo quello che avevo sostenuto ribadendo: Chiaramente la deduzione è un metodo per arrivare a delle conclusioni e appunto, come tu dici, se le premesse sono sbagliate anche le conclusioni lo sono. Io invece ho tentato di sostenere che le uniche conclusioni possibili derivano dal principio di identità. Quel metodo (stiamo sempre parlando del metodo deduttivo, ma si può parlare di qualsiasi altro metodo) in realtà porta a dubitare delle conclusioni in quanto nessuno può garantire che le premesse non siano sbagliate. All'inizio avevamo detto (così avevo sostenuto e mi sembra fossi d'accordo) che il criterio per distinguere un ragionamento logico da uno non logico è l'evidenza. Il principio di identità è evidente, ciò che si posiziona fuori da questo principio non è più evidente, quindi porta a dubitare di quel ragionamento. Io non comprendo perché non siamo d'accordo su questo... Ciò che mi hai contestato all'inizio è che il metodo deduttivo è un metodo logico, io ribadisco il mio pensiero: l'unica logica possibile è il principio di identità perché non porta a dubbi. Quel metodo, in quanto non si sa se viene applicato con premesse vere, porta a dubitare delle conclusioni. Io ho poi escluso (in un altro post) che si possa avere con se tutti i dati da includere nelle premesse. Quindi l'unico principio affidabile è il P.I. Quindi ripartiamo (fammi un favore) dalle tue parole di qualche post fa, che ho quotato, cioè di cui io sono assolutamente d'accordo: l'astrazione dell'elettrone, la sua idea, è identica a se stessa (questa è un'evidenza); l'oggetto fisico è identico a se stesso per supposizione. Allora riprendi questa frase e riportala al metodo deduttivo con qualche lieve cambiamento finale: l'idea di Socrate di se stesso è identico a se stesso, l'insieme in cui io lo potrei inserire ( l'insieme di Arturo) è identico a Socrate per supposizione. Lo vedi tu stesso che solo una è l'evidenza, data dal principio di identità, il resto è solo una supposizione, quindi quel metodo si regge su supposizioni, quindi non ha la stessa forza e la stessa evidenza del principio di identità. A me sembra banale... |
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18-01-2010, 23.59.12 | #35 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Stasera mi sono inventato un altro esempio, chissà, spero sia utile. Ammettiamo che tu (mi rivolgo in particolare a S.B. ma la provocazione vale per chiunque) debba attraversare un labirinto. Le condizioni sono due 1)che abbia un'uscita 2)che tu possa girare a destra o a sinistra. Prima di entrare ti viene detto che esiste un metodo per uscire. Tu ne adotti uno: girerai per due volte a destra e per due volte a sinistra. Se il tuo metodo è giusto, prima o poi troverai l'uscita. Se il tuo metodo è sbagliato girerai in eterno nel labirinto. Il metodo da te adottato è sbagliato per cui girerai in eterno nel labirinto. Morale: un metodo serve sempre per giungere ad una conclusione. Se la conclusione è sbagliata potresti non accorgerti fin che vivi. Tu sembri colui il quale affronta il labirinto con la presunzione di usare un metodo logico (se tu avessi ragione in effetti usciresti), non accorgendoti che si potrebbero usare milioni di metodi per creare una mappa. L'unico metodo per uscire, infatti, è quello di conoscere la mappa non quello di usare un metodo. Allora io mi domando, a che serve usare un metodo se poi sai che non conoscendo la mappa ti puoi perdere? A cosa serve il metodo? Ma poi, in che senso è logico un metodo che non porta ad alcuna conclusione? Io dico si, il tuo metodo è evidente ed è giusto; infatti girare due volte a destra e due a sinistra è possibile in quanto ti è consentito dalle regole che ti ho dato. Ma se poi non giungi ad alcuna conclusione sarà, secondo te, un metodo comunque evidentemente valido? |
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19-01-2010, 09.10.43 | #36 | |
Ospite di se stesso
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D’altronde la conclusione è la certezza di uno sbocco del metodo ,e quando non ce lo abbiamo ,ce lo inventiamo. Ipotizzare una realtà è pur sempre un’ipotesi e non una realtà. Possiamo giocarci,ma gioco rimane. Vi potrà essere ,in alternativa,una strada senza metodo,come l’avventurasi nella giungla senza mappe. Oltretutto la mappa non è mai il territorio stesso..e conosciamo soltanto ciò che abbiamo percorso di quest’ultimo. Anche il principio d’identità è valido quando non ne facciamo un metodo teorico,applicandolo. |
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19-01-2010, 12.40.39 | #37 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Hai proposto l'esempio del labirinto, per giudicare un metodo in analogia con un altro, ma anche se l'analogia è affascinante non credo che in questo caso sia molto feconda: i due metodi sono troppo dissimili.
Per cui parlo direttamente dell'oggetto in discussione: il metodo deduttivo; abbiamo detto che questo metodo ti garantisce la verità se le premesse che utilizzi sono vere. Qui l'evidenza ce l'hai su dei ragionamenti brevi come i sillogismi che abbiamo analizzato, come è evidente che un elemento dell'insieme 'triangoli rettangoli' è anche un elemento dell'insieme 'triangoli'. Ma se il ragionamento fosse molto lungo varrebbe lo stesso principio, anche se a colpo d'occhio non risulta subito evidente (puoi avere dei ragionamenti con decine di premesse!). Citazione:
Secondo me invece sono della stessa specie: il principio di identità ti garantisce che qualcosa è identica a se stessa, il principio di non contraddizione di garantisce che una cosa non può essere e non essere, la deduzione (anche quella sopra) si basa sul PNC: è impossibile che il triangolo rettangolo X non appartenga all'insieme dei triangoli, sono già le premesse a dirci implicitamente che vi appartiene! Tutte le deduzioni possono dirsi fondate sul PNC, e sul PI volendo. Dobbiamo distinguere tra i dubbi sulle verità di fatto e i dubbi sul metodo o sul principio: da questo punto di vista PI ha gli stessi problemi delle deduzioni che abbiamo fatto. Come principio è evidente, indubitaile, come è indubitabile che un elemento di un sottinsieme appartiene all'insieme maggiore (è lo stesso concetto di sottinsieme che ce lo dice!). Se dico 'Socrate è identico a Socrate' io non ho ancora posto alcuna verità di fatto! Questa frase varrebbe anche se Socrate fosse una carota, il fatto che Socrate non sia una carota ma sia il filosofo ateniese non te lo dice il PI, ti garantisce che Socrate è quel che è, ma che cosa è devi saperlo da solo. Allo stesso modo la deduzione ti garantisce la validità di un ragionamento vuoto di verità di fatto. Se vuoi che dica qualcosa le devi 'inserire' tu, ma il metodo non ti garantisce la loro verità Secondo me poni troppa distanza tra la deduzione e il PI e il PNC, la prima si basa strettissimamente su questi ultimi due. Citazione:
Non credo che l'analogia tra le due frasi funzioni. In ogni caso: sul piano fisico sia il PI che la deduzione sono supposizioni (anche se io penso siano vere), cioè che questi principi siano validi è una supposizione. Sul piano dell'astrazione che questi principi siano validi entrambi lo trovo evidente, ma che il loro contenuto effettivo sia vero rimane comunque cosa di cui si può dubitare. Questa, in sintesi è la mia posizione. |
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19-01-2010, 17.09.22 | #38 | |||||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Per una volta sono d'accordo, in effetti manca l'evidenza ...ma gli esempi non sono proposti per dimostrare qualcosa ma per aprire la mente a guardare l'oggetto della discussione da punti diversi. Insomma servono per sbloccare la mente. Quel esempio però poteva anche andare come un esperimento quantistico in cui la particella non segue un metodo semplice per trovare l'uscita, ma compie tutti i percorsi possibili. Ma va bene lo stesso... proverò a prendere il toro direttamente per le corna Avevo per il momento tenuto fuori gioco il principio di non contraddizione ma se mi dici che è essenziale: Citazione:
Allora bisogna parlarne, così evitiamo di parlare direttamente del metodo deduttivo (se questo infatti è una diretta conseguenza del PCN e il PCN e una diretta conseguenza del PI allora bisogna comprendere cosa significa “diretta conseguenza”). Però prima fammi rispondere ad altre sparse tue considerazioni prima di parlare del PCN: Citazione:
Se sei tu a dire che Socrate è Socrate non esprimi alcuna verità, il principio di identità dice però esattamente che io Socrate sono Socrate... e questa è l'unica verità in quanto è Socrate a dire di essere Socrate non tu, sarebbe come dire che siccome la mia idea di elettrone è un elettrone, l'entità elettrone fuori di me è identica alla mia idea di elettrone. Citazione:
Il PI non può funzionare su un piano fisico... l'avevamo messo a tacere. Mentre la deduzione non funziona ne su un piano fisico ne su quello mentale. Poi ripeto, se io penso a Socrate come Socrate non sto chiaramente identificando la mia idea di Socrate con l'idea che Socrate aveva di se stesso, come quando io penso ad un elettrone: non posso identificare questa mia idea di elettrone e ciò che l'elettrone è per se stesso. Citazione:
Il contenuto, come abbiamo avuto modo di vedere, con il principio di identità non ha nulla a che spartire. “Io sono io” non ha alcun contenuto è solo un'affermazione evidente. Il principio di non-contraddizione invece (e qui veniamo probabilmente al punto) si fonda su una negazione. Le negazioni però non sono mai evidenti. Ho tentato diverse volte di evitare di prendere il PNC come garanzia logica del PI, in quanto l'unica cosa che posso affermare è l'affermazione (io sono io); non è in me evidente invece che io non sono io e non potrebbe esserlo, come vedremo fra un po'. In pratica se dovessi scegliere la frase più evidente sceglierei la prima in quanto è proprio quella che posso affermare. Mentre la frase “ io sono non-io” non ha alcun senso. Ora tentiamo però di analizzare tutte, possibilmente, le motivazioni che riuscirò a evidenziare (probabilmente non tutte assieme). Prima di tutto il principio di identità si fonda su un'affermazione "A è A”, la contraddizione invece si fonda su una negazione A non è non-A" La differenza è sostanziale. Il PNC infatti non sembra escludere la negazione come affermazione vera. Il PI invece la esclude sempre in quanto si fonda solo su un'affermazione. Aristotele dice: «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo». Analizziamo la frase: Io Socrate sono Socrate (sarebbe A è A). C'è qualche possibilità logica (evidente) che ammetta che Socrate possa dire: Io Socrate sono non-Socrate? Socrate non può negare se stesso in quanto lui è già evidente. La negazione quindi non ha alcun senso logico; del resto se Socrate non fosse Socrate chi sta affermando di non esserlo? I PNC invece, come ho detto sopra, sembra ammettere anche la negazione come proposizione evidente. Invece non è così, l'unica evidenza è data dal principio di identità che si basa sull'affermazione. La proposizione <<A è anche non-A >> non può essere usata per evidenziare nulla (cioè se essa è falsa o meno) in quanto affermazione e negazione non sono legate da alcun principio di identità. La negazione poi non è evidente in quanto non si lega ad alcun soggetto, ovvero non c'è identità fra chi afferma e il contenuto della negazione (Socrate non può negare se stesso, se esiste una negazione quella non è pensata da Socrate, quindi la negazione semplicemente non esisterebbe su alcun piano di evidenza). Quindi l'unico principio evidente è il principio di identità, quello di contraddizione invece non lo è. |
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25-01-2010, 17.21.11 | #39 |
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Caro il dubbio, mi pare che il tuo ultimo post potrebbe chiudere il dibattito sul tema “identità”. Però si può osservare che non tutti i filosofi sono d’accordo. Prendiamo per esempio Hegel che, secondo alcuni, è stato lo smantellatore proprio del principio di identità che aveva retto la filosofia del passato: nella sua logica – irta di temi e schemi anche difficili da interpretare - quel principio appare comunque ai più elementari gradi di utilità ed è nettamente superato dal divenire su cui poi si reggerà l’intero sistema hegeliano.
L’identità, sostiene Hegel nella sua Logica, non può darsi se non unita col suo contrario, cioè la differenza. Nessuna cosa è soltanto sé stessa o uguale a sé, senza essere contemporaneamente anche connessa con altre, cioè con quello che essa non è (una differenza che può essere estrinseca o intrinseca, ecc. ) Ed è interessante notare che se questa opposizione al principio di identità è presente in Hegel, è stato presente anche in Platone che a un certo momento ha dovuto in qualche modo compromettere l’identità delle idee riconoscendo che ciascuna di esse è in rapporto con altre fino a suggerire la possibilità di uno schema distributivo che dalle idee discende alle cose che crediamo reali…. Non voglio mettere in discussione l’acuto formalismo che ha sostenuto lo sviluppo di questo argomento. Penso soltanto che l’identità è in sostanza illusoria: forse è una soluzione immaginata per rassicurare il filosofo di fronte ai pericoli cui si va incontro in questa valle di lacrime. Una specie, insomma, di idea fissa. |
25-01-2010, 20.36.04 | #40 |
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Ciao cari.
Sono un nuovo iscritto, come potrete facilmente notare. Lord Carvorant som, Tempratici Lord. Diciassette anni. E sto rispondendo a questo topic perché l'argomento mi interessa molto, poiché qualche mese ho fatto delle riflessioni in merito. Alla questione ho trovato alcuni generi di risposte, che vedrò di smistare nella loro sostanza. Svisceriamo prima di tutto il lato introduttivo, ossia le mie prime riflessioni. Ero intento a dimostrare la falsità della scienza e paradossalmente, fatto non molto divertente , ho pensato proprio l'esempio dell'elettrone. Perché due elettroni dovrebbero essere uguali? Una risposta l'ho presto trovata. Fra l'elettrone A e elettrone B sussiste appunto una differenza sostanziale, cioè la posizione nello spazio. Questa scoperta si è rivelata prodromica relativamente ad altre. Ho infatti concepito che un elettrone è diverso da un altro perché, se posizionato diversamente nello spazio rispetto all'altro, cambia pure la sua influenza su di me: ossia, gli effetti del campo elettromagnetico di A e B sono diversi. E se gli elettroni si trovano nella stessa posizione? La loro storia sarà diversa. Uno avrà percorso un determinato tragitto in passato, l'altro uno diverso. Le successive riflessioni si sono rivelate più articolate e pratiche. Mi sono infatti detto: due cose, o eventi sono uguali per noi quando hanno tutto ciò che noi possiamo identificare in quel momento in comune. Ma se non ragioniamo con mente filosofica, e pensiamo ai nostri sentimenti spontanei, due situazioni ci possono far provare le stesse emozioni, e questo accade specialmente nelle routine. Pensiamo poi a quando si dice che, magari, è "uguale" per noi stare a casa o uscire. Significa che, secondo noi, fra le due azioni non c'è alcuna differenza, ed è una cosa istintiva. Da qui si può supporre che se i fattori che determinano l'identità fra due oggetti, concreti o astratti, ci abbagliano completamente e non ci fanno vedere altro, quei due oggetti risulteranno per noi uguali. Infine faccio una triplice distinzione: Oggetto concreto Percezione sensoriale Oggetto mentale Percepire un paesaggio è diverso dal concepirlo come immagine mentale. Poi altre varie ed eventuali. Per esempio, non facciamo in tempo a dire che un oggetto è uguale a sé stesso che il tempo è passato, abbastanza da renderlo qualcos'altro. Oppure uno spunto dalla Teoria a Frame. Un oggetto sulla terra è diverso da un oggetto sulla luna. Non perché sia diversa la posizione, ma perché è diversa la rete di interconnessioni che quell'oggetto ha nello spazio e nel tempo con il Tutto. |