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12-01-2010, 12.26.50 | #12 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
e non del reale.. |
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12-01-2010, 13.28.03 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Ok, però ora andiamo avanti e vediamo dove questo discorso ci può portare. Il metodo deduttivo ( ho scelto la definizione di wikipedia) o deduzione è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche, dentro cui quella conclusione è implicita. Il termine significa letteralmente «condurre da», perché proviene dal latino "de" (traducibile con da, preposizione indicante provenienza, o moto di discesa dall'alto verso il basso), e "ducere" (condurre). Questo metodo parte da postulati e princìpi primi e, attraverso una serie di rigorose concatenazioni logiche, procede verso determinazioni più particolari attinenti alla realtà tangibile. Chiaramente, forte del discorso fatto fino ad ora, questa definizione (non so se è presa da qualche illustre filosofo oppure dal primo pinco pallino che ci ha scritto su) la ritengo sbagliata in quanto se il principio primo fosse il principio di identità le deduzioni che da esse derivano non sono "conseguenze logiche". Ovvero la deduzione non è un procedimento logico. Lo stesso dicasi per il metodo induttivo. Sempre da wikipedia: Il metodo induttivo o induzione (dal latino inductio, dal verbo induco, presente di in-ducere), termine che significa letteralmente "portar dentro", ma anche "chiamare a sé", "trarre a sé", è un procedimento che partendo da singoli casi particolari cerca di stabilire una legge universale. In greco è traducibile con l'espressione epagoghé (ἐπαγωγή). Contrapposto a quello induttivo è il metodo deduttivo (anche detto metodo aristotelico), che al contrario procede dall’universale al particolare. In entrambi i casi si vuol far passare per logico qualcosa che invece non può essere logico in quanto la logica è una soltanto e fuori di essa c'è solo spazio per il dubbio. Sono d'accordo a chiamare questi derivati: metodi. Ma non sono metodi logici. In pratica, almeno leggendo quelle definizione, la stessa razionalità è lontana dalla logica e forse vicina a quello che chiamiamo il discorso ontologico. Forse voi già lo sapevate? Bhe lasciatemi vivere il momento della meraviglia |
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12-01-2010, 19.02.28 | #14 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Un sasso è identico a se stesso (come ogni altro ente costituito da quella che chiamiamo materia) solo in un intervallo infinitesimo di tempo. Se chiamiamo il sasso S nel tempo t1, St1, non c'è alcun altro tempo in cui S sia identico ad S (cioè a se stesso).....nei tempi t2,t3...tn qualcosa di S si sarà modificato...che so, un elettrone, la sua interazione con la luce, la sua forma (quella che gli conferiscono le sue molecole) ecc. ecc. Non arriviamo a dire però che S non è mai uguale a se stesso ma solo in un tempo infinitesimo... è invece sempre uguale a se stesso se consideriamo la sua essenza....ma cos'è l'essenza di un sasso S ? A me sembra impossibile definire oggi l'essenza in modo convincente... Ultima modifica di Giorgiosan : 13-01-2010 alle ore 11.51.11. |
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13-01-2010, 01.43.17 | #15 | |
Ospite
Data registrazione: 22-10-2008
Messaggi: 13
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Il problema è che stai considerando la posizione spaziale per affermare che le due macchine sono diverse. Ma la posizione spaziale è una proprietà relazionale e come tale presuppone già la diversità dei due oggetti. |
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13-01-2010, 12.23.05 | #16 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Si però considera che ciò che devo dimostrare (l'identità fra le due macchine come oggetti fisici) passa da me, quindi la relazione e tra me e le due macchine e non la relazione tra di loro (che invece devo dimostrare). Per il principio di identità io mi posso identificare con una macchina (chiaramente sempre in modo astratto e concettualizzando il tutto) non con entrambe, quindi si dimostra così che le macchine non possono essere identiche anche senza considerare la posizione spaziale. Alla fine tu potresti aver ragione solo se considerassi che non esistono due macchine la fuori ma una soltanto. Ed è proprio quello che al massimo si può dire considerando il principio di identità. |
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13-01-2010, 18.59.59 | #17 | |||
Ospite abituale
Data registrazione: 24-04-2006
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Ogni modifica che il sasso S subisce sarà parte del sasso S stesso. Il principio di identità, come quello di non contraddizione, tiene conto delle relazioni temporali, spaziali. Se il sasso S è nel luogo p1 al tempo t1 con la modificazione m1, poi è nel luogo p2 al tempo t2 con la modificazione m2 questa non è una contraddizione poichè lo stesso oggetto (che sia lo stesso oggetto è poi una ipotesi, e in questo senso è dubbio il concetto di essenza) è preso, direbbe Aristotele, sotto due diversi rispetti. Così anche per il PI: S<p1, t1, m1> è identico a S<p1,t1, m1>, S<p2,t2,m2> è identico a se stesso, etc. ma non sono tra loro identici. Qui certamente sorge il problema di cosa sia l'essenza, cioè cosa che ci garantisce di poter riferirci ad uno oggetto come se fosse il medesimo dopo che ha subito certe modificazioni. Del resto già il fatto di parlare di modificazioni dei un oggetto presuppone che l'oggetto sia essenzialmente il medesimo, che altrimenti dovremmo parlare di oggetti distinti. Citazione:
Il discorso mi risulta oscuro, la deduzione mi sembra assolutamente 'logica'. A e B dunque A E dunque non-non E mi sembrano logiche e dotate di autoevidenza, non vedo spazio qui per il dubbio. Citazione:
Non esattamente. Abbiamo concluso che la validità della logica nell'astrazione è autoevidente, non soggetta a dubbio. Mentre nel campo della realtà fisica la loro validità è soggetta al dubbio (dubbio non molto ragionevole a mio avviso). La logica è un campo molto ristretto rispetto al discorso razionale (filosofia, scienza, etc.) |
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13-01-2010, 21.36.58 | #18 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Citazione:
Se ogni modifica che il sasso S subisce è parte di S stesso....allora S è sempre identico a se stesso e così sarebbe di tutti gli enti. Questo scenario immutabile è uno scenario di essenze, uno scenario metafisico. (Quando dici che le modifiche che S subisce sono parte di S stesso, consideri le mutazioni accidenti). Ti sei espresso dunque sul piano metafisico. . Citazione:
(La sottolineatura è mia). In fisica cioè sul piano empirico l'identità non esiste ovviamente perche qualsiasi oggetto consideri non è mai più uguale a se stesso ( se non ...vedi sopra il post precedente). Tutto è in continuo divenire. Coincidendo poi sul piano metafisico l'essenza con la sostanza è evidente che oggi non può più soddisfare il concetto filosofico classico di essenza...è inservibile. Ciao |
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14-01-2010, 00.22.13 | #19 | ||
Ospite abituale
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Citazione:
Faccio una considerazione oggettiva (se mi passi il termine), non ho ancora affrontato l'identità fra due concetti astratti (era nella mia mente ma ho ritenuto fosse ancora prematura). In questo caso specifico (che tu stai evidenziando) stiamo valutando se la deduzione (per concetti astratti) è un procedimento che non conduce a dubbi. Ora però per chiarezza, prima di affrontare questo problema, tentiamo di stabilire cosa,lo dico per tutti quelli non abituati a simboli che in realtà sembrano non dire nulla, vogliono dire A-B ed E Tu dici che A è B (la e non è congiunzione vero? quindi è? Anch'io mi dimentico). E fino a qui potremmo essere d'accordo. Ora, cos'è E? Per semplificare il nostro discorso potremmo prendere l'esempio classico (che anche questo sito presenta nel suo dizionario filosofico): "Tutti gli uomini sono mortali [principio generale], Socrate è un uomo [inferenza], Socrate è mortale [fatto particolare]". E' chiaro che tutti questi principi dovrebbero essere assolutamente astratti e semplici, ma già questa frase non va assolutamente bene perché contiene una infinità di informazione poco astratte. Tutti gli uomini sono mortali non può essere contenuto, infatti, dentro un principio di identità perché è una conseguenza (non logica) del fatto particolare (Socrate è mortale). Per cui la deduzione non è un procedimento logico. Per dirne un'altra: per il principio di identità Socrate non è nemmeno mortale in quanto non vive la mortalità. Cioè quella non è una frase logicamente sensata. Però, come ho anticipato all'inizio, è possibile che si possa far conciliare il principio di identità con simboli astratti come hai fatto, solo che per me non sono chiari (e immagino non siano chiari per la maggior parte dei lettori). Citazione:
Non te la faccio passare Il dubbio è ragionevole in quanto la ragione serve per comprendere ciò che è giusto. Il dubbio in questo caso è giustificato in quando manca l'evidenza logica. |
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14-01-2010, 11.09.53 | #20 |
Ospite abituale
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Riferimento: Principio d’identità e sue possibili applicazioni (mente-cervello)
Caro il Dubbio, penso che i principi supremi cui possiamo fare appello debbano riguardare contemporaneamente verità di ragione e verità di fatto: che nella fattispecie sembrano negare entrambe il valore del principio d’identità, cioè quell’A=A che per qualche millennio ha incantato i filosofi imponendo una logica che non è mai esistita neppure nella mente di Aristotele, mentre – dal punto di vista del fisico – con quel principio niente avrebbe potuto e potrebbe esistere, nessun essere sarebbe nato, dal primo fotone o atomo a noi uomini e a ciò che esisterà anche dopo di noi. La realtà è quella di Eraclito, non di Parmenide. Del resto mi pare che la fisica nella sua versione quantistica rifiuti un principio d’identità, visto che non è possibile neppure identificare lo sperimentatore con sé stesso nel momento della sperimentazione.
Ora, se vogliamo mettere in scala gli sforzi che storicamente si sono compiuti per arrivare a questa verità, potremmo porre al sommo la scienza, a un grado intermedio la filosofia e a un grado un po’ più basso la religione, per la quale non esisterebbe diversità in quello che è l’essenza dell’essere, cioè Dio. Ma è davvero così? O Dio è invece la diversità assoluta, ciò che sfugge a ogni rigidità e proprietà, ogni attributo che gli venga assegnato – per noi gradevole o ingrato, buono o cattivo – che si perde nel mare della sua infinità, riflettendosi in quel “panta rei” che è la caratteristica di ciò che lo cerca? Eppure….sì forse i religiosi hanno ragione: sta soltanto qui, cioè nell’unità di questi due termini “assoluto” e “infinito” ciò che possiamo chiamare un’identità. |