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09-01-2009, 18.44.34 | #12 | |
Ospite abituale
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Sono correzioni sbagliate. Per un concetto che si evolve a partire da Protagora fino ai giorni nostri, cerco sempre una definizione generale. In questo caso ho dato la definizione proposta dall' Enciclopedia Garzanti di Filosofia che rispecchia anche il mio personale pensiero. Per quanto riguarda la metafisica, Strawson, con una svolta, passò dalla riflessione logico linguistica, al pensiero metafisico. Quale metafisica può prescindere, ed anzi quale filosofia può prescindere dall'aspetto linguistico-concettuale? Forse che il pensiero di Aristotele prescindeva da questa analisi? Fece una distinzione fra la sua metafisica o la metafisica che proponeva e quella che pretendeva di migliorare il mondo ma nella sua considerazione la metafisica è una forma universale e perenne del pensiero. Non demetafisicizza il pensiero al contrario aggiorna la metafisica... a suo modo. Non c'è dubbio che Strawson "sbricioli" ( termine figurato che sta per dividere in tanti piccoli pezzetti, non è proprio demolire ma quasi ) il concetto cumune e tradizionale di verità, figlio anche lui del relativismo come Davidson, Putnam, Quine, Rorty e altri, ed anche lui "fautore" di quello. Ciao, continua pure con le tue annotazioni che mi servono per mettere maggiormente a fuoco le idee e mi spingono a cercare notizie utili.. Non è ironia. Ultima modifica di Giorgiosan : 10-01-2009 alle ore 14.03.35. |
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11-01-2009, 15.08.55 | #13 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Verità... inutile
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Voglio aggiungere un aforisma-paradosso, di Einstein : " La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché " Sembrerebbe rivelare una componente pragmatistica del suo pensiero ed anche una spiritosa ironia. Ciao |
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13-01-2009, 10.47.39 | #14 | |
Moderatore
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Riferimento: Verità... inutile
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Molto interessante. Secondo me è in qualche modo riportabile alla definizione di verità (che condivido) come “ciò su cui tutti non possono fare a meno di concordare” oppure “ciò su cui si può trovare un consenso generale”. Perché sono equivalenti? perché ogni essere umano, di norma, cerca il soddisfacimento delle proprie esigenze vitali, e tutti concordano su ciò che le può soddisfare. Ovvio poi che “vero”, così definito, possa essere un attributo di una proposizione. |
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22-01-2009, 01.02.24 | #15 | |||
Moderatore
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Riferimento: Verità... inutile
Citazione:
Ciao Giorgio, senza entrare in merito alla posizione di Strawson (che sostanzialmente ignoro) entro invece nella tua (in sintonia con la sua, o meglio con la tua interpretazione della sua posizione) che mi trova completamente in disaccordo. Secondo me è una bestemmia filosofica ritenere ridondante il concetto di verità perchè la verità, spesso, come dice Diego Marconi nel breve e utile libro Per la verità. Relativismo e filosofia, Einaudi ed., è una cosa banale in quanto abbiamo a che fare con verità (quotidiane) tutti i giorni. E' vero ad esempio che le elezioni americane sono state vinte da Barack Obama, ed è vero che l'Alitalia ha seri problemi economici, è vero che Roma è la capitale d'Italia cosi come è falso che Istanbul è la capitale della Turchia. In quale caso può essere vero che Barack Obama non è il 44° presidente eletto delgi Stati Uniti? Per renderla falsa basta qualcuno che dica "non sono d'accordo" oppure "non approvo"? Se ammettiamo che una proposizione è vera se ha una esatta corrispondenza con una stato di cose allora abbiamo un sacco di verità. Inoltre la verità non ha bisogno di noi per essere tale. La verità sussiste in quanto mantiene il suo valore a prescindere da qualsiasi soggetto che la pensi. Ad esempio la frase "la terra è sferica" sarebbe stata comunque vera sebbene non ci fossero state forme di vita su di essa che potessero constatarlo. Citazione:
Pensi veramente che si possano sostenere le posizioni che ho esposto come se avessero pari dignita con la frase 3) "ogni atto sessuale deve avvenire fra persone consenzienti". Avresti difficolta ad ammettere che 3 non sia sullo stesso piano di 1 e 2? O pensi che 1) e 2) siano legittimati e quindi legittimi? Citazione:
"Vero, oggi, può essere considerato ciò che dà luogo a conseguenze pratiche soddisfacenti, relativamente alle esigenze vitali ed esistenziali più profonde degli individui" perchè una cosa non è vera se e solo se soddisfa esigenze vitali o esistenziali. Se per me è indispensabile credere, ai fini di una mia stabilità emotiva, che ci siano degli alieni che ci proteggono, questo non vuol dire che è vero che le predette creature siano vere quindi reali ma solo che siano utili per il mio bensessere emotivo. Non si può confondere la verità con il criterio di utilità; altrimenti ogni cosa che è utile è vera. Per i medioevali era utile credere nel geocentrismo perchè questo si accordava con il ruolo privilegiato che essi attribuivano alla razza umana, ma nessuno più dice che è vero che la terra stava al centro dell'universo perchè tale credenza era utile. |
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22-01-2009, 07.12.33 | #16 | |
like nonsoche in rain...
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Riferimento: Verità... inutile
Premessa: prego di fare attenzione a ciò che intendo con "assoluto", definito dall'"ovvero" in rosso e precisato in seguito.
Citazione:
Anche queste affermazioni e le seguenti sono mie "credenze" che argomento, giustifico con analogie ed esempi, non potendole dedurre necessariamente (in senso filosofico) da qualcosa di extra-umano, assoluto. Per quanto riguarda la morale, il terreno sembra molto più delicato, ma il discorso credo sia proprio il medesimo. Pur se pensiamo di poterci appoggiare, cioè di dedurre l'etica, da esseri metafisici o da valori assoluti (ovvero che stanno al di sopra ed al di là dell'uomo e dunque per definizione non possono essere discussi criticamente), questa è una illusione che non tiene conto del carattere della ragione umana e dei suoi limiti. Personalmente concordo con quelli che affermano che l'etica non abbia fondamento, poiché il fondamento sta nell'uomo, nella sua responsabilità: niente altro che Kant. Da un punto di vista epistemologico ogni principio primo da cui si deriva una data etica è perciò sullo stesso piano, quello umano ed in questa arena va discusso, giustificato o criticato. Da ciò, però, e questo è il punto veramente fondamentale che se non si comprende porta alla confusione, non consegue affatto il nichilismo che sembra stia alla base del relativismo, dunque quello che ho detto non vuole affatto dire che ogni comportamento abbia pari legittimità e dignità!, ma solo che non è la ragione deduttiva (che giunge a conclusioni definitive), ma quella che argomenta che può giustificare in base a criteri sociologici, culturali, personali, etc., certe norme o credenze morali. Posso dunque facilmente argomentare di fronte ad un arabo che, siccome penso le donne siano e nascano uguali e libere come gli uomini e che la creazione di differenze artificiali porta conflitti nella società, esse abbiano il diritto di guidare la macchina come gli uomini. Ma tale norma morale non la posso dedurre in assoluto (come vorresti, Koli!) e perciò non posso opporla in modo dogmatico ad una data società che non permette alle donne di guidare: tale procedura di dialogo, che in realtà è assenza di dialogo, oltre che non fondata filosoficamente e inopportuna poiché taglia alla base il possibile confronto tra culture differenti! Ciò che è opportuno e posso fare, invece, è opporre alla sua la mia credenza, anche con forza se necessario ovvero se (io) trovo svilente quella situazione, ma in modo argomentato, in base ai miei principi e credenze, come si fa nei ragionamenti filosofici. Se, sempre con l'argomentazione, mi si oppone (come accade) che quelle donne si sentono meglio se non guidano per motivi intimi, religiosi, etc. e giudico infondate queste risposte posso continuare ad argomentare che ritengo sbagliate queste credenze e così via. Se, come credo, un insegnamento che va verso la libertà (ciò che io/noi percepiamo come tale) possa contagiare un'altra cultura, allora prima o poi sarà dall'interno di quella data cultura che muoverà il dissenso. Un uomo diventa l'uomo che è, ciò in cui crede, in base all'ambiente socio-culturale in cui cresce. Nell'antica Grecia, seppur era avvenuta una gran fioritura a livello intellettuale ed umano, gli schiavi non erano considerati cittadini ed i filosofi, Aristotele ad esempio, argomentavano in tal senso. Ora, almeno per la maggior parte, questa sensibilità è cambiata, ma non ha alcun senso in assoluto giudicare i greci come persone crudeli; lo si può fare, certo, ovvero giudicare che la nostra sensibilità abbia maggiore dignità di quella antica (in tutto?), ma ci si deve rendere sempre conto della relatività storico-sociale ovvero dello “spirito del tempo” del tempo che si sta considerando. (Ciò credo valga anche per le conoscenze scientifiche, anche se si può essere in disaccordo su questo. Per i medievali non era “utile” credere nel geocentrismo, non era possibile fare altrimenti, poiché era quello il mondo che avevano davanti e potevano percepire. Le conoscenze scientifiche sono ipotetiche e potenzialmente temporanee e sicuramente uno dei possibili criteri con cui vanno giudicate è quello storico. Inoltre, anche limitandoci alle teorie correnti ed a quelle avanzate, non ancora corroborate dagli esperimenti, anche all'interno della comunità si pratica il dibattito argomentativo sulla bontà dell'una o dell'altra in relazione a ciò che ci dicono del “mondo”, sull'opportunità dell'una o dell'altra, checché ne dicano gli assolutisti della razionalità). Ritornando al discorso, in caso, poi, di pratiche che considero totalmente crudeli e che penso impongano un'immediata azione, trovo che sia imperativo intervenire, al di là di mediazioni ed argomentazioni filosofiche, assumendomi la responsabilità morale di tale intervento. Questo in un mondo ideale. Nel mondo reale ci sono le politiche dei governi che personalmente al pari considero immorali, per quello che è il mio senso dell'etica, ma vivo circondato da persone che non la pensano come me. Argomento ciò che penso con esse, ma non posso imporre la mia visione in modo dogmatico presumendo, in modo (che ritengo) errato, scaturisca da principi primi assoluti. In questo modo finirei per illudermi di stare dialogando, come si illude chi pensa di avere il primato morale assoluto su un'altra cultura. Per evitare di cadere in questa illusione, il Papa attuale, che è fine filosofo, qualche tempo fa ha scritto a proposito della sostanziale impossibilità di dialogo con certe culture, applaudito naturalmente da altri illustri filosofi, tipo Marcello Pera. Il Papa è costretto logicamente a questa posizione poiché la fonte della sua morale è metafisica, extra-umana e perciò per definizione assoluta ed indiscutibile. Si rischia di cadere, ovvero di (dover) abbracciare questa logica conseguenza tutte le volte in cui si pretende che ciò che pensiamo discenda necessariamente (deduttivamente) da uno o più principi assoluti, per quanto li si ritenga ragionevoli, Koli. °°° In conclusione, le argomentazioni con cui giungo a giustificare (nei miei confronti ed in quelli degli altri) una mia credenza possono variare in opportunità ed in forza; una cosa, ad esempio, è riflettere su questo forum, altro è farlo con un islamico sul ruolo della donna nelle nostre rispettive società, altra cosa ancora è comportarmi ed agire verso un certo gruppo che addestra persone disposte a farsi saltare in aria. Anche verso questo gruppo, che considero criminale, si possono argomentare più posizioni e perciò più decisioni. Il mondo è parecchio complesso. Coloro che cercano di mostrarlo semplice, di fare apparire ogni decisione come un aut aut, bianco o nero, dunque assoluta e dogmatica (ovvero per definizione senza possibilità di discussione critica), giungono spesso a comportarsi come assassini, vedi recenti vicende a Gaza. Il dogmatismo, ovvero l'assenza per definizione di critica e di dubbio su ciò in cui si crede poiché si pensa derivi da principi assoluti da cui necessariamente si deduce un modo d'azione "giusto", è una delle radici di tutti i mali odierni e passati. Questo, penso, sia l'insegnamento vero del pensiero "post-moderno", del relativismo, al di là di vari fraintendimenti, ovvero la tensione alla discussione critica, anche di credenze che si ritengano scaturire di necessità da principi ragionevolissimi. Scusatemi la lunghezza e le ripetizioni, ma la questione richiede di spiegarsi bene per evitare (sicuri) qui pro quo. Saluti. |
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22-01-2009, 12.49.51 | #17 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Verità... inutile
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La scienza è senza certezza, l’etica senza verità, la metafisica senza fondamenti. L’essere umano non è capace di costruire razionalmente degli assoluti terrestri, Questi sono gli esiti della filosofia contemporanea Dunque cristiano perché relativista, perché consapevole dei fallimenti della dea ragione e insieme delle possibilità di invocare quel senso assoluto non costruibile con mani umane. Per chi abbia una fede cristiana solo Dio è assoluto e di conseguenza, tutto ciò che è umano non è perfetto, è solo storico perfettibile e contestabile. (Confronta queste considerazioni preliminari con “Cristiano perché relativista e relativista perché cristiano” di Dario Antiseri… e se ne hai voglia leggilo tutto, è interessante.) La ricerca di un fondamento certo in etica, di una base stabile per le teorie scientifiche ed incontrovertibile per le teorie metafisiche non è possibile oggi o non è intrinsecamente possibile per la sola ragione? In questa temperie culturale, quella iniziata da tempo ma che oggi stiamo vivendo e vivremo per molto tempo ognuno deve accontentarsi delle proprie certezze e della propria fede, sia essa atea o religiosa o scientifica. Da una parte l’esercito dei teorici della morte di Dio dall’altra una truppa di agguerriti salvatori del Salvatore, in mezzo gli agnostici che non riescono a dare un giudizio di verità né in un senso né nell’altro. Né gli uni né gli altri prevarranno con la sola ragione. In questa temperie culturale, non si può far altro che accontentarsi delle proprie certezze che è, poi, quello che conta.. Detto questo, non ho approvato di certo il relativismo culturale perché sono certo che l’Assoluto è il Dio rivelato da Cristo e sono certo della verità della resurrezione ma non posso imporre questa verità, o pretendere di imporre alle coscienze la morale evangelica e tanto meno di trasfondere questa morale in legge dello stato. Preso atto che, giunti a questo punto, è inutile contrapporsi ad altri facendo appello ad una verità non più condivisa, ho cercato quello che c’era di buono e di condivisibile nel relativismo. E ce ne sono di cose: i dogmatismi di ogni genere, scientifici, logici, metafisici, filosofici, politici, ideologici, etici, ecc. ecc. sono sotto accusa. Sul dogmatismo scientifico e sulla sua pretesa di possedere la verità e sulla pretesa di avere il monopolio della verità non è il caso di esporre nuovamente le mie argomentazioni, del resto condivise da una parte dell’epistemologia moderna e avvalorate dai fallimenti di chi pretendeva di dimostrare il contrario. Se pure l’epistemologia ha qualche verità da proporre....della cui cosa dubito fortemente, per usare un eufemismo, ed in questo sono vicino al pensiero di Feyerabend. Gli esempi che fai sono delle evidenze: Barak, Roma, ecc. Non era in discussione l’uso comune della parola verità ma quello critico. Ogni verità può essere sottoposta ad un vaglio critico l’esito del quale fa esplodere la verità in tante verità spesso opposte, sempre diverse, tot capita tot sententiae, oggi più di ieri. A questa frammentazione che nuoce ai poteri politici di ogni genere si tentava e si tenta sempre di ovviare con i dogmatismi, per imbrigliare le menti e, con la forza bruta, per eliminare il dissenso ….e sempre in ogni settore della società coll’emarginazione di quelli ritenuti “eretici”. Il relativismo culturale offre un supporto teorico per la libertà dai poteri ingiusti. Tutti i re sono nudi, anche quelli che hanno spodestato altri per salire al trono. Se chiedi ai wahhabiti se quella norma giuridica sia giusta o meno ti risponderanno che, secondo la loro morale coranica, non solo è giusta ma è assolutamente doverosa. Il relativismo religioso considera tutte le religioni uguali, un relativismo che è molto diffuso. E che ci siano solo piccole differenze fra le religioni è per me incontestabile. Quella norma è ingiusta ma non posso imporre il mio giudizio morale o portare una qualche democrazia in Arabia Saudita con l’esercito. O è lecito? Per quanto riguarda la legge c'è la costituzione che tutela i diritti e i doveri degli italiani e, in linea di massima, ha la mia approvazione morale. Cè una costituzione anche in Arabia Saudita (un pressapoco il Corano), c'è quella della Repubblica popolare cinese ( una specie di marxismo), quella di Cuba ( un pressapoco il pensiero di Castro), quella americana che pone Dio in posizione prevalente...ma sono molto dissimili l'una dall'altra. E neppure i diritti universali sono accettati da tutti i paesi, dissentono ed hanno una loro particolare lista di diritti i paesi musulmani, ecc. ecc. La scienza morale, qualsiasi scienza morale che conosco, ha questi principii: nessun precetto morale è assolutoe , e si deve seguire la propria coscienza anche quando questa sia erronea. Dunque il relativismo morale nel senso che ogni persona è “obbligata” solo, in ultima istanza, a seguire la propria coscienza sembra inscritto nella moralità stessa. (La morale evangelica, secondo i Sinottici, ne ha solo uno di principi assoluti, ma credo che qui non interessi.) Conclusione: Vero, oggi, può essere considerato ciò che dà luogo a conseguenze pratiche soddisfacenti, relativamente alle esigenze vitali ed esistenziali più profonde degli individui. O come dice Albert: … ciò su cui tutti non possono fare a meno di concordare o ciò su cui si può trovare un consenso generale perché ogni essere umano, di norma, cerca il soddisfacimento delle proprie esigenze vitali, e tutti concordano su ciò che le può soddisfare. E’ già qualcosa. Ciao Koli P.S. Risponderò poi alle questioni che hai elencato con numeri. Ultima modifica di Giorgiosan : 22-01-2009 alle ore 19.16.15. |
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22-01-2009, 15.48.44 | #18 | |
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Punto 1, 2 e 3 Proprio perchè quei popoli o quelle persone hanno una concezione assolutistica della morale e del diritto e della propria ragione e della propria religione pensano come pensano e agiscono come agiscono. Ripeto quello che ho già detto: sul piano giurico sono legittimati e sono leggittimi relativamente alle leggi in vigore in quei paesi, sul piano morale ognuno giudica secondo la propria coscienza per quanto riguarda il proprio agire, relativamente a ciò che considera bene o male. Su punto 3: il mio giudizio morale, che può valere solo per me, considera che non è sufficiente il consenso ma che bisogna valutare anche quanto quel consenso sia libero. Per esempio: entreranno nel giudizio sulla libertà, l'età, la lucidità, le circostanze ecc. ecc. Quello che mi chiedi sul rapporto fra 1-2 e 3 non mi è chiaro per niente, ti chiedo di ripetere quanto intendi chiedermi. (Non ho capito aver "pari dignità" e quanto ai "piani", mi sembra che siano uno diverso dall'altro.) Ciao Koli Ultima modifica di Giorgiosan : 22-01-2009 alle ore 18.33.35. |
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22-01-2009, 16.31.16 | #19 |
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Riferimento: Verità... inutile
A mio avviso, a fondamento del pensiero relativistico, difficilmente,se non impossibile sarà il riuscire a raggiungere delle soluzioni concordanti e definitive,
se fin dall'inizio di ogni ricerca non si riuscirà a prestabilire dei punti fissi già in essere e condivisi da ogni interlocutore. Ciò lo ritengo indispensabile,tanto relativamente a ricerche fisiche, (Spazio-tempo) ed a ricerche umanistiche, circa il soddisfacimento delle basilari esiganze umane. A mio avviso esiste una fondamentale pietra di paragone,comune a tutti,ed esterna da ogni convincimento individuale,con la quale ognuno dovrebbe rapportarsi. Credo che queste siano basilari norme affinchè ogni argomento in discussione possa raggiungere delle soluzioni condivise. Un amichevole saluto.espert37 |
22-01-2009, 19.41.51 | #20 | |
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Riferimento: Verità... inutile
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Il fondamento del relativismo? Il relativismo. E la conseguenza? Il pragmatismo. Ognuno verifichi esperimentandola la bontà della propria verità. Ciao |
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