Ottima quest'idea delle recensioni, mi auguro numerose adesioni.
Quando leggiamo un libro noi viviamo un momento tutto nostro.
I primi libri di una certa rilevanza sono stati quelli di Erich Fromm:
- "Avere o essere?" (il mio primo) apre gli occhi alla attuale società del consumo e dell'avere, divulgativo, una denuncia esplicita e fondata
- "L'amore per la vita", bellissimo! Conversazioni radiofoniche, intervista a Fromm.
- "La rivoluzione della speranza" quasi un'anticipazione di "Avere o essere?"
- "Il linguaggio dimenticato" tratta dei sogni e della nostra perduta capacità di cogliere i nostri aspetti più intimi del nostro inconscio.
Ci sono anche libri che leggi con molta passione e poi col tempo ti rendi conto che servivano solo a te ed in quel preciso momento. Per esempio per me è stato come una droga la lettura di un bel tomo: "Anatomia della distruttività umana" di Erich Fromm, (ed. Mondadori) preso in prestito dalla biblioteca. L'ho letto avidamente in una settimana, soprattutto di notte, pochi giorni prima di partire per il militare.
Finito di leggerlo lo volli acquistare e me lo portai anche in caserma, ma non lo rilessi più in toto, lo sfoglio ogni tanto quà e là...
Erich Fromm è stato uno studioso e divulgatore delle scienze umane che mi ha aperto a nuove e inaspettate capacità di comprendere. Nel libro l'autore offre una panoramica a 360° sia attuale che storica sul tema della distruttività dell'uomo, citando popolazioni e società, momenti di crescita del singolo individuo e follie collettive. In questo libro conobbi per la prima volta popoli, usanze e approcci alla vita che non immaginavo. La domanda che mi avvinceva è questa: "L'uomo è un essere distruttivo per natura o per condizionamento culturale?" inoltre "...c'è quindi la possibilità di crescere una società "naturalmente creativa"?". Ora queste domande quasi accademiche non mi interessano più.
Anche se sembra banale dirlo così: IO SONO L'UMANITÀ e il mistero che tanto mi accanivo a cercare fuori e su quelle letture è così a portata di mano che se leggessi ulteriormente lo perderei. E questo cambio di prospettiva lo devo a "La porta senza porta" (ora ed. Il Punto d'Incontro, a suo tempo ed. Adelphi) che è stato anticipato, come fosse una preparazione obbligatoria, da "101 storie zen". Sono libricini mitici nel vero senso della parola. Come si fa a descriverli? Il loro contenuto? E‚ ben comprensibile già dai loro titoli. Nelle "101 storie zen" ci sono brevissimi racconti di uomini e monaci che con le loro vicende lasciano intravedere un insegnamento o la autodissacrazione dello stesso. La narrazione è scarna all'essenziale, ma lascia scorgere una certa lirica introducendoci al mondo giapponese di un tempo con le sue tradizioni ed usanze. Ma, al di là del tempo e del contesto culturale, i racconti parlano essenzialmente dell'uomo e delle sue vicende su questa terra. Storie che non risentono del tempo per la loro carica di umanità senza confini.
Ne "La porta senza porta" si entra dritti nel paradosso, come annuncia il titolo. Questo è il paradosso dello zen, dove chi si avventura in un monastero può sentirsi dire, come benvenuto: "Hai messo il piede oltre la soglia? Lascia che ti sputi in faccia!", come dire: "Te la do io la "liberazione"!". Volete capire lo Zen? Non parlate di Zen, vivetelo! Cos'è lo Zen? Venite qui, uno per uno, e assaggerete il boccone che vi darò. Ad ognuno sarà diverso, perché ognuno si merita cose diverse. Ad ognuno il maestro si spiega in base alle sue capacità di comprensioni, ma non si tratta di parole; coinvolge l'intero essere, corpo-mente-istante. Non puoi chiedere di ripetere: il momento è cambiato e non ritornerà, anche se il tema è sempre lo stesso, per tutti. Chi ha capito è bravo, anzi... me lo spieghi: io non l'ho ancora afferrato!
E se vogliamo davvero gettare nell'orinatoio la nostra capacità di comprendere: braccine
-"Zen radicale" i detti del Maestro Joshu, a cura di Yoel Hoffman, ed Astrolabio-Ubaldini. Si tratta di aforismi e koan, incontri-lampo di Joshu con monaci, impiegati, vecchiette e altri maestri. Correva l'anno 778 d.C. nella Cina settentrionale, quando nacque Joshu. La sua presenza fisica durò un bel po': 119 anni.
Sarà stato imbarazzante anche per lui? timidone
Come vedete, la lettura non sempre dà buoni risultati… a volte tu peggiori inesorabilmente e finisci in strade senza ritorno; quindi… occhio!!! gulp
?!?!
PS. Purtroppo non so ancora dare il grassetto alle parole che desidero, ma va bene lo stesso, ciao[b]ciao forse ora si?