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25-05-2015, 00.07.06 | #82 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 14-05-2015
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Riferimento: Perdono.
Citazione:
Grazie Freedom, più che altro sembra che tu abbia ritratto la mia situazione in modo ordinato. Mi ci sono rivisto. Ho letto che una ferita è tanto più profonda, quanto profondo era il rapporto. E quindi la riparazione è più difficile. Ma io credo che ci sia sempre una possibilità di riparazione, anche se in principio non si riesce a intravederla. Io la cerco, anche se soffro nel cercarla. Quando perdono qualcuno, dentro di me sento come sciogliersi un nodo. E' una sensazione molto bella: sento che la durezza si muta in tenerezza. Questa tenerezza investe me stesso quanto l'altro. E' come un abbandono, un disarmarsi. Nel caso che ho raccontato prima, sono finito in stallo. Perché all'offesa reiterata ho reagito, per esasperazione, ma ho reagito. Quindi non riesco a far quadrare i conti, perché essere offesi e basta è una situazione chiara, mentre essere offesi e reagire, rende le cose più complesse. Rispetto a quest'amico (chiamiamolo Nicola), sono stato non come un padre, ma come una mamma, che sopporta tutto in silenzio, che fa finta di non aver capito le bugie, che chiude sempre un occhio e capisce i pericoli che corre, più di lui stesso. Sto' figlio incorreggibile ci conta sulla pazienza di mammà, fino a che non la mette duramente alla prova ed essa non ne può più e lo sbatte fuori di casa a male parole. Forse quella forza che si agita in fondo al mio animo, non è odio, ma amore incatenato. Se ho molto perdonato, ho molto amato. |
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25-05-2015, 23.15.48 | #83 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdono.
Dolore e Sofferenza.
In genere li consideriamo sinonimi, ma non lo sono. Perché , cessato il dolore, la sofferenza può proseguire. Se mi spezzo una gamba provo dolore, ma se resto zoppo , la sofferenza continua. Perdonare un dolore che ci è stato inflitto, forse riusciamo in un tempo non lungo, ma non ci riusciamo se siamo in sofferenza, cui poi possono aggiungere sofferenze di altra origine. Se il dolore è ineluttabile - solo i morti non lo provano -, per la sofferenza qualcosa si può fare: due reduci di guerra entrambi zoppi: uno è felice, l'altro è contristato. Se a Cristo non chiederò di risparmiarmi i dolori, gli potrò chiedere di alleviarmi almeno le sofferenze. Ma non so mai cosa chiedergli di preciso e faccio fatica a capire i miei bisogni (manco fosse il Genio della lampada di Aladino!). Arrivo sempre con la tradotta... penso che devo chiedere semplicemente Lui. Lui con me. |
26-05-2015, 08.47.31 | #84 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdono.
Ma la sofferenza ha la sua cura: la consolazione. E il consolatore per eccellenza è lo Spirito santo. Infatti Paraclito significa consolatore.
Gesù promette che lo manderà una volta che non ci sarà più lui. A ben vedere, una lite nasce sempre da un'incomprensione più o meno profonda. In qualche modo è sempre figlia di Babele: quando gli uomini non si comprendono più. Ma la discesa dello Spirito a Pentecoste fa l'esatto contrario: i discepoli parlano in lingue e tutti i presenti capiscono. Tra Padre e Figlio, lo Spirito è ben difficile da immaginare, perché un'immagine non l'ha. Eppure io credo che tra le varie preghiere, bisogna ricordarsi d'invocarlo. |
26-05-2015, 12.24.11 | #85 |
Ospite abituale
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Riferimento: Perdono.
@Aeroplano Italiano
Come è difficile da immaginare?!?! Se il Padre è l'amante e il figlio è l'amato, lo Spirito Santo non può essere che l'Amore, il dialogo tra gli innamorati (come la preghiera di noi umani). Quindi ogni qualvolta si riconosce (in noi, negli altri, nella natura, nell'intuito) l'Amore, quello è lo Spirito Santo. Un'altra immagine (appresa da poco) che definisce l'azione, l'essenza e la sostanza dello Spirito Santo è la linfa vegetale presente negli steli che congiungono e collegano la vite con i tralci. Lo Spirito Santo ha un corpo, né più e né meno di quello di Gesù visto e tastato nella descrizione degli Atti, non è per nulla differente all'immagine che uno concepisce di Dio e di Cristo, anzi è la stessa. Essendo considerato e ritenuto la "terza" persona della Santissima Trinità, in molti pensano che sia come un fantasma, uno "spirito" o meritevole dell'oscar come attore non protagonista; addirittura qualcuno lo ha definito come "spermatozoo" di Dio, poiché produce la gravidanza di Maria di Nazareth. La colpa è anche della gerarchia ecclesiastica che non ricorda assiduamente ai credenti e creduloni che i miracoli, le apparizioni mariane, le santità, i carismi, la missione pastorale ed evangelica della Chiesa, ecc. ecc., sono possibili solo e soltanto grazie all'intervento dello Spirito Santo, nella misericordia di Dio e per l'amore di Gesù. Pace&Bene |
26-05-2015, 22.27.57 | #86 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdono.
Si Duc,
io mi riferisco alla parte pittorica dello Spirito, perché è difficile da rendere antropomorfico (meno che nella pittura ortodossa). Io ero nel Rinnovamento dello Spirito, a Milano, che è il centro propulsore di questo movimento per l'Italia. Non abbiamo usato un'immagine nel senso di un'icona,ma è il gruppo umano che in un certo senso diventa iconografico, come fosse un'immagine unica, vivente della Chiesa. C'è più calore e contatto fisico , mentre i canti si avvicinano alla danza . Questo potrebbe tradurre fisicamente le tue parole. Vi è un richiamo alla Chiesa Paleocristiana (Sant'Eustorgio a Milano ha davvero le catacombe, usate tuttora per il culto; una cosa stupefacente). In alcuni aspetti vi è il senso dell'informale, nel canto e nella parola. Probabilmente proprio per non voler dare una forma allo Spirito. E forse anche per spogliare noi stessi della troppa razionalità. 24 anni fa, quando iniziai, avevo bisogno proprio di quello, di un abbandono fiducioso. Non ero tanto in condizioni di reggere i ragionamenti. Ebbi un invito da parte di un amico, detto un po' per dire. Invece sono rimasto. Oggi mi sembra di essere stato un po' chiamato, nel momento in cui mi sentivo un rottame. Io penso che noi cerchiamo Cristo, ma a volte è lui che viene a cercarci. Anche la tua storia avrà qualche fatto ordinario che s'è rivelato poi straordinario. Magari ti sarai detto: "possibile?" |
27-05-2015, 05.45.24 | #87 | |
Moderatore
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Riferimento: Perdono.
Citazione:
ciao ti dico come vedo le cose dal mio punto di vista. intanto un po mi ha meravigliato il fatto che ci sarebbero tantissimi anni in cui determinate azioni siano continuate a capitare tra te e il tuo amico e sempre nella stessa direzione univoca,ossia di lui che alla fine te ne avrebbe sempre combinate tante,almeno così come ce lo provi a descrivere. questo già mi sembra un anomalia,perché non si può arrivare a commettere lo stesso "errore" per così troppo tempo e questo sia da parte sua,ma evidentemente anche dalla tua per opposti motivi. poi mi chiedo: si può perdonare (o aiutare) una persona che non da segni di pentimento o quantomeno di ravvedersi per l'eventuale male che di continuo arrecherebbe agli altri? allora mi viene pure da pensare che tra persone esistano diversi livelli,diciamo di evoluzione personale e quando questi non corrispondono si avranno sempre o quasi dei fraintendimenti,che difficilmente porteranno a soluzioni basate sulla comprensione reciproca e sarebbe forse pure un ulteriore parentesi alla questione. se le cose stanno come dici tu,riguardo al tuo amico (ma e' da considerarsi tale colui che continua per così troppo tempo a non considerare il bene per la persona "amica"?) secondo me tu non puoi farci niente e forse più che altro ce da capire il motivo della tua,a mio avviso,poco sensata insistenza. appunto il perdono e' una questione di cuore ma la ragione avra pure il suo motivo di esistere..credo |
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27-05-2015, 18.30.04 | #88 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdono.
Ciao Acquario,
il tuo post è interamente calzante. Io credo che esistano dei rapporti viziati, il cui equilibrio regge proprio sull'accettazione del vizio. Se lo si mette in discussione, la relazione salta. Qual è il vizio? Quello che vedi esercitare su di te, ma anche sugli altri. E' un tratto essenziale di del nostro interlocutore. Vizio che resta in essere, anche quando le cose vanno apparentemente bene: perché è un modo di porsi, uno stile, una concezione, una percezione fissa di sé stessi, dei rapporti di forza, cose che sussistono anche se non si verifica un torto determinato. Noi perdoniamo qualcuno, perché ci ha fatto qualcosa, ma facciamo fatica a perdonare per l'approccio che ha con noi, l'atteggiamento, per i modi, perché è una realtà sfuggente, fatta di sfumature. Nicola, se non cambia, avrà sempre un demone: il divario intollerabile tra quello che è e quello che vorrebbe essere (obiettivi smisurati); e poi lo sforzo immane di persuadere gli altri che i suoi miti sono veri o realizzabili. Non sono quindi i grandi sogni a fargli male ma la realtà, perché smentisce apertamente i fallimenti. Ma ho parlato di tutto questo per parlare di me. In realtà tendevo a perdonare e a dimenticare, ma a dicembre ho cominciato a star male fisicamente e ho visto che la sofferenza richiama brutti ricordi e li acutizza e li fa persistere. Quindi forse la parte soggettiva è importante, probabilmente più dell'offesa o dell'offensore. Esiste una possibilità che la sofferenza non produca altra sofferenza? Ma anzi qualcosa di meglio? Posso pensare a Padre Pio, a molti santi e allo stesso Gesù. Poteva essergli più facile perdonare finché camminava per le strade della Giudea, ma più difficile dalla croce, eppure... Sembra esistere un paradosso. O forse esser capaci di abbracciare la propria croce. Non so, ditemi voi. Ultima modifica di Aeroplano Italiano : 27-05-2015 alle ore 22.40.46. |
28-05-2015, 00.40.18 | #89 |
Nuovo ospite
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Riferimento: Perdono.
Quand'ero studente, ragazzino gracile e insicuro, con svariati ricoveri ospedalieri ricordo di esser stato vittima di quello che oggigiorno viene definito bullismo. Spesso si divertivano a spegnere le cicche delle sigarette sulle mie braccia bucandomi le maglie e pretendevano soldi.
Naturalmente i miei intuivano tutto ma...negavo, negavo sempre. Ora, questi ricordi mi servono per chiarire, prima a me stesso e poi anche a quelli che leggono questa riflessione, che...non ho perdonato mai perché...non mi ricordo nemmeno i loro volti. Non li riconoscerei probabilmente neanche se li incontrassi ancora. Uno dei miei pochi pregi (o almeno penso lo sia) è quello di dimenticare velocemente il passato ( che non esiste più) e cercare di vivere costantemente il presente. Il passato è andato, il futuro non è ancora e il presente è inafferrabile. Dov'è il tempo del perdono in questo flusso senza fine, vago, illusorio e vuoto ? Chi è che deve perdonare qualcosa ? Il nostro ego ferito o la nostra mente continuamente cangiante ? Se i ricordi dolorosi sono solo un fardello da portare continuamente ad incurvarci la vita perché non posarli a terra, salutarli e ...andarcene lontano nel presente. Se penso che i miei stati mentali di giovinetto sono stati "feriti" da altri stati mentali di giovinetti mi sorge spontaneo un senso di distacco. Non sono più quegli stati e nemmeno i miei compagni non manifestano più quegli stati di allora. Sono cambiato e cambierò ancora. Anche loro sono cambiati e cambieranno ancora. Ecco perché, alla fine , perdono diventa per me una parola vuota... |
28-05-2015, 06.03.20 | #90 | |
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Riferimento: Perdono.
Citazione:
Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu. (Sacre Scritture) questa e' la frase che ho letto all'inizio di questo post e credo che dica davvero tutto. allora mi chiedevo se potresti pure trarne una risposta specifica al tuo caso,ed io credo di si. ..in fondo mi sembra che in qualche modo sei rimasto prigioniero di una dinamica relazionale,che forse non ti consentirebbe di perdonare,allora quella frase iniziale potrebbe innanzitutto riguardare te…ossia prima di tutto devi perdonare te stesso per poter perdonare gli altri. naturalmente la mia e' solo un ipotesi,uno spunto,che forse ti riguarda o forse meno..forse giusta,forse sbagliata |
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