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Vecchio 18-05-2014, 13.33.07   #21
Koirè
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Post Riferimento: Perdono.

paul11:
"Oggi si insegna ai propri figli ad essere furbi, non onesti."

Koirè: Credo non sia così,i valori trasmessi ai propri figli devono essere,se i genitori hanno una morale,di onestà.

paul11:"Perchè i privilegi di coloro che hanno il potere economico e politico ci hanno insegnato a loro volta che in galera vanno gli onesti non certamente loro che rubano e pagano avvocati per far andare in prescrizione una causa, o per passare come vittime del sistema....loro... i potentati.
Noi siamo in un clima ormai di dissoluzione ,priva di identità culturale e costituita da corruzioni e collusioni ( vedi in questi giorni expo 2015)."


Koirè:Ognuno x fortuna ha un organo,la mente,è può discernere benissimo cosa fare e non segue la massa del potere politico..Insomma decide della propria onestà e giustizia e morale.

paul11:"I genitori insegnano ai figli un' educazione: questa è la regola.
I figli crescendo potranno contestarla, ma dentro le regole insegnate dai genitori e nel rispetto dei ruoli. Poi a loro volta i figli diventeranno genitori e la stessa cosa accadrà con i loro figli.
Ora, se manca l'educazione dei genitori verso i figli , se non sono chiari i ruoli familiari, si crea il clima di dissoluzione, perchè le regole e i ruoli non sono identificati. L'identità serve anche alla contestazione, al cambiamento.

Koirèifatti spero ardentemente che se dei bambini vien loro insegnata la furbizia,la prepotenza etc...da grandi abbiano la forza di sottrarsi a questi insegnamenti.

paul11:"Arrivo a dire che è meglio avere un padre padrone in cui come figlio mi identifico e lo contesto, ma nel rispetto, piuttosto che non avere un ruolo identificativo del genitore, perchè devo avere un sistema di riferimento o non avrò più una bussola concettuale ed emotiva.
!
Koirè:Posso concordare con te.

paul11"Allora si dice: " ma perchè devo chiederti scusa? Ma perchè devo perdonarti se intanto fai quello che vuoi?""

Koirè:Perchè il perdono prescinde quello che l'altro farà dopo...Il perdono vero perdono scaturisce dal cuore e dalla mente..e una volta perdonato non si stà lì a guardare se l'altra persona ci guarda con occhi diversi o no...se capisce il nostro gesto o no..


Il post continua a dirmi che devo aggiungere 15 caratteri perchè la mia risposta è troppo corta...allora provo a scrivere questo.....vediamo se passa.
Ok è sempre corto...dove ho sbagliato?
Mmmm...15 caratteri:cosa posso aggiungere..forse non dovevo fare quel botta e risposta?qlc sà dirmi come si fà
Comunque l'argomento è molto delicato(quello del perdono ovviamente),ci sono tante sfumature,tanti angoli bui,tanti perchè...ma di certo credo che il perdono aiuti in primis noi stessi e poi anche (e qui parlo in grande),l'umanità...se tutti fossimo propensi al perdono,all'amore,alla morale,al nostro più umano amare...bè..credo che tante e tante cose ,avvenimenti,si aggiusterebbero come per magia.


[/quote]
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Vecchio 28-08-2014, 07.56.56   #22
elsire
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Riferimento: Perdono.

Citazione:
Originalmente inviato da Koirè
Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu.
(Sacre Scritture)
Quanto è difficile perdonare le persone....e ancor più difficile è perdonare se stessi.Eppure se non ci si riesce possono sorgere vere e proprie malattie psicologiche,per questo la bibbia ci incita a perdonarci a vicenda e a perdonare noi stessi.
Anche chi non è credente,cosa ne pensa dell'argomento "perdono"?
E un gesto essenziale x la vita?....o si può vivere anche bene senza riporre il proprio animo nel cuscino del perdono.
Mi piacerebbe leggere i vostri pareri su questa mia discussione introdotta.Però x correttezza dico prima il mio parere: perdonare non è affatto facile,anzi trovo che sia estremamente difficile sopratutto nei casi in cui si son subiti torti,violenze,etc....
Perdonare se stessi; nella mia logica naturalmente;diventa più facile se ti vendichi
e ristabilisci l'onore....ma credo che il buon Dio non era questo che intendeva.
Grazie a chi vorrà intervenire.

S.G

Il problema si fonda sul presupposto di aver subito un torto da parte di "qualcuno"; è questa la molla che fa scattare l'ira, il rancore....e, in casi estremi l'odio.
Per i quali, poi, si rende necessario trovare in sè la forza di perdonare.
Facciamo un esempio.
Se noi, sdraiati a prendere il sole sul fondo di una barca che galleggia tranquilla nella calma acqua di un lago, veniamo urtati violentemente dalla prua di un altro vascello, scattiamo subito in piedi indignati, pronti a redarguire (per usare un eufemismo) colui che cosi' maldestramente lo pilotava.
Ma se, per ipotesi, ci accorgiamo che si tratta di una barca vuota, guidata solo dalla forza della corrente, l'ira ci sbollisce subito; e magari ci preoccupiamo pensando che il suo proprietario sia caduto in acqua.
Solo se, invece, vediamo un nocchiero, lo prendiamo irosamente a male parole.
In realtà, se credessimo "veramente" in Dio, la cosa non dovrebbe fare nessuna differenza.
Ed infatti, qualunque cosa accada (compreso l'urto della barca) dipende esclusivamente dalla Volontà di Dio; cosa importa se Lui ha scelto il vento, o un'altra persona, per provocare la collisione?
Il che, beninteso non ha nulla a che vedere con la problematica del libero arbitrio; poiche' Dio non costringe nessuno a fare niente, ma si serve delle nostre libere scelte (o imprudenze) per perseguire, comunque, il suo Disegno.
La cui comprensione è al di là della nostra portata.
Perciò, se il suo Disegno era di provocare la collisione, non importa nulla del mezzo di cui si è servito per provocarla.
Per cui, in qualsiasi caso, non devi prendertela con l'altro pilota (nè col vento), ma, semmai, con Dio.
Il che sarebbe una scelta poco saggia (Giobbe docet).
Per cui, in effetti, non c'è nessuno da perdonare perchè non c'è nessuno da accusare.
Se non accusassimo (nè condannassimo) nessuno, non avremmo, poi, il problema del perdono.
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Vecchio 28-08-2014, 22.53.29   #23
Jacopus
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Riferimento: Perdono.

"Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu."

Affronto la questione esponendo il mio pensiero. Credo che il perdono sia un attributo dell'individuo, che generosamente lo dispensa a chi lo ha offeso nei più svariati modi. Analogo il discorso su chi il perdono lo chiede.
In questo modo si chiude la dialettica individuale ed eventualmente quella religiosa.

Ma l'evento dell'offesa non è solo un rapporto individuale, sia perchè ci sono atti che non hanno delle vittime ben identificabili (Chi sono le vittime di chi butta dell'eternit in un bosco?), sia perché le società organizzate e complesse hanno la necessità di sanzionare gli "atti malevoli", cause dei successivi eventuali perdoni.
In qualche modo intravedo una analogia tra il perdono e la "legge del taglione". Entrambi i metodi delegano i singoli soggetti ad agire autonomamente e "privatamente", senza alcuna intermediazione.
In qualche modo, forse a torto, collego questo che sto dicendo alla nota dicotomia: giustizia-carità. Il perdono si muove nell'alveo della carità, mentre la giustizia pretende una riparazione più sostanziosa al danno compiuto, pretende un pagamento che ripristini lo status quo ante.

Laicamente, però mi domando anche come inserire il perdono nei sistemi di giustizia. Perchè se è vero che la "retribuzione" penale ripristina lo status quo ante, lo fa in modo freddo e meccanico, senza domandarsi il perchè dell'offesa. Il perdono invece ha la capacità di ricostituire i legami sociali.
L'esempio più noto di quanto sto dicendo è quello della Commissione per la Verità e la riconciliazione, istituita in Sudafrica.

http://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_per_la_verità_e_la _riconciliazione_(Sudafrica)
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Vecchio 01-09-2014, 00.40.27   #24
Duc in altum!
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Riferimento: Perdono.

** scritto da elsire:

Citazione:
Se non accusassimo (nè condannassimo) nessuno, non avremmo, poi, il problema del perdono.


Molto armonioso e leale il tuo pensiero, concordo, mi permetto solo di aggiungere qualcosa a questo tuo ultimo pensiero.

Il problema del perdono, del riceverlo o donarlo, del chiederlo o respingerlo, nasce dal presupposto che nessuno è esente dal peccato, quindi necessitante, obbligatoriamente, per avere una vita piena e dare un senso logicamente compiuto all'esistenza, del perdono di Dio.
Tutto il resto è consequenziale, cioè, io (sempre se voglio) perdono perché Dio mi ha perdonato (da ciò il perdono non è facoltativo per chi si riconosce discepolo amato), e così come io ho ricevuto, inizialmente, quel perdono gratuitamente, nella stessa maniera, ossia gratuito, devo elargirlo.
Quindi l'accusa e la condanna sono legittimi e permessi ("Io, Gesù, sono venuto per dividere..."), in virtù che non tutti si riconoscono bisognosi della misericordia divina, che non tutti si perdonano e che non tutti benedicono la loro storia personale (qualunque essa sia!).
Ergo autoesclusi dalla salvezza.


Pace e Bene.
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Vecchio 01-09-2014, 21.40.00   #25
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Riferimento: Perdono.

""Tutto il resto è consequenziale, cioè, io (sempre se voglio) perdono perché Dio mi ha perdonato (da ciò il perdono non è facoltativo per chi si riconosce discepolo amato), e così come io ho ricevuto, inizialmente, quel perdono gratuitamente, nella stessa maniera, ossia gratuito, devo elargirlo.
Quindi l'accusa e la condanna sono legittimi e permessi ("Io, Gesù, sono venuto per dividere..."), in virtù che non tutti si riconoscono bisognosi della misericordia divina, che non tutti si perdonano e che non tutti benedicono la loro storia personale (qualunque essa sia!).
Ergo autoesclusi dalla salvezza.""

Ho pensato inizialmente ad aprire un nuovo topic in filosofia ma il titolo: "interpretazione filosofica del perdono spirituale" non era sufficientemente esaustivo. Così preferisco rispondere qui, fatta salva la possibilità di "spostare" perché mi rendo conto che c'è una sorta di sconfinamento.
Premessa: non ho nulla contro Duc. Anzi sarei contento se volesse controargomentare;
Seconda premessa: niente mi è più indigesto della confutatio ad hominem.

Critica religiosa: L'autoesclusione dalla salvezza non può essere determinata dalla superbia dei singoli, perché questo significherebbe limitare la sovranità di Dio su di noi e sul nostro destino. Dio onnipotente può decidere sulla nostra salvezza indipendentemente dalle nostre scelte, perché solo lui può vedere nei nostri cuori in modo autentico.

Critica logica: "così come io ho ricevuto, inizialmente, quel perdono gratuitamente, nella stessa maniera, ossia gratuito, devo elargirlo." Se "deve" essere elargito in cosa consiste la gratuità?

Critica filosofico-esistenziale: L'autoesclusione dalla salvezza è un principio sostanzialmente ben poco cattolico, ma pur presente nella molteplicità delle anime del cattolicesimo e del cristianesimo. Quel Dio vendicatore venuto per dividere fu utilizzato magistralmente da Bunuel in "La via lattea". A me subito sovviene la solenne contraddizione fra gli "ultimi che saranno i primi" e questo ostracismo terribile e definitivo. Eppure nella logica di chi ha fede, i non credenti dovrebbero essere coloro che vanno aiutati a trovare la giusta via, fino all'ultimo istante della loro vita. Il messaggio invece impartito è "si sono autoesclusi nella vita celeste" e sottostante il proseguo del sillogismo è "possiamo escluderli anche nella vita terrena ed anticipare, a nostro vantaggio, il pianto e lo stridor di denti".
Fortunamente non tutti i credenti accettano questa impostazione.

Critica sociologica: La divisione netta fra i "sommersi" e i "salvati" è una neppure tanto velata interpretazione dei rapporti di dominio mondani.I dannati della terra sono coloro che, non credendo, avverano, con le loro sventure, la profezia del loro essere lontani dalla grazia e, viceversa, i salvati anticipano nella gloria delle loro messi, il giudizio finale su di loro. Insomma i ricchi e i poveri in chiave religiosa diventano i due mondi separati degli eletti e dei dannati.

Critica psicologica: La netta separazione fra una comunità di buoni e una di cattivi è probabilmente connaturata a certe religioni ma presuppone la costruzione di una strutturazione della personalità rigida e poco capace di avere una buona insight sugli aspetti contraddittori del nostro "essere nel mondo", con conseguente instaurazione di meccanismi di difesa poco funzionali come proiezione, negazione, compensazione, fino eventualmente ai deliri di onnipotenza. Non a caso molti scompensi transitori o cronici si fondano su un substrato di credenze e idee a sfondo religioso.

Mi rendo conto, rispetto a questo argomento, di essere piuttosto spigoloso e poco incline al compromesso e me ne scuso con i lettori.
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Vecchio 02-09-2014, 17.23.41   #26
donquixote
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Riferimento: Perdono.

Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
Critica religiosa: L'autoesclusione dalla salvezza non può essere determinata dalla superbia dei singoli, perché questo significherebbe limitare la sovranità di Dio su di noi e sul nostro destino. Dio onnipotente può decidere sulla nostra salvezza indipendentemente dalle nostre scelte, perché solo lui può vedere nei nostri cuori in modo autentico.

In questo modo si negherebbe totalmente il cosiddetto "libero arbitrio" che la religione e la dottrina invece ammettono come fondamentale, tanto da far derivare da questo, o meglio dal suo abuso, il primo peccato (appunto di “superbia”) dell'uomo che ha determinato una catastrofe nel resto dell'umanità. È vero che l'ultima parola sulla salvezza di ognuno spetta a Dio, ma l'uomo non è mai stato considerato come un essere “sic et simpliciter” passivo, tanto è vero appunto che il libro della Genesi afferma che Adamo, il primo uomo, si è ribellato al volere di Dio.

Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
Critica logica: "così come io ho ricevuto, inizialmente, quel perdono gratuitamente, nella stessa maniera, ossia gratuito, devo elargirlo." Se "deve" essere elargito in cosa consiste la gratuità?

IL "dovere" non contrasta con la gratuità. Gratuità è fare qualcosa senza aspettarsi nulla in cambio, appunto “per dovere”. Se uno riceve qualcosa gratuitamente altrettanto gratuitamente deve offrirla. Mi pare un comportamento improntato alla giustizia.


Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
Critica filosofico-esistenziale: L'autoesclusione dalla salvezza è un principio sostanzialmente ben poco cattolico, ma pur presente nella molteplicità delle anime del cattolicesimo e del cristianesimo. Quel Dio vendicatore venuto per dividere fu utilizzato magistralmente da Bunuel in "La via lattea". A me subito sovviene la solenne contraddizione fra gli "ultimi che saranno i primi" e questo ostracismo terribile e definitivo. Eppure nella logica di chi ha fede, i non credenti dovrebbero essere coloro che vanno aiutati a trovare la giusta via, fino all'ultimo istante della loro vita. Il messaggio invece impartito è "si sono autoesclusi nella vita celeste" e sottostante il proseguo del sillogismo è "possiamo escluderli anche nella vita terrena ed anticipare, a nostro vantaggio, il pianto e lo stridor di denti".
Fortunamente non tutti i credenti accettano questa impostazione.

Io non ci vedo niente di poco (autenticamente) cattolico nel principio della autoesclusione dalla salvezza, che è stato discusso e affermato fin dai tempi di Agostino d'Ippona.
Per comprenderlo si tratta solo di provare a vedere la cosa sotto un altro punto di vista, o se si vuole trasponendo lo stesso concetto in un contesto differente.
Proviamo a pensare alla tossicodipendenza, o all'alcolismo, o alla depressione, o alla schizofrenia, o alla modernissima ludopatia. Queste patologie, pur riconosciute da chiunque come tali, non sono quasi mai ammesse da coloro che ne sono portatori, che solitamente si dichiarano completamente in grado di tenerle sotto controllo e, se solo volessero, di eliminarle.
Ma come tutti gli specialisti affermano (e non bisogna certo essere specialisti per capirlo ma basta un minimo di buonsenso e un briciolo di logica) se prima non si ammette di essere malati non è possibile curarsi, e il riconoscimento della propria patologia con la conseguente richiesta di aiuto è il primo, indispensabile, passo verso la guarigione.
Allo stesso modo per quanto riguarda la questione della salvezza è necessario innanzitutto che un individuo si riconosca peccatore e bisognoso di salvezza perché questa possa essere conseguita. Se ciò non accade automaticamente ci si autoesclude dalla possibilità di ottenerla.

Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
Critica sociologica: La divisione netta fra i "sommersi" e i "salvati" è una neppure tanto velata interpretazione dei rapporti di dominio mondani.I dannati della terra sono coloro che, non credendo, avverano, con le loro sventure, la profezia del loro essere lontani dalla grazia e, viceversa, i salvati anticipano nella gloria delle loro messi, il giudizio finale su di loro. Insomma i ricchi e i poveri in chiave religiosa diventano i due mondi separati degli eletti e dei dannati.
Questa interpretazione è totalmente anticattolica, ma molto in voga nelle chiese protestanti che l’hanno mutuata dall’ebraismo. Per essi infatti la ricchezza materiale è un dono e anche un “segno” di Dio, che vuole premiare gli eletti già qui sulla terra. Secondo la mentalità protestante i poveri (nel senso materialistico del termine) sono tali perché colpevoli di qualche misfatto nei confronti della divinità, che viceversa premia gli obbedienti con una serie di ricchezze di cui godere già in questo mondo.
Il cattolicesimo al contrario ha sempre condannato il perseguimento delle ricchezze materiali, poiché distolgono lo sguardo dalle ricchezze spirituali che sono ben più importanti. Se il “dio” ebreo è un dio della storia, immanente, quello cattolico è assolutamente trascendente, e ciò è confermato da Gesù quando affermava “il mio regno non è di questo mondo”. Per il cattolicesimo coloro che sono ricchi su questa terra saranno dannati nell’altra vita, mentre al contrario accade per i poveri, come affermato anche nel Discorso della Montagna.


Citazione:
Originalmente inviato da Jacopus
Critica psicologica: La netta separazione fra una comunità di buoni e una di cattivi è probabilmente connaturata a certe religioni ma presuppone la costruzione di una strutturazione della personalità rigida e poco capace di avere una buona insight sugli aspetti contraddittori del nostro "essere nel mondo", con conseguente instaurazione di meccanismi di difesa poco funzionali come proiezione, negazione, compensazione, fino eventualmente ai deliri di onnipotenza. Non a caso molti scompensi transitori o cronici si fondano su un substrato di credenze e idee a sfondo religioso.
Non esiste una comunità di buoni e una di cattivi, o meglio questa è una banale e infantile semplificazione. Esiste una comunità di peccatori, ognuno diverso dall’altro e ognuno più o meno bisognoso di salvezza. Ma come notavo in precedenza coloro che umilmente si riconosceranno peccatori e chiederanno aiuto saranno avvantaggiati rispetto a coloro che pur essendolo penseranno o di non esserlo oppure di poter fare a meno di qualunque aiuto. Poi vi saranno anche, e non sono rari, coloro che si riterranno talmente “umili” e "buoni" da gloriarsi di tale umiltà e trasformarla, paradossalmente, in arroganza; e saranno proprio costoro che divideranno la comunità in buoni e cattivi. Ma questo è il tipico comportamento dei farisei.

In ogni caso il perdono non è mai, se sincero, un atto di magnanimità verso qualcuno, o un qualcosa di cui (orrore!) gloriarsi, ma una presa di coscienza del costante e ininterrotto divenire e scorrere delle cose, è il rifiuto di cristallizzare il proprio mondo intorno ad un evento, un fenomeno, che è già passato quando ci si pone il problema di perdonare o meno, è la volontà di seppellire i propri cadaveri e non lasciarli incancrenire e putrefare nella nostra coscienza, è il necessario oblio che apre la mente ad un sempre nuovo e incondizionato presente, è, tutto sommato, il gusto della libertà.
donquixote is offline  
Vecchio 02-09-2014, 19.44.50   #27
Jacopus
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Riferimento: Perdono.

Non rispondo puntualmente perché credo che potrebbe diventare un gioco capzioso all'infinito che non comporta un reale contributo.
Per quel che può interessare, sono sempre stato molto curioso e rispettoso del pensiero religioso, ma il post di Duc mi sembra piuttosto inverosimile.
Visto che si parla di perdono, sottoscrivo questa definizione, che è anche psicologicamente raffinata (non mi esprimo sulla spiritualità):

"In ogni caso il perdono non è mai, se sincero, un atto di magnanimità verso qualcuno, o un qualcosa di cui (orrore!) gloriarsi, ma una presa di coscienza del costante e ininterrotto divenire e scorrere delle cose, è il rifiuto di cristallizzare il proprio mondo intorno ad un evento, un fenomeno, che è già passato quando ci si pone il problema di perdonare o meno, è la volontà di seppellire i propri cadaveri e non lasciarli incancrenire e putrefare nella nostra coscienza, è il necessario oblio che apre la mente ad un sempre nuovo e incondizionato presente, è, tutto sommato, il gusto della libertà."

La definizione di Duc presuppone una logica assolutamente diversa, anzi contraria. Si parte dal presupposto che se non si accetta di entrare nella dimensione religiosa, allora non solo non si ha il diritto di essere perdonati, ma si può essere condannati, autoesclusi, eccetera, eccetera. "E' tutto consequenziale", come se fosse una formula.
Non so se sia possibile ma io intendo la religiosità come un atto rispettoso di ogni altro e non come una conventio ad exludendum. La religiosità, proprio perchè si dovrebbe opporre al pensiero strumentale e calcolatorio dei nostri tempi, non può parlare in questo modo. Dovrebbe essere un ponte fra tutti gli esseri umani e non un modo per "separare e dividere".
Anche per questo motivo concepisco la religiosità come una espressione interiore singola, lontana da ogni forma istituzionalizzata, visto che sono le istituzioni a concepirsi come un noi-contro-loro.
Ringrazio comunque Donquixote per la risposta.
Jacopus is offline  
Vecchio 02-09-2014, 21.18.13   #28
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Riferimento: Perdono.

** scritto da Jacopus:


Citazione:
Critica religiosa: L'autoesclusione dalla salvezza non può essere determinata dalla superbia dei singoli, perché questo significherebbe limitare la sovranità di Dio su di noi e sul nostro destino. Dio onnipotente può decidere sulla nostra salvezza indipendentemente dalle nostre scelte, perché solo lui può vedere nei nostri cuori in modo autentico.

Ed invece sì, l'autodeterminazione a tutti i costi (motivo principale della crisi economica mondiale), è la principale causa della dannazione eterna (sorvolando il fatto che così facendo non si è vissuti, ma solo esistiti); proprio in virtù del fatto che per credere autenticamente in Dio c'è bisogno di sgomberare, fino alla totale abnegazione, il nostro Io (l'orgoglio) ed il nostro Ego (la superbia).

Ci si autoesclude, per volontà propria, beneficiando del libero arbitrio, dal prendere parte al progetto misericordioso divino, ci si oppone categoricamente dall'intervento del dottore per curare la nostra deficienza.

Certo è anche vero che Dio può decidere sulla nostra salvezza indipendentemente dalle nostre scelte (vedere: Parabola dei lavoratori della vigna), ma se le mancanze sono contro lo Spirito Santo (vedere: i 6 peccati contro lo Spirito) e non contro Dio la condanna è ineluttabile.



Citazione:
Critica logica: "così come io ho ricevuto, inizialmente, quel perdono gratuitamente, nella stessa maniera, ossia gratuito, devo elargirlo." Se "deve" essere elargito in cosa consiste la gratuità?



"Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»". - (Mt 16, 23)

Secondo la logica dell'uomo, terrestre, limitata, il senso del dovere, erroneamente, sostituisce il senso del volere, al punto che oggi in pochi riflettono su questa oggettività.
Per noi uomini e donne tante cose le esercitiamo per dovere, per piacere, perché è giusto e necessario, ma non è così, tutto viene fatto, invece, solo per volere.

Esempio = Lavori? Sì, ho il dovere di collaborare con la società, ho il dovere nei confronti dei miei figli di vivere comodamente, ho il dovere di concedere dei piaceri anche alla mia persona, ho il dovere di sentirmi realizzato in una carriera, ed è giusto e necessario che una persona lavori altrimenti il mondo finisce, ecc. ecc.

Queste considerazioni, così come in tanti altri esempi, sono all'ordine del giorno, in ogni uomo, in ogni donna, in ogni persona, in ogni logica umana, ma se si analizza bene il contesto, osserviamo che io posso anche decidere di non lavorare, e quindi di non collaborare con la società, di non concedere comodità ai figli, di privarmi di piaceri giustificati e di considerare giusto e necessario non lavorare anche se il mondo finisce per questa mia scelta.
Quindi io mi comporto per volere e non per dovere, il dovere, quello secondo logica umana, per il quale è stato redarguito Pietro, è solo una maschera che io uso per celare la mia negligenza nei confronti dell'unico dovere (già non più secondo logica umana ma pensando secondo Dio) a cui sono chiamato di obbedire: la volontà di Dio, ossia, per un cristiano, conformarsi alla vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo.
Da ciò perdonare non è più facoltativo, e diviene gratuito solo attraverso la Misericordia trascendente che ci trasforme, ci cambia, ci dirige, altrimenti Gli siamo da scandalo.





Pace&Bene
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Vecchio 03-09-2014, 12.13.02   #29
Duc in altum!
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Riferimento: Perdono.

** scritto da Jacopus:

Citazione:
Per quel che può interessare, sono sempre stato molto curioso e rispettoso del pensiero religioso, ma il post di Duc mi sembra piuttosto inverosimile.

Non solo inverosimile, ma anche inaudito e inconcepibile, infatti, perdonare chi ci calunnia o pregare per il nostro nemico è assurdo secondo il raziocinio umano, ma non più impossibile dal 25 Dicembre dell'anno 0 (zero).


Citazione:
La definizione di Duc presuppone una logica assolutamente diversa, anzi contraria. Si parte dal presupposto che se non si accetta di entrare nella dimensione religiosa, allora non solo non si ha il diritto di essere perdonati, ma si può essere condannati, autoesclusi, eccetera, eccetera. "E' tutto consequenziale", come se fosse una formula.

Esatto, hai espresso perfettamente il concetto: una logica assolutamente diversa:- "...non di questo mondo..."; anzi contraria :- "...Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori..."

Inoltre è equivoco affermare che se non si accetta di entrare nella dimensione religiosa non si hanno diritti, primo, perché nessuno ha il potere di poter esistere senza domandarsi se Dio esiste (quindi tutti hanno una soggettiva religiosità), anche avendo la libertà di non credere in Lui; e secondo, perché il perdono (dato e ricevuto), da me illustrato, è una conseguenza dell'entrare nella dimensione di Gesù e non di chiunque altro o di come pare e piace, quindi siamo ritornati all'autosclusione, cioè, è uno stesso che rinuncia ai diritti, nessuno glie lo impone.


Citazione:
Non so se sia possibile ma io intendo la religiosità come un atto rispettoso di ogni altro e non come una conventio ad exludendum. La religiosità, proprio perchè si dovrebbe opporre al pensiero strumentale e calcolatorio dei nostri tempi, non può parlare in questo modo. Dovrebbe essere un ponte fra tutti gli esseri umani e non un modo per "separare e dividere".
Anche per questo motivo concepisco la religiosità come una espressione interiore singola, lontana da ogni forma istituzionalizzata, visto che sono le istituzioni a concepirsi come un noi-contro-loro.



Ma è la stessa autoesclusione che comporta il restare isolato, non è (nel mio caso, nella mia Fede) la Chiesa che divide e separa, è la volontà individuale che delimita la propria dimensione.


Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre,
la nuora dalla suocera:
e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. - (Mt 10, 32-39)


Il metro di misura non è il sacerdote o la suora o le istituzioni che essi rappresentano, ma Gesù Cristo, questa è la vera ed unica formula del perdono, questo è l'incrollabile ponte della Chiesa che unisce gli uomini e le donne con Dio.
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Vecchio 01-04-2015, 18.36.09   #30
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Re: Riferimento: Perdono.

Citazione:
Originalmente inviato da sebastianb
Quanto al perdono... proprio l' atteggiamento del Dio biblico è alquanto contradditorio.
Basta " riflettere " sui primi passi della Genesi. Nel 2 capitolo è riportato come il Dio della Creazione, osannato come il Padre divino pieno d' amore,
non si sia comportato veramente come tale. -- Alla " prima " marachella dei virtuali Adamo / Eva .. Egli non soltanto Non li perdona, ma anzi scarica tutta la sua Sua ira vendicativa .. malidicendoli e procurando a loro ( e alla sua futura discendenza ) le piu' terribili nefandezze di questo mondo... e poi li sbatte fuori dal giardino ...


Quasi sicuramente arrivo un po' tardi nella discussione ma non sono d'accordo su quanto hai detto poichè il perdono e l'amore di Dio va guadagnato ed è pronto a perdonare tutti come nei confronti di Satana, Dio è pronto a perdonarlo (per quanto ne so io) ma l'unica impediente è che Lui non chiederà mai scusa per superbia, la stessa superbia che l'ha portato a ribellarsi a Dio stesso. Mi sa, non voglio metterci la mano sul fuoco, che tu sei con la testa completamente immerso nel buonismo che è uscito fuori non da molto tempo (spero di sbagliarmi su questa mia ultima considerazione).
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