ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
08-10-2007, 22.47.01 | #72 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Per quanto riguarda la nascita del Cristianesimo, penso, invece, che il fondamento del suo credo sia da rintracciare proprio nell’evento della risurrezione. Stando ai Vangeli, Gesù lo annunciò con chiarezza. Già Paolo, i cui scritti sono i più antichi dell’intero NT, poneva la risurrezione al centro della nuova fede. Non vi sono ragioni tali per non ritenerla il fulcro del cristianesimo dei primordi. La risurrezione tenne a battesimo il cristianesimo. Diversamente, se come pensi tu, l’evento dominante ed essenziale del primo cristianesimo fosse stata la morte, la fede dei primi cristiani sarebbe stata monca, priva di redenzione, non vi sarebbero state incise le tracce del riscatto e l’annuncio del Regno sarebbe stato un vacuo vociare senza senso. L’infamante morte di Gesù sulla croce – un vero e proprio abominio – produsse nella comunità dei discepoli un grosso contraccolpo; immagina il pensiero, i sentimenti e l’umore dei seguaci al cospetto dell’infamia, dell’offesa irreparabile cui era stato sottoposto colui che, a torto o a ragione, era ritenuto il Messia annunciato dalle profezie. La sua morte precludeva completamente le possibilità di redenzione, di riscatto, faceva svaporare il Regno promesso. Ma in che cosa consisteva questo atteso Regno? La parte del messaggio di Gesù attinente alla venuta del Regno di Dio è probabilmente una delle più complesse dell’intero suo insegnamento, e ciò non a causa del contenuto criptico, bensì perché innescò la fede in uno stravolgimento stimato imminente che, così come malintesa, avrebbe dovuto assicurare al popolo di Dio la sconfitta del male, la cessazione delle proprie pene e la gioia dell’abbraccio divino. Ma di che si tratta? E’ possibile che l’imminenza dell’avvento, presagita dai discepoli ed annunciata da Gesù in diverse occasioni, si sia tradotta in un’illusione presto avvilita, poiché nulla di concreto parve mutare dal giorno della morte e risurrezione del Maestro? La morte di Gesù rendeva irredimibile la sconfitta, almeno fino alla sua risurrezione. La risurrezione caratterizza il compimento dei tempi, è il suo visibile segno esteriore. Solo con questo evento sull’orizzonte esistenziale della fede apostolica si rinfocola la speranza mortificata dalla morte di Gesù. La risurrezione è il tempo compiuto annunciato nelle scritture, è il compimento della promessa.. Il Regno è inscindibilmente correlato al compimento dei tempi, il quale ultimo è strettamente legato, in quanto adempiuto, alla risurrezione. Il Regno che Gesù promette non è la sconfitta del male sulla terra, difatti questi ha continuato imperterrito il suo imperio; non è neppure l’effluvio che emana da un nuovo giardino edenico. Il Regno di cui è annunciata l’imminenza non è di questo mondo e non è neppure la teofania apocalittica del Dio dell’ultimo giorno, l’esperienza smentisce sia l’una che l’altra ipotesi. Il Regno è la speranza che si traduce in compimento attraverso la risurrezione, una promessa adempiuta, una speranza appagata dall’evento. Il Regno, in definitiva, è Gesù stesso e tutto quanto inscritto nel suo percorso di vita fino all’epilogo della rinascita dai morti. Per questo motivo Gesù poteva esprimersi nel senso di una sua imminente venuta, proprio perché egli presagiva l’imminenza della passione, della morte e della risurrezione. La via che conduce al Regno è la sequela di Cristo, nel corso del tragitto ognuno dovrà calcarsi sulle spalle la propria croce: Gesù non annuncia una terra di latte e miele, ma dolore, sofferenza e patimento; i discepoli sono chiamati a violare il velo che dall’esistere come uomini immette alla vita vera, quella dei santi Solo in questa chiave può essere letto l’annuncio del Regno. L’avvento non può essere scisso dalla passione, dalla morte ma soprattutto dalla risurrezione di Gesù. E’ sintomatico che i loghion che annunciano la prossimità del Regno siano collocati all’interno di capitoli che annunciano la passione: così è per Marco e per Matteo; Giovanni lo inserisce direttamente all’interno degli eventi che introducono nella passione (interrogatorio di Pilato); mentre Luca in prossimità del paragrafo che descrive la trasfigurazione, quindi anche in questo caso di un evento sovradimensionale. In assenza di tutto ciò, l’annuncio resta privo di significato, di adempimento e l’attesa è protratta oltre il limite della speranza stessa. |
|
09-10-2007, 10.02.06 | #73 | |
stella danzante
Data registrazione: 05-08-2004
Messaggi: 1,751
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Però vorrei mi dessi un tuo parere sul perché accade questo http://www.uaar.it/news/2007/10/08/o...iudermi-bocca/ Si può dissentire e si deve certamente esprimere il dissenso ma si può invece boicottare o tentare di evitare che chi non la pensa come noi possa dire la sua? Io non lo so, ma in tv Cantalamessa ha potuto dire che gli atei sono tutti brutti e cattivi partendo dalla critica ad Hitchens però dopo un mezzo elogio alla sua cultura le uniche cose che ha contestato del libro sono state che Tertulliano (che credeva perchè assurdo) non fa parte della chiesa che lo chiamò eretico Tutta qui la recensione, http://incamminoverso.unblog.fr/2007...ellevoluzione/ non parla di Ehrman e di tante altre cose. Ma a parte questo, perché per poter sparare su atei e abortisti e omosessuali si invoca la libertà di parola, la democrazia, quando arrivano legittime risposte di segno contrario poi si invoca o si tenta la censura? Ben vengano i cantalamessa a dire cattiverie sugli atei se lo si pensa, i padoaschioppa a chiamare bamboccioni chi resta in casa grazie allo stesso che ha reso impossibile trovare un lavoro che permetta di staccarsi dalla famiglia, o farsene una, ben vengano però anche i vaffa day e cortei di supporto a De Magistris così come il laicismo e l’ateismo insopportabile. La verità è che siamo veramente alla frutta. Che chi cerca di far valere il suo diritto di espressione viene barbaramente rinchiuso fuori dei media. Mentre in tv si può solo paragonare la ragione, il Logos ai piedi di cantalamessa con perfette inquadrature che non se ne perda mezzo millimetro per la gioia dei fedeli. Si perché se Ratzinger almeno un po’ ci può deliziare con le sue lezioni teologiche e spingere a discutere su livelli più alti se è la ragione a doversi allargare e a farci entrare la fede, o se è la fede che deve umilmente farsi da parte, nelle trasmissioni in tv dobbiamo invece vedere accanto alla forma fisica di Malgioglio in bikini anche i meravigliosi piedi di Cantalamessa sulla riva del mare. Almeno andassero a un corso di dizione dall’Annunziata. Almeno questo! Se Gesù fosse stato dio non credo si sarebbe rivelato né sarebbe risorto a sapere che sarebbe stato ridotto ad un superamento dei piedi di Cantalamessa. Se la resurrezione di un dio ha avuto questo genere di manifestazioni della fede scusatemi tanto, fermate il trascendente voglio scendere nell’ateismo più becero e dilettantistico e proibizionista marxista. |
|
09-10-2007, 11.29.08 | #74 |
stella danzante
Data registrazione: 05-08-2004
Messaggi: 1,751
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Forse è il caso di spiegare un po‘ meglio la faccenda della Ragione e dei piedi di Cantalamessa.. Mi rendo conto di non essere stata affatto chiara.
In una puntata di A Sua Immagine, nella quale si introduce il vangelo della domenica e si parla anche di argomenti di attualità dal punto di vista cattolico, Cantalamessa si è accostato alla riva del mare scalzo, ed ha detto che la ragione è come i suoi piedi che fin lì possono arrivare, la fede è invece quella che permette di camminare sull’acqua. Ecco sennò non si capiva. Ho portato questo esempio di professione di fede per spoetizzare un po’ tutto il ragionamento sulla fede, sul nobile sentimento che dovrebbe essere perché nella sua manifestazione quotidiana, quando non è negli estremismi di violenza, censura e sopraffazione irrazionale, diventa anche questa banalità fino ai limiti dell’indecente. Se da un lato mi si obietta che gli intellettuali atei sono comunque poca cosa, che dovrebbero quantomeno impegnarsi nella critica, io guardo a chi c’è che fa da rappresentante della fede nella sfera pubblica. Ci vuole ben poco a superare questi standard. Ma oltretutto se le messe in tv sono di questo tenore allora bisogna guardare a quale è il target a cui sono indirizzate, ed è sempre a quel target che chi fa propaganda alla ragione deve riuscire a rivolgersi. La rilettura che fa Dawkins delle scritture non è affatto superficiale, è fatta per quello che è, la bibbia è una serie di incredibili crudeltà, immoralità, violenze, guerre, c’è dentro tutta la miseria umana, e anche di più, perché viene giustificata dal divino. Così come c’è una enorme violenza in quel negare la ragione, la cultura, quella predicazione di Gesù agli umili, agli incolti ai bifolchi, perché saranno questi che sentendosi veri destinatari ( esaltati dalla loro umiltà) del messaggio che ci si troverà davanti nella vita quotidiana a portare argomenti come creazionismi, sacralità della vita che si traduce in estrema crudeltà verso i sofferenti terminali e altre amenità. Ora però anche io mi aspetto qualcosa di più nella critica alla religione, mi aspetto per esempio che si vada più in profondità nell’analisi della scrittura, la divulgazione delle maggiori manipolazioni che sono proprio quelle che riguardano le interpretazioni teologiche come l’umanità . La polemica contro il docetismo o mera apparenza umana di Cristo, e tutte le varianti dei testi che hanno introdotto la buona probabilità che Gesù sia stato creduto adottato al momento del battesimo e non lo si credesse figlio di dio prima di questo momento prima cioè che fosse eletto da dio a suo preferito, Il passo di Gesù che suda sangue ad esempio risulta spurio sia dall’analisi retorica di Luca sia dall’immagine che di Gesù Luca vuole darci. Così come differisce già dall’immagine che vuole darci Marco o ancora di più Giovanni. .. Non mi piace come hai liquidato la questione dell’inesistenza del finale di Marco per approdare a Paolo. Veramente non mi piace tutto il discorso apologetico ma tanto lo so che fai per farmi arrabbiare, confondi teologia, ermeneutica con scienza biblica e sono certa che non lo fai perché davvero tu credi che Gesù sia realmente risorto. Così come non lo pretendono storico molti apologeti stessi che lo spostano in una dimensione metastorica, ma anche qui non c’è modo di ritenere che ciò che portava avanti Paolo (che Gesù fosse risorto) fosse la regola in ogni comunità cristiana. Gli Ebioniti abbiamo testimonianza non solo non lo credessero ma che ritenessero Paolo un apostata. Così come negli gnostici si legge (credo sia Filippo), coloro che dicono che Gesù sia prima morto e poi risorto si sbagliano, Gesù è prima risorto e poi è morto. Ma queste sono delle polemiche che si crearono già lontane nel tempo dalle prime comunità, anche la resurrezione mancando dal testo evangelico più antico a me fa pensare che fu una trovata Paolina che non riscosse nemmeno tanto successo ma alla quale fu uniformata tutta l’ortodossia solo in un momento abbastanza lontano dai fatti e da una possibile smentita. E non che mancassero nemmeno gli scrittori come Celso che attaccavano già allora le manipolazioni alle scritture. Una cosa simpatica che ho letto e che vorrei sapere quanto sia attendibile è che nel corano sul martirio ci sono delle novità. Pare che non siano solo arabe le parole ma vi siano delle parole siro-aramaiche, che in luogo delle vergini premio per i martiri indicherebbero solo dolce uva bianca. Se questo è vero sai quanto avrebbe da perdere l’islam non moderato da una divulgazione dell’analisi testuale? E quanto ne avrebbe da guadagnare la pace? Si potrebbe armare la gente, i fedeli, e mandarla ad uccidere l’infedele che divulgasse un certo tipo di verità. |
09-10-2007, 19.04.36 | #75 | |
osservatore
Data registrazione: 24-09-2007
Messaggi: 362
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
|
|
10-10-2007, 09.59.08 | #76 | |
stella danzante
Data registrazione: 05-08-2004
Messaggi: 1,751
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Mi sono presa un po’ di tempo perché volevo fare un discorso abbastanza lungo. Dici bene sul mettersi d’accordo su cosa si intende per ekklesia, comunità, ma non solo. Intanto il passo Tu sei Pietro lo si trova solo in Matteo 16,18-20, seguito immediatamente dopo da “lungi da me Satana tu mi sei di scandalo”. In marco (8,29) invece abbiamo solo ”lungi da me Satana”, in Luca mancano entrambi In ognuno dei tre casi, dopo aver chiesto chi dicessero lui fosse alla risposta di Pietro: tu sei il messia, intimò di mantenere il segreto, di non parlarne a nessuno. Ad ogni modo in Matteo 16,18-20 http://www.greeknewtestament.com/B40C016.htm#V18 si legge questa frase che attesterebbe Pietro capo della comunità. Ma di quale? Il capitolo viene immediatamente dopo una narrazione di un miracolo che concede in un modo assai strano: mt 15,22-28 C’è infatti una donna, una cananea che chiede una guarigione. Gesù risponde abbastanza male, dice di essere venuto PER LE SOLE PECORE PERDUTE DELLA CASA D’ISRAELE ma soprattutto che non è bene che il pane dei “figli” sia dato ai cani. La donna risponde che i cani prendono le briciole, e a quel punto, lui loda questa “fede” cioè questa autoammissione di non essere figlia di Israele, ma un cane e come cane si sottomette alla superiorità del dio della casa di Israele. Fatto questo piccolo preambolo necessario per vedere a quale comunità può fare riferimento, secondo me non c’è spazio per dubbi che Gesù intendesse questa comunità diversa da quella di ogni altro figlio della casa d’Israele. Mauro Pesce sostiene (e non credo a titolo personale, anzi forse non è lui ma lo riporta soltanto, dovrei rileggermelo) che Gesù fosse un fariseo (per via delle frange del vestito che indossava di cui si fa menzione nei vangeli tipiche dell‘abbigliamento fariseo). Ma di una frangia di farisei in conflitto con altri. Dice infatti Gesù ai suoi “guardatevi del lievito dei farisei”, qui il lievito è da intendersi come vanità. Gesù cerca di riportare la fede ad una genuinità che non ha a che fare con “l‘ipocrisia della preghiera in piazza”(quando pregate non fate come gli ipocriti ma fatelo ne chiuso della vostra stanza, quando digiunate non mostrate le facce emaciate), o la ricompensa da ricevere in questo mondo. Insomma era per riportare le pecore di Israele, e solo quelle a professare una fede vera e non ipocrita come quella di certi altri farisei. Meglio poi che non mi metta a riaprire la questione degli inferi, passati da luogo dei morti a luogo di dannazione eterna, in cui lo stesso Gesù ce lo hanno dovuto mandare invece di dire semplicemente che era morto, ossia sceso negli inferi. Gli inferi non prevarranno non è da intendersi come il male, l’inferno, ma la morte. Ad ogni modo Gesù era ebreo, pensava da ebreo e parlava agli ebrei, non intendeva creare una comunità non ebrea ma forse ancora più vicina all’ortodossia riportando alla dottrina più pura e vera. Che fosse in questo senso da intendersi ekklesia? Forti come rocce, pietre nella fede più pura |
|
10-10-2007, 10.34.25 | #77 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Non hai torto! Mi sto rendendo conto solo ora di essere incorso in una topica clamorosa. Nel tuo precedente intervento, ho letto “marcione” in luogo di “marciano”, cioè di Marco. Leggendo mi sono domandato a quale opera di Marcione facessi riferimento, e quale passo o conclusione non fosse inclusa nei Codici Vaticani. Apparendomi un intervento piuttosto strano ed incomprensibile, ho sorvolato bellamente concentrandomi su Paolo. Insomma, confesso di non aver compreso nulla. Faccio pubblica ammenda e provo subito a rimediare all’errore dicendoti: l’intera pericope che conclude il Vangelo di Marco (a questo ti riferivi), loghion 9-20, appare sbrigativa, frettolosa, improbabile nel suo lessico e dal punto di vista testuale. Si presenta in forma disgiunta e non bene amalgamabile lessicalmente con la pericope che la precede. Si percepisce che il linguaggio utilizzato non appartiene a Marco e denuncia un rammendo che mal si accorda con il fluente eloquio dell’evangelista. Al verso 9 è inserita un’inutile quanto improbabile ripetizione che appesantisce la lettura dell’intero capitolo: <<risuscitò il primo giorno dopo il sabato>>. Questo flash temporale era già stato introdotto in precedenza, neppure 10 loghion prima. Non v’era alcuna necessità di riproporlo tale e quale, se non l’unica ragione d’intessere un rammendo che tenesse coeso il seguito alla pericope precedente, ritenuta originale (versetti 1-8). Sembra proprio un periodo inserito con l’unico scopo di creare un collegamento fra le due sezioni circostanti; espediente tipico, ma poco elegante, di chi, aggiungendo (la conclusione, altrimenti inspiegabilmente assente in Marco), getta un ponte che colleghi le due pericope, senza però riuscirci, giacché il seguito utilizza un lessico maldestro che denuncia l’avvenuta adulterazione. Anche la narrazione successiva mal si amalgama con il resto. E’ quasi un sunto schematizzato di un qualcosa che quasi certamente doveva esserci e che è andato smarrito. Si tratta chiaramente di un’aggiunta postuma, inserita per porre una pezza – alquanto lacera – ad un’evidente falla grammaticale e ad una lacuna narrativa enucleabili dalla chiusura del verso 8. Leggevo, infatti, che in greco non è grammaticalmente ammesso concludere un periodo con l’equivalente della nostra congiunzione “perché”. In Marco, questa brusca interruzione rilevabile al versetto 8, lascia intuire che è stata smarrita la conclusione originaria. La Chiesa stessa (semper Mater matrigna) non fa un mistero del fatto che, a suo tempo, fu operata una scelta fra le tante diverse pèricope di chiusura presenti in parecchi manoscritti antichi (non nel Codice Vaticano, né in quello sinaitico). Si optò, canonizzandola, per questa che è pervenuta fino a noi; più volte inquisita ed imputata del reato di sofisticazione, e, senza appello, condannata ad essere ritenuta spuria, tutto ciò con piena ragione. In effetti, in Marco, la conclusione canonica tramandata (versetti 9-20), è, con un elevato grado di certezza, un’aggiunta postuma, resasi “necessaria” per por rimedio ad un’evidente lacuna, fornendo così il Vangelo di una sua conclusione, invero affrettata e maldestra. Ciò, però, nulla dice sulla restante parte della narrazione. Piuttosto, l’aver accertata questa manomissione rassicura circa il resto. Nondimeno, resta sempre in piedi e non contestata la prima parte del Capitolo conclusivo (versetti 1-8). Che troviamo qui? Ci dice forse qualcosa di signficativo? Ebbene sì! Immediatamente, al versetto 2, facciamo il nostro primo incontro – l’unico genuino – con la proposizione innanzi ricusata. Un passaggio emblematico che colloca gli eventi narrati all’interno di una dimensione storica: <<Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato…>>. L’espressione serba tutto il sapore della cronaca. Se, infatti, la pedantesca e ridondante ripetizione del momento preciso della risurrezione, rilevata al successivo versetto 9, è priva di una sua ragione discorsiva e di un senso logico e semantico, rendendo pesante la lettura dell’intero capitolo 16; la medesima segnalazione cronicistica, al versetto 2, racconta di un evento il cui accadere è percepito e collocato nella sua realtà storica, rappresentandone un tassello (bada bene, la percezione di un evento o di una verità, non testimonia ipso facto in ordine alla fattualità dell’accadimento). La risurrezione di Gesù è chiaramente percepita e conosciuta nella sua realtà storica; non solo, anche registrata e proposta come fosse un fatto di cronaca. Noterai che l’evangelista – qui non siamo in presenza di un’interpolazione – non indugia con pedanteria nel minuzioso racconto del momento in cui l’evento si verifica, ne fa un brevissimo cenno. Ciò depone a favore della genuinità del racconto, a prescindere, per quanto ovvio, dalla sua verità fattuale. Un’adulterazione narrativa dolosa – e qui non potremmo che trovarci di fronte al dolo e alla malafede, il dato cronologico è troppo puntuale e preciso – comporta anche una malafede intellettuale. In presenza di dolo concettuale, tendente magari, attraverso un resoconto del tutto fantasioso, ad insinuare nel lettore la conseguente idea di divinità in Gesàù, sarebbe più che sensato attendersi una certosina e particolareggiata registrazione cronologica e descrittiva dell’evento, tutte cose assenti in Marco. La premura di narrare la sensazione indotta nelle donne e il loro timore sorvola, invece, l’evento stesso della risurrezione, le cui notizie sono scarne e si limitano al solo annuncio ad opera del personaggio etereo (un angelo?) che presidia l’ingresso del sepolcro. Avrebbe senso una simile scarna e parca esposizione, qualora si trattasse di un inserimento apologetico del tutto fantasioso, o il narratore mendace non si sarebbe, più plausibilmente, dilungato nella diffusa descrizione della sua fantasia? L’evento della risurrezione è l’altro capo del filo teso che precorre, percorre e conclude il kerygma cristologico, e insinua una propaggine nell’avvento del Paraclito. Il suo antipode, in una congiunzione circolare, è l’annuncio di Gesù della passione, morte e risurrezione, non solo in Marco, bensì in tutti e quattro gli evangelisti. Anche il timore che coglie le donne davanti al sepolcro spalancato e dopo l’annuncio dell’angelo, ha il sapore del cibo genuino. Perché non indugiare nel racconto di un’enfatica gioia trasfigurante e pervasiva? Sarebbe stato tutto più semplice ed apologetico. Non sono io a creare uno strano ed ambiguo amalgama fra discipline diverse. La Bibbia non può essere letta solo alla luce della teologia, perché questa è “presupponente”, ovverosia conduce la sua indagine senza titubanze, in base al presupposto che i Vangeli siano veritieri o genuini; così pure, non può essere condotto uno studio in base ai soli suggerimenti provenienti dalle scienze bibliche (critica testuale, filologia, paleografia). Queste sono un validissimo ed indispensabile supporto, ma da sole non dicono nulla in ordine al contenuto di carattere teologico ed alla fattualità degli eventi. L’ermeneutica, l’agiografia, l’esegesi sono compendi indispensabili, così pure l’indagine antropologica. Ma, ciascuna per sé ed isolata dal resto, ancora non dicono tutto quello che i testi lasciano trasparire. Ancora non è sufficiente. Oltre tutto ciò, è necessario l’ausilio del famoso “Fattore U”, la folle variabile indipendente che sola permette l’immedesimazione; vale a dire cercare di calarsi anima corpo e mente non solo nei panni, bensì anche nella psiche e nel sangue che dovette fluire nelle vene degli attori protagonisti degli eventi di oltre 2000 anni fa. La lettura della Bibbia è affascinante e complessa; la complessità invigorisce il fascino che emana; il fascino, per converso, n’esalta la complessità. Credo che sia un “Libro” infinito, nella misura in cui non è concessa a nessuno l’affermazione: <<ne ho concluso la lettura e lo studio>>. Ogni lettura aggiunge un tassello, svelando qualcosa di nuovo e affascinante, al tempo stesso. E’ un mutante, un work in progress, una cometa irraggiungibile, un’anguilla sgusciante. Ciò detto, no! Non credo alla divinità di Gesù. Non credo alla sua risurrezione dai morti. Ma leggo, o cerco di leggere la Bibbia tacitando il mio indefettibile scetticismo. Quando scrivo un commento sui testi, non baro. Cerco di essere il più obiettivo possibile. La mia sempre limitata e claudicante obiettività mi fa ritenere i racconti sinceri: coloro che li scrissero dovettero credere con cuore, anima e corpo alle proprie narrazioni. Ciò, a detta mia, poco rassicura circa l’effettivo verificarsi dei fatti narrati. Per Paolo, magari ci tornerò in seguito, svilupperei, probabilmente, un discorso diverso, poiché il suo pensiero è più maturo e meditato… MA Paolo è davvero un’altra storia! Ciao (davvero interessante questa discussione e le tue sollecitazioni). |
|
10-10-2007, 12.11.32 | #78 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Mi pare di poter rilevare che nell’intervento da te linkato, Cantalamessa – mai nome fu più appropriato – esprima un suo lecito parere su un testo che io non conosco, ma dalle sue parole non traspare risentimento. Mi sembra abbastanza propenso al confronto, ma non sapendo chi sia, non ho idea se la sua sia una finzione resa agevole dal sistema utilizzato per comunicare la propria opinione. In ogni caso, dal breve testo da te linkato è possibile estrarre alcuni passaggi che stimolano una riflessione più ampia, anche se viziata dall’impossibilità del confronto diretto con l’estensore dell’articolo. Egli, già all’inizio, con sospetta sollecitudine, tende a scindere in due l’oggetto della censura di Hitchens, riconoscendo la correttezza di molte critiche contenute nel suo libro. Ma lo fa solo per preservare i Testi sacri, l’istituzione che gli garantisce pane e prebende e la pletora di santi dal dileggio e dall’esposizione alle accuse che presumo Hitchens abbia rivolto loro. Come primo impatto, offre il fianco ad un giudizio non certo positivo. Il suo tentativo, per certi versi comprensibile, induce la lecita sensazione che sia uno strenuo difensore delle scritture e della pia istituzione e che, per preservarle dagli attacchi mossi ad entrambe, non si faccia troppi scrupoli ad abbandonare al proprio ignominioso destino la schiera dei suoi sostenitori: i credenti. E’ vero, le tante nefandezze commesse nel corso dei secoli non si addicono ad una loro strenua difesa, ma la sua confessione non appare genuina, soprattutto se si considera che poco dopo, nel tentativo di un recupero degli aspetti positivi da annoverare come accadimenti della storia, egli abbandona la torma dei credenti per concentrarsi nella difesa dell’istituzione ecclesiale. Sembra voglia affermare che le nefandezze sono dei singoli, la bontà della Chiesa, quasi lascia intuire che fuori dal cono di luce proiettato dalla Chiesa vi siano le tenebre del disordine. Non ha torto nell’affermare che non sia corretto fare di “ogni erba un fascio”, che nella Chiesa vi sia anche tanto di buono, ma lo afferma con una punta d’ansietà che tradisce la sua intenzione di tutelare la purezza dell’istituzione, scordando, anche se parrebbe il contrario, che l’istituzione di cui prende le difese è costituita dai medesimi credenti che poco innanzi trascura. E’ anche vero che è facile giudicare e criticare uno scritto senza conoscere le vere intenzioni del suo autore, ma la sensazione che ispira la sua obiezione è proprio questa. Non ho voglia, al momento, di leggere il libro di Hitchens, ma se lo farò, proverò anch’io ad inserire un commento. Ciao |
|
10-10-2007, 16.52.28 | #79 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Dai tre sinottici non è ricavabile un Gesù esclusivamente umano. Quel che emerge anche in essi è la sua natura teandrica: umana e divina. Per affrontare compiutamente il tema dovremmo ripercorrere le tracce disseminate in Marco, Luca e Matteo, ma, per quello che ci occupa al momento, sarebbe davvero un lavoro eccessivamente ampio. Citazione:
Il tema da te introdotto è quanto di più complesso puoi scovare nella letteratura sacra. Non è facile affrontarlo, poiché ciò implicherebbe ricostruire interamente il percorso teologico fin dall’origine, ossia partendo nientemeno che dalla locuzione “In principio…”, l’incipit dell’intera Bibbia. Ti renderai conto che si tratterebbe di un lavoro mastodontico; senza il Libro della Genesi, non è possibile leggere il quarto Vangelo nel senso da te perorato. Giovanni apre la sua narrazione con la magnifica pericope ”In principio era il Logos…”, riportando l’attenzione dell’uditorio al momento della Creazione. Giovanni collega con immediatezza, senza troppi preamboli, Gesù a JHWH. Si tratta, con ogni evidenza, del Dio ebraico, il Dio d’Abramo e Mosé. Non è priva di ragionevolezza la tesi di provenienza ebraica che Giovanni abbia operato un’indebita usurpazione della divinità abramitica, che fra l’altro era anche il suo Dio. Qui, però, entriamo in un altro settore dell’indagine storico-sociologica. Non è possibile, credo, perlomeno non è possibile a me, affermare con certezza che il Dio dei cristiani sia un usurpatore sovrappostosi a JHWH, o che sia la medesima unica divinità, le cui manifestazioni esteriori sono invece triplici. La Trinità cristiana non implica necessariamente una scissione dell’unico Dio – in ciò la trimurti induista ben insegna, noi abbiamo forse impiegato qualche millennio a capirlo, gli induisti mai si posero il problema -. I cristiani, come ben saprai, sostengono la liceità della loro pretesa di rivolgere le proprie preghiere allo stesso Dio descritto nell’AT (la Torah ebraica); gli ebrei la rigettano con sdegno. Non so chi dei due contendenti abbia ragione, sinceramente il problema mi tocca ed interessa relativamente. E’ anche plausibile che il pensiero ellenistico che impregnava la classe colta della società ebraica del tempo (chi ha scritto il Vangelo di Giovanni dimostra una sensibilità ed una cultura filosofiche notevoli) abbia guidato la mano e la mente dell’autore del Vangelo, ciò non può essere escluso; così com’è ancor più plausibile che la nascente corrente gnostico-cristiana (anch’essa intrisa di cultura ellenica) sia la sua vera ispiratrice. Questo è il sospetto più sensato e solido che sia mai stato rivolto allo scritto in parola. Neppure le appassionate difese e le perorazioni dei teologi schierati a favore del cristianesimo sono mai riuscite a smontare completamente questa suggestiva tesi, anche se v’è da dire che, qualora fosse espressione dello gnosticismo del tempo, appare come una perla rarissima, quasi unica, avulsa com’è dal contesto culturale. Troppa cronaca, troppa vita vissuta che affianca una filosofia sofisticata e dal tratteggio delicatissimo. Apparterrebbe, in ogni caso, ad una delle sparute correnti gnostiche che accettavano di buon grado l’idea della natura teandrica di Gesù; condizione esistenziale, che ben saprai, all’interno del movimento gnostico era abbastanza controversa. La letteratura gnostica – praticamente tutta – presenta una caratteristica univoca; difficilmente si addentra nella descrizione dei fatti e degli eventi della vita di Gesù. Quando lo fa, fornisce una cronaca essenziale, privilegiando l’aspetto filosofico e teologico. Insomma, il Gesù gnostico non è un uomo che cammina per le polverose strade della Palestina, è, appunto, come affermano Dawkins, Zindler e parrebbe anche Hitchens, un extraterrestre, una figura eterea che non si nutre, non soffre, non muore, concentrandosi esclusivamente nella missione di professare la nuova fede… ma in ogni caso, gnostico o meno, sempre di un Dio cristiano si tratterebbe. La tesi sostenuta dagli ebrei trova adepti principalmente fra gli appartenenti a quel popolo…. E ciò non significa che abbiano torto o che sia destituita di fondamento. Cordialità |
||
10-10-2007, 17.35.32 | #80 | ||||
stella danzante
Data registrazione: 05-08-2004
Messaggi: 1,751
|
Riferimento: Gesù si riconoscerebbe nella chiesa di oggi?
Citazione:
Citazione:
Citazione:
In Matteo è un angelo che sposta la pietra con annesso terremoto e Gesù appare ad entrambe le donne. In luca gli uomini in abiti sfolgoranti diventano 2 la pietra è già rotolata via e qui non è chiaro chi fossero i 2 a cui Gesù appare ma è chiaro che uno dei due è un uomo. In giovanni maria di magdala ci va da sola al sepolcro, la pietra è già rotolata gli angeli sono di nuovo due e gesù appare a maria. Date queste discordanze, se fossi un poliziotto che interroga 4 testimoni e tutti e 4 danno versioni diverse per prima cosa penso che mentono. A me vien da pensare che siano stati raccontati discordanti di proposito dalla stessa persona o da un gruppo di persone tra loro d‘accordo. Ma se vogliamo invece sostenere la buona fede dobbiamo intanto escludere che fossero diretti testimoni, e non sono nemmeno i primi ai quali le donne raccontano il fatto, a meno di non pensare che le stesse donne abbiano mentito e raccontato storie differenti già al primo giro, devono essere almeno informazioni di terza mano, e durante il passaparola qualcosa è stato cambiato dal racconto originale. Credo non c’è modo di accertarsi se chi ha dato il via al racconto credesse davvero o meno. Dando per buona la fede dell’ultimo che racconta ha solo creduto ad un racconto già cambiato. O si può ancora ipotizzare che la struttura o le allegorie sono scelte ognuno indipendentemente dall’altro per dare un senso .. Allegorico del tutto personale. (per le genealogie differenti Lupieri sostiene che sia il numero quello importante per un simbolismo numerico, se ti interessa quale simbologia me lo vado a rileggere che non lo ricordo più) Citazione:
Tanto per aggiungerne un’altra alle tante ultimamente mi ha incuriosito l’analisi retorica. Spesso a proposito del vangelo citiamo le parabole decontestualizzandole e prendendole solo come parti isolate. Non sembra essere questa invece la scelta retorica degli evangelisti, infatti sono le une collegate alle altre in una struttura a chiasmo e solo la visione d’insieme le spiega alla fine. Nel racconto del figliol prodigo, tanto per fare un esempio nella storia è coinvolto anche l’altro figlio, ma questo lo si capisce solo dalla parabola che viene prima. Se si guarda ai vangeli invece cercando di trovare quello che la tradizione ci dice si perdono tanti altri significati che invece gli evangelisti volevano trasmetterci. Comunque io sono del parere che in una storia nella quale i discepoli vengono descritti come gente che non capiva e che avrebbe trasmesso qualcosa senza capirla difficilmente si può trovare il senso reale della predicazione ma solo quello che terzi hanno voluto trasmettere da un resoconto di gente che per prima ci capì poco. Forse il vero mistero dei testi, se davvero ce n’è uno è che non è dato di capirci nulla. |
||||