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10-09-2007, 09.39.38 | #102 |
Ospite abituale
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Riferimento: dove nasce la vita
DEPRIVAZIONE SENSORIALE E MEMORIA:
L’osservazione delle condizioni di deprivazione sensoriale ha dimostrato, ad abbundantiam, che cervello e psiche/mente/coscienza (anima) sono strettamente correlati, tanto da far ritenere che cervello e mente siano abbastanza coincidenti: l’uno è l’organo propriamente detto, ove si depositano tutte le informazioni; l’altra, la mente, sarebbe il risultato del processo, se non proprio il processo stesso, che sottostà alle leggi della biologia, della chimica e della fisiologia in genere. La visione parziale o distorta del proprio corpo, purché sia insorta fin dalla nascita, ingenera un distorto e fallace stato di coscienza di sé: Biagini dovrebbe sentirsi autorizzato ad affermare che si tratti di un’anima parziale o distorta. Il cervello, nel suo processare le informazioni, richiama ed innesca funzioni e capacità astrattive che vengono meno o sono fortemente menomate nei casi di particolari alterazioni delle sue funzionalità fisiologiche. Quando osserviamo la nuca di una persona conosciuta, non vediamo solo quel che l’immagine mostra, ma il cervello elabora l’informazione, andando a recuperare le corrette tracce mnestiche da collegare a quell’immagine, per cui la mente è in condizione di rappresentare alla nostra coscienza anche il volto della persona, e non solo quello, anche ricordi, emozioni e tant’altro che ha nel passato coinvolto noi e la persona di cui percepiamo solo la nuca; resteremmo senza fiato e colti da un irrefrenabile terrore, se la persona dovesse voltarsi e non avere un volto. Eppure noi quel volto non l’abbiamo visto, l’abbiamo però sicuramente creato attraverso il recupero mnestico… tutto ciò avviene nel cervello in una frazione di secondo. La coscienza sarebbe dunque dipendente dalla capacità mnemonica del cervello, capacità che inferisce circa una sua plasticità, perché la memoria a lungo o a breve termine si espande in relazione alle esperienze di vita. L’EVOLVERSI DELLA COSCIENZA DI SE’ CON IL CRESCERE DELLE ESPERIENZE: La costante e ben documentata osservazione compiuta dalla psicologia dell’età evolutiva (una branca della psicologia), suggerisce che vi sia una stretta correlazione fra l’acquisizione di una sempre maggiore “coscienza personale” e il progredire dell’età anagrafica, la quale ultima implica un incremento della quantità d’esperienze soggettive accumulate dall’individuo. E’ più che ragionevole sostenere che la quantità e qualità delle esperienze vissute determini la cifra delle informazioni elementari (qualia) immagazzinate nella memoria. Il recupero di queste informazioni, innescato dal verificarsi di eventi successivi, fornisce la ragione dell’insorgere di emozioni e sentimenti che emergono dalla storia personale dell’individuo, producendo quel fenomeno ben noto ai poeti che porta il nome di “melanconia” – tale è la spiegazione che fornisce la psicologia, mentre, saprai bene, la filosofia ascrive questo stato d’animo ad altre cause ben più pregnanti -. La melanconia è una forma di struggimento interiore ben radicato nel vissuto, nel trascorso di ciascuno di noi e che insorge anche in assenza di accadimenti contingenti autonomi d’intensità tale da poterlo provocare. I neonati, privi come sono di una storia personale, pare non maturino un’autonoma coscienza di sé. Rispondono emotivamente alle situazioni contingenti, ma non sono soggetti a vivere episodi di melanconia. Forse che i neonati non hanno un’anima? Oppure si potrebbe sostenere che l’interazione mente/cervello non è ancora giunta a maturare il canale di collegamento? MENTE E LINGUAGGIO: E’ risaputo che il linguaggio, sviluppatosi nel corso dei millenni, ha plasmato ed ancora plasma la percezione del mondo che ne ha la mente. Non è un fatto casuale che in Oriente siano maturate determinate filosofie ed in Occidente altre di diverso tenore. Ciò è dovuto anche al linguaggio. La plasticità del cervello, che si concreta attraverso lo sviluppo sempre maggiore della rete di neuroni, funge da spugna che ritiene qualsiasi informazione proveniente dall’esterno. La diversa evoluzione di questa rete neuronale, dovuta in buona misura anche al linguaggio, è una delle cause perché la concezione della vita, dipendente per certi versi dalla coscienza, sia così diversa in Occidente rispetto all’Oriente. Queste sono cose risapute e note, studiate e certificate da copiosa letteratura scientifica e non (antropologia culturale, fisiologia, biologia, chimica, neuroscienze, filosofia, spiritualità). V’è, nell’analisi del Biagini, un’omissione non di poco conto. E’ dolosa? LA DOPPIA COSCIENZA: Immagino che il Biagini ignori totalmente i casi di resezione del corpo calloso che mette in comunicazione i due emisferi cerebrali. Ignora così che in queste condizioni si osservi quasi sempre l’insorgere di due diversi concomitanti stati di coscienza, spesso in disputa fra loro. Immagino che il Biagini potrebbe postulare che il buon Dio abbia fornito il malcapitato di turno – perché di vera disgrazia si tratta – di ben due distinte anime, per giunta in perenne conflitto fra loro. Inspiegabile dovrebbe essere per lui anche il fatto che entrambe si manifestino solo successivamente alla frattura operata nel cervello. Non gli dovrebbe suggerire nulla questa circostanza? CONCLUSIONI: Il Biagini sviluppa le sue più che sensate argomentazioni imperniandole esclusivamente sulla fisica, fra le cui stringenti norme non recupera le ragioni dell’esistere della coscienza. In ciò stà il suo errore ed il suo limite invalicabile. La sua visione dualistica del fenomeno mente/cervello lo allontana dalla comprensione. La loro stretta correlazione funzionale dovrebbe, invece, suggerirgli di condurre le sue analisi utilizzando un più ampio spettro di luce e presupponendo una concezione monistica del fenomeno: mente/cervello come prodotto e scaturigine l’una dell’altro. Ove non c’è coscienza, non c’è cervello, se non per le sue funzioni elementari; mancando il cervello, anche la mente si eclissa. Egli così osserva il complesso fenomeno uomo proiettandoci sopra un unico raggio di luce, guardandolo per giunta con un unico occhio. Ha una visione parziale della complessità del fenomeno, ma attinge da questa sua parziale cecità – forse dolosa – le ragioni per affermare l’indicibile… che strazio! Le alterazioni degli stati di coscienza sono strettamente connesse a disfunzioni fisiologiche, cosa vorrebbe dire per il Biagini, forse che Dio crea anime complete e ad altre dimentica d’inserire pezzi funzionali? Ma non è forse una bestemmia questa? Non è più semplice immaginare che mente e cervello siano l’una il prodotto delle funzioni dell’altro, piuttosto che speculare circa un’improbabile derivazione divina della prima? Quando la scienza invade le stanze della fede commette un vero è proprio sopruso, una violazione della sfera sentimentale, stupro che non può essere concesso né alla fede né alla scienza. La fede non dimostrerà mai scientificamente le proprie ragioni d’esistere, così come la scienza non potrà mai fornire una risposta scientificamente inoppugnabile da opporre alla fede; sarebbe pretendere dalla scienza la spiegazione logica del perché ci s’innamora… la fede è, in fin dei conti, un innamoramento, irrazionale quanto quello e bello quanto lo è l’innamoramento. Perché usurpare spazi che non le competono? E’ davvero sconsolante constatare quando uno scienziato adduce argomentazioni scientifiche per dimostrare un qualcosa inerente alla fede, ed attraverso quelle stesse argomentazioni arrivi così inopinatamente a smentire se stesso. CONSIDERAZIONI FINALI: Le ragioni della fede sono illogiche, giusto perché fanno parte del sentimento personale di ciascun individuo: <<Dio ha disposto la Natura affinché non si giungesse mai attraverso la ratio a dimostrare che Egli effettivamente non esiste>>. Questo paradosso, da me inventato, significa semplicemente che le ragioni del negare e dell’affermare Dio e l’Anima trascendente son talmente nascoste nei e fra i meandri della Natura che per l’intelligenza umana è impossibile accedervi. Di Dio ci s’innamora, e non si accede a Lui attraverso il corretto svolgimento d’alcun complesso algoritmo. L’articolo di Biagini non difende la fede, la rende sterile e fredda, cosicché essa non è più un sentimento, ma una dimostrazione scientifica, per giunta fallace, i credenti sinceri dovrebbero ribellarsi a questo modo insensato di procedere e di affermare le proprie sacrosante ragioni di essere. Dio non donerebbe più la fede per grazia, ma sarebbe l’uomo a strapparla alla Natura attraverso la soluzione del suo enigma. Solo inserendo la fede entro una prospettiva sentimentale soggettiva la si preserva dalla protervia ordinatrice della ragione. Quando la fede eccede da questo ambito, si espone alle più che sensate obiezioni della ragione, al suo “negazionismo” o “riduttivismo”. Scienza e fede ineriscono a due campi del sapere ben distinti, e l’irruzione di ciascuna delle due nel campo dell’altra, rappresenta sempre una violazione arbitraria, un vero stupro… che assurda barbarie. Ciao |
10-09-2007, 12.19.11 | #103 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: dove nasce la vita
Grazie Visechi, sospettavo che non avessi notato da dove Aleksandr prendeva spunto per le sue elucubrazioni. Solo due note al bell’articolo che hai scritto le cui conclusioni condivido pienamente:
Citazione:
Aggiungerei una nota fondamentale: il Biagini sviluppa le sue argomentazioni non sulla fisica, ma sulle sue dolose distorsioni e arbitrali “aggiustamenti” delle teorie fisiche accettate. Citazione:
Non solo, va sottolineato ancora una volta che costui in primis non è uno scienziato (essere laureati in fisica non conferisce tout-court il titolo di scienziato, per averlo occorre essere un cattedratico o un ricercatore professionista) e in secundis le sue non sono argomentazioni scientifiche ma pseudo tali. Ora vorrei rispondere all’ultimo post di Aleksandr. Perché non riporti anche la conclusione dell’articolo che hai citato ? Lo faccio io: Citazione:
Come vedi, se le ipotesi della “mente creante” sono vere, allora l’unica conclusione logica è quella solipsista. Ma come dice lo stesso autore di quell’articoletto, anonimo peraltro, le conclusioni sono pure speculazioni discorsive prive di fondamento oggettivo. Ergo siamo ancora di fronte a discussioni di tipo filosofico e non scientifico. Venendo a Wigner, credi di avermi svelato qualche verità ? Prima che sprechi altro tempo a fare ricerche con google di citazioni che possano portare acqua al tuo mulino (e come vedremo non è nemmeno il caso di Wigner) ti faccio notare che conosco tutto il dibattito scientifico-epistemologico intorno alla quantistica, comprese le più assurde ipotesi che durante la formulazione della teoria sono state avanzate anche da fisici illustri e proprio per questo le tue posizioni mi risultano ridicole. La posizione di Wigner che risale a metà del secolo scorso è nota e fu un’idea, oggi del tutto abbandonata, figlia dell’acceso dibattito che nacque subito dopo la formulazione dei primi formalismi della MQ. I fisici si chiesero: ma se la funzione d’onda collassa solo quando viene osservata, allora la realtà in se non può essere così come la vediamo noi ! Ti faccio notare che nessuno sostiene che la realtà non esiste, ma solo che è differente dai fenomeni osservati, la realtà fisica cioè non viene “creata” dalla mente, ma al massimo mutata. In altre parole il collasso della funzione d’onda non crea la particella, ma ne muta semplicemente la condizione facendole “scegliere” uno dei possibili autovalori degli autostati, questo significa che la realtà in se esiste infischiandosene dell’osservatore. Quest’ultimo, con l’atto di misura, non farà altro che osservare un fenomeno, noi non possiamo infatti dir nulla o quasi sulla realtà in se, dobbiamo limitartci a descrivere i suoi aspetti esperibili. Detto questo, la posizione di Wigner è inconsistente se si considera il principio di corrispondenza che già Niels Bhor formulò. Esso afferma che all’aumentare del numero quantico N il comportamento di un sistema quantistico si riduce a quello di un sistema classico. Non esiste una netta demarcazione tra mondo quantistico e mondo classico, tuttavia l’uno passa progressivamente nell’altro all’aumentare dei numeri quantici. Ciò significa, in sostanza, che le implicazioni della MQ in ambito di “osservazione” cadono nel mondo macroscopico che è oggettivo e non dipende da alcun osservatore. La chiave sta nella natura “discreta” del mondo sub-atomico, natura che nel mondo macroscopico diventa assolutamente ininfluente giacchè gli ordini di grandezza sono infinitamente più grandi delle scale di Planck, dunque è inopportuno inferire dalle conclusione della MQ comprensioni dei fenomeni macroscopici. Saluti Andrea |
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10-09-2007, 14.54.23 | #104 |
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Riferimento: dove nasce la vita
Il solipsismo non c'entra proprio niente. Perchè secondo questa concezione filosofica l'esistenza sarebbe generata soltanto dalla propria coscienza, cioè la propria coscienza sarebbe la causa di tutto. Invece, Biagini, come del resto ho fatto anch'io, non sostiene mai questo, ma afferma che la propria coscienza deriva da un'altra che è superiore, quindi non riduce tutto alla propria coscienza!
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10-09-2007, 16.38.22 | #105 | |
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Riferimento: dove nasce la vita
Citazione:
Ma guarda che l’articolo lo hai citato tu mica io. Mi sono limitato a riportarne anche le conclusioni visto che tu non lo avevi fatto. Prenditela con le fonti che utilizzi non con chi smaschera le tue citazioni parziali. Saluti Andrea |
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10-09-2007, 21.29.32 | #106 | |
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Riferimento: dove nasce la vita
Citazione:
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11-09-2007, 09.55.48 | #107 | |
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Riferimento: dove nasce la vita
Citazione:
Il fatto che esistano delle approssimazioni non può farti concludere che esista una teoria matematica della realtà in sè. Ma ormai sei talmente convinto delle tue argomentazioni... |
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11-09-2007, 11.57.40 | #108 | |
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Riferimento: dove nasce la vita
Citazione:
Veramente tu hai citato un articolo anonimo nel quale non vi è alcun riferimento bibliografico su ciò che avrebbe scritto il premio nobel. Difatti onestà e rigorosità pretendono che vi siano le note in calnce in modo che si possa verificare la citazione e soprattutto che possa essere contastualizzata. Io infatti ti ho chiesto esplicitamente una citazione bibliografica (libri riviste ecc…) non un sito anonimo nel quale vi è un altrettanto anonimo articolo le cui conclusioni per altro non condividi nemmeno tu. Saluti Andrea EDIT: Visechi ha scritto un bell'articolo nel quale confuta le pretese del tuo erore, tu lo hai saltato a piè pari. |
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11-09-2007, 15.27.32 | #109 | ||
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Riferimento: dove nasce la vita
Quoto con apprezzamento la recensione di Visechi, e anche le due note a margine fattegli da Spirito.
Aggiungerei di mio una piccola, ulteriore osservazione: Citazione:
Inutile dire che si tratta di vie nervose prive di interruzioni, nel senso che non "smarriscono" né "acquistano" informazioni dal nulla, non subiscono interventi esterni al sistema-cervello e anzi, ci permettono addirittura di individuare aree specializzate nei singoli aspetti concettuali dei processi da compiere. Aleksander, sai qual'è la differenza fra fare un movimento con il dito indice della mano destra, e pensare di fare quel movimento senza eseguirlo? Forse ti stupirà sapere che ci sono due diversi computer, nel tuo cervello, deputati ciascuno alla gestione di uno di questi due aspetti della cosa. Ciò vale per qualsiasi facoltà mentale che la nostra razza possa esprimere: ogni nostro aspetto psichico ha una (o spesso, più di una) sede progettata per l'elaborazione, per la gestione, per l'integrazione e l'uso delle informazioni acquisite. E guarda un po', alla fine si osserva sempre (in vivo) che i calcoli li fanno i neuroni, non delle misteriose fiammelle eteree... Tutto ciò è solo la punta dell'iceberg di acquisizioni nell'ambito neurologico di cui il nostro amico Alek dibatte con tanta grazia; ma chissà perché, informazioni di questo genere sembrano ignorate a bella posta. Citazione:
Questa frase è talmente vera, che vale la pena di citarne il caso più rencente imposto dai media americani, ovvero il caso Terri Schiavo: tutti qui avranno letto, spero, che all'autopsia dopo la sua morte per sospensione dell'alimentazione, fu verificato che il cervello di Schiavo pesava LA META' di quello di un essere umano medio, e mancava di tutte le aree deputate alla coscienza e all'intelligenza percettiva. Ciò non deve sorprendere, i medici intuivano questa verità da tempo: sapevano infatti che il cervello sviluppa le proprie connessioni neurali in modo dinamico, e lascia degenerare quelle inutilizzate... fra cui in questo caso, rientravano molte aree ancora esistenti e parzialmente intatte, ma costrette all'inoperosità a seguito delle lesioni traumatiche riportate da questa paziente; lesioni che l'avevano ridotta in stato vegetativo permanente. Dove non c'è cervello non c'è mente; ma anche dove non c'è mente, alla fine, non ci sarà più cervello. |
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19-09-2007, 22.37.50 | #110 |
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Riferimento: dove nasce la vita
Bisogna precisare che l'esperimento di Miller viene ancora studiato a scuola anche se da decenni è stato scartato come inattendibile dagli scienziati evoluzionisti che vorrebbero trovare e cercano di fare altri esperimenti.
Dato che il metano e l'ammoniaca non facevano parte dell'atmosfera terrestre e in più l'atmosfera era composta di molti gas fra cui l'anidride carbonica che rendevano l'esperimento non valido. Miller stesso lo ha dichiarato, dichiarò che lui e altri pensavano che fosse così semplice ma che invece si è rivelato una ipotesi molto più difficoltoa da ammettere. Lo scienziato scopritore del DNA Crick, ebbe a dire che le condizioni perchè si formi una molecola di DNA (alla base del genoma e della cellula in quanto autoreplicante) sono così tante e difficili da ritenere che l'origine della vita sia stata un miracolo. (perchè una probabilità infinitesimale supporta la tesi dell'abiogenisi di cui stiamo parlando) Per di più la comparsa dei primi esseri viventi è stata retrodatata al tempo in cui ancora la terra veniva bombardata da meteoriti, in un ambiente inospitalissimo al contrario delle ipotesi di abiogenesi neodarwiniste in cui vi è bisogno di condizioni adatte. In effetti nelle susseguenti fasi "evolutive" degli esseri viventi si diedero condizioni più adatte, ma che da sole non possono scientificamente giustificare l'origine di esseri nuovi. Condizioni adatte rendono più facile la vita, ma non la creano. Una delle ultime tesi degli evoluzionisti è che la vita sia venuta dai meteoriti, tesi formulata in quanto le scoperte a cui alludevo prima erano incontrovertibili e smontavano di parecchio anche la tesi abiogenica secondo cui dalla materia inanimata per condizioni favorevoli si era formato un DNA e la prima cellula, il primo organismo il più semplice e meno evoluto. Invece gli organismi più antichi erano molto più evoluti di una ameba per esempio ed erano resistentissimi per soppravvivere alle estreme condizioni in cui era la terra 3.6 miliardi di anni fa. Erano simili ai batteri e vivevano in colonie organizzate, e poco dopo secondo gli strati geologici in Groenlandia e in Australia vi erano colonie di organismi che facevano la fotosintesi retrodatata enormemente. C'è da aggiungere che nel senso probabilistico del termine è un miracolo anche la comparsa dei batteri a partire da i primi organismi unicellulari. Ma è proprio qui che non ci siamo, perchè non si hanno gli anelli mancanti (teoria di Darwin) e i più antichi esseri viventi erano già evoluti rispetto all'ipotetica prima cellula. |