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03-11-2008, 15.44.27 | #1 | |||||
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Achille e la Tartaruga e altri paradossi
https://www.riflessioni.it/scienze/pa...-tartaruga.htm
In particolar modo, di seguito discutere l'ebook messo a disposizione da Alberto. Achille e la Tartaruga. Tu proponi la soluzione classica, cioè, tramite l’analisi matematica delle serie, osservi come la serie 0,9 + 0,09 + 0,009 + … converga a 10. Ma non sei soddisfatto. Citazione:
La soluzione ti sembra sbagliata perché, probabilmente a livello inconscio, equipari lo scorrere di infiniti istanti con lo scorrere infinito del tempo. Invece, è proprio la matematica che ci mostra come le due cose siano distinte in una serie convergente: la serie converge in un tempo finito, anche se gli istanti temporali sono infiniti. Forse è controintuivivo (come lo è la MQ) ma è così. Poco dopo scrivi: Citazione:
Perché la MQ sarebbe una teoria di questo tipo? La MQ smonta solamente la nostra idea di descrivere completamente un sistema, ma non ci dice che l’importante è prevedere. La MQ, per inciso, non ci dice che se stessa serve solo per prevedere il risultato delle misure. D’altro canto, si interpreta comunemente la MQ come se l’indeterminazione fosse reale (ontologica), non solo epistemica. Questo mostrerebbe che la MQ va oltre alla mera predizione. Per quanto riguarda la soluzione del paradosso utilizzando la MQ, la cosa mi pare valida, ma non essendo un fisico non mi pronuncerò. Per finire, affermi che in fondo Zenone aveva ragione, perché il movimento non esiste. Infatti, in MQ il concetto di traiettoria della particella non esiste. Non condivido questa affermazione. Innanzitutto, come tu affermi, i risultati controintuitivi della MQ si danno solo nel mondo microscopico, quindi non vedo perché non dovrei accettare che mentre sto scrivendo queste righe le mie dita si stiano muovendo. Inoltre, se il concetto di traiettoria della particella non esiste, ma esiste ancora il concetto di velocità di una particella (sebbene non sia sempre definito), allora non vedo perché io non posso dire che le particelle si muovono. Il Sorite. Citazione:
Io invece credo che quella di Platone non sia la concezione che abitualmente usiamo. Credo che l’uomo comune, come pure il filosofo accorto, smonterebbe in quattro e quattrotto il paradosso, anzi farebbe fatica a concepire questo come un paradosso. Hai ragione, comunque, a dire che il paradosso esce se si concepiscono le idee (i concetti) come oggetti che esistono indipendentemente da noi in un qualche mondo. Ma l’uomo della strada, allora, cosa direbbe? Semplicemente osserverebbe che i concetti sono concetti intrinsecamente sfumati al confine. Tutto qui. Anche tu sembri sostenere questa posizione, ma mi pare che tu ponga troppa enfasi sulla questione: Citazione:
Non capisco che cosa stai negando quando dice che non ci sono categorie indiscutibili e/o oggettive. A parte il fatto che il confine semantico dei termini sia smussato, non vedo perché dovremo dire che il riconoscimento di un individuo come appartenente ad una data categoria sia sempre soggettivo. Se io vado a prendere una pipa e mi metto a fumarla, io posso dire che (oggettivamente) quella è una pipa, e il mio non è un giudizio semplicemente soggettivo. E il confine è smussato semplicemente perché possiamo avere solo una quantità numerabile di concetti, mentre gli oggetti e le situazioni sono più che numerabili. Spetterà alla nostra ragionevolezza, e a quanto bene abbiamo imparato una lingua, determinare quanto spingersi in là e dove riconoscere un confine ragionevole del campo semantico di un termine. Certo, non tutti concorderemo esattamente su dove sia situato tale confine, ma, come tu riconosci, in generale gli accordi saranno molto frequenti. E tali accordi non sono frequenti perché nel mondo ci sono innumerevoli regolarità, semplicemente perché a tutti ci è stato insegnato lo stesso linguaggio (e modo di pensare). Il Mentitore. Citazione:
Non si deve considerare nessuna condizione implicita. Prendiamo “io mento”, ci si può chiedere se tale proposizione dice il vero o dice il falso. Se dice il vero, allora dice il falso; mentre se dice il falso, allora dice il vero. Mi sembra che tu confondi questo paradosso con una semplice contraddizione. Una contraddizione è, ad esempio, “io mento e dico la verità”. Questa, semplicemente, è una proposizione contraddittoria, quindi (necessariamente) falsa. Ripeto, questa è falsa. Mentre “io mento” non può essere né vera né falsa. In questo sta il paradosso. Subito dopo dici che questa soluzione (che non è tua?) non ti soddisfa. Continui dicendo che non si può parlare di verità e falsità con esattezza, e passi ad analizzare il termine ‘mentire’ coinvolgendo anche il termine ‘conoscere’. Ma tutto questo non è necessario. Prendiamo la proposizione: (a) a è falsa. E’ vera o falsa? Dici che non si può applicare precisamene il concetto di vero e falso qui? Perché? Non si deve coinvolgere la menzogna o la conoscenza. E’ una proposizione semplice come “2 più 2 fa quattro”. Tant’è che la logica matematica è meglio definita della matematica. Il Paradosso del Gatto. Su questa questione ho un’osservazione generale e una domanda. L’osservazione generale è che mi pare che continui ad estendere la MQ alla tua filosofia. Come ho detto sopra, la MQ non ci dice che le cose non esistono indipendentemente da noi, bensì ci dice che alcuni sistemi sono in sovrapposizione di stati. Tornando al paradosso, tu dici che anche il gatto è in sovrapposizione di stati. E questo mi porta alla domanda (o alle domande): ma cosa accadrebbe se si mettesse dentro la scatola uno scimpanzè? O un essere umano? O più esseri umani? |
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05-11-2008, 20.11.06 | #4 | ||
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2007
Messaggi: 689
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi
Citazione:
Citazione:
Certo. Resta che a livello inconscio la sentiamo come controintuitiva |
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15-11-2008, 13.27.48 | #5 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi
Citazione:
Citazione:
Non è solo controintuitiva, manca il tempo, quando convergono? Matematicamente possiamo dire che convergono, ma non mi sembra si possa essere sicuri del tempo che è necessario a loro per convergere. Forse non sarà un paradosso, ma è comunque una cosa strana; sapere che qualcosa deve succedere ma non sapere quando, è una cosa strana soprattutto se il "tempo" previsto è infinito (non è così?). Eretico dice che due serie infinite convergono in un tempo finito... non so, qualcuno ha provato fisicamente a far convergere due serie infinite in un tempo finito? O il tempo usato è di tipo "astratto? Se è di tipo astratto allora "realmente",viceversa, due serie infinite convergono in un tempo infinito e non finito. Stessa identica cosa posso dire sul paradosso del gatto. Quando (il "tempo") la sovrapposizione non vale piu e il gatto è nello stato che viene trovato effettivamente (fisicamente osservato?), cioè vivo o morto? Sulla storia del gatto ho già scritto abbondantemente la mia opinione, e non vi assillo piu di tanto... rimane un problema "ontologico" e chechè ne dica Albert sul tale termine, per me non è una parolaccia ma l'essenza, la vera comprensione del fenomeno. C'è chi dice che non serva domandarselo, chi invece sostiene che serve, e la risposta può aprire scenari insospettabili e infine"utili". Chiaramente io sono di questo secondo avviso. |
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15-11-2008, 18.44.54 | #6 |
Ospite abituale
Data registrazione: 27-06-2007
Messaggi: 297
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Sogni infiniti.
Delle difficoltà di porre l'infinito si trattò ampliamente sotto altri titoli, alcuni mesi or sono, innanzi che l'accesso al foro fosse permesso solamente ai lettori, ma impedito agli scrittori.
Trascrivo alcuni luoghi estratti dai commenti che scrissi, chiedendo venia perché cito me stesso. In questo luogo considerai l'infinito e la scienza. "Se è vero che la scienza della natura in tanto, in quanto investiga le cose che sono dell'esperienza mortale, è difficile supporre possa mai incorrere in un infinito in atto, perché non potrebbe l'uomo, finito per tempo e per luogo, fare esperienza di ciò che non avesse limiti né di tempo né di luogo; non è men vero che anche le scienze matematiche hanno difficoltà nell'investigazione dell'infinito, al meno dell'infinito in atto, contentandosi esse, mi pare, di trattare numeri o misure che tendono all'infinito." "Forse in sé e per sé non sono diversi, infinito ed infinito; ma si dà il caso che noi mortali facciamo esperienza di tempi e luoghi finiti e che l'infinito appare quindi piuttosto un'elucubrazione comoda per la nostra scienza, che una deduzione necessaria dalle cose." Qui esaminai singolarmente il paradosso di Zenone Eleate, di cui si tratta nel titolo presente. “E qui vengo all’argomento di Zenone Eleate, secondo cui il moto non è razionalmente possibile, perché i punti infiniti, in cui è divisibile lo spazio, non possono essere percorsi per un tempo finito: mi pare che Aristotele opponga che anche il tempo è divisibile in altrettanti infiniti momenti e che quindi, se procediamo alla divisione dello spazio, possiamo procedere anche ad una pari divisione del tempo, facendo talmente equivalenti le due divisioni, finite od infinite, che non possiamo più affermare che alcuno si muova per un tempo finito in uno spazio infinito, ma che alcuno si muova in uno spazio finito od infinito per un tempo parimenti finito od infinito. Il ragionamento parrebbe inconfutabile, se non rimanesse il dubbio che, dividendo all’infinito sia lo spazio sia il tempo, noi potessimo poi conoscere la fine del moto. In somma, come potremmo noi mortali finiti avere esperienza d’uno spazio e d’un tempo infiniti e di quello che in loro e per loro mai accadrebbe ?. In più, pur supponendo poterli aver divisi all’infinito, come potremmo conoscere se l’infinito in cui abbiamo diviso il tempo sia pari a quello in cui abbiamo diviso lo spazio ?: se sono infiniti, non possiamo misurarli e, quindi non possiamo sapere se siano stati parimenti divisi all’infinito. Forse la vera soluzione è che noi non possiamo dividere all’infinito né il tempo né lo spazio, ma possiamo solo congetturare poterlo fare. D’altronde, quanto tempo dovremmo vivere per dividere qualche cosa all’infinito ?: suppongo per un tempo infinito, perché, se vivessimo per un tempo finito, prima o poi porremmo fine alla divisione, che non sarebbe dunque infinita; ma viviamo per un tempo finito, dunque non possiamo dividere all’infinito.” Concludo, consentendo col Dubbio ed opinando che dell'infinito non abbiamo esperienza alcuna né potremmo averla, essendo finiti per tempo e luogo: difficile, per tanto, negare che il finito sia nell’esperienza e nel sogno l’infinito. Anakreon. |
15-11-2008, 19.07.04 | #7 |
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi
Ciao Dubbio,
ora aumenterò, se possibile, i tuoi... dubbi ! Il fatto paradossale della tartaruga è che noi pretendiamo di credere che il tempo esista indipendentemente da noi. E' il famoso tempo assoluto di Newton, rispolverato dallo stesso proprio sulla base dei filosofi greci. E anche allo spazio diamo un'esistenza propria; già Kant farà notare invece che spazio e tempo sono costruzioni mentali che ci facciamo per raffigurare la realtà esterna, altrimenti non facilmente rappresentabile. Una volta costruiti questo spazio e questo tempo assoluti, con le loro proprietà, pretendiamo di suddividerli in parti sempre più piccole, e in numero infinito... dimenticando che sono solo concetti matematici, e quindi con la matematica vanno trattati: e la matematica dice che la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò. |
16-11-2008, 09.33.33 | #8 | |
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi
Citazione:
Ciao Eretiko chiaramente io non sono a conoscenza della matematica (mi limito, quando non ho una calcolatrice, a sommare e moltiplicare piccole cifre :P) e ancora meno di quella che supporta il paradosso della tartaruga e Achille. So però che ad un certo punto nella matematica "complicata", le somme e le moltiplicazioni si trasformano e da oggetti reali si sommano e si moltiplicano oggetti "irreali" (questo semplificando molto). Semplificando al massimo, la matematica senza infiniti non avrebbe senso, mentre la fisica cerca di eliminarli (un buon libro che ho letto una volta ma sto rileggendo perchè non mi ricordo quasi piu nulla è "Finito o infinito" di Jean-Pierre Luminet, Marc Lachieze-Rey). Una ragione ci deve essere! Evidentemente questa ragione è da cercare nell'esperienza. Come diceva anche Anakreon, possiamo far esperienza dell'infinito? Mentalmente si, ma è una esperienza non "concreta", quindi astratta, come la matematica. Il fisico direbbe: tu puoi fare qualsiasi esperienza mentale, poi se è "reale" ciò che immagini spetta a noi. Io ho applicato questo ragionamento alla matematica. Non è una bocciatura ( io credo che la matematica e l'esperienza mentale siano molto vicine, e non so dire se solo quella fisica debba ritenersi "reale"), ho solo diviso in due l'argomento, e da una parte c'ho messo tutto ciò che non è concreto, sensibile e verificabile, e dall'altra tutto ciò che è invece "sostanza", e solo a quest'ultima gli ho dato la definizione di "reale" (ma solo per una ragione di chiarezza). Quindi certo, matematicamente la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò, ma in quale dimensione? In quella reale delle cose sensibili e verificabili o in quella irreale della matematica? Per quanto riguarda il tempo e lo spazio non divisibili all'infinito, non ho compreso bene. Mi ricorda la "quantizzazione". Ma che io sappia non si è ancora raggiunti a quantizzare lo spazio-tempo, nel senso che la matematica che supporta quanto dici non mi risulta essere stata inglobata nella matematica che supporta la fisica quantistica... |
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17-11-2008, 11.20.59 | #9 |
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi
Ciao Dubbio,
io non mi riferivo alla ipotetica quantizzazione delle spazio-tempo (che poi non ho ben capito cosa dovrebbe essere e mi sfugge il suo eventuale significato fisico), bensì all'infinita divisibilità ad esempio di un segmento di lunghezza L. Tale divisibilità è un'operazione che concettualmente possiamo sempre fare, mentre fisicamente non possiamo. E' quella distinzione tra infinito potenziale ed infinito attuale che già Aristotele aveva compiuto e che sta alla base della matematica a partire da Archimede (metodo di esaustione per calcolare ad esempio area del cerchio e del segmento parabolico) compreso il calcolo differenziale e quello integrale. Insomma, la corsa della tartaruga e di Achille è un'esperienza concettuale, e concettualmente la matematica ci dice come finisce. Ed anche fisicamente sappiamo come termina. E guarda che il paradosso fi Zenone ha anche una bella formulazione "geometrica": la spirale logaritmica; essa compie un numero infinito di giri attorno ad un punto del piano, eppure si può dimostrare che ha una lunghezza finita (Torricelli)! |
17-11-2008, 12.12.56 | #10 |
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Esperienze e dimostrazioni.
Caro Eretico,
osservi: "Una volta costruiti questo spazio e questo tempo assoluti, con le loro proprietà, pretendiamo di suddividerli in parti sempre più piccole, e in numero infinito... dimenticando che sono solo concetti matematici, e quindi con la matematica vanno trattati" Anche della matematica, tuttavia, possiamo osservare che sia una nostra elucubrazione. Comunque sia, a me pare non sia vero quello che affermi, che cioè: "la matematica dice che la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò.". E veramente è l'esperienza dei sensi che ci mostra che Achille ha superata la tartaruga, non la matematica, la quale, vice versa, pare dimostrarci che, a rigor di deduzione, Achille non la possa mai superare; tant'è vero che, per risolvere il contrasto tra esperienza e scienza, si deve procedere ad approssimare la somma d'una serie di numeri per sé infinita. Anakreon. |