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22-07-2014, 00.18.07 | #12 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 22-04-2014
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
...la tesi è suggestiva, senza dubbio... però mi sembra molto facilmente reversibile..............._tri ste Intendo questo : son tanti a perdere il gusto e l'impegno proprio per le stesse ragioni che tu trovi di stimolo. Per la serie (triste ma vera) : "si fa si fa, per fare che? Per finire in cenere , e magari dopo malattia e degrado e sofferenza?".................. . |
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22-07-2014, 00.31.51 | #13 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 22-04-2014
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
Io sono molto "matematica" nei miei procedimenti mentali. Non so se sia un pregio o un difetto, ma so che funziono così. In nome di questo mio vizio di fabbrica...giuro che farei sacrifici economici per sponsorizzare la dimostrazione di quel che affermi (perchè è bello, è incoraggiante). Ma...dov'è la dimostrazione dimostrabile? Chi l'ha dimostrato che non c'è inizio e non c'è fine? Siamo nati (noi) e ogni giorno vediamo nascere e morire Persone che hanno una identità e una storia reali. Dici che è un'impressione? Chi l'ha dimostrato che chi teme la morte teme la vita? I miei morti più cari...ci giurerei che amassero la Vita. E il più caro di tutti, che è mio Padre , aveva profondissima formazione Francescana, praticata per tutta la vita con Gioia, benchè divenuto addoloratamente agnostico dopo l'adolescenza..... Ricordo molto bene che da sano e vivo e vegeto...non si faceva capace che un Universo di Amori e Relazioni e Pensiero ....divenissero solo cenere..... Dici che non amava la Vita? |
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22-07-2014, 05.54.50 | #14 | |
Moderatore
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
condivido quello dici.. e' pure il paragone che spesso troviamo nelle scritture Taoiste,come il sorgere e il tramontare del sole e mille altri esempi del genere (yin-yang) …infatti il sole sta sempre li..siamo noi che interpretiamo il suo comparire-scomparire (niente fine,niente inizio) |
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22-07-2014, 06.02.38 | #15 | |
Moderatore
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
se parti dal presupposto "dimostrativo" sei fuori pista in partenza.. e se consideri le cose solo dal punto di vista "antropocentrico" lo sei ancora di più.. su queste considerazioni non ci puoi arrivare solo attraverso la razionalità,tutto cio va trasceso,credo che poi a intervenire sia l'intuito,o qualcosa di simile…molti poi credono che sia fede-religione..ma niente affatto! non e' qualcosa che puoi trasmettere,come magari puoi fare spiegando che 2+2 fa 4..non ci si arriva così comunque l'esempio che mi e' venuto di dire a nikelise sul sole potrebbe uno dei tanti.. ad ogni modo ti sarà capitato senz'altro in vita tua,di vivere quell'attimo in cui cogli qualcosa che avverti Vera,che coincide perfettamente..Tutto,senza la necessita delle parole..senza la necessita di nulla..e' da li che arrivano le risposte ce' quest'articolo,secondo me davvero interessante che potrebbe aiutare a fare maggiore chiarezza sull'argomento http://www.ariannaeditrice.it/artico...articolo=48797 mi fermo qui su quest'argomento…non mi andrebbe proprio di provare a spiegare "l'inspiegabile" per chi lo ritiene solo tale…facendo sforzi sovrumani e pure inutilmente! non mi sto riferendo a te in particolare,sia chiaro..ma in generale Ultima modifica di acquario69 : 22-07-2014 alle ore 08.04.26. |
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22-07-2014, 18.01.14 | #16 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
Le altre diverse considerazioni sono di natura spirituale evolutiva : se l'anima sopravvive alla morte ecc. e non attengono ai profili psicologici del tema . Anzi vorrei offrirVi in regalo , perché tale e' stato per me , l'indicazione della lettura di un breve bellissimo racconto di FREUD , 'CADUCITA' che affronta il tema vicinissimo al nostro della precarieta' del tutto e quindi aggiungo io anche della vita . Freud stava passeggiando con due poeti , pare che uno fosse Rilke , in un parco in primavera nel pieno della fioritura e del suo splendore . Fu tuttavia proprio Rilke a manifestare tristezza per il fatto che tutto quella meraviglia fosse destinata a perire . Freud non si capacitava come fosse possibile che la precarieta' di quel bello potesse arrivare ad annullarne del tutto il valore . Al contrario per Freud quella precarietà ne aumentava il valore . Non vi era alcun bisogno della sua eternita' per affermarsi . Analizzo' alla fine che era il lutto cioe' il dolore per la perdita a svilire l'essenza stessa di quel gran bello . Lo sforzo per allontanare il dolore della perdita annullava l'essenza di quel che ai suoi occhi si manifestava . Continua poi il racconto con altra breve analisi del lutto , che dal punto di vista psicologico pareva un inspiegabile mistero per Freud . Vorrei pero' che fosse uno stralcio del racconto a rendervi assai meglio delle mie parole questi contenuti . Inserirei nel prossimo post poche righe . |
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22-07-2014, 18.07.42 | #17 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
'' Ma questa esigenza di eternità è troppo chiaramente un risultato del nostro desiderio per poter pretendere a un valore di realtà: ciò che è doloroso può pur essere vero. Io non sapevo decidermi a contestare la caducità del tutto e nemmeno a strappare un’eccezione per ciò che è bello e perfetto. Contestai però al poeta pessimista che la caducità del bello implichi un suo svilimento. Al contrario, ne aumenta il valore! Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo. La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio. Era incomprensibile, dissi, che il pensiero della caducità del bello dovesse turbare la nostra gioia al riguardo. Quanto alla bellezza della natura, essa ritorna, dopo la distruzione dell’inverno, nell’anno nuovo, e questo ritorno, in rapporto alla durata della nostra vita, lo si può dire un ritorno eterno. Nel corso della nostra esistenza vediamo svanire per sempre la bellezza del corpo e del volto umano, ma questa breve durata aggiunge a tali attrattive un nuovo incanto. Se un fiore fiorisce una sola notte, non per ciò la sua fioritura ci appare meno splendida. E così pure non riuscivo a vedere come la bellezza e la perfezione dell’opera d’arte o della creazione intellettuale dovessero essere svilite dalla loro limitazione temporale. Potrà venire un tempo in cui i quadri e le statue che oggi ammiriamo saranno caduti in pezzi, o una razza umana dopo di noi che non comprenderà più le opere dei nostri poeti e dei nostri pensatori, o addirittura un’epoca geologica in cui ogni forma di vita sulla terra sarà scomparsa:[b]il valore di tutta questa bellezza e perfezione è determinato soltanto dal suo significato per la nostra sensibilità viva, non ha bisogno di sopravviverle e per questo è indipendente dalla durata temporale assoluta. [/u] Mi pareva che queste considerazioni fossero incontestabili, ma mi accorsi che non avevo fatto alcuna impressione né sul poeta né sull’amico. Questo insuccesso mi portò a ritenere che un forte fattore affettivo intervenisse a turbare il loro giudizio; e più tardi credetti di aver individuato questo fattore. Doveva essere stata la ribellione psichica contro il lutto a svilire ai loro occhi il godimento del bello. L’idea che tutta quella bellezza fosse effimera faceva presentire a queste due anime sensibili il lutto per la sua fine; e, poiché l’animo umano rifugge istintivamente da tutto ciò che è doloroso, essi avvertivano nel loro godimento del bello l’interferenza perturbatrice del pensiero della caducità. '' Qualcuno disse che e' proprio per questa possibilita' di esperire e morire che gli uomini sono invidiati dagli dei !!! |
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23-07-2014, 03.08.58 | #18 | |
Ospite abituale
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Citazione:
più che mettere idee migliori ti propongo una distinzione. 1) quello di cui parlano gli psicologi è l'elaborazione del lutto: si tratta dell'accettazione della dipartita di un caro. è valido è necessario ha un valore anche extra-specifico del settore. 2) quello che invece non. ti dicono è lo scenario su cui questa elaborazione non può avvenire : ossia l'angoscia Come forse sai l'angoscia nel mondo contemporaneo sfiora percentuali irreali tipo il 98% l'ha vissuta almeno una volta, è che viene chiamato come crisi di panico, ossia paura di morire ingiustificata. Non si tratta come vedi della morte reale, non sei tu che muori ma un altro (per cui non necessita l'elaborazione del lutto.ovvio) il punto è che questa morte non è mostrata. ormai studi scientifici hanno dimostrato che in India dove i morti si bruciano per strada o per le rive dei fiumi, la percezione dell'angoscia (di morte) è inesistente. Altro esempio, sto nel quartiere cinese, una donna viene scippata, sbatte la testa sul marciapiede e 10 persone accanto a me, vomitano, non so gli altri ma avevo un senso di nausea pure io (pur non vomitando). questo senso di angoscia improvvisa, chiusura dello stomaco, è dovuta alla presenza di sangue in quantità. ossia alla non abitudine alla visione all'odore acre della morte. quindi non stiamo parlando della morte in sè ma della paura della morte non mostrata. La psicologia non ha nulla da dire semplicemente perchè è convivente di questo sistema di pulizia mentale e di sguardo. si parla di cadaveri ma non ci sono cadaveri in tv oggi come oggi, è tutto unito. la psicologia quindi tenterà di cancellare questa angoscia, e non riuscendoci che in maniera fievole e solo nei casi fievoli, si rivolgerà alla farmaceutica.(nei casi gravi diventa invalidante, c'è poco da scherzare). il pensiero della morte in sè scientificamente porta alla depressione: state attenti! io non volevo crederci, e mi sono "salvato" solo con un grande sforzo intellettuale. ecco appunto la salvezza dalla morte non è nel suo pensiero! non voltarti o i morti ti prendono dice zeus a orfeo (quante ne sapevano i greci!). nel caso ci siano lettori del forum di filosofia quando parlo di morte non intendo la morte, ma la sua raffigurazione, ovvero il parlar di morte, un pò come si fa qua! |
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23-07-2014, 10.56.27 | #19 |
Ospite abituale
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
“Mors quid est ? Aut finis aut transitus”
Come affrontare la morte? Come superarne la paura? Cosa significa morire? Per i greci l’uomo era semplicemente “il mortale”. Omero raccontava che siamo “come le foglie”, Socrate insegnava che la vita è un continuo allenamento alla morte, Epicuro proponeva la sua terapia laica e materialista : “Abituati a pensare che nulla è per noi la morte, poiché ogni bene e ogni male risiede nella sensazione; la morte invece è privazione della sensazione. Il più terribile, dunque, dei mali, la morte, non è nulla per noi, dal momento che, quando noi siamo, la morte non c’è, e quando c’è la morte noi non siamo più”. Seneca si chiese più volte e in diversi elaborati cosa sia la morte. Nel “De brevitate vitae” sostiene che gli individui sbagliano a lamentarsi per la brevità del tempo assegnato loro dalla natura. Il fatto è che la maggior parte degli uomini la spreca. Nelle “Lettere a Lucilio” (“epistulae 65”) Seneca pone un interrogativo: “mors quid est ?” (Che cos’è la morte ?) e dà la risposta: “Aut finis, aut transitus”: o fine (della vita e dissoluzione del corpo) o passaggio verso qualcos’altro. Sono due concezioni contrapposte: per quella materialistica la morte è finis, per quella spiritualistica la morte è transitus. Per Seneca la “quantità” della vita è un un falso problema. Quel che conta è la sua qualità, come la si vive; come si usa il tempo. Bisogna saper vivere. |
23-07-2014, 23.03.46 | #20 |
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Riferimento: La morte... ne parliamo?
Non è facile parlare della morte, perché se ne può parlare solo da vivi, eppure bisogna parlarne, non si può farne a meno, è destino sempre presente, è inevitabile, è democrazia che risolve ogni diseguaglianza anche se una forma di democrazia che a me, per quanto mi senta democratico, appare eccessiva (un'eccezione per me e i miei cari si potrebbe pur fare), è la signora incontrastata del tempo di cui è madre e implacabile uccisore, è ciò che consente la vita, è il riposo di una notte finalmente tranquilla e senza sogni che vengano a turbarlo e che ha solo il difetto di essere troppo lungo, ma poi chi se ne accorge, la morte uccide il tempo e riduce ogni eternità a nulla.
Forse occorrerebbe distinguere tra la morte degli altri e la mia morte, sono cose diverse e la morte è tanto più importante quanto più gli altri mi sono vicini, tanto più in loro ritrovo me stesso, tanto più li sento parte di me, tanto più occupano il mio cuore, il mio mondo, il mio affetto, la mia casa, le mie abitudini. Ma la cosa strana è che la morte non è mia, perché sono sempre gli altri che vedo morire e non potrò mai vedere la mia morte, non la riconoscerò e nessuno potrà mai contestarmelo. Io muoio nel morire degli altri, un po' per volta, un pezzo per volta con il sovrumano dolore del loro scomparire che sento come il mio scomparire. Quanto grande sarebbe la sofferenza di chi potesse vivere in eterno! Quanto grande sarebbe il suo bisogno di poter finalmente morite ponendo fine allo strazio di vedere che tutto se ne va, fuorché lui Il discorso sulla morte è pieno di contraddizioni irrisolvibili e ognuna ne richiama un'altra: forse moriamo ogni istante senza accorgercene, illusi dalla nostra memoria che continuamente ci fornisce delle aspettative, forse non si muore mai. Forse la morte sarà quell'altro in cui vedrò il mio volto, il mio sguardo, i miei stessi occhi e gli sorriderò per averlo finalmente trovato oppure ne sarò terrorizzato, da quegli occhi che sono i miei e così sarà per ciascuno. Dopotutto morire è un po' come guarire da una lunga malattia, come disse Socrate dopo aver bevuto la cicuta. Ultima modifica di maral : 24-07-2014 alle ore 10.25.37. |