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07-09-2014, 21.55.56 | #33 | |||
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Inoltre nell'ambito degli stessi enti che consideriamo reali è necessario fare delle differenziazioni: certamente la persona che occupa la carica di regina d'Inghilterra sarà reale, ma la carica che riveste non è certo reale come lei o come questa sedia su cui mi siedo, è una realtà convenzionalmente attribuita e imposta, dunque di tipo concettuale. Tra queste realtà convenzionali concettuali vi è ad esempio quella del denaro, il significato di valore del denaro non ha corrispondenza con alcun oggetto fisico reale, probabilmente anche meno dell'Amleto, è un ente del tutto astratto e convenzionale, eppure sappiamo bene quali spaventosi effetti concreti produca a ogni livello, proprio in virtù della sua astratta concettualità convenzionale. Il problema è che a rifletterci sopra mi pare che la questione della realtà (che, ripeto pur tuttavia è e proprio perché si rappresenta non è rappresentazione) sia enormemente complessa e complicata e sfugga a ogni semplicismo riduzionistico per cui le cose reali stanno da una parte ben definibile e distinta da quelle che non lo sono. Citazione:
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09-09-2014, 16.49.38 | #34 |
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Riferimento: Rappresentazione e verità ontologica
Maral:
Questo nel presupposto che condivido per cui un'esistenza solo concettuale non sia sufficiente per venire intesa come reale, ove la realtà presenta una fenomenologia molto più vasta e complessa di interazioni oggetto-soggetto. Purtroppo però trovo che sia tutt'altro che semplice dare una definizione soddisfacente di questa complessità di interazioni. Se ad esempio prendiamo a riferimento quanto ci appare all'evidenza sensoriale un'allucinazione può presentarla molto evidente, eppure, proprio perché allucinazione non potremmo dirla effettivamente reale. Il fatto che una determinata esperienza risulti allucinatoria è l'esito del prodursi di una situazione paradossale contraddittoria, ma la contra-dizione è una figura del linguaggio e dunque ancora concettuale. Possiamo anche considerare reale un fenomeno che gode di una condivisibilità intersoggettiva, ma è evidente che anche questa non è sufficiente di per sé per garantirci della sua realtà, ci conferma solo che la maggioranza di noi partecipa delle stesse rappresentazioni, vere o false che siano Sgiombo: La realtà puramente concettuale (come quella dell’ "attuale re di Francia") è diversa dalla realtà di un’ allucinazione (o anche di un sogno), la quale a sua volta è diversa dalla realtà di un’ esperienza che potremmo definire “di veglia normale” (in quanto contrapposta ad “allucinatoria” per lo meno in ambito psichiatrico) o “non allucinatoria”. Sia un’ esperienza allucinatoria che una esperienza “normale” sono reali in quanto tali (insieme di sensazioni fenomeniche per le quali vige il berkeleyano “esse est percipi”). L’ attuale re di Francia è reale unicamente come concetto pensabile (pensato allorché viene pensato), eventualmente predicabile essere reale (ma falsamente, al contrario degli altri due casi considerati). Ciò che distingue le allucinazioni (e i sogni) dalle esperienze (di veglia) “normali” (poste alcune premesse indimostrabili che consentono fra l’ altro di credere alle conoscenze scientifiche e che più in generale sono accettate più o meno consapevolmente da tutte le persone comunemente considerate sane di mente) è il fatto che le seconde sono intersoggettive, esperibili in linea di principio da chiunque, mentre le prime sono puramente soggettive ed anzi chiunque può constatare che non hanno nulla di intersoggettivo (che gli insetti visti dall’ alcoolista in preda al delirium tremens non esistono come oggetti intersoggettivamente constatabili e anzi al loro posto non v’ è nulla di intersoggettivamente constatabile; ma con tutto ciò sono comunque reali in quanto esperienze sensibili e non solo in quanto oggetto di pensiero, al contrario dell’ attuale re di Francia). La verità o falsità non è delle esperienze sensibili (tutte; anche quelle oniriche ed allucinatorie) in sé, bensì nei (ovvero nelle esperienze sensibili interiori o mentali dei) giudizi o predicati circa di esse. Il predicato che ciò che ho di fronte è uno sbuffo di fumo mentre in realtà è una nuvola a forma di sbuffo di fumo (o che il celeberrimo bastone parzialmente immerso in acqua é angolato) è falso, come quello che ci sono insetti sulla mia pelle se sono un alcoolista in preda al delirium tremens. Ma il predicato che c’ è una serie di sensazioni costituente qualcosa di bianco dalla forma di sbuffo di fumo (o qualcosa di simile a un bastone angolato) è vero, come lo è (di fatto lo sarebbe) quello dell’ alcoolista che dice (dicesse) che c’ è nell' ambito della sua esperienza cosciente una serie di sensazioni costituente delle immagini -o forme e relativi colori- di insetti sulla sua pelle (o come quella di chi, avendo sognato di andare a Parigi dicesse non "sono andato a Parigi" -che sarebbe falso- bensì "Ho sognato di andare a Parigi". Maral: Inoltre nell'ambito degli stessi enti che consideriamo reali è necessario fare delle differenziazioni: certamente la persona che occupa la carica di regina d'Inghilterra sarà reale, ma la carica che riveste non è certo reale come lei o come questa sedia su cui mi siedo, è una realtà convenzionalmente attribuita e imposta, dunque di tipo concettuale. Tra queste realtà convenzionali concettuali vi è ad esempio quella del denaro, il significato di valore del denaro non ha corrispondenza con alcun oggetto fisico reale, probabilmente anche meno dell'Amleto, è un ente del tutto astratto e convenzionale, eppure sappiamo bene quali spaventosi effetti concreti produca a ogni livello, proprio in virtù della sua astratta concettualità convenzionale. Il problema è che a rifletterci sopra mi pare che la questione della realtà (che, ripeto pur tuttavia è e proprio perché si rappresenta non è rappresentazione) sia enormemente complessa e complicata e sfugga a ogni semplicismo riduzionistico per cui le cose reali stanno da una parte ben definibile e distinta da quelle che non lo sono. Sgiombo: I concetti astratti costituiscono nozioni di qualcosa che è comune a più oggetti concreti. Posto che anche i predicati o giudizi su di essi, come quelli sugli oggetti concreti, possono essere veri oppure falsi, tale “qualcosa di comune” è reale pur non essendo un’ oggetto (concreto) bensì una caratteristica di (astraibile da) più oggetti concreti e non esistente se non in quanto tale, dunque se non esiste almeno uno di tali oggetti concreti che la presenti. Quindi per esempio l’ arte può essere reale (come concetto astratto), poiché vi sono cose come la cupola del Brunelleschi o la Salomè del Lotto o la Toccata e fuga di Bach, ecc., mentre L’ “arte di Andy Wahrol” non è reale (secondo ciò che intendo come arte; ma in compenso esistono purtroppo realmente parecchie “orrende porcherie di Andy Wahrol”). Maral: Ma, ad esempio le correlazioni tra gli enti matematici e questi stessi enti sono sì astrazioni generali poste dal pensiero concettuale, ma pur tuttavia sono collegati alla realtà, la esprimono, la rappresentano, anche le più astruse. Certo, potremmo dire che nel momento in cui questo collegamento appare in modo non contraddittorio (vedi ad esempio le geometrie non euclidee che a mezzo della teoria della relatività danno ragione dei fenomeni relativistici) possiamo dirle reali in senso effettuale. Eppure per potersi esprimere in questi termini occorre comunque un'analisi concettuale che ci permette di vedere come possibile e quindi di ritrovare una realtà fenomenica che fino a quel momento non poteva apparire. E allora cos'è che viene prima: la legge concettuale matematica o scientifica che apre lo scenario fenomenico a nuove visioni o questa realtà fenomenica? Come possiamo dare una risposta univoca a questa domanda? Sgiombo: Ribadisco quanto appena sostenuto: ogni concetto astratto è “collegato” alla realtà concreta (se il predicarlo reale è vero; non quindi l’ attuale monarchia francese) dal resto della quale è distinto appunto attraverso il processo di astrazione. L' intrinseca coerenza delle astrazioni (per esempio matematiche) é una conditio sine qua non della loro (eventuale) verità; é condizione necessaria ma non sufficiente. Occorre anche che siano corrispondenti alla realtà. Per esempio una circonferenza é un concetto perfettamente coerente ma non esiste alcuna orbita di pianeta circolare. Prima penso che venga sempre l’ osservazione della realtà concreta, anche se astrazioni matematiche (che non sono puramente “passive” ma possono essere creativamente “confezionate" mettendo in relazione varie astrazioni semplici dirette o “passive”; allo stesso modo in cui la fantasia consente di comporre il ricordo di un uomo e quello di un cavallo nell’ immaginazione di un centauro) possono di fatto essere formulate prima che se ne trovi una corrispondenza concreta o magari anche senza che mai se ne trovi (non credo esista alcun oggetto bidimensionale della forma di un poligono regolare di 27 lati, né tridimensionale della forma di un icosaedro; salvo ovviamente modelli artificiali di icosaedro appositamente confezionati al solo scopo di illustrare il concetto matematico). Ultima modifica di sgiombo : 10-09-2014 alle ore 07.40.28. |
09-09-2014, 22.44.28 | #35 | ||
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Prendiamo gli esempi che hai fatto. L'attuale re di Francia è un ente falso dici per una ragione concettuale e non allucinatoria data la premessa che la monarchia attualmente non c'è in Francia. Questo non toglie però che qualcuno potrebbe pensarsi proprio l'attuale re di Francia e vivere questa sua personale allucinazione con tutte le conseguenze che ne derivano. Le allucinazioni poi possono benissimo essere non individuali, ma collettive, il risultato di fedi (interpretazioni) condivise o persino il risultato di leggi fisiche che solo poi ce le spiegano come allucinazioni o miraggi. E soprattutto non basta che un'esperienza sia condivisa per risultare vera, è un dato fenomenologico incontrovertibile a tutti, in base a quello che vediamo ogni giorno che il sole sorge alla mattina all'orizzonte, descrive nel cielo un arco circolare e sparisce alla sera sotto l'orizzonte, ma è vero? Corrisponde alla realtà per come noi oggi la sentiamo? Tornando all'istituzione monarchica o repubblicana abbiamo detto (e spero tu concorda) che queste sono realtà convenzionali (anche se un tempo, almeno per quanto riguarda la monarchia probabilmente non era così): cosa significa realtà convenzionale? Significa che noi attribuiamo un significato che di per sé non si dà (oggi pensiamo che non esistano "re" in natura né "presidenti della repubblica", siamo noi che diamo significato arbitrario a queste cariche e poiché in Francia c'è un presidente non può esserci un re se no contraddiremmo la convenzione definitoria che abbiamo voluto dare, non la realtà oggettiva in sé, esattamente come è frutto di una convenzione voluta che un pezzo di carta con qualche segno sopra abbia un valore qualsiasi che va ben oltre la fenomenologia effettiva di quel pezzo di carta) Sulla realtà di un'opera d'arte ci sarebbe un mare di cose da scrivere: l'opera d'arte non nasconde di essere rappresentazione, ma è proprio in questo suo rappresentare allusivo e di per sé falso che mostra ci presenta veramente la realtà, che non è certo quello solo convenzionale d'uso di una banconota. Infine l'astrazione concettuale, tu dici giustamente e posso essere d'accordo che: Citazione:
In conclusione la realtà è costituita dal combinarsi complesso di tante caratteristiche (il darsi immediato ed evidente del suo apparire, la condivisibilità intersoggettiva, la coerenza logica ed esperenziale anche a livello emotivo e culturale, il produrre effetti tangibili o rappresentativi e via dicendo), ma nessuna di queste caratteristiche presa da sola può definirla (nemmeno la funzionalità tecnico pragmetica, oggi così tanto di moda nel pensiero contemporaneo), tutte queste caratteristiche devono combinarsi insieme perché da esse scaturiscano dei significati che sentiamo veri (si fanno sentire veri al soggetto) e allora questi significati sono rappresentazioni riuscite per quanto sempre dubitabili (poiché solo di rappresentazioni comunque si tratta). Ma d'altro canto proprio in quanto rappresentazioni esse riferiscono a un reale rappresentato e non a se stesse, in esse il reale davvero si mostra e si riconosce proprio per quello che è, continuamente alluso dal loro rapportarsi e intrecciarsi all'infinito: una totalità di rappresentazioni correlate che non si esaurisce mai e la follia è solo di chi vuole che una sola rappresentazione possa significare tutto, qualunque essa sia, che una rappresentazione valga come totalità reale. Reale è l'infinito gioco di infinite rappresentazioni che continuamente si richiamano, si implicano, si mediano, si svelano mentre si nascondono l'un l'altra e solo per questo appaiono e dunque la realtà si mostra e appare. |
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10-09-2014, 08.09.23 | #36 | |
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Il termine "rappresentazione", di schopenaueriana memoria, può trarre in inganno. Ed infatti, giustamente, ci si può chiedere "rappresentazione di cosa"? In realtà, quello che noi sperimentiamo direttamente, sono solo...come dire..."immagini mentali"; usando tale formula in senso lato, cioè come di eventi che si verificano, quantomeno in prima battuta, solo nella nostra mente, sotto forma cosiddetta percezione auditiva, visiva olfattiva ecc. Che essi siano "rappresentazione" di qualcosa d'altro, derivanti da percezione di oggetti esterni ecc., è solo frutto di una inferenza (della cui legittimità si può dubitare o meno), non di una sperimentazione diretta. |
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10-09-2014, 09.00.46 | #37 | |
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10-09-2014, 13.08.57 | #38 |
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Sgiombo:
Continuo a discutere alcune tue affermaizoni perché l' argomento mi sembra interessante; ti prego di scusare una certa pignoleria secondo me meramente apparente (la ritengo non ontologicamente ma solo concettualmente reale...) dovuta in realtà alla necessità di essere quanto più chiari e precisi nei concetti che usiamo per poterci intendere. Maral: E' proprio in questo senso che affermo che a modo suo ontologicamente tutto è reale sia pure ogni cosa in modo diverso in quanto subentra un giudizio che classifica questo reale come vero o falso sulla base dei predicati che gli vengono attribuiti Prendiamo gli esempi che hai fatto. L'attuale re di Francia è un ente falso dici per una ragione concettuale e non allucinatoria data la premessa che la monarchia attualmente non c'è in Francia. Questo non toglie però che qualcuno potrebbe pensarsi proprio l'attuale re di Francia e vivere questa sua personale allucinazione con tutte le conseguenze che ne derivano. Sgiombo: Non concordo con l' avverbio "ontologicamente", che limiterei a ciò che é reale non solo concettualmente (l' attuale regina d' Inghilterra, ma anche le allucinazioni in quanto tali se accadono, e non l' attuale re di Francia, e nemmeno un' allucinazione ipotetica, che un pazzo avrebbe potuto avere, come ne ha avute in certe altre occasioni, ma nella fattispecie non ha avuto; eppure se ne può parlare). Vero o falso é il giudizio (o predicato) circa le entità (ontologiche o concettuali), non le entità stesse (per esempio non é falso "l' attuale re di Francia", che é un' mero concetto, un' entità unicamente concettuale, bensì l' affermazione "l'attuale re di Francia é un ente ontologicamente reale"; "l' attuale re di francia é un ente concettualmente reale" é invece una proposizione vera). Se uno crede di essere il re di Francia non ha un' allucinazione (delle sensazioni reali ma non intersoggettivamente verificabili, poste certe premesse indimostrabili; come quelle di un sogno); invece ha una credenza falsa (proprio perché, come noti anche tu più avanti, la carica di monarca non é un oggetto concreto costituito da sensazioni fenomeniche ma un costrutto convenzionale: se ne può parlare, ma non la si vede o percepisce con altre modalità sensoriali). Maral: non basta che un'esperienza sia condivisa per risultare vera, è un dato fenomenologico incontrovertibile a tutti, in base a quello che vediamo ogni giorno che il sole sorge alla mattina all'orizzonte, descrive nel cielo un arco circolare e sparisce alla sera sotto l'orizzonte, ma è vero? Corrisponde alla realtà per come noi oggi la sentiamo? Sgiombo: Il dato fenomenologico (alba, decorso della giornata e tramonto) é incontrovertibile: c'è "e basta" (é un fatto, se e quando c'é); i giudizi o predicati su di esso possono essere veri (la terra ruota intono al suo asse) o falsi (il sole ruota intorno alla terra). Maral: oggi pensiamo che non esistano "re" in natura né "presidenti della repubblica", siamo noi che diamo significato arbitrario a queste cariche e poiché in Francia c'è un presidente non può esserci un re se no contraddiremmo la convenzione definitoria che abbiamo voluto dare, non la realtà oggettiva in sé, esattamente come è frutto di una convenzione voluta che un pezzo di carta con qualche segno sopra abbia un valore qualsiasi che va ben oltre la fenomenologia effettiva di quel pezzo di carta Sgiombo: Ma i concetti, che vengono definiti arbitrariamente assegnando loro determinate connotazioni, possono avere anche denotazioni reali o meno. L' "attuale re di Francia" non é "l' attuale presidente della Repubblica Francese" perché sarebbe contraddittorio affermarlo, ma "l' attuale presidente della Repubblica Francese" é un concetto che denota (anche, oltre ad avere una determinata connotazione) una persona reale (ontologicamente, non solo concettualmente: se se ne predica l' esistenza reale si dice il vero), mentre "l' attuale re di Francia" é un concetto con una certa connotazione ma che non denota nulla di ontologicamente reale (se se ne predica l' esistenza reale si predica il falso). I concetti sono convenzionali, ma non così la realtà. Maral: Ma nulla toglie che sia possibile il contrario, ossia ad esempio che il numero 3 preceda l'esperienza di una triplicità esperenziale e sia proprio il suo concetto astratto a renderla possibile. La struttura icosaedrica ad esempio esiste in natura a livello esperenziale http://it.wikipedia.org/wiki/Fullereni, ma non è che l'idea di icosaedro sia nata dall'osservazioni di oggetti più o meno icosaedrici da cui è stato astratta una forma geometrica comune, ma esattamente il contrario: è stata l'idea di una forma astratta icosaedrica che ha permesso di identificare come più o meno icosaedriche le strutture di queste molecole, il concetto geometrico ha preceduto l'esperienza rendendola possibile. E questo è successo innumerevoli volte. Sgiombo: Quello dell' icosaedro era un esempio un po' a casaccio (comunque poligoni regolari di 17 o 49 o 74 lati non credo se ne conoscano in natura). I concetti geometrici (e matematici; per esempio qualsiasi numero tale che, pur conoscendolo, non sia ancora stato esperito un gruppo di oggetti che lo esemplifichi) derivano comunque da modificazioni o "assemblaggi" o "associazioni o sottrazioni di idee" (operati attraverso la fantasia) di concetti astratti derivati da sensazioni concrete (non sono nozioni a priori), anche se é possibile (ma non necessario! Quando accade é casuale che accada) che prima si operi qualcuna di queste "modificazioni o assemblaggi creativi" e dopo si riconosca qualche oggetto concreto che vi corrisponda. Maral: In conclusione la realtà (...) tutte queste caratteristiche devono combinarsi insieme perché da esse scaturiscano dei significati che sentiamo veri (si fanno sentire veri al soggetto) e allora questi significati sono rappresentazioni riuscite per quanto sempre dubitabili (poiché solo di rappresentazioni comunque si tratta). Ma d'altro canto proprio in quanto rappresentazioni esse riferiscono a un reale rappresentato e non a se stesse, in esse il reale davvero si mostra e si riconosce proprio per quello che è, continuamente alluso dal loro rapportarsi e intrecciarsi all'infinito: una totalità di rappresentazioni correlate che non si esaurisce mai e la follia è solo di chi vuole che una sola rappresentazione possa significare tutto, qualunque essa sia, che una rappresentazione valga come totalità reale. Reale è l'infinito gioco di infinite rappresentazioni che continuamente si richiamano, si implicano, si mediano, si svelano mentre si nascondono l'un l'altra e solo per questo appaiono e dunque la realtà si mostra e appare. Sgiombo: Tutto ciò che é constatabile é percezione fenomenica (é questo che intendi per "rappresentazione"?). Ma non necessariamente rappresentazione di qualcos' altro di reale in sé o noumenico (che questo "qualcos' altro esista e corrisponda -é questo che intendi dicendo che si mostra nelle rappresentazioni?- ai fenomeni personalmente lo credo, ma credo che non sia dimostrabile). Non ho capito in che senso le rappresentazioni (i fenomeni?) continuamente si richiamano, si implicano, si mediano, si svelano mentre si nascondono l'un l'altro (c' é un' apparente -per lo meno- contraddizione in tutto ciò). Ultima modifica di sgiombo : 10-09-2014 alle ore 18.27.42. |
10-09-2014, 22.27.33 | #39 | |||
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Riferimento: Rappresentazione e verità ontologica
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Accetto comunque questa tua posizione e mi soffermo solo su alcuni aspetti di quanto hai detto tentando poi di rispondere alla domanda che mi rivolgi. Parto dicendo che sono d'accordo sul fatto che il giudizio di verità è giudizio sulla contraddittorietà o meno degli attributi di un ente, contraddittorietà che si rileva come relazione a un sistema che ne propone l'esistenza. L'espressione l'attuale re di Francia designa un ente che è in contraddizione con questi attributi nel contesto socio politico in cui l'espressione attuale re di Francia ha comunque reale significato tanto da rivelarne l'incongruenza semantica dei 2 attributi (attuale e re di Francia), mentre può risultare vera in rapporto al sentirsi davvero di Tizio attuale re di Francia, anche se il giudizio sociale lo può ritenere folle. Il sole a cui si attribuisce le qualità di essere un astro che ruota attorno alla terra è un'espressione attributiva che può essere vera o falsa a seconda se si prende a riferimento il contesto di conoscenze e osservazioni scientifiche che modificano il nostro campo osservativo, oppure la diretta esperienza fenomenologica che ogni giorno abbiamo del sole e così via (ma è poi lo stesso sole di cui parliamo?). Il colore verde che non è di colore verde è una contraddizione logica che si riferisce a un attributo (l'essere verde) e nega l'identità con se stesso dell'ente che lo possiede, quindi ne abolisce il significato, pur tuttavia può avere una sua esigenza significante che merita comunque di essere compresa per la sua stessa evidente insignificanza. Vero o falso dunque a mio avviso è un giudizio in ogni caso su quanto si predica di un ente alla luce di una particolare coerenza che costituisce lo sfondo più o meno consapevole di apparizione e definizione dell'ente stesso. Vero e falso sono quindi attributi assegnati al complesso degli attributi che manifestano e significano la realtà dell'ente rappresntandolo. Citazione:
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11-09-2014, 21.46.11 | #40 |
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PRIMA PRTE
Maral: Come ho già detto apprezzo la tua analisi e in una certa misura la condivido. Dal mio punto di vista, al di là delle definizioni, essa attesta che stiamo parlando comunque di cose reali (realtà percettive, oniriche, allucinatorie, convenzionali, assurde, ma reali), reali proprio in quanto in qualche modo definibili e quindi significanti, mentre da quello che intendo del tuo punto di vista "reale" è per te un attributo che si applica solo in corrispondenza di alcuni particolari modi di significare degli enti. Sgiombo: E’ vero. Per me non c’ è nessun reale attuale re di Francia (denotato dal concetto “attuale re di Francia”), ma al massimo ci può essere (realmente), se e quando qualcuno lo pensa, lo prende in considerazione (magari per predicarne falsamente la realtà o veracemente l’ irrealtà) qualcosa di ben diverso (come un calcio nel sedere immaginato differisce da un calcio nel sedere realmente ricevuto), e cioé il concetto di “attuale re di Francia” non denotante alcunché (di reale). Ma che significa che “gli enti” hanno “alcuni particolari modi di significare”? Io capisco che significano qualcosa solo alcuni particolarissimi enti (concettuali, di pensiero), e cioè le parole, i discorsi, non tutti gli enti, non gli enti in generale. Maral: Accetto comunque questa tua posizione e mi soffermo solo su alcuni aspetti di quanto hai detto tentando poi di rispondere alla domanda che mi rivolgi. Parto dicendo che sono d'accordo sul fatto che il giudizio di verità è giudizio sulla contraddittorietà o meno degli attributi di un ente, contraddittorietà che si rileva come relazione a un sistema che ne propone l'esistenza. L'espressione l'attuale re di Francia designa un ente che è in contraddizione con questi attributi nel contesto socio politico in cui l'espressione attuale re di Francia ha comunque reale significato tanto da rivelarne l'incongruenza semantica dei 2 attributi (attuale e re di Francia), mentre può risultare vera in rapporto al sentirsi davvero di Tizio attuale re di Francia, anche se il giudizio sociale lo può ritenere folle. Il sole a cui si attribuisce le qualità di essere un astro che ruota attorno alla terra è un'espressione attributiva che può essere vera o falsa a seconda se si prende a riferimento il contesto di conoscenze e osservazioni scientifiche che modificano il nostro campo osservativo, oppure la diretta esperienza fenomenologica che ogni giorno abbiamo del sole e così via (ma è poi lo stesso sole di cui parliamo?). Il colore verde che non è di colore verde è una contraddizione logica che si riferisce a un attributo (l'essere verde) e nega l'identità con se stesso dell'ente che lo possiede, quindi ne abolisce il significato, pur tuttavia può avere una sua esigenza significante che merita comunque di essere compresa per la sua stessa evidente insignificanza. Vero o falso dunque a mio avviso è un giudizio in ogni caso su quanto si predica di un ente alla luce di una particolare coerenza che costituisce lo sfondo più o meno consapevole di apparizione e definizione dell'ente stesso. Vero e falso sono quindi attributi assegnati al complesso degli attributi che manifestano e significano la realtà dell'ente rappresentandolo. Sgiombo: Trovo per lo meno (ma invero non solo) una certa ambiguità nelle tue parole. Per me coerenza o contraddizione sono caratteristiche dei pensieri, discorsi, predicati, non delle cose. Infatti etimologicamente, letteralmente “contraddizione” significa “dicitura, affermazione di qualcosa e del contrario di tale qualcosa”. Affermare che falso é un discorso “contraddittorio con la realtà dei fatti esistenti” mi sembra ambiguo, in quanto un (preteso) discorso o un (preteso) concetto contraddittorio è un (preteso) discorso o un (preteso) concetto che implica qualcosa e il suo contrario indipendentemente dalla realtà dei fatti, come il (preteso) concetto di colore verde che non è di colore verde, che infatti (concordo) non ha senso, non significa nulla, non è un vero concetto ma in realtà un mero flatus vocis (se detto) o una serie di scarabocchi (se scritto). Mi sembra più chiaro e inequivoco dire che falso è un discorso che dice della realtà dei fatti (che non parlano, contrariamente al discorso stesso) qualcosa che non è proprio della (non accade alla, non caratterizza la) realtà dei fatti. Comunque l'incongruenza non è semantica, sussistente fra i due attributi “attuale” e “re di Francia” (predicati l’ uno dell’ altro non costituiscono un’ affermazione autocontraddittoria, al contrario di “verde che non è verde”: tant’ è vero che se ne comprende benissimo il significato, e infatti si può ben dirne che é falsa), bensì sussiste fra il predicare l’ uno di essi dell’ altro (l’ attualità del re di Francia, ovvero l’ esistenza del re di Francia del mondo attuale) e la realtà fattuale. Maral: Forse qui non mi trovo molto d'accordo. Nel caso della matematica e della geometria non parlerei di prodotti immaginativi, la matematica e la geometria non trattano di chimere, ippogrifi o centauri, ma piuttosto di inferenze logiche da presupposti postulati ma non insignificanti. Ora non possiamo dire da cosa scaturiscano veramente queste inferenze logiche anche se possiamo tentare di darcene una ragione (ad esempio l'esperienza sensibile), ma non c'è ragione per negare che tali enti siano autofondati e siano proprio essi a consentire di riconoscere un icosaedro o un poligono regolare di 49 lati che appare o forse apparirà in modo sensibile esattamente come i numeri immaginari(che anche se si chiamano così non hanno nulla a che vedere con l'immaginazione come comunemente intesa), nati da un'esigenza di calcolo delle radici quadrate di numeri negativi, che sono poi risultati fondamentali per la descrizione della realtà (rappresentazione) quantistica, ossia di quello che il pensiero scientifico considera il fondamento primo del reale. Senza numeri immaginari che ne sarebbe del mondo quantistico? e non ha senso affermare che tutto questo avviene per caso poiché ciò significa solo che non sappiamo perché avviene. Il caso (che è anch'esso reale in modo astratto tanto che ha le sue rigorosissime leggi matematiche) manifesta solo la nostra incapacità culturale di comprendere e spiegare le cose. Poi ovviamente si può pensare ciò che si vuole, non voglio sostenere che esiste per forza un mondo di entità metafisiche o geometriche (numeri, icosaedri o altro che siano) ma che questo mondo non può essere negato sulla base di un empirismo che è ancora un'impostazione astratta e riduttiva di pensiero. Proprio come quello che vedo annuso e tocco deve presupporre qualcosa che si fa vedere, annusare e toccare, allo stesso modo i prodotti del puro pensiero devono presupporre qualcosa che si fa pensare e facendosi pensare richiama rappresentazioni ad esso collegate che possono essere viste, annusate, toccate. Sgiombo: Ma la matematica e la geometria traggono le loro inferenze logiche da definizioni e postulati che sono libere creazioni di fantasia (di fatto derivati dall’ astrazione di concetti generali da oggetti sensibili particolari concreti, ma anche dalla libera messa in relazione (associazione, distinzione, “combinazione”, “rapportazione creativa”) di essi operata dalla fantasia, arbitrariamente (salvo i limiti ovviamente ineludibili della coerenza logica e quindi della significanza effettiva dei concetti e predicati che li costituiscono). Il fatto che la matematica pura possa in questo modo di fatto anticipare eventuali sue applicazioni alla conoscenza scientifica della realtà fisica non lo trovo affatto sorprendente, problematico, men che meno sconvolgente (contariamente a certi scienziati fisici in vena di filosofare); per me è qualcosa di casuale, ovvero accidentale, nel senso che può capitare o meno senza che esista una regola o legge logica, epistemologica o del divenire della realtà concreta (ovvero fisica) che stabilisca se e quando debba accadere. Sono un “nominalista degli universali” e ritengo che non esista realmente (ontologicamente, ma casomai solo concettualmente) alcun “mondo di entità metafisiche o geometriche” o altri concetti e idee astratte, le quali “cose” sono reali unicamente come concetti, “oggetti di pensiero” se e quando vengono pensati. Essendo astratti sono anche caratteristiche di oggetti reali comuni a più oggetti reali particolari concreti; per esempio i numeri naturali lo sono dei gruppi di oggetti costituiti dai vari “esemplari” degli oggetti stessi che li costituiscono (“quattro” lo è di quattro mele, di quatto pere, di quattro sigari toscani, ecc.) ma non oggetti reali (se non -al solito- in quanto meri contenuti di pensiero: reali solo concettualmente). |