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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 21-04-2015, 22.23.50   #101
maral
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Riferimento: Nietzsche, l'oltreuomo, la volontà di potenza e la Germania nazista

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Socrate. Sono d' accordo con Maral che il personaggio rimane enigmatico. Ma quell' IO SO DI NON SAPERE, non solo probabilmente era comunque una menzogna, non solo gli serviva per incatenare gli aristocratici alla sua dialettica dirompente, ma, a mio avviso, lui sentiva veramente di non sapere.

Basti pensare al dialogo Eutifrone, dove si prende gioco magistralmente del malcapitato che voleva denunciare suo padre ritenendo la cosa giusta, santa e cara agli dei, ma di cui poi non riuscirà a dimostrarne logicamente il perché. Ma Socrate stesso è convinto che non vi sono argomentazioni valide a sostegno di tali presunzioni. Lui sa che non esiste sapere su queste argomentazioni ma soltanto preconcetti non dimostrabili.

E questo verrà ampliato da Nietzsche sostenendo appunto che il sentire aristocratico è veritiero e basta. Non ci sono dimostrazioni né prima di Socrate si dava importanza alle dimostrazioni.

Ma in fin dei conti, a mio avviso, se l' aristocrazia si dispone a difendere le proprie scelte è proprio perché Socrate ha visto giusto. Tutto è in decadenza. E anche se per Nietzsche in modo errato, si decide di ancorarsi alla ragione piuttosto che lasciar liberi gli istinti ormai in lotta tra di loro.

Penso che sia meglio che mi fermi qui. Nel prossimo intervento risponderò a Maral che ringrazio sempre per i suoi stimolanti interventi, ma con cui mi scuso perché ho speso molto spazio per la risposta Paul11 che come newentry meritava un' argomentazione un po' particolare.
Mi viene in mente a margine una considerazione su Socrate. Il Socrate a cui Nietzsche si riferisce è Socrate raccontato da Platone, è tutto sommato un personaggio platonico, dei dialoghi scritti da Platone. E Platone era un aristocratico. Verrebbe allora da chiedersi effettivamente se Socrate sia davvero stato colui che corrompe il modo di sentire aristocratico o non sia piuttosto il modo di sentire di un aristocratico Platone che, a fronte della decadenza di Atene uscita sconfitta dalla guerra del Peloponneso, tenta di usare la figura di Socrate come disperato rimedio al fallimento della volontà di potenza ateniese e si aggrappa a una razionalità che possa sovrastare la volontà del più forte per dar luogo a una volontà più subdola ma ben più efficacie.
E' allora questo Platone aristocratico che scrive Socrate l'esatto contrario di Nietzsche che, di famiglia piccolo borghese, sente così potente il richiamo alla forza aristocratica da inventarsi una nobile ascendenza polacca in un secolo in cui l'ideale illuministico era ormai da tempo stato piegato alla sempre più forte volontà di potenza degli imperi europei la cui tragica conseguenza sarebbe stata la prima guerra mondiale che segnò la fine di un'epoca, di un mondo.
Benché certamente le figure del Socrate-Platonico e dello Zarathustra-Nicciano travalichino il senso storico da cui traggono origine, non è detto che proprio da questo senso storico si possano trarre indizi sul significato della filosofia dei rispettivi autori in così chiara opposizione.

Citazione:
X Maral. Ciò che ancora non mi è chiaro è se Severino pone alternative alla filosofia di Nietzsche. Se cioè esiste per Severino un modo per uscire dal nichilismo.
Certamente sì. Per Severino l'essenza del nichilismo (http://www.scienzaefilosofia.it/res/...ECSEVERINO.pdf) sta nella fede nel divenire che è all'origine del pensiero dell'Occidente per il quale ogni ente finisce prima o poi con l'essere niente in radicale contraddizione con se stesso. Per cui uscire dal nichilismo significa per Severino riconoscere l'assurdità di volere (come vuole l'intera storia del pensiero occidentale) che l'ente, nella sua concreta specificità di essente, sia niente, ossia di volere come possibile l'assolutamente impossibile.
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Vecchio 20-05-2015, 20.25.23   #102
Garbino
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Riferimento: Nietzsche, l'oltreuomo, la volontà di potenza e la Germania nazista

Nietzsche, l' oltreuomo etc....

Non posso che essere alquanto soddisfatto del seguito che questa discussione continua ad avere, e che, se non erro, è in crescita. Continuo a non capire l' assenza di chi l' ha iniziata, ma spesso le cose stanno in un modo così semplice che non ci si pensa.

In attesa comunque di qualche intervento sull' argomento della conoscenza, mi permetto di aprire una parentesi per ampliare il discorso di Maral sul rapporto che sussiste tra Platone e Socrate, con il terzo incomodo e cioè Nietzsche.

Alcune pagine indietro, per ovviare a delle invettive su Nietzsche basate su poche frasi estrapolate qui e là senza avere una qualsiasi idea del tutto, riportai il Capitolo de IL Crepuscolo degli Idoli su Socrate. E lo riportai senza quasi un commento, proprio perché volevo che fosse il filosofo, o meglio, quello che io leggevo nel Capitolo Il Caso Socrate che parlasse da sé.

Sinceramente ho già affrontato questo argomento più volte, ma mi sembra giusto riprenderlo con un intento di dare allo stesso una corposità che non possa destare dubbi su quale sia il mio pensiero al riguardo.

Maral ha pienamente ragione nell' affermare che Socrate è un personaggio dei dialoghi di Platone e non sapremo mai se ciò che Platone gli ha fatto dire corrisponde a ciò che è accaduto. Socrate purtroppo non ha scritto niente ritenendo che la filosofia dovesse essere un corpo vivo nella società e non pagine scritte che non permettano un approccio dialettico. Ciò non toglie che lo spessore di Socrate come filosofo dovesse essere immenso, dato l' ispirazione che ha sollevato nel divino Platone. Non dimentichiamo infatti che fu il suo maestro.

La mia opinione personale è che, a parte pochissimi dialoghi, naturalmente i primi, Platone abbia sempre più modificato i dubbi e i se e le teorie di Socrate in certezze, facendogliele esprimere come certezze. E naturalmente molto altro è sicuramente di Platone e non di Socrate. D' altronde una certezza in chi ha come motto: IO SO DI NON SAPERE, sarebbe stato un controsenso che non sarebbe sfuggito alle menti dell' epoca.

Ma nei dialoghi tutto era possibile. E questo perché tutti avrebbero capito al volo ciò che era di Socrate o dello stesso Platone. L' abilità di Platone può avere confuso diversi pensatori del periodo ma non certo la loro totalità. Ma anche chi avesse intuito, avrebbe dato per scontato che anche gli altri lo avrebbero fatto e perciò mi sembra logico che non avrebbero dato alla cosa l' importanza che avrebbe avuto per il futuro, e cioè per chi come noi, a distanza di più di duemila anni, ancora non può avere un' idea definitiva di come siano andate le cose.

Per quanto riguarda invece l' argomento della decadenza dell' aristocrazia greca, o di Atene nel particolare, io penso che le cose stiano a metà strada tra quello che ha espresso Nietzsche e l' ipotesi di Maral del suo ultimo intervento.

La colpa cioè non fu né di Socrate né di Platone. La decadenza dell' aristocrazia era in atto e si decise di essere razionali fino all' esasperazione, piuttosto che arrendersi al bailamme degli istinti che l' aveva provocata. Nietzsche ha ragione soprattutto sul fatto che un qualcosa in decadenza non può salvarsi negando l' evidenza, rifugiandosi cioè nelle spire della ragione che è soltanto una delle parti del corpo. Gli istinti continuano a premere disordinatamente e prima o poi si collassa, come appunto è accaduto a tutta la civiltà Greca.

Per quanto riguarda Nietzsche, vorrei mettere in evidenza che lui non ha mai parlato di discendenza aristocratica, ma soltanto di sangue polacco. Non bisogna dimenticare infatti che nel periodo i Polacchi erano ritenuti tra i popoli più aristocratici. Mentre i Tedeschi erano sempre e ancora i barbari per eccellenza. E' un modo per dire, anche se di natalità tedesca: IO NON SONO e NON MI SENTO TEDESCO. IN ME SCORRE SOLTANTO PURO SANGUE POLACCO.

Ciò in fondo conferma il suo sempre enorme e crescente livore nei confronti del popolo che più lo faceva rabbrividire e che più lo aveva lasciato solo e a sé stesso.

Grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 24-07-2015, 18.19.39   #103
Garbino
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Riferimento: Nietzsche, l'oltreuomo, la volontà di potenza e la Germania nazista

Nietzsche, l' oltreuomo etc...

Scusate il ritardo ma ho cercato di interiorizzare L' Essenza Del Nichilismo segnalatami da MARAL, che ringrazio vivamente, e spero di essere pronto ad avanzare alcune riflessioni che il testo mi ha suscitato.

Una cosa comunque è certa, e cioè che la filosofia di Nietzsche e di Severino mai come adesso mi appaiono in netto contrasto. Nietzsche afferma che l' essere è un contenitore vuoto mentre Severino che abbiamo smarrito la sua dimora.

Naturalmente io penso che Nietzsche abbia ragione e Severino torto, ma dimostrarlo è tutta un' altra cosa.

Una cosa è certa, e cioè che Severino affermando che abbiamo smarrito la sua dimora dichiara apertamente che l' essere è e non può essere messo in dubbio. Cosa su cui io personalmente sarei molto più cauto. E che l' errore fondamentale della filosofia occidentale è stato quello di identificare l' essere con l' ente, che è stato l' errore che ha aperto la strada al nulla e al Nichilismo.

Sul fatto che l' interpretazione della frase Parmenidea: Ciò che è è e ciò che non è non è, sia la causa dell' ammissione del Nulla come logos, a mio avviso, non ci sono dubbi.

Soltanto io dico che è la contraddizione stessa tra essere e non essere a creare questo presupposto. Specialmente quando la si fa rientrare nella logica quando logica non è.

Nel momento in cui affermiamo che ciò che è è, noi non sveliamo niente dell' essere, se non che supponiamo che l' essere è qualcosa che sia, ma la sua specificità ci sfugge.

Mentre a livello logico non possiamo mai affermare che ciò che non è non è, perché significa dire che il non è è qualcosa che può esistere.
E può esistere nel logos identificato con il termine Nulla.

Credere nell' Essere è in fondo un atto di fede. E la maestria delle religioni e dello stesso Platone è stata quella di trasferirla in un mondo altro, Nulla divenuto logos, Iperuranio, Paradiso, Nirvana etc, ed è l' asservimento del genere umano a questa maestria che ha creato i presupposti per il Nichilismo. ( Nietzsche, Genealogia della Morale, III saggio, Che significato hanno gli ideali ascetici.)

Sinceramente ritengo che ciò che è diviene, e non ho dubbi che su questo argomento ci sia molto da discutere.

Concludo qui e a presto. Grazie per l' attenzione, per altro sempre più in crescita.

Garbino Vento di Tempesta
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Vecchio 27-07-2015, 13.51.21   #104
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Nietzsche, l' oltreuomo etc...

Scusate il ritardo ma ho cercato di interiorizzare L' Essenza Del Nichilismo segnalatami da MARAL, che ringrazio vivamente, e spero di essere pronto ad avanzare alcune riflessioni che il testo mi ha suscitato.

Una cosa comunque è certa, e cioè che la filosofia di Nietzsche e di Severino mai come adesso mi appaiono in netto contrasto. Nietzsche afferma che l' essere è un contenitore vuoto mentre Severino che abbiamo smarrito la sua dimora.

Naturalmente io penso che Nietzsche abbia ragione e Severino torto, ma dimostrarlo è tutta un' altra cosa.

Una cosa è certa, e cioè che Severino affermando che abbiamo smarrito la sua dimora dichiara apertamente che l' essere è e non può essere messo in dubbio. Cosa su cui io personalmente sarei molto più cauto. E che l' errore fondamentale della filosofia occidentale è stato quello di identificare l' essere con l' ente, che è stato l' errore che ha aperto la strada al nulla e al Nichilismo.

Sul fatto che l' interpretazione della frase Parmenidea: Ciò che è è e ciò che non è non è, sia la causa dell' ammissione del Nulla come logos, a mio avviso, non ci sono dubbi.

Soltanto io dico che è la contraddizione stessa tra essere e non essere a creare questo presupposto. Specialmente quando la si fa rientrare nella logica quando logica non è.

Nel momento in cui affermiamo che ciò che è è, noi non sveliamo niente dell' essere, se non che supponiamo che l' essere è qualcosa che sia, ma la sua specificità ci sfugge.

Mentre a livello logico non possiamo mai affermare che ciò che non è non è, perché significa dire che il non è è qualcosa che può esistere.
E può esistere nel logos identificato con il termine Nulla.

Credere nell' Essere è in fondo un atto di fede. E la maestria delle religioni e dello stesso Platone è stata quella di trasferirla in un mondo altro, Nulla divenuto logos, Iperuranio, Paradiso, Nirvana etc, ed è l' asservimento del genere umano a questa maestria che ha creato i presupposti per il Nichilismo. ( Nietzsche, Genealogia della Morale, III saggio, Che significato hanno gli ideali ascetici.)

Sinceramente ritengo che ciò che è diviene, e non ho dubbi che su questo argomento ci sia molto da discutere.

Concludo qui e a presto. Grazie per l' attenzione, per altro sempre più in crescita.

Garbino Vento di Tempesta
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Severino va oltre l'interpretazione di Nietzsche, ma lo comprende senza superarlo. Esso pensa l'essere, si dell'ente (essente), ma in quanto essente di sè stesso. Severino fa rientrare il Nichilismo all'interno del cerchio dell'essere, e dichiarando la contraddizione (l'errore cui l'occidente per necessità o cecità è fino ad oggi incorso) una modalità d'apparenza, non l'essenza del nulla, ma parte del tutto.
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Vecchio 29-07-2015, 23.19.04   #105
maral
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Una cosa comunque è certa, e cioè che la filosofia di Nietzsche e di Severino mai come adesso mi appaiono in netto contrasto. Nietzsche afferma che l' essere è un contenitore vuoto mentre Severino che abbiamo smarrito la sua dimora.

Sul netto contrasto Severino sarebbe di sicuro d'accordo. La filosofia di Nietzsche è fondamentalmente imperniata sulla volontà e dunque sul divenire che, come sappiamo, è negato da Severino in termini ontologici radicali (la volontà non può in alcun modo esercitarsi sull'essere se non in forma del tutto illusoria, essa presuppone la realtà ontologica del divenire nella cui sola dimensione può esercitarsi il far essere o il far non essere, ossia la potenza che si attua ). Questa negazione della volontà fa perno per Severino sull'essere concreto degli essenti. L'essere è l'essere di ogni specifica cosa che non può essere se non sempre identica a se stessa, definita dalla costante relazione con ogni altro essente. Dunque, se volessimo definire cos'è l'essere per Severino, esso è esattamente questo: l'infinita relazione dialettica che lega originariamente e per sempre ogni cosa a ogni altra cosa e che viene via via ad apparire nella Gioia (per inciso, ho sorprendentemente trovato nella definizione che Spinoza nell'Etica -parte III, prep.XVIII, scolio II- dà del termine "gioia" un motivo plausibile per cui Severino potrebbe averlo assunto). Il ritorno a Parmenide è un ritorno estremamente critico da parte di Severino, poiché, come giustamente hai notato, in realtà lui considera Parmenide il vero padre del nichilismo occidentale e nota come l'essere parmenideo venga a coincidere con il non essere proprio in quanto nega la realtà ontologica dell'ente e, negandola, esso diviene esattamente quel contenitore vuoto di Nietzsche (per Severino Nietzsche ha quindi ragione a considerare l'essere come un contenitore vuoto, poiché quell'essere è l'essere parmenideo che è appunto tale, vuoto degli enti, dunque niente). Per questo, non volendo dar luogo a fraintendimenti, Severino abbandona nella sua fase successiva quasi completamente l'uso del termine Essere a favore del termine Destino, intendendo per Destino ciò che sub-stanzia eternamente ogni ente in senso relazionale.
Anche per Severino non è vero che il non essere non sia, esso è assoluta contraddizione (la contraddizione di un significante senza significato, che contraddice pure se stesso), proprio essendo contraddizione assoluta il non essere è e può solo essere come sempre assolutamente tolta.
Il punto su cui si può sospettare un avvicinamento di Nietzsche a Severino è, come abbiamo visto, nella teoria dell'eterno ritorno dell'identico, almeno per come lo legge Cacciari (che peraltro è stato allievo di Severino), ma ovviamente i punti di partenza sono del tutto antitetici essendo l'assunzione dell'identico per Nietzsche un atto assoluto di affermazione compiuta della volontà, mentre per Severino è nel destino stesso di ogni cosa da cui ogni volontà è esclusa e il destino implica il continuo diverso apparire dell'ente che pur tuttavia, come totalità sottesa dalla sua completa essenza sostanziale, è di per sé intrinsecamente sempre a se stesso identico.
Bentornato Garbino
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Vecchio 31-08-2015, 10.21.47   #106
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Nietzsche l' oltreuomo etc...

X Maral

Ti ringrazio come sempre per i tuoi interventi che sono sempre molto chiari, almeno per me. Ad esempio penso di aver compreso la posizione di Severino sul non-essere che pur essendo costretto ad ammettere che sia qualcosa. lo è come contraddizione di sé stesso e che perciò tende automaticamente ad autoannullarsi.
Comunque io rimango dell' opinione che a livello filosofico il non-essere non si possa neanche prendere in considerazione proprio perché ci sfugge completamente la sua giustificazione sia esperienziale che logica.
Queste comunque sono sottigliezze nei riguardi di tutto il resto dove appunto le differenze tra Severino e Nietzsche appaiono abissali.
Anche se ritengo che un confronto tra i due filosofi sia sempre utile.


A questo punto, visto che finalmente la mia connessione ha ripreso a funzionare con una certa continuità, vorrei riprendere un argomento che ho sfiorato varie volte ma non approfonditamente. E l' argomento è leggere Nietzsche.

Nietzsche non è particolarmente difficile da leggere, infatti scrive in un modo corretto e piacevole, da cui si può trarre sicuramente giovamento. Ciò che è problematico è quello che afferma.

Per la maggior parte di coloro che si accingono a leggerlo è determinante sapere che non ci si deve fermare alla prima lettura. Le sue argomentazioni sono spesso dei macigni che cadono nel nostro pensiero, di qualsiasi opinione si sia, e scuotono tremendamente le fondamenta su cui poggiano.

Non è insolito infatti che lo si rifiuti in parte o in toto o si modifichi il suo argomentare a proprio piacimento. Del resto lui stesso afferma, in Ecce Homo, che ciascuno può capire del pensiero altrui ciò che ha già verificato di persona e che per il resto si tende proprio a modificarlo per renderselo accessibile. E ciò comporta naturalmente molti problemi di interpretazione.

Il primo concetto ostico da accettare è che lui considera la morale, soprattutto quella Cristiana, come pericolosa e contraria alla vita. Cosa che ultimamente sono venuto a sapere ha trovato il consenso anche di Jung. Ciò sinceramente mi ha sorpreso e non poco. Infatti nella sua opera dedicata allo Zaratustra afferma che ogni morale rappresenta, anche a suo parere e soprattutto quella Cristiana, un tu devi che imprigiona l' uomo e non gli rende possibile l' accesso alla libertà e all' autodeterminazione. E' da sottolineare comunque che secondo Nietzsche esistono anche morali che possono ritenersi migliori proprio perché dicono sì alla vita o che almeno sono più adatte all' uomo.

Il secondo è il rifiuto di ogni Metafisica. Al di là, Mondo Vero, anima immortale, essere, peccato, redenzione, tutte menzogne che tendono a rendere ancora più malato l' uomo e che sono creazioni degli asceti, che tendono alla potenza proprio istigando nell' uomo il bisogno della loro presenza e dominio.

Il terzo è il rigetto dello schema logico matematico in cui la scienza ha sempre teso a rinchiudere l' uomo ritenendolo una spiegazione del mondo che ci circonda non accorgendosi che le cose potrebbero stare in un modo completamente diverso.

Il quarto è lo scarso rilievo che nelle sue opere troviamo nei confronti degli aspetti sociali perché ritiene che l' uomo ha come primario compito quello di superare l' attuale condizione ed evolversi.

Il quinto è il ritenere che sia tutto menzogna, ma che la stessa necessità di menzogna sia stata ed è indispensabile alla vita.
Anche se poi afferma che una filosofia che ammetta la non-verità come condizione di vita, si pone solo per questo AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE.

Con questo ultimo punto, ultimo come facente parte delle considerazioni più ostiche naturalmente, anche se sicuramente qualcuno ed io stesso potremmo non trovarla completa, ci ritroviamo alle prese con l' argomento sulla conoscenza che riprenderò, spero, nel prossimo intervento. La considerazione finale è che Nietzsche va letto diverse volte, sperando che ciò aumenti il grado di tolleranza per la sua filosofia, e perciò la sua stessa comprensione.

Grazie a tutti della cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 01-09-2015, 00.14.11   #107
Sariputra
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Riferimento: Nietzsche, l'oltreuomo, la volontà di potenza e la Germania nazista

Ho letto solo "L'Anticristo" di Nietzsche e...credo mi sia bastato. Il fastidio profondo che provavo leggendolo me lo ricordo bene.
C'era profondità ma, allo stesso tempo, si intuiva chiaramente che veniva da una mente disturbata nel suo rapporto con la sua limitatezza.
L'esaltazione e la volontà di potenza , più che tesi filosofiche, mi apparivano chiaramente il tentativo di una mente malata di giustificare razionalmente la propria follia. Tutto trasudava odio, se ricordo bene, e in particolare odio per ciò che era povero, debole, malato ( inconsciamente odio per se stesso). Quindi, inevitabile, odio per il cristianesimo, che elevava a valore questa debolezza.
Non comprendeva ( e come poteva?) che proprio dalla sua debolezza e malattia nasceva la volontà di potenza. Odiava ciò che lui era...malato.
Credo ci sia il termine in psichiatria per descrivere questo stato, ma non sono un esperto.
Non poteva essere "maestro" per me , proprio perché ho sempre sentito che non avevo bisogno di bere la follia altrui, ma di cibarmi di qualche medicina per la mia di follia.
Ho finito il libro, l'ho riposto e...mai più riaperto.
Son cose "di pelle"...
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Vecchio 01-09-2015, 22.23.24   #108
maral
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Garbino, è vero che Nietzsche non è difficile da leggere, ma trovo che non lo sia solo a una lettura superficiale che si ferma alla provocazione, spesso estrema del suo dire. Perché è vero che Nietzsche invita anche a una lettura superficiale e così si stenta a vederne la sua immensa portata filosofica che fa sì che dopo Nietzsche la filosofia non possa più essere quella di prima (nel bene e nel male o forse al di là del bene e del male), si stenta persino a riconoscerlo come filosofo e si consegna il superuomo alla pagliacciata tragica del nazismo, la volontà di potenza la si vede come un effetto psicologico di una frustrazione esistenziale e l'eterno ritorno come una sorta di fantasiosa cosmicomica. Ci sono fior di letterati e filosofi che hanno inteso Nietzsche così (Papini, Ferraris, tanto per citarne un paio) e da un certo punto di vista non hanno nemmeno torto, Nietzsche è sicuramente possibile intenderlo anche così e il suo pensiero è rischioso, estremamente rischioso e da certi rischi è opportuno difendersi, fermarsi alla superficie aiuta a difendersi, non si disturbano i mostri che ci stanno sotto, sotto lo spirito del nostro tempo che lui vide e sentì evidentissimi, come solo una follia coerentemente lucida (finché gli fu dato di mantenerla lucida) può fare. Credo che il "Così parlò Zaratustra" sia una delle opere filosofiche più complesse che siano mai state scritte e sono d'accordo con Heidegger nel ritenere che Aristotele e Nietzsche siano da considerare di pari livello, l'alfa e l'omega della filosofia occidentale, il principio e il finale di quel discorso metafisico che ha accompagnato l'Occidente per più di due millenni dettando e poi cancellando il senso della Terra del Tramonto. Un discorso che si chiude come era iniziato, con la tragedia; una tragedia individuale diventata in chiusura tragedia collettiva, tragedia di popoli.
Per questo personalmente apprezzo particolarmente il tuo soffermarti nell'esplorazione nicciana e sui punti che hai posto vorrei porti una domanda. Perché Nietzsche disprezza la volontà di potenza degli asceti una volta che l'ha smascherata come tale? Non si accorge che proprio nella loro metafisica predicazione sta una volontà di potenza al massimo grado? Che predicare la salvezza dell'anima oltre la vita rende padroni di milioni di anime in questa vita? Non si accorge che la maschera di trascendente razionalità di principi opportunamente usati incatena ben di più di qualsiasi pulsione vitale che venga dall'onestà del proprio sentire? Si illude forse che il suo smascheramento intacchi minimamente questa volontà di potenza mortifera solo in quanto denunciata contro la vita? Si illude che la pulsione di vita possa avere forza maggiore della pulsione di morte e delle finzioni che essa ha sempre saputo porre in atto?
Non so, non capisco. Quando penso a Nietzsche mi viene in mente quel momento, a Torino, in cui, alla vigilia dell'esplodere della sua follia, abbraccia piangendo un cavallo frustrato a sangue da un vetturino finché non lo trascinano via.
Forse sono i gesti che spiegano la filosofia, forse, come facevano i cinici e auspicava Michel Foucault dovremmo metterci a fare filosofia con i gesti, con il corpo anziché con le parole e i concetti. Magari certe cose le capiremmo di più e forse proprio da un gesto una nuova filosofia potrebbe finalmente rinascere.
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Vecchio 02-09-2015, 16.18.29   #109
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Nietzsche, l' oltreuomo etc....

Prima di rispondere a Maral, volevo solo evidenziare come l' intervento di Sariputra corrisponda ad uno degli atteggiamenti più classici nei confronti della filosofia di Nietzsche da me elencati nell' intervento precedente. Nel suo caso, Sariputra mi scuserà se ne parlo, lo si trova profondo, ma talmente pieno di rancore e follia da determinarne il rifiuto totale.
Questo comunque è considerabile come un atteggiamento tra i più onesti a livello intellettuale. Non lo si accetta e basta.

Comunque ripeto, Nietzsche va letto più volte e non si dovrebbe mai incominciare da L' Anticristo, specialmente se si è di formazione e fede Cristiana. Ecce Homo è di gran lunga l' opera più indicata per iniziare insieme alle Cinque Inattuali. Prima fra tutte David Strauss: l' uomo di fede e lo scrittore, che può essere considerata di grande attualità.

X Maral

Convengo pienamente con te che una lettura superficiale può essere fuorviante, ma è anche vero che, a mio avviso, la comprensione di Nietzsche, specialmente per chi si trova agli antipodi del suo pensiero, non può che passare attraverso diverse letture superficiali. Per alcuni cioè è indispensabile un avvicinamento graduato nel tempo.
E' ovvio che ciò pone seri problemi di carattere logistico, ma d' altronde cosa dire dell' assoluta mancanza di penetrazione anche per molti altri filosofi manifestata da molti intellettuali?

Siamo sempre lì, Maral, l' ignoranza ( o barbarie ) la fa da padrona, soprattutto a livello culturale, e sinceramente continuo ad essere molto pessimista sul periodo, anche se sto facendo di tutto per cercare di informare nel migliore modo possibile su quello che penso di aver capito di Nietzsche.

La risposta ai tuoi dubbi sulla volontà di potenza degli asceti si può trovare nel Terzo Saggio di Genealogia della morale: Che significato hanno gli ideali ascetici.
E' un saggio che spiega ampiamente i motivi per cui Nietzsche li considera così pericolosi, primo fra tutti che rende i malati più malati.
Nell' ultimo paragrafo, il 26, troviamo comunque un sunto di ciò che argomenta in tutto il saggio. Salto la prima parte, che comunque andrebbe letta, e riporto la parte finale:

.....Non ci possiamo assolutamente nascondere che cosa, in realtà, esprima tutto questo volere che aveva derivato dall' ideale ascetico la sua linea: questo odio contro l' umano, più ancora contro ciò che è animale, più ancora contro ciò che è materia, questo orrore per i sensi, per la ragione stessa, il terrore della felicità e della bellezza, questo desiderio di uscire da tutto ciò che è apparenza, mutazione, divenire, morte, desiderio, dal desiderare stesso - tutto questo significa, osiamo rendercene consapevoli - una volontà del nulla, un' avversione alla vita, un' avversione ai presupposti fondamentali della vita, ciò nonostante essa è e resta una volontà!....E, per dire, concludendo, quello che ho detto agli inizi: l' uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere....

Nietzsche avverte cioè la potenza inusitata degli ideali ascetici, ma li considera nocivi perché contrari alla vita. Un desiderio di morte aleggia attorno ad essi e lo trasmette a chiunque entri nella loro sfera d' azione determinando appunto invece che un miglioramento un peggioramento delle condizioni di vita.

Spero di essere stato abbastanza esauriente.
Anche per me è stato necessario passare attraverso varie letture per accettare ed entrare, almeno spero, nell' orbita della filosofia di Nietzsche, ma mi rendo conto che anche questo continuo parlarne, decisosi in me un paio di anni fa, mi ha sinceramente aiutato molto ad incominciare ad uscire dalla nebulosità che avvolgeva la filosofia di Nietzsche. Perciò grazie anche a te per il tuo aiuto.

Grazie a tutti voi per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 06-09-2015, 09.46.47   #110
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Originalmente inviato da Garbino
[Dal terzo Saggio di Genealogia della morale:]
.....Non ci possiamo assolutamente nascondere che cosa, in realtà, esprima tutto questo volere che aveva derivato dall' ideale ascetico la sua linea: questo odio contro l' umano, più ancora contro ciò che è animale, più ancora contro ciò che è materia, questo orrore per i sensi, per la ragione stessa, il terrore della felicità e della bellezza, questo desiderio di uscire da tutto ciò che è apparenza, mutazione, divenire, morte, desiderio, dal desiderare stesso - tutto questo significa, osiamo rendercene consapevoli - una volontà del nulla, un' avversione alla vita, un' avversione ai presupposti fondamentali della vita, ciò nonostante essa è e resta una volontà!....E, per dire, concludendo, quello che ho detto agli inizi: l' uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere....
Trovo molto interessante questo punto. La volontà, pur costituendo per N. l'essenza fondamentale della pulsione vitale, può voler muovere contro la vita autocontraddicendosi per cui si presenta come volontà del nulla. La cosa mi ricorda l'istinto di vita e l'istinto di morte teorizzati da Freud (il quale fu certamente influenzato dal pensiero di Nietzsche) e lascia intravedere una dicotomia morale tra la volontà che esprime coerenza con l'essenza primaria di se stessa (la fedeltà al proprio principio vitale) e la volontà che pur volendo lo contraddice contraddicendo se stessa.
A Nietzsche va il merito di avere scoperchiato il sepolcro mostrando a chi sopporta di vederlo il fondamento nichilistico che regge il pensiero cristiano e, più in generale, tutto il pensiero epistemico dell'Occidente, il verme nichilista che lo corrode dentro, sotto ogni benevolente maschera. Ma a questo punto sorge il dubbio, ossia che la volontà che vuole il nulla fino a volere la contraddizione di se stessa, non finisca paradossalmente con il risultare la forma più potente di volontà, quella forma che è in grado di assolutizzarsi al punto da poter e voler annientare il proprio stesso fondamento vitale. In tal modo il super uomo è surclassato dal super verme che, consumato il cadavere, vuole consumare se stesso, sempre a maggior gloria di un'irriducibile volontà che non è limitabile nemmeno dalla propria contraddizione.
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