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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 04-02-2013, 13.59.56   #61
Giorgiosan
Ospite abituale
 
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Giorgiosan
Non ho capito se, per te, il problema è di "esistenza" o di "conoscenza" (ovviamente mi riferisco alla "cosa
in sè"). Per me, l'oggetto (o "cosa in sè", o "noumeno", se non fosse che il termine "noumeno" si riferisce
all'atto della conoscenza intellettiva pura, quindi è a mio avviso preferibile non usarlo) "ex-siste", cioè
"c'è" al di fuori del soggetto conoscente. Solo che, ovviamente, non è conoscibile al di fuori di esso.
E dunque ti ripeto: "se l'osservato dipende dall'osservatore, cioè se la conoscenza dell'oggetto è relativa
all'interpretazione che ne dà il soggetto, allora il "noumeno" è, logicamente, l'oggetto nella sua "purezza";
scevro cioè dall'interpretazione che ne dà il soggetto".
Il che mi porta a rinnovarti la domanda: dov'è il punto debole che affermi nella teorizzazione del noumeno?
A me sembra chiarissimo che Kant parli di "esistenza". Quindi quali "prove filosofiche dell'esistenza dei
noumeni"? La prova "provata" è materiale, e riguarda la necessaria "ex-sistentia" di ciò che interpretiamo
(altrimenti come potremmo interpretare un qualcosa che non "ex-siste"?)
Sul fatto poi che io citi altri filosofi nel tentativo di interpretare ciò che voleva dire Kant: ma perchè
lo trovi così strano? Quando, ad esempio, nell'"Analitica" Kant parla della problematicità del noumenon, cosa potrebbe
voler dire con ciò? Per me (cioè per la mia pratica discorsiva, direbbero i semiologi) voleva dire che anche
la parola "noumeno" è un qualcosa di già interpretato; un qualcosa che dunque non può non porsi come "fenomeno".
L'impossibilità anche solo di pensare (come in Peirce) qualcosa al di fuori dell'interpretazione (del "segno")
rende l'idea del noumeno null'altro che un fenomeno: ritieni impossibile che Kant abbia pensato in un tal
modo (e pur non "nominando" in tal modo)?
Levinas, per definire ciò che "ex-siste" al di fuori del soggetto interpretante usa il criptico termine di
"il y'a" (il c'è), portando come esempio di un qualcosa che "c'è" anche senza il soggetto che interpreta quello
che chiama "ronzio cosmico" (quel "fischio" che si ode nel silenzio più totale).
Insomma: la problematicità del noumenon è insita, prima ancora che nel "nomos", nello stesso pensare. Perchè
il pensare già implica un "divenire" fenomenico del nomenon.
un saluto
Kant ha ridotto il campo dogmatico ma non ha potuto evitarlo: il nuomeno, la cosa in sé è quel residuo.
Ed è posto dogmaticamente sia dal punto di vista epistemologico che da quello metafisico.

La cosa in sé, il noumeno sia nella accezione positiva quale assoluto o sovrasensibile o puro intellegibile, sia in quella negativa come concetto limite che se è limite segna la linea, il confine fra qualcosa e qualcos’altro, esplicitamente o implicitamente ha una dimensione metafisico dogmatica.

Qualsiasi tipo di nesso che poniamo fra noumeno e fenomeno ci farebbe ricadere sempre nel nesso causale, quindi il nesso fra noumeno e fenomeno dobbiamo dirlo esso stesso noumenico, inconoscibile per il nostro intelletto

L’esistenza è una categoria kantiana: dunque interrogarci sull’esistenza del noumeno non ha senso, è una stridente dimenticanza di Kant, ed è errato dedurre dall’etimologia di esistere che il noumeno ex-iste travalicando il significato categorico kantiano dell’esistenza e interpretandolo heideggerianamente, il che non può essere nelle intenzioni di Kant.
L'esistenza dell'uomo è un ex-sistere, cioè un trascendere che oltrepassa ciò che si è, in direzione di qualcosa che non è già reale, ma è possibilità pura e quindi novità radicale".” M.Heidegger

Questa specie di sincretismo filosofico può essere assunto individualmente e far parte legittimamente del tuo universo mentale, della tua visione del mondo ma è altro dal pensiero di Kant.

Noumenon essendo participio medio del verbo greco noéo,( pensare) significa pensabile, e anche se si vede implicito un "divenire" fenomenico del noumeno, lo implicherebbe in quanto potenza che passa ad atto ma porre il noumeno in questi termini non è assolutamente kantiano ... è wundtiano caso mai .

(La domanda che ti ho fatto voleva avere un funzione maieutica.)

Ultima modifica di Giorgiosan : 05-02-2013 alle ore 08.42.09.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 04-02-2013, 17.32.33   #62
Giorgiosan
Ospite abituale
 
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef

Ritengo, altresì, che Kant risulti assolutamente incomprensibile se non se ne analizza il pensiero alla luce degli sviluppi successivi che il suo fondamentale pensiero ha avuto per opera di altri pensatori (e mi riferisco in particolare al Neocriticismo, a Weber, a Levinas, a Peirce fino addirittura ad arrivare alla relatività einsteiniana).
Al contrario, sei completamente fuori rotta: la filosofia di Kant è incomprensibile se non si tiene conto del pensiero precedente a Kant, se non tieni conto della sua polemica anti-cartesiana, di Hume, di Leibnitz e altri (per brevità); è infatti con loro che è in dialogo, per coglierne gli elementi con cui non concorda e quelli che intende sviluppare. Non è in dialogo col futuro, stimola il futuro pensiero che inevitabilmente progredisce; il tentativo più notevole di "conciliazione" fra Einstein e Kant fu tentato da Cassirer, ma quel “concordare”, per esempio sulla relatività, vide Einstein aderire alle critiche portate da Schlick su tale “concordismo”.
Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
E questo semplicemente perchè il problema che Kant ha posto per primo, ovvero il problema del rapporto fra il soggetto e l'oggetto, è ben lungi dall'essere "risolto"
Non è stato Kant a porre per primo il problema gnoseologico fra soggetto ed oggetto ma andando indietro trovi Socrate, Platone, Aristotele, Tommaso d’Aquino, … e Cartesio dove lo metti? Quello gnoseologica è un percorso lungo più di due millenni e ho dovuto tralasciare molti nomi!
Va da sé che come tutti i problemi filosofici neanche il problema gnoseologico è compiuto: pensa solo all’epistemologia del XX secolo.

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef

D'altronde, io credo, il nostro compito (qui su questo forum) non è tanto di preparare una relazione SU Kant, quanto quello di analizzare Kant in relazione all'eterno problema della "verità".
Ogni filosofo si confronta col problema della verità ma il 3d si proponeva di capire chi è stato Kant e questo per me significa ricercare la verità ed il pensiero di Kant nella sua genuina autenticità … per quanto possibile.

Considerazione
Hai citato nel primo post Mauro Dorato “Da Kant in poi, le classiche domande filosofiche su “che cosa esiste” (ontologia), “cosa possiamo conoscere” (epistemologia), o “cosa dobbiamo fare” (etica), il seguito di quella citazione è “ non possono più essere affrontate seriamente senza tener conto dei risultati dell’indagine scientifica.”

Ovviamente questa è la direzione giusta e inevitabile, se la filosofia vuol parlare alla umanità di oggi; personalmente prediligo una epistemologia che tenga conto e integri la realtà evolutiva.
Si aprirebbero e si apriranno grandi prospettive ed un nuovo ampio respiro del pensiero.

Citazione:
Originalmente inviato da Tempo2011
Caro Giorgiosan. Sia il piccolo brano ripreso dalla critica della R. pura, sia il commento di, Di Luca Maria Valzesi, mi danno l'impressione dell'uomo Kant, con una mente rivolta sempre e solo verso l'occidente e le sue implicite influenze dottrinali. In tal senso, Kant, secondo me, non va ritenuto un grande, ma alla stregua di un qualsiasi influenzabile uomo comune e, quindi, le sue esternazioni lasciano il tempo che trovano. Quando affermo: dove sta l'uomo contemporaneo, lo dichiaro con una certa logica, poiché oggi, più di ieri (duecento cinquant'anni or sono), ha molti più strumenti per delle valutazioni che, sicuramente, andrebbero al di la di quel "provincialismo", dettato dalla mancanza di vissuto dell'epoca. Di fatto, l'affermazione sul passaggio dalla vita alla morte, da chi è stata suggerita se non dalla profonda influenza del cristianesimo? Per altro, il senso delle mie affermazioni, non si volevano soffermare sulle difficoltà d’interpretazione o altro, ma voleva essere uno stimolo ad andare oltre i pensieri dei filosofi del passato. Ovvero: prendere coraggio e rivalutare le situazioni alla luce di quanto sappiamo di più e di meglio oggi.

Ti faccio due domande: perché c'è il male? Lo possiamo estirpare?
Ciao Tempo

Ultima modifica di Giorgiosan : 05-02-2013 alle ore 08.45.18.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 05-02-2013, 15.36.16   #63
0xdeadbeef
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Leibnicht
E' molto interessante l'analisi che fai sui termini tedeschi "objekt" e "gegenstand". E, sì, credo sia
plausibile pensare che Kant distinguesse fra un oggetto "intenzionato" e un oggetto "non intenzionato" (a questo
mi farebbe pensare anche un'altra distinzione kantiana, quella fra un "io" come soggetto del pensiero ed un "io" come
oggetto del pensiero - distinzione che sarà fondamentale per il successivo sviluppo di quel concetto di
"autocoscienza" che sarà proprio dell'Idealismo).
E d'altronde, nella Critica della Ragion Pura, Kant parla di un oggetto dato "assolutamente" alla ragione ed
un oggetto dato "nell'idea" (io credo che questi concetti richiamino null'altro che l'oggetto "empiricamente"
dato e l'oggetto proprio della ragion pura - un importante riferimento a questi concetti potrebbe essere quello
che io illustro nel post: "La battaglia dei giganti", ove il punto focale è rappresentato dall'affermazione
di Platone circa un qualcosa di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, visto che entrambe "sono").
Dunque, ciò può solo voler dire che per Kant esiste un oggetto di conoscenza, che è l'oggetto empiricamente
dato, e un oggetto della ragion pratica, cioè un oggetto che la ragion pratica "re-inserisce", come postulato,
nella ragion pura; ma che alla ragion pura originariamente non appartiene (ti dirò che su questo "re-inserimento"
nella ragion pura di un oggetto che è della ragion pratica ho molto discusso, e riflettuto, e questa è la
"conclusione" cui sono giunto, perchè altrimenti ritengo non sia spiegabile come quello che, sostanzialmente,
non è un oggetto - quello della ragion pratica, o oggetto dato nell'idea - venga, e "debba essere" trattato
dalla ragion pura come un vero e proprio oggetto).
Sulla base del ragionamento svolto ti chiedo: ritieni plausibile tracciare un parallelo fra l'"objekt", o
oggetto "intenzionato", e l'oggetto di conoscenza, cioè quello dato empiricamente (che, naturalmente, sottintende
l'altro parallelo fra il "gegenstand" e l'oggetto della ragion pratica, o oggetto dell'idea, re-inserito nella
ragion pura)?
Se (se...) però il mio ragionamento fosse "coerente", si porrebbe un problema di non facile soluzione: quello
del "fenomeno" riferito all'oggetto della ragion pratica, o oggetto dell'idea, o gegenstand che dir si voglia.
Perchè a rigor di logica la ragion pura dichiara che "oggetto" è solo ed esclusivamente quello empiricamente
verificabile (cioè l'objekt, mi par di capire); mentre, e come anche tu affermi, l'altro "oggetto" è: "oggettività
prima che oggetto". E quindi: quale "fenomeno" può esistere di una idea assunta come oggetto? Voglio dire: se
non "ex-siste", se non "sta fuori", nessun oggetto come potremmo parlare di interpretazione? E' forse possibile
che ciò che è già fenomeno origini un altro fenomeno (se non in riferimento alla catena semiotica dei significati
e dei significanti)?
In definitiva: come può IL fenomeno originare IL fenomeno?
Sulla questione del "risalire" fino al punto di incontrare la cosa in sè ho lungamente discusso con un "semiotico"
(allievo di Carlo Sini), che mi ha fatto conoscere la bellezza e la profondità di questa disciplina filosofica.
In breve (poi, magari, potremmo approfondire; ma ho anche intenzione di fare un post apposito), la semiotica
dice che l'"origine" (o "Evento") è una "assenza". Quindi, la cosa in sè non è conoscibile se non come "assenza"
(ma è già "conoscere", non trovi?)?
Nel mio "sincretismo" ho anche cercato di pensare a dei riferimenti con il "sein" cancellato (quindi un "sein"
come assenza, presumo) di Heidegger, ma non vorrei divagare troppo.
con altrettanta grande stima
mauro
(potrei aver invertito il significato di "objekt" e "gegenstand", ma il concetto mi sembrerebbe chiaro- per
quanto lo possa essere a questi livelli di astrazione)
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 06-02-2013, 15.33.34   #64
Giorgiosan
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Riferimento: Kant: chi sei?

Al Collegium Fridericianum Kant aveva appreso bene il latino.
Quando Kant intraprese gli studi di filosofia (insieme a teologia e matematica), presso l'università di Königsberg, quella era basata su Leibniz e Wolff i quali avevano scritto in latino.
Per mantenersi insegnava latino.

Numerosi studiosi sostengono che Kant pensasse le sue opere in latino; non si può dire se sia vero o no mancando la conferma o la smentita di Kant. In ogni modo Kant metteva accanto ai termini fondamentali della sua filosofia i termini latini.

Qualche indicazione potrebbe venire dalla analisi del lessico latino.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 07-02-2013, 00.32.11   #65
0xdeadbeef
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Giorgiosan
Io trovo invece che il nesso fra noumeno e fenomeno sia fenomenico, e questo perchè già l'idea di un noumeno
è, essa stessa, fenomeno (come dicevo, il pensarlo già implica un divenire fenomenico del noumenon).
Ecco perchè Levinas parla di "profonda verità" a proposito dell'Idealismo; ecco perchè Severino cita Gentile
all'interno del dibattito sul Nuovo Realismo ("ciò che chiamiamo fatto è pur sempre pensato, e in quanto
pensato non può essere una realtà indipendente dal pensiero").
Non è possibile uscire dal pensiero, e ciò vuol dire che la "cosa in sè" non è conoscibile, né esprimibile,
se non attraverso il pensiero. Ed essendo il pensiero proprio di un "interpretante", ciò vuol dire che il
noumeno non può essere altro che ciò che appare a quell'interpretante, ovvero un fenomeno.
In questo, a mio parere, consiste l'intuizione kantiana di una cosa in sè come concetto-limite: l'impossibilità
di uscire dall'interpretazione soggettiva rende impossibile parlare di "fatti", o di "oggetti". Se non nel
senso, che cercavo di esplicitare nella risposta a Leibnicht, di un qualcosa assunto "in veste oggettiva".
C'è, invero, da dire che per Kant un "oggetto" sussiste, cioè ha fondamento, anche a prescindere dall'interpretante,
e questo "oggetto" è quello dell'intuizione sensibile; l'oggetto "empirico". Così come sussistono indipendentemente
dal soggetto le leggi della natura (tant'è che il giudizio su queste è ritenuto da Kant "giudizio sintetico
a priori", e non abbisogna nemmeno di dimostrazione empirica).
Ora, non conosco la critica di Schlick né il parere di Einstein, ma ritengo che Cassirer abbia visto giusto
non tanto quando ha affermato (se l'ha affermato...) che la certezza delle leggi della natura viene stravolta
dalla relatività (la teoria della relatività ci dice che le leggi della fisica non dipendono dal sistema di
riferimento inerziale, che la relatività introduce sul sistema "assoluto" della meccanica newtoniana), ma
quando ha affermato che l'oggetto empirico, che per Kant era conoscibile oggettivamente, è invece conoscibile
solo soggettivamente (l'osservato dipende dall'osservatore: consiste in ciò la grande rilevanza che la teoria
della relatività riveste in ambito filosofico).
Come Cassirer afferma (a mio avviso giustamente), Kant va "rivisto" alla luce di tutto ciò, perchè l'oggetto
empirico diventa, esso stesso, oggetto di interpretazione soggettiva (cioè diventa fenomeno), e può perciò
essere considerato "oggetto" solo da una ragion pratica che lo "re-inserisce" nella ragion pura (come dicevo
prima: in veste oggettiva).
Insomma: perde di importanza la distinzione kantiana di un oggetto che è della ragion pura (come l'oggetto
empirico) e di un oggetto che è della ragion pratica (un oggetto che non è tale, ma che è assunto in veste
oggettiva). La ragion pura non può dunque più parlare di fatti, o di oggetti, ma solo di interpretazioni
(in ciò risiede la profonda intuizione di Cassirer, il quale rilancia, per così dire, quella affermazione
di "fenomenicità" che è ora riferita chiaramente a qualsiasi oggetto - per contro alle distinzioni spesso
nebulose fatte da Kant).
Tutto questo ragionamente ci conduce allora ad un punto: se l'osservato dipende dall'osservatore, cioè se
l'oggetto dipende dal soggetto, sappiamo che la "conoscibilità" dell'oggetto per come esso è in se stesso è
impossibile; ma altrettanto possiamo dire della sua esistenza (una esistenza intesa come "ex-sistentia", cioè
come lo "star fuori" di qualcosa da qualcuno che lo interpreta)?
Perchè tutto il problema (e Cassirer lo intuisce bene) non consiste più nel dire se il noumeno esista o meno,
ma se l'oggetto di conoscenza esista o meno (e per me, cioè per la mia pratica discorsiva, questa esistenza
è evidentissima almeno quanto è evidente che l'utente "Giorgiosan" non sono io, e pur se lo "conosco" solo
attraverso i miei schemi mentali).
Con stima
mauro
(a proposito della frase di Heidegger: una volta sentii uno dire questa cosa: "il giorno che muoio io finisce
il mondo". Che ne pensi?)
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 07-02-2013, 22.48.22   #66
0xdeadbeef
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Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da and1972rea
...nel soggettivismo non consiste, ovviamente, tutta la filosofia...; l'ultimo grande esponente del soggettivismo tedesco fu Kant, e fu l'ultimo proprio per il fatto che con Lui il dualismo complementare soggetto -oggetto comincio' a vacillare; nell'idealismo Hegeliano ,del soggetto ( e quindi dell'oggetto) non rimane altro che il nome , un flatus vocis, l' ultimo filo labile, che in Kant legava incomprensibilmente e irrazionalmente l'oggetto al soggetto, fu tranciato da Hegel insieme al sistema dualistico soggettivista. Quando Kant comincio' a considerare il soggetto , non pote' fare certo a meno di ammettere l'esigenza logica dell'oggetto, ma gli fu impossibile trarre dai due una chiara e razionale relazione logica; tutto e' a partire dal soggetto, la stessa idea di esistenza e' confinata nel soggetto, il soggetto puo' solamente “credere” attraverso una “certezza morale” che la propria idea di esistenza possa trasferirsi ad una certa idea di oggetto, ma questa speculazione rimane del tutto intuitiva e logicamente non conclusiva. Dire che in Hegel l'oggetto e' creazione del soggetto lo considererei inesatto; il soggetto, semplicemente , smette di “ esistere” nel momento in cui si fonde con l'oggetto, nel momento in cui Razionale e Reale diventano biunivocamente tutt'uno .
un saluto
@ and1972rea
Certo in Kant il dualismo complementare soggetto-oggetto cominciò a vacillare, ma mai venne meno.
La distinzione cartesiana di "res cogitans" e "res extensa" (che io considero il vero e proprio punto di
partenza di tutta la visione di Kant), certo "depurata" dalla concezione di un "cogito" come sostanza privilegiata
(come era in Cartesio), è a mio avviso ancora vera. Vera sempre che non si voglia cadere in una visione
del soggetto come di colui che produce l'oggetto, come dicevo.
Ora, naturalmente, e come ben sottolinei, l'Idealismo non parla di un soggetto produttore dell'oggetto.
Nell'Idealismo, soggetto e oggetto sono sintetizzati in "ciò che è", ovvero nel "momento" rappresentato dalla
sintesi necessaria di reale e razionale (dice Hegel: "io so l'oggetto come mio, e perciò so in esso me stesso").
Tuttavia, io credo, non è possibile astrarre il pensiero di Hegel da quello di Fichte, che dell'Idealismo pose
il fondamento. E Fichte dice: "l'io di ciascuno è esso stesso l'unica sostanza suprema".
Voglio dire: io, come "cogito", non posso fare a meno di ritenermi "altro" da un oggetto qualsiasi con cui entro
in contatto (ad es. la tastiera su cui sto scrivendo).
Che poi questo oggetto-altro non mi sia conoscibile se non attraverso il "cogito" è un altro discorso (e qui
ne stiamo discutendo in abbondanza); ma, ritengo, che essa (la tastiera) ex-sista al di fuori di me mi sembra
di una tale ovvietà che solo un pazzo potrebbe negarlo.
Insomma, ritengo che l'Idealismo abbia in seguito, come dire, "dimenticato" le parole di Fichte (del resto
abbondantemente preannunciate da Kant, nella sua distinzione di un "io" che non crea, ma che solo ordina ed
unifica una materia che dev'essergli "data", ed un "io" creatore), ma soprattutto dimenticato che la sintesi
di soggetto e oggetto è sintesi conoscitiva, non "reale" (Hegel, in quello che è probabilmente il punto più
estremo della sua visione di una sintesi di reale e razionale, arriverà a definire lo Stato come "Iddio reale").
un saluto
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 07-02-2013, 23.23.35   #67
Giorgiosan
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Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Giorgiosan
Io trovo invece che il nesso fra noumeno e fenomeno sia fenomenico, e questo perchè già l'idea di un noumeno è, essa stessa, fenomeno (come dicevo, il pensarlo già implica un divenire fenomenico del noumenon).
Vediamo di mettere un poco di ordine, un poco alla volta.
Nesso è una categoria perché significa connessione, relazione, legame cioè è un concetto puro.
Come può una categoria essere fenomenica?
Come può essere il l’idea di noumeno un fenomeno?

Se è uno sviluppo della filosofia kantiana, perché usare ancora noumeno?

Ciao
Giorgiosan is offline  
Vecchio 08-02-2013, 22.13.41   #68
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Giorgiosan
Può esserlo, dal mio punto di vista (che tiene ben presente gli sviluppi ermeneutici e linguistici del kantismo;
diciamo sulla scia di Apel), perchè prima ancora di qualsiasi "nominare", ogni pensiero è gia "interpretazione".
In quanto interpretazione, ogni pensiero è fenomeno in quanto è un qualcosa che è così come appare al soggetto
pensante.
Insomma: per me, ogni pensiero e ogni parola sono un "già interpretato", cioè un fenomeno (se vogliamo usare
la terminologia di Kant, che per me è equivalente).
Mi chiedi perchè usare "noumeno". Ma appunto perchè è la stessa cosa: dire interpretato o dire fenomeno è
equivalente, così come è equivalente la cosa in sè (come dicevo a Leibnicht, il termine "noumeno" presenta
una problematicità maggiore, e lo userei solo in riferimento particolare all'opera di Kant) e il semiotico
"evento".
Insomma Giorgio, avrai capito che per me non è questione di avere ragione o banalità simili, ma di analizzare
il pensiero di Kant in riferimento a queste "nuove filosofie" (perdonami la mediocrità del termine). Una cosa
che mi affascina tantissimo: che mi "piace" (il mio interesse per la filosofia è appunto dovuto al "piacere"
che ne ricavo, visto che non vi ho nessun interesse "pratico").
un saluto
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Vecchio 09-02-2013, 02.34.48   #69
leibnicht
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Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
@ Leibnicht
E' molto interessante l'analisi che fai sui termini tedeschi "objekt" e "gegenstand". E, sì, credo sia
plausibile pensare che Kant distinguesse fra un oggetto "intenzionato" e un oggetto "non intenzionato" (a questo
mi farebbe pensare anche un'altra distinzione kantiana, quella fra un "io" come soggetto del pensiero ed un "io" come
oggetto del pensiero - distinzione che sarà fondamentale per il successivo sviluppo di quel concetto di
"autocoscienza" che sarà proprio dell'Idealismo).

|Ti ringrazio e ti dò perfettamente ragione|


E d'altronde, nella Critica della Ragion Pura, Kant parla di un oggetto dato "assolutamente" alla ragione ed
un oggetto dato "nell'idea" (io credo che questi concetti richiamino null'altro che l'oggetto "empiricamente"
dato e l'oggetto proprio della ragion pura - un importante riferimento a questi concetti potrebbe essere quello
che io illustro nel post: "La battaglia dei giganti", ove il punto focale è rappresentato dall'affermazione
di Platone circa un qualcosa di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, visto che entrambe "sono").

|In Kant l'uso del termine Idea non è platonico, nè ancora "idealistico" nel senso hegeliano oppure di Schopenhauer, opure di Husserl. In OpXXI79: "Transzendentalphilosophie ist die Autonomie der Ideen, insofern sie unabhaengig von allem Empirischen ein unbedingtes Ganzes ausmachen, und die Vernunft sich selbst zu diesem als einem absonderlichen System konstituiert". Traduco al mio meglio: "L'autonomia delle Idee è filosofia trascendentale, in quanto esse idee si (dovrebbero) comporre come una totalità senza oggetti e senza riguardo ad un tutto esperibile. In questo la Ragione stessa si dovrebbe costituire come Sistema". Il pensiero di Kant è ancora prossimo solo a quello di Schelling.|


Dunque, ciò può solo voler dire che per Kant esiste un oggetto di conoscenza, che è l'oggetto empiricamente
dato, e un oggetto della ragion pratica, cioè un oggetto che la ragion pratica "re-inserisce", come postulato,
nella ragion pura; ma che alla ragion pura originariamente non appartiene (ti dirò che su questo "re-inserimento"
nella ragion pura di un oggetto che è della ragion pratica ho molto discusso, e riflettuto, e questa è la
"conclusione" cui sono giunto, perchè altrimenti ritengo non sia spiegabile come quello che, sostanzialmente,
non è un oggetto - quello della ragion pratica, o oggetto dato nell'idea - venga, e "debba essere" trattato
dalla ragion pura come un vero e proprio oggetto).

|Concordo perfettamente!|


Sulla base del ragionamento svolto ti chiedo: ritieni plausibile tracciare un parallelo fra l'"objekt", o
oggetto "intenzionato", e l'oggetto di conoscenza, cioè quello dato empiricamente (che, naturalmente, sottintende
l'altro parallelo fra il "gegenstand" e l'oggetto della ragion pratica, o oggetto dell'idea, re-inserito nella
ragion pura)?

|Meglio restare prima nella teoretica. Gegenstand come "entità oggettiva indifferenziata" è la materia informe cui si dirige l'intenzionalità categoriale. Essa è Objekt "dopo", ossia quando sarà ritrovata a valle di questo processo intellettuale di in-tensione che predispone ad un "dare senso di oggetto all'oggetto". KrV contiene in nuce una dinamica che era semplicemente estranea al tempo di Kant e quindi non leggibile letteralmente, nè con le lenti del tempo. Il "Cantico delle Colonne" di Valery" mi suggerisce questa immagine. Quanto al Gegenstand della ragion pratica, esso è definibile come "contesto", oppure come "situazione". Faccio fatica ad astrarre così tanto da percepirlo in una assonanza con l'oggetto della ragion pura. Ma, con un po' di sforzo, ci proverò.
Il punto è che io vi trovo inerenze e non parallelismi: nel primo caso con chiarezza e pensiero compiuto, nel secondo per fiducia e in modo indistinto.|


Se (se...) però il mio ragionamento fosse "coerente", si porrebbe un problema di non facile soluzione: quello
del "fenomeno" riferito all'oggetto della ragion pratica, o oggetto dell'idea, o gegenstand che dir si voglia.
Perchè a rigor di logica la ragion pura dichiara che "oggetto" è solo ed esclusivamente quello empiricamente
verificabile (cioè l'objekt, mi par di capire); mentre, e come anche tu affermi, l'altro "oggetto" è: "oggettività
prima che oggetto".

|Corretto, sì. Ma le cose sono più semplici. Al tempo di Kant "esperienza" era rappresentazione (Vorstellung) in senso proprio teatrale. Darstellung, altro modo di dire "rappresentazione" é meno usato e ha un'altra densità di significato. Il senso di confine tra queste due parole è il seguente: "vor" sta per "prima", "dar" "ora". Ok? Sembra un piccolo prefisso, però è importante.
Normalmente Darstellung è la rappresentazione teatrale, come esperienza "prevista" in italiano. In tedesco è il contrario...!
Dunque Vorstellung è la rappresentazione "verificabile", hai ragione, in quanto "deve" in se stessa possedere i requisiti della "verificabilità" analitica nel suo rappresentarsi.|

E quindi: quale "fenomeno" può esistere di una idea assunta come oggetto? Voglio dire: se
non "ex-siste", se non "sta fuori", nessun oggetto come potremmo parlare di interpretazione? E' forse possibile
che ciò che è già fenomeno origini un altro fenomeno (se non in riferimento alla catena semiotica dei significati
e dei significanti)?
In definitiva: come può IL fenomeno originare IL fenomeno?
Sulla questione del "risalire" fino al punto di incontrare la cosa in sè ho lungamente discusso con un "semiotico"
(allievo di Carlo Sini), che mi ha fatto conoscere la bellezza e la profondità di questa disciplina filosofica.
In breve (poi, magari, potremmo approfondire; ma ho anche intenzione di fare un post apposito), la semiotica
dice che l'"origine" (o "Evento") è una "assenza". Quindi, la cosa in sè non è conoscibile se non come "assenza"
(ma è già "conoscere", non trovi?)?
Nel mio "sincretismo" ho anche cercato di pensare a dei riferimenti con il "sein" cancellato (quindi un "sein"
come assenza, presumo) di Heidegger, ma non vorrei divagare troppo.
con altrettanta grande stima
mauro
(potrei aver invertito il significato di "objekt" e "gegenstand", ma il concetto mi sembrerebbe chiaro- per
quanto lo possa essere a questi livelli di astrazione)

(Comprensione perfetta).
Ho ancora un problema: per me "evento" ha il senso fisico di "oggetto-evento" come insieme individuabile di traiettorie storiche dentro uno spazio delle fasi.
Non mi riesce di individuarlo come insieme vuoto, a meno che le sue determinazioni siano definite in modo da non potersi determinare "assolutamente".
L'Idea come fenomeno non è Kant, ma può essere un concetto vivissimo.
Ma "il" fenomeno non è "alcun" fenomeno in particolare. Non per questo esso non può esistere.
Un esercito di scimmie messo al computer scriverebbe, nell'eternità, l'intera letteratura universale ed anche la Krv, tra infinite insensatezze e il mio intero diario scolastico delle elementari...
Giusto? In che senso?
Giusto perchè innegabile. E non per altro.

"Il" fenomeno è l'esercito di scimmie al computer. Ogni scritto sensato, in qualsiasi lingua, per tutta l'eternità: "quello" è un fenomeno, non "il".
Ciò che riconosce "senso" nel caos è l'"ente razionale delimitato", che sono io, e sei tu, e siamo noi.
Rifletterò ancora sul resto.
leibnicht is offline  
Vecchio 09-02-2013, 02.53.58   #70
leibnicht
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Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Al Collegium Fridericianum Kant aveva appreso bene il latino.
Quando Kant intraprese gli studi di filosofia (insieme a teologia e matematica), presso l'università di Königsberg, quella era basata su Leibniz e Wolff i quali avevano scritto in latino.
Per mantenersi insegnava latino.

Numerosi studiosi sostengono che Kant pensasse le sue opere in latino; non si può dire se sia vero o no mancando la conferma o la smentita di Kant. In ogni modo Kant metteva accanto ai termini fondamentali della sua filosofia i termini latini.

Qualche indicazione potrebbe venire dalla analisi del lessico latino.

Hoc quam verum esse videtur quoniam Immanuel ipse saepe latinum scripsit ante 1770ad! La nota dissertatio "De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis" è del 1769.
Mille parole latine e altrettante greche sono nella KrV, e dopo anche. Di queste tante sono rimaste nel lessico tedesco.
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