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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 23-01-2013, 18.38.59   #11
sgiombo
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Mauro
Kant non conosceva la teoria scientifica dell’ evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale; dunque non poteva fondare la morale sulla scienza. N.B.: non dico che l’ avrebbe fatto se l’ avesse potuto..

Non intendevo affermare (sono stato un po’ ambiguo nel precedente intervento) che è scientificamente accertato che la selezione naturale fonda la morale, ma che si può (e secondo me, che sono razionalista, si deve) spiegare la morale su un fatto scientificamente accertato che è la teoria dell’ evoluzione biologica per mutazioni genetiche causali e selezione naturale. E che una tale spiegazione costituisce (secondo le mie convinzioni, ovviamente) un fondamento ben più solido di quello metafisico kantiano (fondato sulla ragione pratica; o piuttosto sulla critica di essa? Posso sbagliarmi, ma credo che ci si possa intendere).

Cerco di spiegare brevemente.
Noi sentiamo dentro di noi quella parte che è universalmente umana degli imperativi morali nello stesso modo naturale nel quale sentiamo -per esempio, fra altre sensazioni interiori- la fame, l’ appetito sessuale o la fatica per un intenso e prolungato sforzo muscolare per il fatto che in seguito all’ evoluzione biologica siamo divenuti tali da presentare queste tendenze comportamentali, come direbbero i “fondamentalisti della selezione naturale” perché necessarie affinché possiamo sopravvivere e riprodurci; io direi piuttosto più in generale (e senza negare in particolare la loro effettiva necessità nella fattispecie) perché non troppo sfavorevoli a sopravvivenza e riproduzione (questo è in generale il “criterio” -per usare un antropomorfismo in senso puramente metaforico- della selezione naturale: tant’ è vero che abbiamo anche la tendenza comportamentale a cercare di ascoltare musica godendone il che, come nel caso di tante altre tendenze comportamentali, ai fini della sopravvivenza e riproduzione non serve a nulla; anzi potrebbe forse essere dannoso, stando ai “fondamentalisti della S.N”: metti che mentre ci stiamo godendo la Toccata e fuga di Bach riprodotta da un impianto “hi-fy” seduti in giardino -siamo ovviamente distratti- non ci accorgiamo che un albero ci sta cadendo in testa…).
I comportamenti degli animali conseguenti all’ evoluzione biologica sono più o meno standardizzati oppure plastici, variabili, imprevedibili, “creativi” a seconda della efficienza e complessità dei rispettivi sistemi nervosi, ma nell’ uomo lo sono in misura spropositatamente maggiore a qualunque altro animale (un cosiddetto “salto di qualità").
Per questo buona parte delle tendenze comportamentali umane (e solo nell’ uomo anche “contemplative”: tendenza non solo ad agire ma anche a pensare più o meno distaccatamente e “teoricamente” -nel senso del contrario di “praticamente”- alle azioni proprie e altrui e a provare di conseguenza sentimenti di approvazione o disapprovazione, cioè a fare valutazioni morali) non sono universali e costanti in senso assoluto ma variano storicamente e geograficamente (secondo me la teoria del materialismo storico spiega perfettamente queste variazioni, anche se è stata spesso male interpretata semplicisticamente e troppo meccanicisticamente da molti epigoni e seguaci dei suoi due scopritori).

Questa in estrema sintesi la possibile spiegazione della morale fondata su fatti biologici scientificamente accertati.
Francamente mi sembra un fondamento ben più solido che la speranza che esista Dio, che l’ anima sia immortale, che vi sia un premio ultraterreno per i buoni e un castigo per i cattivi.
Magari ci fossero davvero! Ma anche in assenza di essi -e invero anche senza bisogno della spiegazione biologica- credo che la morale si fondi comunque su se stessa, essendo convinto con gli stoici che “la virtù è premio a se stessa”, come è anche evidente dall’ osservazione del comportamento di molti atei e agnostici da una parte e di molti credenti nelle più svariate religioni dall’ altra.

Ti saluto per parte mia (spero anche da parte tua, anche se devo dire sinceramente che mi viene qualche dubbio, purtroppo) molto cordialmente e amichevolmente.
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Vecchio 23-01-2013, 22.43.55   #12
FedeFreak
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Riferimento: Kant: chi sei?

@sgiombo

Effettivamente, ricollegandomi a quello che ha notato Oxdeadbeef, in che senso per te è evidente che nell'uomo c'è una legge morale insita nel suo essere? Riesci a farmi degli esempi pratici? Perché io non ci credo molto: che l'uomo possa accettare una legge morale come necessaria per la convivenza, ok. Ma che sia un universale senso comune condiviso da tutti, non so.
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Vecchio 24-01-2013, 15.12.04   #13
sgiombo
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Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da FedeFreak
@sgiombo

Effettivamente, ricollegandomi a quello che ha notato Oxdeadbeef, in che senso per te è evidente che nell'uomo c'è una legge morale insita nel suo essere? Riesci a farmi degli esempi pratici? Perché io non ci credo molto: che l'uomo possa accettare una legge morale come necessaria per la convivenza, ok. Ma che sia un universale senso comune condiviso da tutti, non so.

Esempio:
Credo che tutti sentano dentro di sé che ci si deve (ci si dovrebbe, anche se non sempre ci si riesce) comportare verso gli altri come si vorrebbe che gli altri si comportassero verso noi stessi.
In particolare che se qualcun altro ha bisogno del nostro aiuto e noi si è in condizione di darglielo, allora glielo si debba dare.
Che non si debbano ingannare gli altri.
Che si debba essere equi, imparziali, disinteressati nelle scelte che riguardano più persone e implicano priorità fra di loro.
Queste tendenze comportamentali le abbiamo in conseguenza dell’ evoluzione naturale per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale in quanto non dannose, anzi favorevoli per la sopravvivenza della nostra specie (proprio come abbiamo la tendenza ad alimentarci, ad accoppiarci sessualmente, a cercare riparo dal caldo e dal freddo eccessivi).
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Vecchio 24-01-2013, 21.43.01   #14
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Giorgiosan
Perdonami ma questo nostro discutere mi sa molto di "leziosità".
Che l'interpretazione dominante nei licei (ma direi anche nelle università) italiani sia quella che tu riporti
è cosa risaputa: semplicemente non è la mia interpretazione (non è ciò che io "penso" di Kant; un "io penso"
inteso come unità originaria dell'appercezione).
In fondo, io non ti sto dicendo che Kant fosse un "mangiapreti"; ma che era una persona profondamente immersa
nella problematica religiosa. Se poi tu "risolvi" nella Fede tale problematicità, io non so che farci.
Personalmente, sono arrivato a questa interpretazione di Kant ANCHE esaminando posizioni filosofiche come si
ritrovano in Dostoevskij, in Tolstoj, in Weber e persino, seppur con accenti diversi, in Camus; che mi sembra
in qualche modo possano ricollegarsi, esistenzialmente, a quella di Kant.
A questi grandi nomi, vorrei mi sia permesso umilmente di accostare anche la mia esperienza, visto che anch'io "spero"
in Dio senza "credervi". Io penso che lo sperare non equivalga a credere (se domattina io giocassi al
superenalotto potrei sperare di vincere, ma non potrei dire "io penso -o credo- di vincere").
Un saluto
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 24-01-2013, 22.57.03   #15
0xdeadbeef
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Giulio
No, questa tua spiegazione fa acqua da tutte le parti (possiamo parlarci così, no? In fondo siamo ormai come
due vecchi amici - e davvero non mi spiego, oltre che ne sono dispiaciuto, le parole che aggiungi ai saluti
finali: ma che dici?). E tu sei persona troppo intelligente per non accorgertene (solo che il tuo "retroterra"
culturale non ti consente di prendere in considerazione un qualcosa che non ha spiegazione: l'"imponderabile").
Gli esempi che fai (fame, istinto sessuale, fatica, musica - anche se quest'ultima è interessante, e meriterebbe
un approfondimento) sono un qualcosa di comune a tutti gli uomini. Ma la moralità no, essa non ha questa
caratteristica.
Non nego che attraverso il DNA vengano trasmesse determinate caratteristiche comportamentali, come non nego
l'importanza di quella che Jung definiva "sedimentazione archetipica"; ma, nel caso dell'uomo, queste non sono
che tracce debolissime.
Proprio ieri, qui vicino a dove abito, un marito marocchino ha tentato di uccidere la moglie (italiana) perchè
si era messa una gonna che lui giudicava troppo corta. Allora: quale dei due è il comportamento rivolto alla
sopravvivenza ed alla riproduzione?
Ah certo, è molto facile dire: "quello della moglie", perchè veniamo da un retroterra che ha abbondantemente
"digerito" certe cose. Ma resta il fatto che il marito rivendica (a mio avviso giustamente - oltre che
"scandalosamente") la giustezza del suo comportamento, e di conseguenza l'immoralità della moglie.
Naturalmente, questo è il classico caso-limite (frequentissimo però, e di grande rilevanza teorica, oltre che
"pratica" per quanto riguarda un mondo ormai globale). Vi sono altresì altri e numerosissimi esempi che
riguardano la medesima cultura (il medesimo insieme segnico). Prendi, che so, dibattiti come quelli che
riguardano il fine-vita, l'embrione, i matrimoni gay etc.
Insomma, per adesso non scrivo altro, in attesa di tue considerazioni.
Anzi, una cosa veloce voglio ancora dirla, ma non su quest'argomento. Io credo sia un errore attribuire a
delle parole scritte un significato particolare (a meno che, naturalmente, queste parole non siano esplicite).
Voglio dire: non vedendo la faccia di chi ci sta davanti; la sua espressione; il suo tono di voce o tutti
quei piccoli "segni" che ci danno indicazioni circa l'atteggiamento dell'interlocutore nei nostri confronti,
risulta spesso molto difficile interpretare questo atteggiamento, e alto diventa il rischio di fraintendere.
Insomma Giulio, credimi: io ho solo simpatia e stima per una persona come te, e sono felicissimo di averti
incontrato di nuovo.
mauro
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Vecchio 25-01-2013, 08.29.33   #16
sgiombo
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Riferimento: Kant: chi sei?

Oxdeadbeef:
Gli esempi che fai (fame, istinto sessuale, fatica, musica - anche se quest'ultima è interessante, e meriterebbe un approfondimento) sono un qualcosa di comune a tutti gli uomini. Ma la moralità no, essa non ha questa caratteristica.

Sgiombo:
Io invece penso che tendenza a comportarsi (e a ritenere buona cosa il farlo, male il non farlo) verso gli altri come vorremmo che gli altri si comportassero verso di noi, ad aiutare chi ne ha bisogno, a non esercitare violenza fisica o mentale (inganno) sugli altri per costringerli a fare qualcosa contro la loro volontà siano innate e abbiano la stessa (molto solida; certamente più della speranza nell’ esistenza di dio, nell’ immortalità dell’ anima e in una giustizia ultraterrena, peraltro non necessaria alla moralità) origine e spiegazione degli istinti all’ alimentazione, alla riproduzione, a ripararsi dagli eccessi climatici: sono tutti comportamenti necessari alla nostra sopravvivenza.
La tendenza a godere della musica, a parte il fatto di essere generalizzata, è più simile alla tendenza alla monogamia o alla poligamia, all’ accettazione o meno dell’ omosessualità o alla considerazione paritaria oppure “gerarchica" (patriarcato ma anche matriarcato) dei sessi (malamente detti “generi”, secondo la moda corrente), essendo più “gratuite”, non indispensabili alla perpetuazione e diffusione della specie umana (basta e avanza un’ eterosessualità non universalmente generalizzata); questi ultimi tipi di comportamento sono condizionati dalle mutevoli circostanze storiche e geografiche, sociali, culturali e dunque non universalmente umani e mutevoli nel tempo).


Oxdeadbeef:
Non nego che attraverso il DNA vengano trasmesse determinate caratteristiche comportamentali, come non nego l'importanza di quella che Jung definiva "sedimentazione archetipica"; ma, nel caso dell'uomo, queste non sono che tracce debolissime.
Proprio ieri, qui vicino a dove abito, un marito marocchino ha tentato di uccidere la moglie (italiana) perché si era messa una gonna che lui giudicava troppo corta. Allora: quale dei due è il comportamento rivolto alla sopravvivenza ed alla riproduzione? Ah certo, è molto facile dire: "quello della moglie", perchè veniamo da un retroterra che ha abbondantemente "digerito" certe cose. Ma resta il fatto che il marito rivendica (a mio avviso giustamente - oltre che "scandalosamente") la giustezza del suo comportamento, e di conseguenza l'immoralità della moglie. Naturalmente, questo è il classico caso-limite (frequentissimo però, e di grande rilevanza teorica, oltre che "pratica" per quanto riguarda un mondo ormai globale).


Sgiombo:
Non voglio apparire cinico, ma mi sembra un caso tipico di quella parte della morale che è socialmente e storicamente condizionata, variabile e transeunte (il comportamento umano fa un "salto di qualità" quanto a variabilità e creatività rispetto a quello di ogni altra specie animale; di qui la storia, che é propriamente ed esclusivamente umana): pur essendo relativamente “in controtendenza”, per così dire, ai fini della diffusione della specie umana, non è certo tale da impedirla (esattamente come le corna dei cervi e le code dei pavoni, nonostante favoriscano con tutta evidenza i rispettivi predatori).
Ma quell’ uomo, come ogni uomo, mentre cercava di uccidere la moglie, sentiva dentro di sé che se sua sorella o sua figlia si comportassero come sua moglie, allora i rispettivi mariti dovrebbero fare loro la stessa cosa che lui stava facendo al proprio coniuge.


Oxdeadbeef:
Io credo sia un errore attribuire a
delle parole scritte un significato particolare (a meno che, naturalmente, queste parole non siano esplicite). Voglio dire: non vedendo la faccia di chi ci sta davanti; la sua espressione; il suo tono di voce o tutti quei piccoli "segni" che ci danno indicazioni circa l'atteggiamento dell'interlocutore nei nostri confronti, risulta spesso molto difficile interpretare questo atteggiamento, e alto diventa il rischio di fraintendere.
Insomma Giulio, credimi: io ho solo simpatia e stima per una persona come te, e sono felicissimo di averti
incontrato di nuovo.
mauro


Sgiombo:
Sono perfettamente d’ accordo con queste considerazioni.
Proprio perché anch’ io ho grande considerazione di te e mi preme di essere ricambiato mi era venuto qualche dubbio per la relativa (rispetto ad altre occasioni), apparente freddezza dei “saluti” alla fine dei tuoi interventi e ho sentito il bisogno di fugarli (sarà un inizio di Alzheimer?).
Ma non facciamo troppo i sentimentali (...solo un' inizio, spero!) e consideriamo questi chiarimenti come definitivi: non coltiverò più simili dubbi.

A presto!
sgiombo is offline  
Vecchio 25-01-2013, 15.28.31   #17
Giorgiosan
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Riferimento: Kant: chi sei?

Citazione:
Originalmente inviato da leibnicht
Il fatto che l'esistenza di Dio sia affidata alla Ragion Pratica, anziché alle Teoretica, conduce e traduce Dio in modo assai più intenso e pregnante nell'esistenza: perché l'esistenza è il darsi umano dell'Essere.
Kant, nella immensità del suo genio umilissimo, ci ripete il messaggio di Cristo.
L'esercizio della Legge, quella divina, ci consente di trascendere davvero il fenomeno che noi risultiamo essere: essa è l'unico radicale noumenico che risolve l'equazione del nostro esistere.
Direi che il tuo commento sintetico è perfettamente centrato. Hai colto l’intenzione ed il senso di tutta la costruzione filosofica di Kant.
Dio è rivelato, dalla legge morale. La legge morale per Kant equivale alla legge di Dio.
Ovviamente Kant aveva una concezione teologica di Cristo consona a quella luterano-pietista:
“Maestro divinamente ispirato, ma totalmente e autenticamente umano” dice ne La religione entro i limiti della semplice ragione , “potrebbe nondimeno parlare di sé, con piena verità, come di una manifestazione in carne e ossa (nell’insegnamento e nella condotta) dell’ideale del Bene” con le quali parole esprime filosoficamente l’incarnazione del Logos.
Prosegue con una parafrasi filosofica di Genesi: “Per i suoi insegnamenti e il suo esempio, costui si presentava come un vero uomo, e tuttavia si annunziava come un inviato che, per lignaggio e innocenza originaria, non rientrava nel patto che il resto del genere umano, mediante il suo rappresentante (il primo uomo), aveva stipulato con il principio cattivo.”
Non occorre fare notare a te espressioni come inviato, innocenza originaria, patto, primo uomo ma lo sottolineo ad uso di chi dovesse leggere eventualmente questo post e fosse poco avvezzo a cogliere i riferimenti biblici.
Kant riconosce che non potendo l’essere umano con le sue sole forze eliminare il male radicale, è stato necessario l’intervento diretto di Dio mediante la venuta sulla terra di Gesù Cristo.
Kant ha una fede razionale e da par suo riesce come mai non era riuscito nessuno a tradurre in termini razionali il suo profondo e convintissimo cristianesimo.
Egli estrae e difende quello che considera il nucleo razionale della sua fede religiosa cristiana.
Kant afferma che la religione cristiana è l’unica vera religione naturale e rivelata e che è quella religione che possiede “ il grande carattere richiesto per la vera chiesa, cioè la qualificazione all’universalità”.


Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Kant non crede in Dio (è bene essere chiarissimi su questo aspetto, che in troppi ancora male interpretano). Per Kant, Dio non ha più realtà dell'idea di avere "cento talleri in tasca" (la metafora è dello stesso Kant)

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Esatto: Kant non "crede", ma solo "spera" in Dio (questa è l'interpretazione che io ricavo da: "La religione
entro i limiti della sola ragione").
Era "ateo"? Quanto può esserlo uno fa scrivere nel proprio epitaffio i motivi della sua speranza in Dio.
Inoltre, Kant afferma che non si può essere certi dell'inesistenza di Dio. Che non è la stessa cosa che porre in parità, per così dire, le probabilità dell'esistenza o dell'inesistenza.
Tutto ciò si riversa anche nella concezione giuridica che ha Kant; una concezione in cui la legge morale può "ispirare", ma mai "determinare" la legge giuridica (per Kant insomma il peccato non equivale al reato).
Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Perdonami ma questo nostro discutere mi sa molto di "leziosità".
Che l'interpretazione dominante nei licei (ma direi anche nelle università) italiani sia quella che tu riporti è cosa risaputa: semplicemente non è la mia interpretazione (non è ciò che io "penso" di Kant; un "io penso" inteso come unità originaria dell'appercezione).
In fondo, io non ti sto dicendo che Kant fosse un "mangiapreti"; ma che era una persona profondamente immersa nella problematica religiosa. Se poi tu "risolvi" nella Fede tale problematicità, io non so che farci.
Personalmente, sono arrivato a questa interpretazione di Kant ANCHE esaminando posizioni filosofiche come si ritrovano in Dostoevskij, in Tolstoj, in Weber e persino, seppur con accenti diversi, in Camus; che mi sembra in qualche modo possano ricollegarsi, esistenzialmente, a quella di Kant.
A questi grandi nomi, vorrei mi sia permesso umilmente di accostare anche la mia esperienza, visto che anch'io "spero" in Dio senza "credervi". Io penso che lo sperare non equivalga a credere (se domattina io giocassi al superenalotto potrei sperare di vincere, ma non potrei dire "io penso -o credo- di vincere").

E’ leziosa la difesa della tua tesi “Kant non crede in Dio”, un Kant veramente improponibile.
E’ leziosa nel senso di ricercata e aggiungo cervellotica la distinzione che fai fra fede speranza e credenza … ma anche questa è una tua opinione non condivisa da alcuno.

Kant non era un mangiapreti affermi, forse per captatio benevolentiae nei miei confronti, ignorando che sono un teologo laico che non può certo dirsi filo-clericale.
(Ti informo comunque che Kant ha espressioni di un certo disprezzo nei confronti dei preti.)

Riguardo alle ineguale possibilità della esistenza e dell’inesistenza di Dio dal punto di vista teoretico come è possibile che la ragione possa indagare un problema di ordine metafisico quando nella critica della ragion pura Kant teorizza proprio questo come limite della ragione?

Citazione:
Originalmente inviato da 0xdeadbeef
Io penso che lo sperare non equivalga a credere (se domattina io giocassi al superenalotto potrei sperare di vincere, ma non potrei dire "io penso -o credo- di vincere").

Al di la di quello che uno potrebbe dire mi sembra senza senso che uno giochi senza avere alcuna speranza di vincere o senza aver alcuna fede nella possibilità di vincere o senza pensare di poter vincere o senza credere di poter cogliere quella unica probabilità su 600 milioni.

Le differenze fra credere sperare e aver fede non riguardano il significato ma solo la preferenza nell’uso.

Nella lingua italiana sono sinonimi cioè uguali per il loro significato denotativo, vale a dire quello primario, che prescinde dai significati aggiuntivi, storici, culturali o emotivi, presenti nell'uso …. ma la tua attitudine, mi permetto di dire, è più quella letteraria che filosofica.

P.S Se vorrai esplicare la tua affermazione - non è ciò che io "penso" di Kant; un "io penso" inteso come unità originaria dell'appercezione- potrò commentarla ...

N.B. La sottolineatura dei post di 0xdeadbeef è mia.

Ultima modifica di Giorgiosan : 25-01-2013 alle ore 18.11.27.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 25-01-2013, 17.24.46   #18
sgiombo
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Oxdeadbeef (Mauro)

Ripensandoci mi accorgo di aver fatto un po' di confusione.
Kant pensava di fondare la morale sulla ragion pratica, cioé, credo, di dimostrare che ci sono imperativi etici cui ottemperare, mentre quello che propongo io é una spiegazione;cioé per parte mia non pretendo di dimostrare che si deve agire moralmente (cosa che non credo necessaria, in quanto con gli stoici sono convinto che "la virtù é premio a se stessa", per l' uomo "virtuoso" quale cerco di essere: lo si sente, come tutto ciò che é fine e non c' é bisogno di dimostrarlo, né é possibile, contrariamente ai mezzi per conseguire determinati scopi in determinate circostanze); con la teoria scientifica dell' evoluzione biologica ne do semplicemente una spiegazione: ecco perché sentiamo imperativi morali! E non: ecco dimostrato che si devono seguire i seguenti imperativi morali (cosa che ritengo da una parte impossibile, dall' altra non necessaria).

Ciao!
sgiombo is offline  
Vecchio 25-01-2013, 20.46.59   #19
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Giorgiosan
Prima di tutto, che quella interpretazione di Kant sia solo mia e non condivisa da nessun altro è una cosa
di cui mi preoccupo assai poco (visto che non sono un politico in cerca di "consenso").
Secondariamente, mi risulta che ci siano alcuni che la condividono (ad esempio Max Weber, da sempre conosciuto
nei licei come "storicista", ma del quale A.Giddens traccia un ritratto in cui lo definisce "kantiano radicale").
Noto piuttosto che possiedi, come dire, una certa vena inutilmente polemica, dal momento che "estrapoli" una
parola ("mangiapreti") che io ho usato per dire, ed era evidente, di non aver certo sostenuto che Kant potesse
dirsi ateo, materialista o comunque estraneo alla problematica posta dalla religione.
Certamente, avessi saputo che sei un teologo, laico e non filo-clericale (io invece ti confesso, da non credente,
di avere una certa simpatia per i preti) avrei cercato di "captare" la tua benevolenza in altro modo...
Riguardo all'esistenza o all'inesistenza di Dio, mi sembra che Kant affermi molto chiaramente che l'esistenza
di Dio non può essere esclusa (come io non posso escludere di poter vincere al superenalotto - cioè: lo posso
escludere, visto che non sono uso a giocare a nessun gioco, ma non ci interessa).
Se nella lingua italiana "sperare" e "credere" sono sinonimi, vorrà dire che mi toccherà esprimermi in un'altra
lingua. Ma non ce n'è bisogno, visto che sinonimi non sono (lo saranno -anzi lo sono- semmai per la teologia).
Devo, anzi, dirti che il tuo indistinguere fede e speranza mi sembra un grave errore di prospettiva (che
c'entrerà poi l'attitudine letteraria o filosofica...).
Comunque sta bene: se tu mi dimostri di aver ragione, d'ora in poi mi dichiarerò "credente" (oltre che, cosa
ben più importante, reputerò credente anche Kant)
Riguardo all'"io penso": l'"io penso", sappiamo bene, è per Kant l'unità originaria dell'appercezione.
L'"io penso" kantiano, questa è la mia interpretazione (sarà bene che io cominci a specificarti che "per me"
non si parla mai di "fatti", o di "oggetti", ma solo e sempre di interpretazioni), è la premessa necessaria
di ogni conoscenza. Perchè ogni conoscenza null'altro è se non interpretazione (alla medesima conclusione mi
pare giunga Kant, soprattutto nell'"Opus Postumum").
un saluto
0xdeadbeef is offline  
Vecchio 25-01-2013, 22.14.39   #20
0xdeadbeef
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Riferimento: Kant: chi sei?

@ Giulio
A mio avviso, è improponibile parlare di "innatismo" in riferimento alla morale. Se non, come dicevo, nelle forme
debolissime che possiamo rilevare nella trasmissione genetica e nella sedimentazione archetipica (che poi
sono probabilmente la stessa cosa).
Un mio amico allevatore di cani, sostiene che è possibile "selezionare" non solo le caratteristiche fisiche
tipiche di una qualche razza, ma anche le caratteristiche comportamentali. Come? Appunto "selezionando" gli
esemplari che presentano più spiccatamente quelle caratteristiche, e facendoli poi accoppiare fra loro.
Dai due esemplari selezionati nascerà una cucciolata sulla quale si ripeterà l'operazione, e così via.
Insomma Giulio: questo esempio spiega, credo, la trasmissione genetica, ma la vogliamo estendere dai cani agli
esseri umani? Voglio dire: se anche è pensabile una "tendenda" del tipo che illustri (che la religione cristiana
sintetizza in: "ama il prossimo tuo come te stesso"), essa non è certamente comune a tutti gli esseri umani.
Anzi, direi proprio che non è affatto comune...
Se vi fosse una caratteristica innata come quella che dici, non avremmo assistito a quello che è stato forse
il secolo più crudele di tutta la storia dell'uomo: il 900. Non avremmo assistito ad "Auschwitz" (un Auschwitz
inteso nel senso, filosofico, che gli diede Adorno, e che significa il luogo "nel" quale la cultura muore;
il luogo "oltre" il quale l'unica parola possibile diventa: "mai più").
Ho citato solo un esempio (ma che esempio...), ma tanti altri se ne potrebbero fare. Quindi no, io non credo
ad un istinto innato che va nella direzione che dici: la storia fa letteralmente a pezzi una simile tesi.
Credo, anzi, vi sia un istinto innato, ma esso è rintracciabile nella "volontà di potenza" (stupendamente
interpretata in senso psicologico da A.Adler); in quel "gene egoista" che forse muove anche gli spiriti più
nobili; nella morale intesa alla maniera dell'empirismo anglosassone, ovvero come quel "movente" che spinge
alla ricerca di un "bene" che è inteso in maniera soggettiva (il "bene" è ciò che io ritengo sia bene per me).
Perchè il punto è tutto in queste ultime righe: cosa si intende con la parola "morale"?
Si intende forse, con "morale", quell'agire in vista di un fine che: "è ciò che è e non può essere altrimenti"?
Cioè un fine che rappresenta una realtà perfetta? Oppure con "morale" si intende l'agire in vista di un qualcosa
che è oggetto del desiderio soggettivo?
Tu affermi che la "morale" è l'agire verso gli altri come vorremmo che gli altri agissero verso di noi. Ma così
non delinei altro che una "realtà perfetta", perchè non consideri che il desiderio di molti potrebbe essere (è)
quello di sopraffare gli altri, di usarli allo scopo di soddisfare la propria volontà di potenza.
E allora che facciamo? "Selezioniamo" quelli che la pensano come te (come noi) allo scopo di poter affermare
una presunta scientificità insita nell'innatismo della trasmissione genetica?
O piuttosto riconosciamo il "dramma" esistenziale di un uomo costretto ad operare una SCELTA di valore senza
poter dare a questa scelta nessun fondamento razionale?
Max Weber, un pensatore da me ammiratissimo, diceva splendide parole su questo dramma (se le ritrovo te le posto),
sottolineando che esso deve essere sopportato "virilmente" (chi è incapace di sopportarlo, è meglio che si
rifugi fra le braccia compassionevoli della religione, dice Weber).
Concludo esprimendoti la mia soddisfazione per l'ultima tua frase (no, non è Alzheimer, ma forse è l'atteggiamento
di un uomo molto sensibile). Il fatto che non coltiverai più simili dubbi è, per me, molto più importante
di qualsiasi disaccordo filosofico.
Ciao caro Giulio, io ti ritengo un amico.
0xdeadbeef is offline  

 



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