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13-01-2012, 21.12.02 | #83 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: L' uomo non pensa
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Ultima modifica di Tempo2011 : 14-01-2012 alle ore 03.11.55. |
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14-01-2012, 12.49.05 | #84 |
Ospite abituale
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Riferimento: L' uomo non pensa
Alcuni ritengono che anche solo il darwinismo da solo distrugga il trascendentale, per non parlare di tutte le argomentazioni filosofiche dall'idealismo a oggi...
E' una posizione arbitraria che nasce da un grave fraintendimento. Anche qui, è volontà di potenza applicata in modo assai maldestro: si prende un criterio in cui è stata trovata una regolarità e dei riscontri empirici e arbitrariamente ne si fa una teleologia senza alcun interrogarsi sul valore veritativo e sull'a-priori di questa conoscenza: risultati? Pastrocchi fumosi, fondamentalisti e indigeribili come "psicologia evoluzionista" e deliri campati per aria senza sostanzialità del genere. Il motivo per cui il darwinismo distruggerebbe il trascendentale (nell'accezione kantiana) è questo: intuizioni pure e categorie sarebbero i costrutti mentali tramite cui gestiamo la conoscenza empirica. Se questo modo di gestire la conoscenza fosse a-priori non deriverebbe della natura, ma anzi, costruirebbe una natura che vi si accordi tramite l'esperienza. Ma se noi ci siamo evoluti dalla natura allora le nostre categorie derivano dalla natura, sarebbero a-priori relativamente all'essere umano per come è oggi, ma non relativamente a come era in passato. Dunque non saremmo noi ad additare alla natura certe caratteristiche, sarebbe la natura ad averle additate a noi. Mi rendo però conto di una difficoltà... se per Kant intuizione pure e categorie fossero i modi a-priori di un'eseperienza possibile in sé (e qui dovrei rileggere i testi, cosa che farò quanto prima), dire che l'essente (ogni parte della natura quantuque la si voglia dividere) è esperienza o memoria o rapporto (cosa che sembrava venir fuori dalla discussione: L'uomo pensa), vorrebbe dire incastrarlo già tra intuizioni pure a categorie; allora sarebbe normale che l'uomo conosca attraverso quegli schemi pur derivando dalla natura se la natura quando deve presentarsi, porsi, quindi quando non è posta per sé ma nella relazione, lo fa attraverso quei modi (tra i quali troviamo il principio di causa-effetto). Non a caso dirsi liberi per Kant vuol dire oltrepassare il rapporto tra soggetto e oggetto in cui si sintetizza la conoscenza e intuire l’essenza del soggetto in sé; il giudizio estetico puro, infatti, non porterebbe una conoscenza teoretica e sarebbe scatenato dall'intrinseca libertà tramite cui possiamo far uso delle nostre facoltà. Dato che la cosa inizia a farsi complessa, o almeno mi pone davanti un bivio che sarà opportuno valutare attentamente, per ora mi asterrò da ulteriori commenti. Ciao Plissken! e ciao a tutti! Ultima modifica di Aggressor : 14-01-2012 alle ore 18.02.41. |
15-01-2012, 14.11.44 | #85 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' uomo non pensa
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Ho apprezzato questo post. Il monismo materialista come d'altra parte il monismo spiritualista generano delle concezioni della realtà "dimezzate". Le prime come le seconde non convincono, non riuscendo a dare ragione di tutta l'esperienza umana, esperienza intesa nel senso più largo possibile. Non so se per proiezione personale sull'evoluzione storica della conoscenza umana o se per la percezione di una realtà storica effettivamente tale, mi sembra che sia e debba essere definitivamente archiviata ogni velleità monistica a cui si attaglia bene la qualifica di fondamentalismo. Anche la presente temperie culturale caratterizzata dal relativismo, in tutte le sue forme, è il segno di una sfinitezza culturale verso ogni monismo e il suo volto intollerante, arrogante e assolutistico. Sia chiaro che non mi riferisco al relativismo ontologico che è un altro aspetto di monismo ma ad un atteggiamento di umiltà intellettuale ed allo stesso tempo d'intelligenza che solitamente sa trovare in ogni visione del mondo qualcosa che vale la pena di fare proprio e di salvare come vero. Questo mutamento è, a ben vedere, il cambiamento epocale della cultura che inevitabilmente, lo spero, porterà nuovi frutti alla riflessione umana. Vedo quanto hai espresso in questo post come un segno del cambiamento in atto....se non ho fatto una proiezione dei miei desideri. |
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16-01-2012, 23.21.08 | #86 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: L' uomo non pensa
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Intuizione si usa in diverse accezioni. A me sembrava chiaro dal contesto che intendevo la percezione diretta, senza la mediazione della conoscenza discorsiva, di un oggetto del pensiero e delle sue relazioni; ancora più esplicitamente come la conoscenza immediata e irrazionale nel senso che non abbisogna di un percorso razionale consapevole ma che è suscitata nel proprio universo mentale attraverso dinamismi che non possono per complessità essere risolti con passaggi sillogistici. Si poteva dedurre questo dal momento che ho usato l’espressione “ almeno con l’intuizione”. Citazione:
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Non capisco molto bene che cosa intendi per “teleologia meccanicistica e deterministica” e neppure "coincidenza" o meno "con un universo casuale". In ogni modo, per tagliar la testa al toro, la mia opinione filosofica è che il caso sia un termine mitico che sostituisce, ambiguamente, l’impossibilità di conoscere le cause, relativamente ad un preciso momento storico. Non ho detto alcunché riguardo la teleologia e la scienza né riguardo la scienza ed il senso. Tuttavia approfitto di questa occasione per esprimere la mia opinione anche riguardo a questo: le scienze, tutte le scienze non vivono, ciascuna, in uno splendido isolamento ed in autonomia, al contrario ogni scienza particolare è debitrice e creditrice di ogni altra scienza e di ogni altra riflessione che l’umanità ha prodotto e registrato in qualche modo. Il senso o la teleologia o la direzione sono simultanee nella mente di ognuno ad ogni conoscenza, nella forma di soggettiva visione del mondo che sempre sottosta o precede come opzione fondamentale ad ogni conoscenza di qualsiasi genere. Lo scienziato è sempre e simultaneamente filosofo e viceversa. E non è un assioma questa ultima affermazione ma è inferita dall’analisi dei prodotti storici di quelli che si definiscono, per lo specifico e prevalente campo d’indagine, scienziati o filosofi. (Per scienza non intendo solo le cosiddette “scienze forti” ma anche quelle che Diltey ha definito “scienze dello spirito”.) Ultima modifica di Giorgiosan : 17-01-2012 alle ore 17.58.53. |
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19-01-2012, 10.37.44 | #87 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L' uomo non pensa
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Mi scuso per il ritardo Vorrei mettere in evidenza questo aspetto: definire il pensiero soltanto come la successione di triade semiotiche vuol dire lasciare "scoperto" un aspetto che, non venendo sviluppato pienamente, rende la definizione incompleta. A cosa mi riferisco? Alla comprensione. Noi pensiamo in quanto comprendiamo, e semmai la successione è tra nuclei di "comprensione" (li chiamo così...per semplicità). Tra triangolo e "poligono la cui somma degli angoli interni è 180 gradi" esiste un filo. Se questo non esistesse, parole e frasi non avrebbero senso. Evoglia ad enunciare triade semiotiche se questo filo non esistesse. Ritorniamo al "punto" geometrico. Esso è un "nucleo comprensivo" (chiamato concetto primitivo). Potremmo anche supporre che derivi da altri nuclei (o se vuoi da triade semiotiche), ma (e qui mi fermo in quanto è il centro del mio discorso) da quella precedente non scaturisce "automaticamente". Cioè la successione sembra non essere necessaria. Faccio un esempio numerico. Il 3 è il successivo del 2 e il precedente del 4. Si potrebbe pensare che il 3 derivi dal 2 (come pensiero) e che per giungere al 4 devo pensare 3. Questo ragionamento è quasi banale e sembra giusto, ma ritorniamo al punto geometrico. Il pensiero che scaturisce dal concetto di punto geometrico sembrerebbe la successione di una triade precedente (o magari successiva), quindi dovrebbe esistere una "connessione" tra i vari nuclei, in modo tale che il pensiero "pensi" il punto. In realtà le cose non sono così lineari e la comprensione del successivo non è automatico. Non c'è alcuna base, quindi, su cui appoggiare la veridicità di questa affermazione. Quindi posso anche enunciare la definizione di punto e continuare a non comprenderlo. La questione del pensiero non si risolve in questa maniera (a mio modo di vedere). E' vero (lo ripeto con altre parole) che esiste una successione di triadi, e queste possono essere concatenabili all'infinito, tanto da farci credere che, essa, sia necessaria, ma ogni punto di arrivo (per così dire) può non contenere tutti gli elementi precedenti. Anzi se ne deve aggiungere almeno uno nuovo, ovvero la comprensione di se stesso. Questo elemento nuovo non scatta automaticamente dal precedente. Quindi il pensiero e la capacità di formare triadi, sembra solo un aspetto marginale del pensiero. E' come per il martello in mano al fabbro; il martello serve per modellare, non per creare. E' il fabbro che crea utilizzando il martello. Non è il martello che crea il fabbro. Così non è la triade che crea il pensiero, ma semmai sarà il pensiero a creare la triade. Spero di essere stato chiaro... (scrivo mentre mi martellano le orecchie, e non è facile ) |
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19-01-2012, 11.09.48 | #88 | ||||
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Riferimento: L' uomo non pensa
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Ma il concetto di "evoluzione" è ancora un concetto che deriva dalla mente umana. Inanzitutto presuppone un "prima" e un "dopo" e quindi la dimensione del tempo che è un apriori della mente umana e un confronto fra quanto c'era "prima" e quanto c'è "dopo", cosa che si può fare solo partendo da un punto di vista, d'osservazione. Anche il concetto di "natura" è altrettanto artificiale e deriva dall'osservazione umana, basti vedere quanto esso si è modificato nel corso dei secoli e quanto il "peso" attribuito alla natura sia variato... Citazione:
Non trovi che ancora prima di memoria ed esperienza sia necessaria una coscienza che possa vivere l'esperienza e incamerare memoria? Citazione:
Per teleleologia meccanicista e deterministica intendo ritenere che l'universo sia un meccanismo governato da leggi di azione/reazione, causa/effetto precise, che tali regolarità siano assolutamente valide e "garantite" da un ente supremo (un Dio creatore; la Natura; la struttura dell'universo etc) e che quindi l'universo e il suo senso si esauriscano nel mandare avanti questo grande meccanismo, un pò come un computer a cui è stato ordinato di eseguire un programma. Per i motivi che ho spiegato sopra vedo tale posizione molto limitata e limitante e viziata alla radice. Presuppone il pretendere che le regolarità e le categorie mentali umani siano "verità" e che quindi coincidano con "la cosa in sè", aldilà delle determinazioni: è un problema prettamente moderno che ha avuto varie manifestazioni (la più importante è il positivismo) ma è tutt'altro che sparita, anzi in questi anni si sta vedendo una sorta di rinascita di questo pensiero: basti pensare, come si è discusso anche prima, a "psicologi evoluzionisti" o personaggi come Dawkins e Hawkins che compiono esattamente questo errore di fondo. Cercherò di discutere di questo sul thread "genetica del male originale" quando riuscirò ad avere un pò di tempo... Con "universo casuale" intendo invece l'altra faccia della medaglia pienamente deterministica, cioè un universo totalmente inconoscibile, che vada totalmente a caso, caotico e senza possibilità di orientarsi in alcun modo. E' semplicemente il rovescio della posizione precedente e quindi soffre degli stessi vizi di fondo e nasce dalla stessa radice, cioè cercare un Ente supremo che possa "garantire" l'universo. Citazione:
Sono d'accordo Saluti. |
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19-01-2012, 21.11.34 | #89 | |
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Riferimento: L' uomo non pensa
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19-01-2012, 21.19.26 | #90 |
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Riferimento: L' uomo non pensa
Plissken, io capisco le tue critiche perché conosco Kant, ma ripeto, credere a qualcosa come il noumeno e all'a-priori delle categorie e delle intuizioni pure è qualcosa che si è tentato di superare fin dall'idealismo tedesco il cui primo rappresentate era addirittura contemporaneo di Kant, Fichte.
Potrei quindi dire molte cose a discredito di quel modo di vedere il mondo e a questo punto dirò qualcosa; tuttavia sarà impossibile concludere il nostro dialogo qui, alla fine si tratta di metafisica, è qualcosa di molto soggettivo perché difficile da dimostrare (ma fortunatamente anche la scienza si stia scontrando con questo tipo di problematiche, basti pensare alla contingenza degli stati quantistici). Ma il concetto di "evoluzione" è ancora un concetto che deriva dalla mente umana. Inanzitutto presuppone un "prima" e un "dopo" e quindi la dimensione del tempo che è un apriori della mente umana e un confronto fra quanto c'era "prima" e quanto c'è "dopo", cosa che si può fare solo partendo da un punto di vista, d'osservazione. Fichte dice qualcosa di molto simile criticando il noumeno (o cosa in sé, insomma il luogo della libertà, cioé quel non-essere che c'è di cui hai parlato precedentemente tramite cui, sempre stando alle tue parole, la natura riceverebbe la sua a-meccanicità): per Kant la cosa in sé sarebbe la causa delle nostre intuizioni e, le intuizioni, metterebbero in moto tutto il processo conoscitivo; ma la causalità è una delle dodici categorie trascendentali dell’intelletto e quindi può essere utilizzata solo nel caso di una realtà già inquadrata nello spazio-tempo e non prima dell’intuizione. Ora, da quanto ho capito per te la realtà non è un totale effetto del piano noumenico, tuttavia in qualche modo la contingenza, (caso, libertà, ecc.) che è cosa propria del noumeno, influenzerebbe quella parte della realtà che invece soggiace a causalità, necessità, determinazione, ecc. Il ché, alla fine, vuol dire che la critica di Fichte si può applicare anche nel tuo caso perché l'influenza è qualcosa di già inquadrato nello spazio-tempo. Come a dire che una sostanza opposta alla causalità è una causa per dei fenomeni. Quello che posso dire da parte mia, ricollegandomi a ciò che avevo lasciato in sospeso causa complessità dell'argomento è questo: se categorie e intuizioni pure fossero i modi di una conoscenza possibile in sé, allargando il concetto di conoscenza a ogni elemento della natura nel momento in cui interagisce con gli atri (nel senso che nell'interazione un oggetto modifica il suo stato e nella deformità dello "scontro" memorizza il fatto) tutte le volte che si presentasse un interazione si "creerebbe" la necessità, la causalità, la determinazione ecc... Mentre gli oggetti in sé, presi al di fuori delle relazioni con gli altri, compenserebbero tutto questo meccanicismo attraverso la loro intrinseca contingenza la quale non è forzata dai modi della conoscenza (categorie e intuizioni pure) che si applicano alle relazioni tra oggetti (i quali appunto non si darebbero per sé ma nel rapporto). La mia domanda è: eiste un solo elemento della natura che non intrattenga realazioni con gli altri? è possibile l'esistenza nell'indeterminatezza e la determinatezza senza la conrapposizione? Secondo me ogni oggetto esiste solo relativamente agli altri e non esistono oggetti in sé, così, alla fine, i modi della conoscenza si applicano a ogni cosa. Non trovi che ancora prima di memoria ed esperienza sia necessaria una coscienza che possa vivere l'esperienza e incamerare memoria? Dicevo che il dialogo è difficile e infatti vedo che tu credi a una coscienza che possa vivere l'esperienza e incamerare la memoria. Da parte mia non vedo gran differenza tra vivere, avere esperienze o memorizzare. Il fatto è che se queste cose esistono (anche ammettendo che non ci sia una coscienza a coglierle), esse dovranno, almeno per sé rappresentarsi (nel senso di avere una forma). Quella rappresentazione secondo me coincide col sentire della coscienza perché l'oggetto che la "vive" le è interno. Immagina di essere una palletta che viaggia, anche se non la vede nessuno lei c'è e viaggia, il che vuol dire che le sue proprietà esistono, ma allora tu vivi la datezza delle determinazioni delle tue proprietà, cioè, alla fine, le senti. Si, io ammetto una coscienza per ogni oggetto della natura (ovviamente con gradazioni), ma vedo che lo fanno anche i neuroscienziati... Lo so sono tutte questioni spinosissime ma a questo punto volevo dire la mia |