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06-08-2011, 21.04.03 | #2 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-04-2002
Messaggi: 2,959
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi
Citazione:
Durante tutta la sua storia il pensiero ateo è stato sempre osteggiato dalle istituzioni e anche da quelle nominalmente laiche per ragioni di convenienza politica. Gli atei sono stati in quasi tutte le società e nel corso dei secoli considerati persone riprovevoli, immorali, pericolose. Su questa base ideologica e politica essi sono stati perseguitati con pena minima l'esilio e massima la morte. Fanno eccezione, in senso negativo, le dittature che nel XX secolo hanno proclamato l"ateismo di stato", nelle quali i perseguitati erano invece i religiosi. Nell'antica grecia filosofi come Diagora di Mileto e Protagora furono osteggiati. Platone nelle Leggi propose d'introdurre pene severissime (fino all'ergastolo) per gli atei.[2] L'editto di Tessalonica del 380 impose il cristianesimo come religione di stato. Per tutto il medioevo l'ateismo viene messo fuori legge e per gli atei era previsto solitamente il taglio della lingua.[3] Stralciato da: http://it.wikipedia.org/wiki/Ateismo La domande vere, che non vedo espresse, secondo me dovrebbe essere: - ma esiste in Italia una vera libertà religiosa? Siamo pronti ad accettare che il nostro vicino diventi buddista o mussulmano e che eserciti i suoi culti vicino a noi? Siamo pronti a lasciare che luoghi di culto diversi dalle chiese cristiane sorgano nelle nostre città e nei nostri paesi? - Quella sarebbe la vera libertà religiosa e questi si sarebbero i nuovi tempi. |
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07-08-2011, 04.28.28 | #5 | |
Ospite
Data registrazione: 12-10-2009
Messaggi: 18
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi
Citazione:
Tu parli di un bisogno falso, dunque, di un non-bisogno; perché se sparisce l'angoscia d'impotenza, non c'è nessun bisogno religioso. Il pensiero junghiano, e ormai non solo quello junghiano, invece parla differentemente di un bisogno innato. Sottolineo questa parola: innato. L'hai citato tu stessa il passo di Jacobi! Ora, il pensiero di Jung, con tutti i successivi sviluppi (non è vero che Jung era rimasto al concetti freudiano di pulsione, e gli ulteriori sviluppi ne sono ancor più lontani) è pervenuto e ha perfezionato una teoria di funzionamento dell'intera psiche. La verità, che purtroppo ancora adesso nei fatti provoca una miriade di polemiche, è che non è possibile, dal punto di vista freudiano, né considerare effettivamente il fenomeno religioso, né considerare la teoria junghiana. Sarebbe come voler stabilire la velocità della luce o decifrare la formula di Einstein a partire dalla legge di gravitazione universale. E sai perché? Perché gli studi di Jung sono un ampliamento di quelli di Freud. Non è possibile far conto che un punto di vista ristretto sia altro da quello che è. Ora, Freud non aveva mai capito l'essenza del fenomeno religioso, che è collettiva, non aveva mai potuto reperirla a causa della limitatezza dei suoi strumenti psicologici. Freud non riusciva ad evitare di considerare la religione secondo le proprie opinioni personali, e non poteva essere diversamente; ma di tutto questo non ne teneva proprio conto. Così s'illudeva di far dipendere tutto dal vissuto infantile, senza tener conto dei fattori ereditari (parlo di fattori psichici, sia bene inteso). Se Freud si fosse mantenuto, tanto per citare un'espressione di Jung, su un piano di modestia scientifica, tutto questo non sarebbe avvenuto. Se Freud avesse accettato la limitatezza dei propri strumenti, non si sarebbe permesso di analizzare un fenomeno collettivo quale la religione con dei metodi adatti solamente per la sfera della singolarità. Quindi nel caso in questione, siamo in presenza di un uso sbagliato. Cosa succede quando la sfera collettiva viene confusa con quella individuale? Quando si ritiene d'aver reso inutile un bisogno in realtà fondamentale e di doverlo rendere inutile per l'altro? Si finisce per tentare di imporre le proprie visioni intellettuali all'altro e per negare quanto si ha di comune (perchè poi in definitiva, c'è uno sfondo comune a tutte le religioni). Così nasce la medicalizzazione dell'homus religiosus, le analisi protratte inutilmente a lungo, dove "l'analista" tenta di persuadere il paziente ad abbandonare quel che in verità non si potrebbe proprio abbandonare. Se un paziente ha vissuto un'esperienza religiosa non sa dove deve nascondersi, e trova pace solamente quando la pazienza gli viene a mancare. Se il bisogno religioso non lo si considera innato, lo si sta disconoscendo; e allora addio a tutte le lotte per la libertà religiosa. Poi diventa vana cosa appellarsi al senso di umanità, si finisce col pronunciare soltanto delle formule vuote. ASTOLFO |
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07-08-2011, 04.49.22 | #6 | |
Ospite
Data registrazione: 12-10-2009
Messaggi: 18
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi
Citazione:
La mia non è una crociata contro l'ateismo. Ateo, a-teo, la "a" privativa, non è una negazione. Non è neppure un invito al teismo, o al non teismo. Intendevo religione così come la poteva intendere il Foscolo nei Sepolcri. Io non ho esplicitato neppure quale sia la mia partecipazione religiosa, anche adesso mi sono limitato a parlare di concezioni. Non voglio proprio rispondere altro, perché tu sembri voler dare un senso alle mie parole che esse non hanno proprio. |
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07-08-2011, 12.08.15 | #7 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 29-10-2009
Messaggi: 81
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Citazione:
Non so più come dirlo, non sono io che parlo di questo bisogno religioso, ti stavo semplicemente mostrando come non fosse vero quello che avevi scritto e cioè che Freud non si era occupato di religione. A parte le molte cose imprecise e non rispondenti al vero di quello che scrivi anche riguardo a Jung e che non mi metto a controbattere perchè altrimenti occorrerebbe aprire thread su thread equivalenti ad un corso di laurea in psicologia, mi limito a chiederti una cosa molto semplice. Da cosa stabilisci che sia un bisogno falso quello di cui parla Freud e da cosa invece deduci che sia un innatismo, anche in relazione a quello che pensi che abbia detto Jung. Citazione:
Era scritto sopra: "Le forme di religiosità più arcaiche sono ricondotte a una trasformazione delle forze della natura in termini paterni. Il bisogno di protezione è dunque la motivazione essenziale delle configurazioni religiose: nell'infanzia dell'umanità e di ogni singolo uomo si annida un vissuto di radicale impotenza, il quale produce il bisogno di affidarsi alla figura paterna". |
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07-08-2011, 17.50.21 | #8 |
Ospite abituale
Data registrazione: 22-08-2010
Messaggi: 107
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi
Intanto un grazie di cuore ad Astolfo per aver proposto una questione così interessante.
Credo che nonostante secoli o addirittura millenni di discussioni più o meno animate – dal dialogo alle guerre di religione – siamo ancora all’anno zero della conoscenza. Condivido il pensiero che la religiosità – meglio ancora parlare di spiritualità – sia un bisogno innato. Con questo non intendo nemmeno io dare torto a chi non crede nell’esistenza di Dio. Ma definirsi a-tei è una risposta ad una questione a cui comunque non possiamo sfuggire. Certamente Jung ha dedicato molto più tempo di Freud all’approfondimento dello studio delle religioni e dell’esoterismo (il Libro Rosso di recente pubblicazione ci rivela anche questo lato della sua complessa personalità). Ha studiato molto le filosofie e religioni orientali. Negli archetipi aveva individuato una matrice simbolica che sebbene non potesse vantare una solidità scientifica era comunque l’indizio di una strada di ricerca da lui percorsa. Forse ci credeva un po’ troppo. I suoi tentativi effettivamente si spingono ben oltre l’evidenza scientifica (ad es. la sincronicità ed il concetto di tempo qualitativo). In un’intervista gli chiesero se credeva e lui rispose: “Io so!”. Magari sapeva davvero, ma il confine con il delirio di onniscienza è veramente labile … Comunque non mi fermerei a Jung e Freud, da allora di contributi ne abbiamo avuti parecchi. Penso alla neuroteologia (Newberg ha scritto cose davvero interessanti). E a Gazzaniga con la sua teoria dell’interpreter che ci spiega diverse curiosità sul nostro modo di “credere”. Rimaniamo comunque all’anno zero, secondo me, perché esiste una mole ragguardevole di evidenze a cui attingere, ma un estremo disordine nel farne tesoro. Il credere, a mio parere, è ancora troppo legato al potere. Questo è uno dei motivi per cui solo nelle democrazie occidentali vige un certo grado di libertà. Libertà che tuttavia è sempre condizionata dal pensiero “dominante”. La maggioranza delle persone mal sopporta condizioni di dubbio, perciò è piuttosto incline ad affidarsi a qualcuno che propone un modello interpretativo, anche se non “perfetto”. Quindi la libertà è spesso sprecata e non esistono centri di aggregazione “indipendenti” che consentano una crescita consapevole. O magari ne esistono, ma io non li ho ancora trovati … P.S.: perché 777 ? |
07-08-2011, 19.58.01 | #9 | |
Ospite
Data registrazione: 12-10-2009
Messaggi: 18
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi
Citazione:
Trovo la tua risposta sconclusionata. So bene che non sei tu a parlare di questo bisogno, ne avevo parlato io. Ti faccio presente che io non ho mai scritto che Freud non si era mai occupato di religione. Aveva semplicemente scritto che purtroppo lo aveva fatto ma senza farsi gli strumenti psicologici adeguati, cioè senza indagare quelle zone della psiche da cui scaturisce il bisogno religioso. Non è che una zona della psiche sia una religione o un bisogno religioso. Senza analizzare il collettivo, non si può parlare di religione con competenza. Freud non aveva la competenza necessaria per studiare la religione, nonostante questo l'aveva fatto, e aveva combinato un disastro. Questo (e non solo questo) avevo detto. Per il resto non voglio nemmeno controbbattere io, perché non ne vale la pena. ASTOLFO |
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07-08-2011, 20.33.39 | #10 | |
Ospite
Data registrazione: 12-10-2009
Messaggi: 18
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Riferimento: Su libertà religiosa e nuovi tempi
Citazione:
Non tutto in Jung è scienza, è vero, ma l'approccio allo studio della religione era scientifico. La teoria della sincronicità veniva chiamata ipotesi. Come ipotesi era scientifica, non era un'ipotesi qualunque, ma era pur sempre un'ipotesi. C'è l'inconscio collettivo, realtà della cui esistenza Jung non aveva le prove, avendo però dimostrato che il ricercatore che si interessa a certi problemi così profondi è costretto a postularlo. Credo si possa definire un postulato scientifico, non una scoperta, perché una cosa come l'inconscio collettivo non può essere sperimentata. Ma a onor del vero lo stesso inconscio personale non può essere sperimentato e la psicanalisi freudiana non si agita in acque migliori. E' la nozione di inconscio, che è tutta negativa (in-conscio), a mettere lo studioso in condizioni di creare presupposti, postulati, ipotesi... Che sono scientifici, ma, innanzitutto, non di una scienza come la fisica. Poi Jung lasciò anche dei testi differenti, semplicemente di pensiero, filosofici... Ti cito Jung: "(...) io mi accosto ai fatti psicologici da un punto di vista scientifico, non filosofico. In quanto la religione ha un aspetto psicologico importantissimo, io tratto l'argomento da un punto di vista strettamente empirico, cioè mi limito a osservare dei fenomeni, e mi astengo da qualsiasi considerazione metafisica." La fondamentale impostazione di Jung era scientifica, nonostante tutto. Come ho detto all'altro interlocutore, non volevo dire che Freud non si fosse occupato di religione, ma che lo aveva fatto senza gli adeguati strumenti. Quanto alla celeberrima risposta di Jung "I know", io la trovo enigmatica. Io penso che il credente comune sia un soggetto che vuol far complicato il semplice. La fede viene usata per strozzare la spontaneità... In fondo lo stato di grazia, di per sé, non richiede nulla! Ma io credo che quella frase vada contestualizzata. C'er aun intento polemico e di difesa (io ho ascoltato l'intervista in inglese), io credo, che dipendeva da ragioni contingenti. Un filosofo italiano, se non sbaglio in un noto suo libro "Credere di credere" ha parlato di un'epoca futura del cristianesimo dove non ci sarà bisogno di alcuna fede, come a dire: Dio, la sua presenza-manifestazione (dico io), sono un evento immediato, e solo la nostra distrazione ci rende necessario il ponte della fede. Questo filosofo, da cui ho tratto ispirazione per il mio messaggio, insiste sulla considerazione dell'eventualità dell'essere. In quest'ottica, nulla può ergersi a dato assoluto, neppure la fede; certo c'è qualcosa di costante, un principio, e questo è l'amore. Idee rivoluzionarie quanto a spiritualità! Ricordo che nell'intervista Jung si sentisse manifestamente infastidito dal tono coinvolgente dell'intervistatore, che evidentemente tentò di stravolgere il messaggio dello psicologo, cercando di tramutare le sue dichiarazioni in una attestazione a favore della religiosità costituita. Cosa che spaventa anche me! Non vorrei che adesso qualcuno pensi che io stia tentando di restaurare l'inquisizione! Ciao. ASTOLFO |
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