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07-07-2011, 18.28.43 | #52 |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
Due correzioni al mio precedente intervento: il cognome dell’autore dell’analogia dell’orologiaio è Paley e non Bailey; l’ultima parola è caso e non caos. Mi scuso per gli errori.
Specifico che per errore, fallimento nel mio precedente intervento intendevo un'aspettativa, un’ipotesi, una progettazione smentita dai fatti, ad esempio le macchine volanti inventate da Leonardo Da Vinci che non consentivano di volare. Inoltre ho visto su Wikipedia (analogia dell’orologiaio) che la mia obiezione, che ritenevo originale rispetto a quelle già portate da Dawkins, è già stata esposta e discussa ampiamente da altri. A Tempo2011 rispondo che l’analogia dell’orologiaio non dimostra l’esistenza di un’intelligenza ordinatrice, ma che l’eventuale intelligenza ordinatrice dietro all’evoluzione biologica opera nel modo ben spiegato dalla teoria neodarwiniana. Inoltre l’ipotesi del progettista come spiegazione alternativa non coglie la caratteristica fondamentale dell’evoluzione, cioè la continua creazione del nuovo, dell’autenticamente originale, del mai prima conosciuto, mai prima esistito, che sorprende la volontà dell’eventuale progettista. Anche l’autore della Genesi descrive la meraviglia di Dio per la creazione “vide che era cosa buona (o bella)”. |
08-07-2011, 10.24.25 | #53 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
Citazione:
Va bene che qui si scrive spesso di cose strampalate, ma oramai ci siamo abituati: crediamo di dover esplorare tutti i buchi! Ma i fuochisti del cielo mi sa che vanno oltre: attenzione che a pubblicarlo senza avvertire poi arrivano gli uomini in bianco! Che poi ipotizzare tranquillamente i fuochisti del cielo e ancora porre quesiti increduli circa il come e lo scopo del nostro esserci...mi pare un pò esagerato: il telescopio spaziale Hubble non li ha rilevati...e dire che rileva tutto! est modus in rebus! |
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08-07-2011, 17.45.40 | #54 | ||
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
Citazione:
Stai parlando delle cose che scrivi tu? Anch'io ho avuto la stessa impressione, ma ho sempre evitato di dirtelo. Citazione:
In attesa di capire effettivamente con quale universo abbiamo a che fare, una delle conseguenze dell'entropia è la conseguenziale morte dell'universo. L'equazione (in senso lato) è abbastanza semplice. L'universo sta vivendo la sua vita, come la viviamo noi (o il Sole, le galassie ecc.). Questa vita è in esaurimento in quanto nel tentativo di resistere alla morte, viene spesa più energia del necessario. Questa energia, che si trasforma in calore, viene dispersa. Una parte viene anche recuperata, ma il totale dell'energia necessaria per compiere i lavori che si vedono all'interno di questo "cantiere" diminuisce sempre più. Alla fine rimarrà sempre energia (quella non si distrugge) ma non più utile per compiere lavori. Come già dicevo in precedenza, nel tentativo di rimanere in vita, l'universo spende energia. Chiamiamolo anche "istinto di conservazione" o di sopravvivenza. Noi non facciamo nulla di diverso da ciò che fa il Sole per continuare ad erogare luce. Questo "istinto" dipende direttamente dalle motivazioni che hanno indotto l'universo a nascere. Questo universo, cioè, è così perchè è nato così. E' nato per vivere, sopravvivere e poi morire. Una volta che noi si è presi coscienza di questo, potremmo avere solo una possibilità per mutare gli accadimenti futuri. Dovremmo innanzitutto conoscere perchè è nato questo universo e come è nato. Dovremmo cioè metterci dalla parte del "costruttore". Solo quando uno conosce i progetti iniziali potrebbe avere un'idea di come "modificare" (se ci fosse da modificare) l'impianto iniziale. Sarebbe come voler cambiare un sistema operativo di un computer senza conoscere nemmeno la differenza fra un computer ed un televisore. Quindi, in definitiva, o ci si mette nei panni di dio (costruttore), oppure dobbiamo rimetterci a dio e fare quello che continuano a fare tutti da 15 miliardi di anni, cioè tirare a campare. Alternative non ce ne sono. Che ci sia un costruttore però non c'è dubbio... altrimenti non avremmo una costruzione. L'universo è una "costruzione" infatti, ma i "progetti" sono ancora da visionare. |
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08-07-2011, 20.14.33 | #55 | ||||||||||||||
Ospite abituale
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
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Peccato che non colpisca nel segno: l’evoluzionismo sotteso da questo proclama non esiste: è solo uno stigmatizzare i deprecati, immaginari evoluzionisti boccaloni! Citazione:
Caro Dubbio, qualunque cosa apprezzi o non apprezzi, il tuo moralismo, mi pare gratuito e fuori luogo…: sai benissimo che la nostra mente funziona per categorie, inferenze, ipotesi, sillogismi, collegamenti ecc...spesso con riferimento a modelli e prevalenze precostituite o statistiche...una specie di ipertesto evoluto, insomma: mica possiamo controllare ogni volta ogni informazione o inferenza...anzi, più spesso, non lo facciamo e procediamo per categorie e generalizzazioni grazie al processo di induzione/deduzione. E’ così per tutti! Non funziona forse così anche la tua di mente…più o meno? Comunque, giacchè sai bene come funziona, il tuo moralismo è anche sleale! S’era mai vista tanta acrimonia …in un post? Citazione:
C’è una contraddizione fra l’essere in contemporanea le due cose…per quanto L’HSS sia pieno di contraddizioni. Darwin per conto suo, pur credente e lacerato dagli intimi contrasti, strutturò la sua teoria a prescindere dal trascendente: non che lo negasse… era solo suo impegno prescinderne! Nell’avanzare della definizione della teoria si staccò da Wallace che invece pensava si dovesse ricorrere all’intervento “extraumano” per le funzioni psichiche superiori…quelle cosiddette spirituali, non essenziali per la sopravvivenza...come sarebbero la coscienza, la grammatica o le buone maniere a tavola, ecc... Citazione:
Un teoria scientifica validata è il grimaldello per penetrare e interpretare il sistema cui si riferisce: nessuno pretende che una teoria viva in eterno, ma fin che costituisce un valido strumento di interpretazione perché buttarla…o rinnegarne i principi? Il darwinismo,evoluto nel neodarwinismo e nell’EVO-DEVO (1) ha dato sempre ottimi frutti nella interpretazione, comprensione ed esplicazione di istinti e pulsioni pervadenti il mondo vegetale, animale e dello stesso HSS. In effetti il neodarvinismo, in continua evoluzione, ha dato luogo al più fervido e vivace rinascimento delle scienze umane: per esse è stato strumento efficace e indispensabile nell'imprimere una rinascita a scienze come la biologia, l’antropologia, le neuroscienze, la genetica, la psicologia, ecc…: forse è proprio questo enorme successo che ti perplime, ma non ti preoccupare, i cultori non sono presi da alcun empito fideista o religioso! E’ però normale che un ricercatore o un osservatore informato, finisca con l’appassionarsi alla sua ricerca e ne persegua le strategie di pensiero: magari fosse così per tutti! Citazione:
Appunto: niente religione…niente Dio! Citazione:
Importante è essere disponibile ad optare per il meglio quando capiti. Sembra che Darwin abbia parlato di un unico ceppo originario, ma, in realtà, i ceppi possono essere stati diversi e susseguenti, non è detto che la vita non sia nata diverse e successive volte: alcune volte non è riuscita, l’ambiente antropico non era quello giusto...o altro, ecc... E’ il solito “Tray and Error”: prova e riprova, sbaglia e fai tesoro della esperienza. Del resto anche nel corso della evoluzione molte specie sono estinte e nuove sono intervenute. Lo stesso ominide/umano è intervenuto in diverse specie anche in contemporanea, poi estinte e nemmeno è detto che la nostra specie sia quella giusta. Citazione:
Quanto ai 5 miliardi di anni, è più o meno l’età del sistema solare…e noi siamo qui ora: la “maledetta cosa” ha avuto questo tempo a disposizione…: hai forse un'idea migliore? Forse sono arrivati gli extraterrestri? o forse un “deus ex macchina”?…ma allora non s'impara niente, la scienza non serve...basterebbe la bacchetta magica. Citazione:
Nell'ID i concetti del’evoluzione sono completamente disattesi e il risultato di ogni esperimento non avrebbe senso. Fortuna che, ID o non ID, le cose vanno comunque per il loro verso: l'evoluzione procede comunque. D’altra parte, il processo filogenetico evolutivo non contempla nessuna creazione e nessun creatore! Invero Darwin concepì l’evoluzionismo (le mutazioni) quando s’accorse che le cose non andavano secondo “creazione” e cercò di capire/spiegare il perchè senza ricorrere alla magia o all’intervento divino. La teoria, comunque, mi pare riuscita anche se ancora non tutto è chiaro: ma in proposito seguirei un corollario d’una famosa legge di Murphy: non buttare l’auto nuova se l’accendisigari non funziona! Citazione:
Nessuna creazione, nessun caso, nessun Dio! Solo processo evolutivo... inconspevole ovviamente! Citazione:
Quindi nessun creatore piu' o meno consapevole e nessun sillogismo Citazione:
Citazione:
Non saprei quale illusione! Certo a livello atomico non c’è né volontà, né consapevolezza, ma mettiamo una manciata di atomi nel pentolone e chissà che non ci salti fuori qualcosa! E in effetti qualcosa c’è saltato fuori: la ricerca filogenetica cerca di spiegare come... Se diciamo che è stato Dio o il puro caso...non c'è più da spiegare o capire niente! Citazione:
Citazione:
NOTA 1: Scopo dell'Evo-Devo è individuare i singoli geni deputati allo sviluppo di tutte le parti degli organismi. «Si definisce quindi un approccio innovativo - conclude Caroll - in grado di comprendere l'evoluzione al livello più fondamentale di geni ed embrioni. L'evoluzione non è più vista solo come il cambiamento nel tempo di genotipi e fenotipi, attraverso mutazione, incrocio e selezione naturale, ma anche come organizzazione nel tempo dei processi che regolano lo sviluppo, dall'embrione alla forma adulta».(RIF. WIKIPEDIA) |
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08-07-2011, 22.12.18 | #56 | ||
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
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Magari, alla fine ci accorgeremo che per noi, la casualità non ha svolto bene il suo compito e, quindi, qualcun altro ha vinto la battaglia per eseguire "l'ordine", e noi, ritenuti non idonei a svolgerlo. Allora, in quella evenienza, non ci resterebbe altro che autodistruggerci senza lasciare traccia del nostro passaggio, poiché l’unico scopo per cui si viveva, a quel punto, non esisterebbe più. In quel momento, e solo in quello, ci renderemmo conto che la filosofia, perenne ricercatrice di verità, con il suo voler gettare ogni volta il cuore oltre l'ostacolo, non è stata altro che un bellissimo sogno in cui cercava di salvare l'umanità dall'autodistruzione ma, purtroppo, senza riuscirci. Il principio antropico, teorizzato da una folta schiera di astrofisici americani, ha indicato questa strada la dove afferma: se l'universo ha creato l'uomo è perché l'uomo lo possa studiare. Studiarlo a quale scopo, se non quello di essere utile all'universo per mantenerlo in vita? Ultima modifica di Tempo2011 : 09-07-2011 alle ore 15.08.24. |
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09-07-2011, 09.48.14 | #57 | |
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
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Io credo che attualmente siamo più presi dalla "curiosità". Secondo me, come per tutte le altre attività di svago, la conoscenza comporta una certa "eccitazione". Siamo tutti, credo, curiosi di sapere come è stato possibile questo universo e la vita. Cercare un motivo, anche intravedere uno scopo, ci rende più eccitati (qualche neurotrasmettitore dell'eccitazione aumenterà la sua produzione) tanto da invertire quella frase: "la religione è l'oppio del popolo". Al contrario la curiosità assieme alla conoscenza (sempre più raffinata) diventa oppio, quella la droga necessaria per giungere allo stato di estrema eccitazione. Non per nulla chi fa un lavoro piacevole lavora meglio. Se uno fa un lavoro noioso certamente non sarà contento di lavorare. Il filosofo quindi deve essere un po' curioso, altrimenti secondo me si annoierebbe. Da questo punto di vista preferisco il lavoro del filosofo che quello dello scienziato. Anche il lavoro dello scrittore di fantascienza potrebbe essere più piacevole del lavoro del matematico. Resta però indiscutibile che lo scienziato acquisisce delle conoscenze, quindi in definitiva dovrebbe essere di gran lunga più eccitato di altri. Il filosofo però ha una possibilità in più dello scienziato di eccitarsi, perchè può discutere ore, giorni o anni sullo stesso argomento senza mai annoiarsi. Ci sono quindi alcuni argomenti (io direi tutti) che creano una curiosità perenne che la conoscenza attuale non esaurisce del tutto. Una di questi argomenti è proprio lo scopo, il fine della vita. Analizziamo (secondo la curiosità) ciò che ci dice la scienza: la vita è nata casualmente. Io dico che non c'è eccitazione in questa affermazione. Cosa ci dice la filosofia? La vita potrebbe avere un scopo ultimo da cercare. Buona eccitazione. Cosa ci dice invece la religione? Non lo so... dipende dalla religione, comunque, più o meno, dice che dopo la vita ci sarà un'altra vita migliore di questa. Quanta eccitazione c'è in questa affermazione? secondo me zero. Da' certamente uno scopo alla vita, ma questa è preconfezionata, cioè non parte da una "conoscenza". Come si evince, sia la scienza che la religione nutrono gli uomini di una "verità". Mentre quella scientifica è un po' più flessibile, quella religiosa lo è molto meno, ma la sostanza non cambia. Invece la filosofia nutre gli uomini con una maggiore eccitazione. Il dubbio filosofico quindi sarà sicuramente più longevo. Ove la filosofia invece dovesse essere tentata di abdicare alla scienza (dalla religione si è già staccata) gli uomini perderanno l'unico vero appiglio per continuare a ricercare la verità; verità che la scienza stigmatizza con le sue teorie e la religione con le sue "rivelazioni". Ecco perchè dico ad Ulysse che le sue esternazioni sono "strampalate" (lo dico ironicamente), in quanto non soddisfano quell'eccitamento filosofico necessario per poter continuare a fare filosofia. |
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09-07-2011, 15.54.40 | #58 | ||
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
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In pratica mi sono chiesto: se veramente noi siamo opera di un costruttore, qualche motivo che lo interessava doveva pur averlo. Non credo che l'abbia fatto per puro sfizio, per dimostrare quanto era bravo nell'inventarsi il pensiero. Per altro, oggi la fisica sa come fare la fusione nucleare: gli mancherebbe soltanto il contenitore; ma se noi la producessimo nello spazio infinito, non vi sarebbero problemi di contenimento. Per altro, un mistero ancora da svelare (perché si pensava a un universo creato tutto nel momento del Big Bang), è quello di sapere come mai continuano a formarsi nuove Galassie. Vi sono dei nuovi costruttori che alimentano il caminetto? |
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09-07-2011, 21.35.54 | #59 | |||||||||
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
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10-07-2011, 12.12.44 | #60 |
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Riferimento: L'esistenza di un costruttore e l'istinto di conservazione.
Anch'io mi sono fatto la stessa domanda (la domanda di Tempo) ancora prima che inventassero i computer. E', in definitiva, la domanda che ci si pone sin dall'inizio dell'era "umana".
L'ostacolo è comprendere se questa "curiosità" sia insita nel progetto oppure è una di quelle domande che molti credono inutile. C'è molta gente infatti che lavora, procrea e pasce, senza tuttavia porsi il problema. Da un lato quindi la "vita" funziona ugualmente anche quando la domanda non si pone. Non credo infatti che tutti i greci fossero degli "Aristotele" o degli "Platone". Il lavoro del filosofo sembra un po' quello della suora di clausura, che si estranea dal mondo per perseguire più da vicino le cose di dio. Prima ancora di porci come "Aristoteli" però, credo che dovremmo quanto meno fare una scelta. Dovremmo decidere se continuare a parlare del mondo così come lo vediamo, oppure vogliamo immaginarci il mondo così com'è? Io credo sia una scelta fondamentale e direi anche strategica. Ponendoci il "problema", cioè che esista un mondo diverso da come lo vediamo, saremmo propensi a considerare che possa esistere una certa confusione tra ciò che vediamo con i nostri sensi e ciò che i nostri sensi non vedono. Sarebbero infatti proprio le cose che non vediamo a dettare spesso cosa possiamo vedere. Quindi dovremmo innanzitutto buttare giù la "maschera", tutti quanti, dal filosofo (anche in erba) allo scienziato fino al religioso. La cosa non è assolutamente facile, anzi, per certi versi è addirittura impossibile, ma se fossimo già convinti di avere una maschera che ci preclude di poter vedere le cose così come sono, sarebbe già un buon inizio. In cosa può consistere la maschera? Prima di tutto credo possiamo inserire tutta la nostra conoscenza, ciò che crediamo conoscere di noi stessi e ciò che crediamo di conoscere del mondo. Faccio un esempio per comprendere in che modo si presenta il problema. Sono uno dei primi uomini apparsi sulla terra e, guardando in alto, vedo dei punti luminosi (oggi chiamiamo stelle o galassie) fissi nel cielo. Nel 2011 vedo lo stesso panorama del primo uomo apparso sulla terra (o quasi) e associo questo spettacolo ad una serie di conoscenze (per esempio stelle e galassie lontane anni luce dalla Terra, che si allontanano da me ecc.). Il cambiamento tra una conoscenza e l’altra (primo e ultimo uomo) non è di sostanza (lo spettacolo è lo stesso) ma di contorno. Questo contorno ha cambiato la nostra “prospettiva”. Cioè vediamo lo stesso spettacolo ma in più svolgiamo un diverso giudizio sullo spettacolo stesso. Se inizialmente i punti luminosi ci apparivano fissi, oggi pur continuando ad apparirci fissi li riteniamo non fissi. La mia conoscenza ha quindi mutato il giudizio su uno spettacolo sempre uguale a se stesso (o quasi). Altro esempio (così mi ricollego al concetto di entropia, che ricordo essere completamente differente dal “principio antropico”): prima si riteneva che esistesse una sostanza chiamata “caldo” e una sostanza chiamata “freddo”. Se prendo in mano un cubetto di ghiaccio la mia sensazione di “freddo” è la stessa del primo uomo apparso sulla terra, oggi però il mio giudizio è cambiato. Non penso più che la sostanza “freddo” passa alla mano (calda), ma, dopo un bel po’ di esperimenti ritengo questo passaggio solo un cambiamento di stato dell’energia. Io però per acquisire un po’ di fresco prenderò sempre un cubetto di ghiaccio in mano, che sia un uomo primitivo o un uomo del 2011. Dopo questi semplici esempi vengo alla prima conclusione. Posso cambiare il mio giudizio sul mondo o su me stesso partendo dagli stessi ed identici fatti, mutando soltanto la mia conoscenza astratta del mondo e di me stesso. Perché è astratta? Perché è il mio giudizio sul mondo che cambia, non il mondo che osservo. L’entità “energia”, per esempio, è un concetto astratto. Se io compio un lavoro manuale sudo, ma ciò che guardo è il movimento delle mie braccia e le gocce di sudore che cadono dalla fronte, non l’energia che cambia stato. Dopo la primissima conclusione veniamo alla nostra specifica domanda: l’istinto di conservazione (o di sopravvivenza) è un giudizio sul mondo o è ciò che effettivamente osserviamo? Se fosse un giudizio, potrebbe cambiare rispetto a conoscenze specifiche? Io stesso ho espresso un giudizio quando mi sono rifatto al concetto di entropia. Se l’universo invece fosse fisso, non mutasse, fosse “stazionario”, non comprenderemmo perché le cose invece mutino, muoiano o addirittura “sembrano” scomparire. Quindi il concetto di entropia mi aiuta a capire il perché di ciò che vedo, osservo e presumo osservassero gli uomini primitivi. Il concetto di entropia quindi è una conoscenza che muta il giudizio sulle cose che osservo. Lo stesso discorso vale per il “costruttore”. Un costruttore non è detto che debba creare mattonelle dal nulla. Un costruttore dispone le mattonelle in una certa maniera in modo da costruire un’opera che segua un modello anzitempo progettato. Magari getta via altre mattonelle non utili. Come vedi si assottiglia sempre di più il nostro giudizio. Vogliamo capire se l’istinto di sopravvivenza è una costruzione messa in cantiere da un costruttore che stava rispettando un progetto, oppure stiamo cercando di capire se la cosa costruita sia stata creata ad hoc da un creatore di cose che prima non c’erano? Il nostro giudizio potrebbe cambiare. L’esistenza di un costruttore che mette in fila giusto le cose che servono (rispettando un progetto) potrebbe essere sostituito da un’entità (astratta) che invece non aveva alcun progetto da rispettare. Potremmo pensarlo come un cavallo che ha dato un calcio ad una pila di mattonelle e queste si siano disposte a “caso”. La questione e il giudizio che possiamo dare però sulla casualità della nascita dell’universo è diversa dal giudizio critico sulla “casualità” dell’esistenza della vita. Per la prima ipotesi è impossibile fare alcun calcolo (trattasi dell’unico evento conosciuto), nel secondo qualche calcolo può essere fatto. Nel primo caso non sappiamo cosa c’era a disposizione per il “cavallo costruttore”, nel secondo caso invece possiamo dedurne gli ingredienti fondamentali che un astratto “cavallo costruttore” avrebbe dovuto avere per creare un essere vivente. Il fatto però è che la vita è strettamente legata al calcio dato dal primo cavallo costruttore tanto da far diventare la vita stessa un evento unico, proprio come è giudicato un evento unico la nascita dell’universo. Sempre che la vita non sia una conseguenza esclusiva degli elementi conosciuti e che la compongono. Anche questo giudizio dipende da una nostra conoscenza. Attualmente però dobbiamo sospendere questo giudizio in quanto, al momento, non abbiamo ancora testimonianze dirette di sistemi viventi diversi da quelli conosciuti sulla terra. Dobbiamo anche sospendere il giudizio sulle fasi dell’evoluzione. Non è possibile sapere se esistono ceppi differenti o un unico ceppo. Il problema qui è statistico. Se esistessero molti ceppi la vita sarebbe un evento frequente e non l’unico caso ipotizzabile. Se fosse un evento frequente, ma la probabilità che questo evento ha di accadere è solo 1 su un milione, allora ci troveremmo di fronte ad una contraddizione. Ecco perché è più facile credere all’unico ceppo, all’unica origine, in quanto, secondo le nostre conoscenze, la difficoltà del cavallo costruttore nel produrre a caso la vita consisteva nel dare molti calci a molte file di mattonelle. Se nel giro di poco tempo però il cavallo costruttore da calci così precisi da costruire cose complicate due volte di seguito… c’è presumibilmente un errore (non dico che non è possibile…ma è come vincere due volte di seguito al super enalotto, ed io sarei propenso a non credere più alla cabala). La sto facendo lunga, ma è necessario. Quindi ricapitolando. Abbiamo bisogno di buttare giù la maschera ed identificare per bene i “giudizi” che esprimiamo attraverso le nostre conoscenze. Spesso le nostre conoscenze mutano il modo come noi guardiamo il mondo, mentre il mondo rimane così com’è rispetto ai nostri giudizi. Questi giudizi sono “astratti”. Il giudizio secondo cui la vita persegue la sopravvivenza ci proviene da una conoscenza della vita in correlazione con l’universo a cui appartiene. Se l’universo fosse fisso, costante e non mutasse, sarebbe probabilmente in contraddizione con la vita che invece ad un certo punto sembra finire. Il vivente è legato infatti alla freccia temporale che dal passato va verso il futuro. Così giudichiamo anche l’universo in questa maniera. Esso nasce, vive e poi muore. L’entropia spiega proprio questo passaggio. Forse sono gli alberi i più longevi tra gli esseri viventi vegetali, (anche se c’è una differenza fra vegetali ed animali, sempre esseri viventi sono) poi sembra ci sia una “vongola” fra i più longevi del regno animale (400 anni circa). L’idea del costruttore, infine, che costruisce esattamente le cose necessarie oppure fa come farebbe un “cavallo costruttore”, da un calcio e via, è un giudizio che non possiamo dare in quanto questo universo è l’unico che conosciamo. Qualora trovassimo in giro pile di mattonelle ancora da calciare, ne riparleremo. Viceversa possiamo dare un giudizio sulla vita. Essa è direttamente collegata al tipo di universo a cui la vita appartiene (e su questo direi che dovremmo essere tutti d’accordo), l’unica differenza è nell’individuare la frequenza di questo evento. Se fosse un evento unico come lo è l’universo, dovremmo sospendere il giudizio (non possiamo cioè parlare di caso o di altre cose), se invece fosse un evento frequente dovremmo poter trovare una forma di “costrizione” che ha reso possibile un evento che giudichiamo difficile costruire senza un costruttore. Spero di essere stato chiaro. Certamente potevo aggiungere molto altro, o modificare leggermente le cose dette in modo piu sintetico. Ma non ho saputo fare diversamente. |