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25-11-2004, 13.03.30 | #14 |
Ospite
Data registrazione: 18-11-2004
Messaggi: 10
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Trovo molto interessante la definizione di cultura di Van Lang, anche se non mi convince del tutto, e tendo ad essere più d'accordo con Rodi; l'assorbimento di nozioni può essere un punto di partenza, ma credo che sia importante, forse più importante, la capacità di relazionare le nozioni, altrimenti si ha uno sterile nozionismo; faccio un esempio, forse banale: posso conoscere a memoria tutti gli avvenimenti accaduti in Europa dal 1918 al 1939 con le relative date, ma questo non mi basta a comprendere perchè la Seconda Guerra Mondiale è seguita dopo la prima. Penso sia attraverso le relazioni tra i fatti che si può tentare di dare una interpretazione delle realtà; insomma, oltre che sapere una persona è colta se è in grado di capire (opinione personale, naturalmente).
Per quanto riguarda il discorso su come diffondere la cultura, penso che questo non sia lo scopo principale della televisione, o meglio non sia corretto demandare alla televisione completamente tale compito; ovviamente, è auspicabile che anche dalla televisione venga una spinta in questo senso, e del resto accanto a programmi inguardabili ogni tanto ci sono dei buoni programmi divulgativi. In realtà, la promozione della cultura dovrebbe essere responsabilità principalmente della scuola: è dalla scuola che dovrebbero nascere gli interessi e gli stimoli culturali, che così poi possono proseguire anche al termine degli studi; probabilmente la televisione non tende a rimbecillire il pubblico per chissà quale oscuro disegno... molto semplicemente fornisce ciò che il pubblico si aspetta. Ma fortunatamente c'è sempre il diritto di zapping. Per la metropolitana... ieri era bloccata tra Cadorna e S. Ambrogio (a Milano), e quindi ritardo... proprio una delle poche volte che la prendo!!! |
25-11-2004, 13.15.30 | #15 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-04-2002
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Citazione:
Quella del Devoto era una battuta, sai che sono un “tipaccio” e lego poco con la devozione. Comunque quando dici: Secondo me insito nel termine dovrebbe anche essere racchiusa la capacità di trarre da questa conoscenza la capacità di farla evolvere ed anche adattare alle situazioni e alle circostanze. E quando io, più avanti nella mia risposta, dico: In fondo l’uomo di cultura, nei secoli, è colui che, usando il suo sapere, è riuscito ad estrapolare delle sintesi che hanno fatto evolvere la cultura stessa, rendendone possibile l’adattamento alle mutate condizioni sociali. In questo senso non è più la quantità delle nozioni bensì, la qualità delle nozioni che produce una cultura adatta a generare se stessa. Qualche cosa di sempre in movimento capace di fare da ammortizzatore alle mutate condizioni di vita. Mi sembra che diciamo la stessa cosa. Ma siccome anche DVD plus plus ha colto solo l’enfasi sulla vastità delle conoscenze e non quella sulla qualità, arguisco che mi sono espresso male e faccio ammenda. |
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25-11-2004, 13.34.04 | #16 |
Ivo Nardi
Data registrazione: 10-01-2002
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Per approfondire Cultura
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25-11-2004, 16.15.22 | #17 |
L' Emigrato
Data registrazione: 26-05-2004
Messaggi: 637
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L’ ITALIA DESNUDA - 1
(LA PROSPETTIVA (1) SUDAMERICANA DELLO STIVALE)
Siamo entrati nella U.E. coll ‘intenzione di metterci alla pari con gli altri Paesi membri della comunità. Dopo più di un decennio, si ha l’ impressione che, fra i Paesi che han fatto progressi, l’ Italia non ci sia. Se guardiamo le evoluzioni italiane, in questi anni di Unione, ci accorgiamo che ce ne sono parecchie negative. Si puo’ anzi dire che non mostriamo agli altri Paesi di saperci gestire ad un livello europeo. Se facciamo una valutazione dei problemi risolti in Italia, in questi anni di comunità, la lista sembra proprio corta. E la lista dei problemi irrisolti ? Essa é, ahimé, lunga assai. Concisamente, penso che il segno più visibile sia: la costituzione e le leggi non sono applicate né in modo soddisfacente, né nei confronti di tutti. Questo, nella comunità, sembra succeda solo in Italia. Cerchiamone le ragioni. Osservando dall’ estero la società, appare che i motivi primari del degrado sono un po’una sorpresa: gli Italiani stessi sono la causa del degrado della società. Degrado che peggiora la qualità di vita, la sicurezza, la realizzazione dei diritti di tantissimi cittadini. La degradazione del sistema Italia, tanto evidente nel confronto cogli altri Paesi dell’U.E., appare a molti inspiegabile. Agli osservatori dall’estero essa appare una ovvia fatalità. Impossibile tracciare una linea per capire chi é colpevole del degrado e chi non lo é. Molti sono colpevoli in un certo momento o situazione, non lo sono in un altro momento. Cerchiamo le cause primarie del degrado, seguendo una conversazione. Non fra due cittadini (non sappiamo infatti chi dei due é colpevole e chi non lo é), ma fra un emigrato (E) e la cultura esistente oggi nello Stivale (C). Cultura, che rappresenta una buona parte dei cittadini. E che é molto cambiata dall’ inizio della U.E. In senso negativo. - Inizio del dialogo - E. Vedo spesso, nelle mie visite nello Stivale, nuovi peggioramenti. Talvolta invece vedo problemi irrisolti da molti anni. Senza traccia di tentativi seri per risolverli. Ma con molte tracce di litigi, per di più talvolta su argomenti o fatti distorti. Ti chiedo: sono i cittadini coscienti di cio’ ? Sono essi indifferenti, o insoddisfatti, che gravi problemi non vengano risolti ? C. Molti dei problemi, é vero, sono irrisolti. Non si capisce bene, sarà forse dovuto all’ opposizione che fa troppa cagnara ? O sarà perché lo stato é vecchio e bisogna cambiare tutto ? O sarà perché le regole sono antiquate ? O perché gli imprenditori tiranno troppo le bretelle, per cercare di non farsi cadere i pantaloni ? Difficile dire, non é chiaro. Ma forse tu, emigrato, confrontando con altri Paesi della U.E., ci puoi aiutare a capire. E. Prima di dire che abbiamo delle regole, dimostrami che esse non stanno solo sulla carta, ma sono applicate”. Come in genere é nei Paesi della U.E. Il dialogo allora si sposta: “Cerchiamo di capire perché gli Italiani sono l’ eccezione della U.E.. Seguono le regole quando ...... il tempo é buono. Ma, se il tempo cambia......”. ------------------ (1) non lontana C. Non capisco dove stai andando ...... col tempo che cambia. E. Ho girato per tanti anni quasi tutti i Paesi della U.E. Mi sembra che le regole siano generalmente seguite sempre. Forse da tutti , forse da tanti, non so, ma sta di fatto che é difficile trovare in U.E. un altro Paese che sia a livello italiano per tanti problemi a lungo irrisolti e per tante regole ignorate. Ti daro’ anche un’ impressione. Mi sembra che nei Paesi U.E. , quando c’ é un problema nazionale si discuta molto meno che in Italia, ma si risolva di più. C. Hai parlato di problemi irrisolti. Mi puoi fare qualche esempio, per capire a cosa alludi ? E. Fare un esempio non basta. Per poter dire che un Paese ha grossi problemi, io farei una lista. Eccola qui, é nel testo “E la Barca va....” (1). Secondo me tale lettera mostra che gli Italiani dello Stivale sono tanto peggiorati che non sanno più gestire il Paese. C. La lista non dovrebbe sorprendermi, certe cose le so anche io. Ma se me le metti tutte insieme cosi, che figura ci facciamo ? tanto più che non ho ancora capito quali sono le cause. E. Fra i vari fattori che hanno un impatto sulla società e sull’ economia, ce n’ é uno di cui non si parla quasi mai: il quadro culturale e comportamentale, che é ovviamente diverso nei vari Paesi. Cultura, comportamento e formazione sono la piattaforma di base su cui si costruisce l’ economia di un Paese. Alain Peyrefitte, rinomato studioso delle economie, dice nella sua analisi storica “La Società della Fiducia”: “ Non c’è lo sviluppo e il sottosviluppo. Ci sono dei meccanismi mentali, generatori o inibitori di sviluppo, inegualmente presenti in ogni società della nostra epoca”. Se facciamo il confronto fra l’Italia e gli altri Paesi della U.E., latini e non, le conclusioni sono deludenti per l’Italia. I comportamenti diffusi e il quadro sociale degli altri Paesi della U.E. sono essenzialmente basati sui seguenti valori: serietà, correttezza, responsabilità, eguaglianza dei diritti dei cittadini, una buona dose di trasparenza, selezione per merito. Chiamiamolo patto sociale. La situazione sociale italiana di fine secolo è invece frutto di passate deficienze, caratteristiche del nostro Paese, e di recenti degradazioni. Di fatto la qualità e l’efficienza del sistema sociale italiano sono ben lontane da quelle medie europee. Un patto sociale non esiste più, in realtà. Qualche Italiano, poco realista, dice: “Il patto sociale c’ é, la Costituzione e le leggi”. Ma, essendo poco realista, trascura di verificare se essi sono realmente applicati nei riguardi di tutti..... Il mondo economico sia europeo che mondiale è in rapida evoluzione, non solo come tipo e qualità dei prodotti, ma anche come complessità dei quadri operativi di molti settori. L’aumento di complessità per molte attività economiche agisce da discriminante, nel senso di privilegiare nei risultati i sistemi e i Paesi ben strutturati e organizzati, ma anche nel colpire duramente le entità e i Paesi che difettano di affidabilità e organizzazione, e sono invece abituati a improvvisare. La competizione nel villaggio globale avviene oggi a ritmi ben superiori a quelli esistenti all’ apertura della U.E. Se venti anni fa un Paese mancante di capacità organizzative e di programmazione poteva ancora, in certi casi, reggere la competizione, oggi questo non é più possibile. Ne sei d’ accordo ? C. Parla chiaro, vuoi dire che non siamo, noi Italiani, i campioni dell’ organizzazione e della programmazione ? E. Hai capito, mia cara, ma non é l’ unico fattore, ce ne sono altri, mi sembra. Vogliamo tornare alle regole ? C. Ogni tanto la stampa straniera osserva che le regole da noi non sempre sono rispettate. Ma perché si impicciano tanto ? E. Perché, se alla non osservanza delle regole, ci aggiungi qualche altra cosetta (vorrei fare un elenchino conciso), si puo’ capire che tanti fattori insieme spostano lo Stivale dalla posizione degli anni ’60 (ottima competitività) alla posizione di oggi (competitività al livello del Burundi). C. Fammi capire che ci ha fatto il Burundi, per spostarci nella classifica. E come mai un Paese africano possa fare un elenchino dei fattori italiani, non capisco. Anzi, mi stai confondendo... E. Guardiamo la situazione di oggi, con un esempio. Prendi una riunione di cinquanta, cento o duecento persone. Un condominio o un parlamento, o un ‘assemblea di un partito. Se questa riunione avviene in un Paese della U.E., ci sarà una buona probabilità che, in una sola seduta, i problemi sul tappeto siano dibattuti pienamente, dopo riflessione, pacatamente, rigorosamente, con mùetodo, e portati a soluzione. Se la riunione si svolge fra Italiani, cio’ é molto meno sicuro....... Forse, a giudicare dal disordine molto probabile della discussione (ad es., in Italia é frequente uscire fuori tema) e dai facili litigi (i quali comportano anche difficoltà, per chi vuole, di esprimersi), si potrà dire che l’ unica cosa dibattuta a sufficienza sarà il tappeto. E dubbio quindi che ci siano conclusioni positive e chiare su tutti i punti dell’ agenda. C. Stai girando a vuoto, coi tuoi tappeti. Andiamo al pratico e dammi l’ elenchino conciso di cui parlavi. E. Cerchero’ di elencare i punti basilari. Le istituzioni italiane da un pezzo, non funzionano. Ne deriva la necessità di superare ostacoli e strozzature di una struttura sociale fatiscente, inaffidabile e inefficiente. Cio’ spinge sempre più cittadini e imprenditori alla conclusione: “la struttura e la istituzione che dovrebbe assistermi non risponde (specialità italiana). Me la cavero’ allora a modo mio, son disposto anche a compromessi per avere cio’ che mi serve o mi spetta”. Sarà costretto a incrementare il sommerso, per non dire la corruzione. In Paesi avanzati si fa invece il contrario: quello che non funziona, lo si mette in grado di funzionare. Al pratico: l’ europeomedio ha intelligenza sociale diretta; l’ Italianomedio ha intelligenza sociale deviata. Avremmo abbastanza psicologi nello Stivale, per iniziare a curarci, se volessimo ? Dubito, dubito, dubito...... Facile la previsione: se si continua cosi, con la via traversa, e non si fa niente per cambiare, il sistema rischia l’implosione. A causa di troppe strozzature, che sono frequenti da noi e rare o non esistenti in altri Paesi. A causa soprattutto di sistemi sociali diversi negli altri Paesi della U.E., i quali hanno efficienze sociali molto superiori. Quindi sono più competitivi. C. Se le istituzioni non funzionano, intendi dire che bisogna cambiarle ? E. Cambiare le istituzioni potrebbe essere vitale. Ma, prima di cambiarle, é necessario vedere perché non funzionano. Cosi si capirà cosa é da cambiare. |
25-11-2004, 16.18.25 | #18 |
L' Emigrato
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ITALIA DESNUDA - 2
Quali i motivi primari del non funzionamento delle strutture statali e della perdita di competitività, che gli imprenditori lamentano ? A inizio secolo, nel mercato globale, é imprescindibile adottare valori che sono comuni in altri Paesi e che permettono una vita civile semplice, senza scosse. Tali valori, che esistevano in Italia (ma non in misura sufficiente) si sono poi rarefatti, sembrano spariti dalla società di alcune regioni, a causa della nostra recente degradazione. Eccoli: l’organizzazione efficiente, la programmazione, la chiarezza della espressione orale e scritta (da preferire alle scelte intuitive), la logica, l’eguaglianza reale dei diritti dei cittadini, la selezione per merito, il realismo, la precisione, la coerenza tra le azioni e i fatti, l’affidabilità di programmi preparati con rigore. E poi i valori primari che ne permettono la conservazione: la serietà, la riflessione, la correttezza, la responsabilità. Se avessimo tali valori, riusciremmo ad applicare completamente e pienamente la costituzione e le leggi. Per ora non possiamo arrivare a tanto. Proprio perché tutti questi valori sono scomparsi da alcune regioni e tendono a scomparire nel resto dello Stivale.
C. Mi sembra che lo Stivale si sia unificato sotto una cattiva stella, se tanti valori, che prima esistevano più o meno, sono poi scomparsi o si sono rarefatti. E. In un certo senso c’ é sicuramente una cattiva stella. Ma credo che la verità sia: c’ é colpa di tutta la società, di tutti i cittadini. C. Se tu, da emigrato, credi proprio di aver visto questi valori scomparire o nascondersi, puoi spiegarmi come cio’ sia avvenuto ? E. Cominciamo da prima dell’ unificazione. Nei secoli, tante invasioni. Gli Italiani furono costretti a cambiare spesso padrone, condizioni di vita, garanzie e diritti. Successe quindi che si adattarono, presero alcuni caratteri, rimasti poi nel DNA. Adattarsi al nuovo padrone, non contrastarlo, evitare conflitti. Gli Italiani di oggi, davanti agli altri Europei, mostrano poca simpatia per la fermezza e la chiarezza. Diciamo che non hanno una spina dorsale strutturata come quella degli altri Europei. In pratica, se gli leviamo la camicia e li guardiamo dalle spalle, gli Italiani sono ben diversi da altri europei. Il problema, mi sembra, é che nessun ministro della della Sanità (o della P.I.) ha mai iniziato una cura........ Sarà per questo che oggi in Europa si riconosce agli Italiani una grande flessibilità. D’altronde, se non avessimo avuto nel passato lontano spirito di adattamento e flessibilità, avremmo dovuto avere, per esistere, forza, disciplina, solida spina dorsale ed eserciti paragonabili a quelli degli invasori. Non credo abbiamo avuti né gli uni né gli altri. La flessibilità é certo un vantaggio rispetto agli altri europei, in un mercato competitivo, che evolve rapidamente. Purtroppo la nostra grande flessibilità, unita ad una scarsa coerenza, debole spina dorsale, ha avuto anche conseguenze negative. 1. ANNI 60-70. Ancora diffusi i comportamenti abbastanza corretti nella società. La corruzione già esiste, ma non si é ancora diffusa ovunque. Essa é nascosta, ma gira per le stanze del potere, cercando nuovi adepti. La facciata del potere é la gestione del Paese e la lotta contro il comunismo. Dietro la facciata, l’affaripolitismo (=commistione di affarismo privato e politica) si diffonde e contribuisce a sostenere partiti politici e relative correnti. 2. ANNI 80-90. La diffusione a macchia d’olio della corruzione e dell’omertà nelle gestioni del potere nazionale, locale e degli enti di stato continua. Le motivazioni di difesa dal comunismo, di stato di allarme, spariscono. Non solo gli imprenditori si occupano di business (ottima cosa). Anche qualche politico lo fa, ma non allo scoperto (si tratta di percentuali, non dichiarate né tassate). Sempre più ci sono politici che pensano agli affari, sempre meno politici che gestiscono il Paese. Alla fine del secolo non ci sono organi istituzionali indenni dall’inquinamento in espansione. Persino la giustizia é colpita. Qualcuno comincia a dubitare che essa sia super-partes. 3. La larga e rapida diffusione, dappertutto, della corruzione, fa cambiare i comportamenti. Gli Italiani, flessibili, possono cambiare velocemente. La gestione frequentemente scorretta del potere per fini di parte é ormai, negli anni ’90, ben conosciuta dal grande pubblico. I comportamenti scorretti o delittuosi non vengono più nascosti. Si confessa pubblicamente che le tangenti servono al partito o alle sue correnti. Ma l’affaripolitismo per arricchimenti personali é ancora nascosto. 4. Vengono alla luce, sempre più numerosi, i casi di uso del potere per scopi delittuosi. Contemporaneamente, forse a causa della incapacità (o non volontà) della giustizia di perseguire i colpevoli, si diffonde il senso dell’impunità di chi sta al potere. In certi ambienti, essere cooptati dal potere politico comporta l’accettazione dell’affaripolitismo privato. Contemporaneamente diminuisce il numero di cittadini che protestano e si scandalizzano nello scoprire gli usi scorretti del potere. Il che é normale, nello Stivale, per parecchie ragioni. Ma credo che una delle ragioni primarie sia: in un Paese che ha elevato la confusione e i pantani a sistema di vita (per mancanza di coerenza, per il doppio linguaggio, per l’ approssimazione diffusa, per la perdita di motivazione dovuta all’ egualitarismo, etc.), si arriva ad accettare tutto. Si abbassa il livello dei comportamenti accettabili al livello delle suole. Iniziando dai livelli alti, anche perché la classe dirigente pubblica é stata scelta con criteri negativi. 5. Appare chiaro che la % di gestori della cosa pubblica o degli enti statali che svolgono realmente il proprio ruolo diminuisce. Si diffonde l’idea che la carica pubblica o l’elezione non comporta necessariamente impegno né grandi obblighi inerenti al proprio ruolo. 6. La dietrologia, le manovre, i colpi bassi fra clans diversi dei poteri nazionale e locali, divengono comportamenti diffusi. Per i funzionari pubblici di alto calibro gestire l’ente o il servizio di cui si é (nominalmente) responsabile diviene sempre meno importante. Conservare la propria fetta di potere, restare a galla, é la preoccupazione prevalente. Il che sembrerebbe quasi giusto, poiché sbloccare tanti meccanismi grippati lo si puo’ fare solo se si ha potere. Allora perché non cercare di averne di più ? 7. Colla istituzione della Comunità Europea, le merci cominciano a passare le frontiere e nei Paesi della U.E. inizia la competizione. Produttori di beni e servizi devono fare fronte ad una competizione più accanita e difficile. In tale quadro economico divenuto complesso, i sistemi di produzione e vendita più efficienti emergono. Fra i Paesi della U.E., l’Italia si distingue per alcuni fattori particolari del suo quadro sociale, che hanno un impatto negativo sulla competitività. Eccoli: - l’assenza di determinazione e di capacità organizzative, la diffusione dell’improvvisazione (causa ed effetto della confusione in aumento) in un mercato sempre più complesso creano difficoltà agli imprenditori. - la difficoltà di realizzare i programmi pubblici previsti rende incerto il quadro economico e quello pubblico. Si vive sempre di più alla giornata, i programmi divengono solo indicativi. Le promesse non si possono mantenere. Gli obbiettivi dichiarati si dimenticano. - sparisce il valore “responsabilità del proprio operato”. Si diffonde a macchia d’olio il vecchio (ma una volta nascosto) uso di selezionare la classe dirigente per allacci personali. Il merito e l’esperienza, formalmente in auge, divengono in pratica valori dimenticati. L’unica cosa che conta ormai: conoscere un VIP potente. 8. In certi settori il numero di persone che si serve di un referente é troppo aumentato. Per cui l’uso di un referente diviene una carta sempre meno sicura. Per effetto della sparizione dei valori, diviene chiaro ad un numero crescente di persone che compiere bene il proprio dovere, in modo corretto, non paga più. In conclusione, l’inaffidabilità, la confusione, regnano ormai sovrane nel sistema Italia. La competitività é sparita o sta sparendo. Gli imprenditori se ne lamentano. Il sistema Italia é ormai grippato in alcuni settori. Alcuni imprenditori, nel battersi contro la inefficienza, capiscono che spostare la propria attività al Nord o all’Est del Paese é un opzione da considerare come ancora di salvezza. Sta di fatto che l’imprenditore che vuole sopravvivere é sempre più spinto ad andarsene dall’Italia, alla ricerca di un sistema meno burocratizzato, più snello, dove le infrastrutture funzionano meglio che da noi e dove il costo del lavoro non deve finanziare una tassazione fiscale e contributiva in aumento (per via degli sprechi esistenti in Italia….). Dove non riceve pressioni per dare un posticino a Caio e Sempronio. 9. La FIAT chiude il primo stabilimento. E il primo segno di una catastrofe in arrivo ? Le somiglianze del sistema Italia con i sistemi sociali del Sudamerica aumentano in certi settori. Chissà se un giorno i nostri allacci economici con i Paesi U.E. diminuiranno ? In tal caso ci resterebbe un’opzione: associarci ad un mercato comune del Sudamerica ! C. Se tutte queste evoluzioni si sono realmente verificate (e forse é anche vero), dimmi senza perifrasi: in che situazione sociale si trovano oggi gli abitanti dello Stivale ? E. In mutande ! Antonio Greco ANGREMA@wanadoo.fr P.S. Le linee direttive del programma necessario e urgente per la società italiana (un nuovo patto sociale da definire), il quale permetta al Paese di divenire una società europea a pieno titolo, capace anche di sviluppare un’ economia fiorente (dopo gli sforzi necessari), sono già pubblicate. Gli interessati me ne chiedano copia o le coordinate Internet. |
25-11-2004, 23.21.56 | #19 | |
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Citazione:
ed infatti il mio era un riesprimere e sottolineare quella parte del tuo discorso perchè mi piaceva! ti sei espresso benissimo... cultura è qualità e non quantità...però mentre l'acquisizione di dati è aperta più o meno a tutti, per l'elaborazione il discorso è diverso: qualcuno ti può far vedere un metodo, ma poi la sperimentazione è solo tua. Che ne pensi? p.s.: però io sul devoto Oli appena posso ci vado a vedere... così tanto per curiosare... |
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26-11-2004, 11.16.32 | #20 | |
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Citazione:
Una cultura di qualità nella quantità favorirà certo questo sviluppo, ma stiamo camminando sul filo di un burrone, perché la domanda successiva sarà: - come stabiliamo la qualità nella cultura? – E qui, qualcuno ti dirà che esistono criteri oggettivi per definire la qualità, qualcun altro ti dirà che non si può prescindere dalle proprie influenze socio/culturali e che, pertanto, ciascuno difenderà la sua idea di qualità, basata sui propri valori. A mio avviso sono entrambi atteggiamenti sbagliati, il primo perché fissa un qualità, che per sua natura è dinamica, a parametri fissi, che finiscono per svuotarla di ogni significato. Il secondo perché la riduce a mero prodotto dei gusti e delle convenienze del singolo individuo rendendola, di fatto, non definibile. La qualità non è comodamente scritta nero su bianco su un libro che quando vogliamo attingerne, lo apriamo e lo leggiamo e non è neppure un vacuo rigurgito del nostro piacere…… ma direi piuttosto che è una conquista continua della nostra intelligenza e questa conquista potremmo chiamarla “CULTURA”. P.S. se guardi sul Devoto e la definizione non è troppo lunga, posso chiederti di riportarla qui per tutti noi? |
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