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05-04-2005, 11.48.32 | #44 | |
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Re: Re: P.S.) "QUATTRO PERSONE ED UN INTERPRETE"
Citazione:
Lascia perdere l' "induzione" Non credo ce ne possa.. fregare di meno.. !! "L’unico abbraccio, l’unico afflato che avverto non è quello divino, è quello dell’umanità. Questo non significa denominare la medesima cosa in due modi diversi, è veramente un modo diverso di rapportarsi alla Vita… sbaglio??? " Secondo me è definire la medesima <Realtà> in modi solo apparentemente diversi.. Forse ciò che definisci "bellissimo sentire" è della stessa sostanza di quell' "abbraccio-umano".. Ma cosa importa poi, alla fin fine definire "correttamente" una qualche <realtà> già così sfuggevole ed ingannevole e dai mille volti..?? Forse importa ai poeti, di certo non ai "mistici" od agli "pseudo-anarchici-visionari-sensimetri" come me.. o forse -in modo 'diverso'- come te.. Decisamente interessante ciò che riporti di Galimberti.. Forse è proprio il punto di possibile unione.. l'unica <moneta> di cui sopra.. (<Sentirsi mentalmente Uno con tutte le cose>.. La scoperta della coscienza che scopre e percepisce il sacro al di fuori di sé ed il suo cammino a ritroso verso una volontà-sentire di unione, unità..) Gyta |
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05-04-2005, 12.40.22 | #45 | |
Ospite abituale
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Re: Re: Re: P.S.) "QUATTRO PERSONE ED UN INTERPRETE"
Citazione:
Ecco! Ehmmm... di Galimberti, per mia pigrizia congenita, non ho riportato alcunché... quanto hai letto finora è parte del mio pensiero. Ho in animo di provare a ri-partire da Galimebrti, ma per evitarmi uno snervante lavoro di copiatura, ho intenzione di cercare sul web ciò che dovrei ricopiare. Come è noto alcuni suoi saggi sono delle raccolte di articoli pubblicati su quotidiani nazionali (Repubblica, per esempio), devo solo fare un certosino lavoro di ricerca... in difetto mi accollerò l'onere di ricopiare parte dei testi che m'interessa proporre. Ciaooooooooooo |
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05-04-2005, 17.04.48 | #46 | |
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Re: Re: Re: Re: P.S.) "QUATTRO PERSONE ED UN INTERPRETE"
Citazione:
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06-04-2005, 11.40.30 | #47 |
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Re: Re: Re: Re: P.S.) "QUATTRO PERSONE ED UN INTERPRETE"
Accidenti.. cercavo su galimberti
e mi sono persa a leggere articoli intriganti.. (non solo riguardanti lui).. Galimberti -ahimè!- non lo conoscevo proprio.. ed è una vera bella scoperta per me.. grazie a te ed atisha che lo avete tirato in ballo, m'avete reso curiosa e stupendamente soddisfatta della scoperta.. !! Oltretutto -tasto melodico nel mio animo!- è uno psicanalista da quel poco appena leggiucchiato proprio in gamba (ovvero di quelli che piacciono a me ! ) Comunque tra i vari articoli m'è balzato innanzi il seguente.. curioso visto il nostro discorso di metafisiche, stupori, misticismi & normalità-Umane.. dal titolo "Il sonno della mente e due tipi di stupore" di roberta De Monticelli -che non è un attacco a te, come di primo acchito si potrebbe pensare, anzi essendo abbastanza 'stimolante' non sapevo proprio se indicarlo/postarlo qui o sul 'oggetto non ben identificato' che sempre nel <tema> siamo.. !! "Il sonno della mente.."-de monticelli: http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/041130.htm Sì.. Penso che Galimberti possa ben essere un discreto approccio alla questione.. (e se trovi stralci di suoi libri segnala il link!!! Grazie!!!) Qui di seguito qualche passo scelto da me da un articolo.. ******************** "..l'uomo sa di dover morire. Questa consapevolezza lo obbliga al pensiero dell'ulteriorità che resta tale comunque la si pensi abitata: da Dio o dal Nulla. Ciò fa dell'uomo un "animale non stabilizzato" come diceva Nietzsche, un animale la cui essenza è nell'oltrepassamento della sua situazione. Il futuro è il destino dell'uomo, è la traccia nascosta della sua angoscia segreta. Non ci si angoscia per "questo" o per "quello", ma per il Nulla che ci precede e che ci attende. Ed essendoci il Nulla all'ingresso e all'uscita della nostra vita, insopprimibile sorge la domanda che chiede il senso del nostro esistere. Un esistere per Nulla o per Dio? Ma qui siamo già nel repertorio delle risposte, delle argomentazioni, delle conversioni, delle disperazioni. Io vorrei trovare l'essenza della religione prima di queste domande e risposte, vorrei trovarla là dove si dà il terreno da cui è possibile sentire e pensare.. (Filosofia e scienza sono edifici concettuali, ma è possibile edificare concettualmente solo se un terreno di metafore e di simboli ci ospita. Questo terreno è scavato dalla religione che segnala..) forse anche il linguaggio non avrebbe trovato le sue parole se la religione non gli avesse dato i simboli che, come cascate, le hanno generate una dopo l'altra. Ma col vincolo che nessuna parola avrebbe avuto senso se si fosse staccata dal simbolo che l'aveva generata. Parole staccate, parole perdute per l'Evento. Ecco cos'è la religione: l'Evento. Un andamento silenzioso e gravido di senso, capace di negarsi per far accadere tutta la storia. Assentandosi Dio, accadde il mondo. Ma anche all'assenza bisogna essere grati.. Per questo non bisogna vociare all'interno della religione o fuori dalla religione. Non bisogna far chiasso in nome di Dio o contro Dio. Il rumore del mondo non deve invadere, col grido dell'affermazione o del diniego, l'origine silenziosa da cui sono scaturite tutte le parole. A partire da questa atmosfera, che non è atto di fede ma di riconoscimento, Perché che Dio esista o non esista può essere oggetto di disputa, ma che l'esperienza, il vissuto religioso esistano è un fatto fuori discussione.. Ed è questo vissuto che val la pena di indagare per capire che cos'è e perché si dà prima della nascita della ragione e oltre i confini che la ragione stessa da sé si assegna. Questa zona di mistero è il luogo dove alcuni frettolosamente trovano subito il volto di Dio, ma dove tutti possono trovare la traccia nascosta, profonda e, se il termine non soffrisse dei limiti ad esso conferiti dalla psicoanalisi, direi anche "inconscia", in cui si raccoglie il senso in cui l'umanità ha cercato di esprimere la sua differenza dall'animale e ciò che, forse, a sua insaputa la muove nella produzione della sua storia.. " ******************* (da 'religione un bisogno eterno dell'umanità' -Galimberti): http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/011222.htm e poi c'è la sintesi del tuo accenno al sacro e coscienza -sacralità negata alla coscienza, in: 'Il simbolo, mistero dell'inconscio'-galimberti: http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020109e.htm Ciao! Gyta Ultima modifica di gyta : 06-04-2005 alle ore 11.52.28. |
07-04-2005, 12.57.42 | #48 | |
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Galimberti Umberto
Passi tratti da Galimberti
“Questa condizione di ‘possessione’ ed ‘entusiasmo’, senza di cui non c’è creazione poetica, è riconosciuta anche da Platone che nel Fedro (245a) la annovera tra le forme di ‘divina follia’. “E’ una follia che prende tenere anime immacolate e inaccesse, le desta e le entusiasma in lirico canto e in altre poetiche composizioni; infonde ordine e bellezza ad antiche gesta, le sopravvenienti generazioni educando. Ma chi senza la follia della Muse si avvicina alla poesia, convinto di diventar poeta per averne acquisito la tecnica, inutile è a lui la usa arte perché, di fronte alla poesia dei folli, la poesia del saggio ottenebrata scompare.” Il rapporto col dio esige il sacrificio dell’Io. La vista superiore, l’epopteia, ha la sua contropartita nella cecità per le cose della terra. A questo destino non sfugge neppure il prigioniero del mito platonico della caverna che, al suo rientro, dopo aver visto il sole che presiede il regno dell’essere, ed è causa anche di tutte le ombre che sullo sfondo i prigionieri vedono suscita l’ilarità dei compagni di prigionia che, nel rivederlo incerto, dicono fra loro: “Quell’uomo è andato in alto, ma ora torna con le pupille annientate.” Galimberti dà la parola a Fuerbach: “Dio è amore. Questa , che è la proposizione più sublime del cristianesimo, esprime solo la certezza che il cuore ha di se stesso, della sua potenza come della sola potenza legittima, cioè divina. Dio è amore significa che il cuore è il Dio dell’uomo, l’essere assoluto. Dio è l’ottativo del cuore cambiato in un presente felice” è commenta: “’Ottativo’è al forma verbale greca che esprime il desiderio nella forma “volesse il cielo che…”, “potesse accadere che…”. Come ottativo del cuore romano, cambiato in un presente felice, Dio è il desiderio umano di vedere abolita la distanza tra il volere e il potere, tra il desiderio e l’appagamento, tra l’intenzione e la realizzazione, in termini freudiani: tra il principio di piacere e il principio di realtà.” Poi: “… Se teniamo presenti i due aspetti, allora è possibile dire che Dio è sì un inganno, ma un inganno necessario, senza di cui l’umanità non avrebbe mai avuto la capacità di attuare la più semplice delle sue intenzioni. E siccome, a differenza dell’animale, all’uomo non è data altra vita se non quella che egli realizza, probabilmente senza Dio, senza fede e senza speranza di realizzazione, l’umanità si sarebbe estinta. Se dal punto di vista della ragione la religione è l’occultamento della verità sotto la maschera mitologica, dal punto di vista dell’origine della ragione occorre dire che, senza questa maschera, non si sarebbe giunti al presunto volto della verità.” (i due aspetti da tenere presenti è che Dio altro non è che la proiezione dei desideri umani, e che, senza questa proiezione, nessun desiderio umano avrebbe mai avuto la forza di realizzarsi…. Attribuisce queste due posizioni a Feuerbach, mentre solo la prima a Marx, Schopenhauer, Nietzsche e Freud nella loro parziale lettura o interpretazione di Feuerbach). “L’uomo (…) è costretto a conferire senso al mondo, quindi a interpretarlo, e la religione è la prima interpretazione del mondo (…) Esigenza di interpretare il mondo per poterci vivere secondo schemi collaudati, che nell’ambito religioso si chiamano riti e nell’ambito razionale metodi.” “Goethe considera il cristianesimo la ‘religione finale’, perché ha avuto il coraggio di oltrepassare l’antica glorificazione della vita, accogliendo positivamente in sé anche ciò che alla vita apparentemente è contrario, cioè il dolore di cui la Natura è palese testimonianza e Cristo il simbolo…” “Per Goethe la morte di Cristo è la morte della singola individualità per la rinascita di altre individualità, è il sacrificio dell’individuo per la vita sempre rinnovatesi del Tutto in cui la natura, e non la ragione con i suoi scopi, celebra, nell’incuranza degli individui, la sua infinita sovrabbondanza.” Prosegue poi con la citazione di una bellissima pagina tratta da Natur di Goethe, che io ometto per eccessiva lunghezza e sono pigro, ma varrebbe davvero la pena di leggerla e assaporarla. Poi prosegue nel suo commento (s’intuisce che è anche la sua posizione): “Come il dionisiaco di Nietzsche, così la natura di Goethe ospita l’individuo come il perituro, la cui morte è solo l’anello necessario alla catena della vita (…) Se la Natura è Dio, la passione di Cristo è la passione dell’individuo che deve morire perché la creazione di Dio non si arresti con la sua sorte. Per questo il cristianesimo è per Goethe ‘la religione finale’ dove si celebra ‘la divina profondità del dolore’. Non il dolore che attende il suo risarcimento, ma il dolore nella sua profondità divina. Un dolore per la gioia del Tutto, e non un dolore in vista di un riscatto, di una ricompensa individuale…” Mi fermo qui… c’è tantissimo altro materiale utile per una riflessione… Galimberti è un vero pozzo da cui attingere… solo volendolo. Tutte le citazioni sono tratte dal suo saggio ‘Orme del sacro’, edizione Feltrinelli – molto interessante anche ‘Gli equivoci dell’anima’, ma forse sarà per un’altra volta. Le citazioni sono state estratte in ordine sparso, così come ho ritenuto io di doverle inserire per fornire un quadro il più coerente possibile circa il suo modo di vedere le cose…. Almeno per come l’ho compreso io. Per i commenti attendo, poi, magari, se avrò tempo, proverò con qualcosa di mio Citazione:
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07-04-2005, 13.02.59 | #49 |
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Questa la mia stupefazione
Non so se ti piacerà... probabilmente no, forse si tratta, ancora una volta, di autocompiacimento lirico... chissà... forse... forse no!
VIBRAZIONI DELLA VITA Calde emozioni che permeano il cuore. Tiepido vento settembrino, Che cheta il turbinio e placa l’arsura, Grani rosseggianti d’uva succosa, Canti di splendide donne chine sui tralci di vite. Vite che è vita che sgorga festosa Da boccali ricolmi. Feste bucoliche, risa gioiose. Alfin giunge la sera Il cui nunzio è l’astro Dardeggiante che declina oltre i colli Addolciti dal vento Eterno solingo compagno di siti romiti, Canta una nenia leggera, lenendo gli affanni Di chi pascola il gregge. Luna incipiente, argentea si staglia Guardinga fra piccole luci lontane, Rischiarando la volta del cielo, Svelando anche il passo ad uomini soli, Intenti a colmare gli otri alle timide fonti. Acqua sorgiva che sgorga da conche rupestri. Il canto del grillo è l’unica nota, Scandisce con note danzanti il ritmo Della vita che scorre. Il vento sussurra alla luna le cose dell’uomo, Le coglie spirando per valli e per monti, Le rilascia pian piano nel suo eterno spirare, E’ l’uomo che ormai non sa più ascoltare. |
07-04-2005, 13.44.45 | #50 | |
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Re: Questa la mia stupefazione
Citazione:
Improvvisamente mi sono trovato in mezzo a valli ombrose e siti romiti a spiare le voci della vita che tutta pulsa attorno..... |
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