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26-10-2007, 18.31.28 | #33 |
Ospite abituale
Data registrazione: 27-10-2004
Messaggi: 1,774
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Salve e buona sera!
fino ad ora si è parlato di sofferenza psichica ora dove la vogliamo menare? se è più doloroso un taglio sulla gamba che allo stomaco? La sofferenza è sofferenza vissuta più o meno consapevolmente (ci ricordiamo di quei 32 autoinganni-meccanismi di difesa?) claudio ps max domanda per domanda, mi spieghi per favore la differenza tra :depressione, sia essa di origine "naturale, sia essa di origine "esistenziale",ciao |
26-10-2007, 18.50.25 | #34 |
Ospite abituale
Data registrazione: 27-10-2004
Messaggi: 1,774
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
ari ps non avevo letto la domanda implicita...una cosa è la sofferenza che è il manifesto (nascita,malattia, morte) un'altra è quella che deriva dalla legge "causa-effeto" karma ari claudio
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27-10-2007, 02.49.07 | #35 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-12-2006
Messaggi: 317
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Se fossi tu stesso la causa prima.. che cosa faresti per avvicinarti ? |
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27-10-2007, 12.50.16 | #36 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 16-08-2007
Messaggi: 603
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Che discussione entusiasmante! Complimenti a tutti!
Sono state dette molte cose, soprattutto per me è bello che qualcuno abbia condiviso le proprie esperienze personali. Voglio dare il mio contriburo all'opera! Ad oggi, dalla mia personale esperienza, ho desunto che è la consapevolezza della "morte" ( non quella prettamente fisica ovviamente ) che ci avvicina alle "cose dello spirito"... quando si palesa a noi, attraverso la vicinanza della morte, che quello che siamo non era quello che volevamo "imporci" di essere... allora possiamo cominciare a "vivere" nel pieno di questa consapevolezza... e cominciamo ad essere quello che siamo. Le persone che soffrono di depressione ( come tutte le persone che soffrono nel profondo della loro essenza ) sono interiormente meravigliose ( io le amo a priori, anche se nella vita pratica è difficile riuscire a stargli accanto= mia madre è depressa da sempre ) perché hanno sempre questa morte nel cuore... e quando (se ) riescono ad accettarla ciò non potrà che portare frutti inestimabili sotto il punto di vista "interiore". Citazione:
Scusa, ma non torniamo a nascere (e ad ammalarci) per "motivi" karmici ? Citazione:
Hai tutta la mia condivisione! |
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28-10-2007, 19.38.19 | #37 | |
Ospite
Data registrazione: 29-09-2007
Messaggi: 10
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Sono spiacente di quanto accaduto e spero che ora tua moglie stia decisamente meglio. Per quel che riguarda il fattore di complicazione determinato dalla comparsa di problematiche esistenziali, vorrei precisare che sono considerate in questo modo nell'ambiente dell'ortodossia psichiatrica, che a dispetto della formazione medica comprende talvolta anche qualche persona non del tutto stupida! Quanto ho affermato sulle tematiche esistenziali può essere preso come valido in senso statistico, o meglio ancora come possibile campanello d'allarme e come linea guida per mettersi in ascolto degli eventuali meccanismi difensivi psicotici, ma mai come se tra le due situazioni fosse possibile mettere un segno di eguaglianza o di consequenzialità. Dietro ciò che andiamo trattando si annida sempre il terrore della follia che diventa parossistico se la persona che presenta tali vissuti non viene aiutata a far rientrare i suoi timori in un contesto di comprensibilità e di normale funzionamento – e ribadisco normale a partire dalla condizione soggettiva e reale che sta attraversando in quel periodo, poiché in assenza di una figura di riferimento che svolga in quei momenti un'opera di contenimento e senza la contestuale opportunità di espressione del disagio, c'è il rischio di un aggravamento della sofferenza stessa. La paura della malattia mentale spinge moltissime persone a temere il ricorso a qualche specialista, e mi pare che il vero problema ha sempre in qualche modo a che vedere con l'identità. Se non riusciamo ad accettare l'idea della patologia è perché temiamo di essere noi stessi patologici e non riusciamo a vedere che patologico deriva da pathos, cioè da sofferenza, e che un soggetto patologico è tale semplicemente perché sta soffrendo, non perché sia lui stesso, la sua vera identità qualcosa di sbagliato o di negativo. La terapia, quando è possibile, è anche disidentificazione da queste componenti malate, si può sollecitare un'alleanza tra la parte sana della persona e quella di chi fa da sostegno per andare a vedere assieme gli aspetti più dolenti che spesso non possono essere accettati dalla nostra coscienza, e subiscono perciò varie forme di rimozione. Ma gli effetti di queste destrutturazioni investono non solo la capacità di riconoscere il vero Sé che potenzialmente è sano, anzi direi che non può proprio essere malato, (in accordo credo con gli spiritualisti) ma di poter vedere anche le conseguenze delle profonde paure e delle contromisure, delle azioni reali che si mettono in atto nella quotidianità per potersi in qualche modo difendere e per poter sopravvivere, e che spesso si subiscono senza che nemmeno si comprendano le ragioni profonde del malessere. Quello che a questo punto vi chiedo è questo: credete davvero che una persona cui capita di trovarsi in un momento di grossa sofferenza, che manifesta depersonalizzazione, perdita di identità, che magari reagisce stando in casa perché avverte un timor panico nell'affrontare la vita, o esprima forti sensi di inutilità, o idee di persecuzione o altre manifestazioni deliranti (le possibilità sono purtroppo molteplici) sia pronta e soddisfatta di sentirsi dire (e prendo indebitamente le prime frasi a caso che mi capita di incontrare nel Forum) ad esempio che “Nella vita tutto è apparenza, tutto è illusione”(Atisha) o che sta soffrendo perché “deve scontare un Karma negativo” (Veraluce) ecc, ecc? Se anche tutto questo è vero mi sembrerebbe comunque poco utile portare il discorso su questi argomenti che avrebbero un effetto tutt'altro che tranquillizzante. Sarebbero fuori luogo, fuori tempo e sostanzialmente mirati più a tranquillizzare e riconfermare le mie credenze e posizioni mentre l'altro si sentirebbe ancora più solo e inadeguato di fronte a tanta santità. Credo invece che se stiamo così bene e siamo così certi della nostra natura divina (posso dire così?) allora saremo anche in grado di stare assieme all'altro, nello stato in cui è accettando i SUOI discorsi e i SUOI bisogni e forse così si sentirà un poco meno solo, o estraneo o patologico. In fondo non mi sto affatto opponendo all'idea di coltivare la propria anima, ma sinceramente mi spavento quando mi sembra di aver a che fare con chi non riesce a fare altro che quello e propone questa medicina per tutti i mali che affliggono le persone. La mia banalissima opinione è invece che non possiamo curare ogni persona con un solo rimedio, per quanto valido possa essere. NON tutte le persone chiedono di avere risposte religiose o metafisiche, spesso i bisogni sono molto umani e terreni come ad esempio la sensazione di non farcela ad affrontare il mondo, il bisogno di relazioni più sicure e profonde, il desiderio di chiarirsi sul proprio funzionamento come persona, ecc, come del resto non possiamo neppure castrare le legittime aspirazioni alla crescita e all'evoluzione anche in ambito spirituale. Mi permetto soltanto di dire che anche questa dimensione trae giovamento dal nostro stato di salute e buon funzionamento su tutti i piani, e tende a sistemarsi autonomamente, non in funzione di un nostro egoistico desiderio di diventare esseri superiori. Nonostante le buone intenzioni continuo a sentire qualche residuale odore di zolfo e di egocentrismo, mascherati da divina perfezione. Rinnovo i saluti a tutti. |
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29-10-2007, 07.19.58 | #38 | |
Ospite pianeta Terra
Data registrazione: 17-03-2003
Messaggi: 3,020
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
l'odore di zolfo lo sento anch'io.. perchè percepisco la quintessenza della poca indagine di tutta una serie di discorsi fatti nell'abito giusto (spiritualità) e banalizzati estrapolando (come sempre accade) un esempio di mie ed altrui parole che preso fine a se stesso ha davvero del distorto, specie se riportato al tuo esempio.. .. questa è una furbizia a cui mi sottraggo.. se ti preoccuperai di indagare seriamente i nostri discorsi, non immediatamente riconoscibili da una mente profana, con un senso un po' allargato e non bloccato dal solo movimento "logico" della propria materia di studio, ben venga.. mi rendo disponibile.. altrimenti meglio lasciar stare.. e che ognuno si dedichi al meglio alle proprie facoltà.. che di male ed ignoranza in giro già ce nè tanta.. eppure, se mi permetti, sono menti cosiddette nel tuo ambiente "sane".. ego "equilibrati", mi pare.. un saluto |
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29-10-2007, 09.46.56 | #39 | ||
Ospite abituale
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Messaggi: 1,638
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Continuo la discussione partendo proprio dalla domanda dell’amico Claudio! Stati d’animo altalenanti che si possono ricondurre a sofferenze esistenziali, sono più o meno vissuti da tutti noi indipendentemente dal parallelo terrestre in cui si vive. Non c’è una fascia di età specifica in cui si manifestano questi malesseri anche se fino all’età adolescenziale o in età avanzata sono sicuramente meno frequenti. La “sofferenza” che porta ad approfondire determinate naturali domande dell’uomo, si manifesta sul fisico in maniera diversa da persona a persona e non cessano fintantochè non è stata trovata una risposta più o meno plausibile. Suddividevo, per quanto poco si possa cercare una linea di separazione, le depressioni originate da un fatto “terreno” come potrebbe essere l’improvvisa mancanza di una persona cara, da quelle depressioni la cui valutazione della conduzione di vita della persona non sembrano originate da una causa scatenante e presentano tutte quelle caratteristiche che la riconducono ad un problema esistenziale, dalla paura della morte e del divenire. A posteriori i nostri amici spirituali potranno anche generalizzare parlando di fatti “karmici”, di sofferenze buddiche e di visioni divine in senso panteistico ma stiamo valutando una persona che in questo momento di analisi non possiede alcuna fede o credo e si pone delle domande che creano un evidente stato di malessere. A tal punto rafforzo la domanda di Golem in quanto mi pare sia un’ottima riflessione in particolare per i nostri amici spirituali che in fatto di consigli sul “buon vivere” non peccano certamente. Citazione:
Emblematico l’esempio dei testimoni di geova che sanno cogliere le occasioni che offrono i momenti di debolezza di una persona con delle tecniche che vengono da loro stessi studiate a tavolino. L’approccio apparentemente felice nel contatto con la persona depressa in senso esistenziale favorisce certamente la fiducia che il ”malato” ripone su quel determinato tipo di religione. Persone invece più riflessive e meno pragmatiche saranno orientate a risposte “spirituali” meno precise e con un margine di elaborazione logico-personale più ampio. I profeti appartenenti a qualsiasi credo presentano comunque un tratto comune che non manca mai in qualsiasi forma di religione ovverosia la manifestata felicità, raggiunta a seguito del loro partecipare. Sarà proprio questa che fungerà come uno specchietto per le allodole da attrazione verso lo sviluppo per una nuova visione esistenziale, rasserenante e tranquillizzante. Qui nessuno ha paura della morte, si è sempre consapevoli delle proprie azioni e tutto ciò che è manifesto viene accettato felicemente per amor divino. Tutto è bello qui perché lo spirituale deve accettare anzi, deve obbligatoriamente accettare, come verità e non come semplice verosimiglianza, ciò in cui crede, pratica e professa. Il procedimento con il quale si arriva a codesta visione spesse volte è lento, tormentato, faticoso e la verità alla quale si arriva è sempre frutto di un procedimento mentale logico che spesse volte va per esclusioni. Anche qualora si approdi ad una spiritualità orientaleggiante che prevede l’esclusione totale della mente pensante e l’osservazione dei fenomeni attraverso la pura realtà è indubbio come si sia approdati a questa visione attraverso un logico pensare. Ribadisco…siamo sempre all’inizio del percorso della persona sofferente. La decisione di frequentare ad esempio un corso di meditazione, la lettura di un testo sacro o il partecipare ad una santa messa non è forse frutto di un ragionamento che attraverso un pensiero logicamente accettato porta la persona a svolgere quella determinata azione? |
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29-10-2007, 10.36.29 | #40 | |
Ospite pianeta Terra
Data registrazione: 17-03-2003
Messaggi: 3,020
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troppa o poca sensibilità?
maxim:
Citazione:
maxim.. sei un furbacchione tutto ciò che viene accettato non significa "felicemente accettato per amor divino".. ma perchè si riconosce quell'azione.. si riconoscono i processi che hanno portato a quell'azione.. e ciò genera pace interiore.. non felicità beota! (quante volte lo abbiamo scritto e certificato!!!) l'accettazione è un accadere interiore.. e ciò non significa starsene con le mani in mano a guardare il mondo che crolla.. hai visto per esempio i monaci in Birmania? la loro accettazione era profonda.. ma nel piano duale si sono mossi eccome.. ed erano "solo" monaci.. la tua armata contro ciò che chiami "spiritualità", trovo sia sempre la stessa, cioè non abbia realmente voglia di un probabile incontro.. contatto.. resta sempre una (tua) realtà.. una conclusione indotta ed avvalorata solo attraverso la semplice analisi... "logica" cioè attraverso il funzionamento di un solo emisfero.. un saluto |
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