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24-10-2007, 17.41.33 | #12 |
Ospite abituale
Data registrazione: 27-10-2004
Messaggi: 1,774
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Salve e buon pomeriggio!
Le 4 nobili verità fatte propeie (ci vuole una seria analisi introspettiva) possono dare una risposta alla domenda dell'amico e se dalla depressione nasce qualcosa di buono (Leopardi insegna) ben venga...la crisi di coscienza è costruzione claudio ps Eih!Max penso che tu sappia di cosa parlo quando ricordo le 4 nobili verità nè! claudio |
24-10-2007, 18.23.49 | #13 | |
Perfettamente imperfetto
Data registrazione: 23-11-2003
Messaggi: 1,733
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Va bene. Allora parto da me, per cercare di spiegarmi meglio. Per esempio... dopo una vita piena di situazioni più o meno complicate come tutti, io penso... in me ho avvertito un richiamo, una nostalgia verso un qualcosa che ritenevo che appartenesse ad una dimensione più essenziale di me stesso. E che era importante che la conoscessi. Allora mi sono dato da fare per fare esperienze che sentivo utili per andare in quella direzione: la scoperta anche di una realtà spirituale che non avevo preso mai in seria considerazione. Ho attinto e mi sono avvalso dell'insegnamenti di vari Maestri, sia in forma culturale che esperienziale e, nel frattempo, ho percorso un lungo cammino di ricerca interiore. Dovrei capire quale patologia, disturbo o disagio ci sta dietro a tutto ciò? Dovrei indagare sul perchè ho sentito quel forte anelito alla introspezione, alla comprensione di me stesso? Se tu mi conoscessi vedresti che sono una persona normalissima e che sono, sono sempre stato una persona inserita normalmente nella società. Non ritieni che in tanti casi invece, uno è il mio esempio, ci sia una sincera spinta evolutiva che nasce dalla nostra natura più profonda... che non sia solo un espediente psicologico per sfuggire al disagio esistenziale, a qualche mancanza meramente mondana o relazionale? Non è possibile che ci possa essere anche questa motivazione forte in parecchi che intraprendono un viaggio alla conoscenza di sè, e che vadano anche oltre quella che può essere la comprensione del proprio "io" psicologico? Forse la spinta iniziale può scaturire da disagio, dalla sofferenza… ma non dalla patologia, dallo squilibrio profondo… dalla malattia. Con questo torno a ribadire che posso essere d’accordo con te nel presumere che in tanti casi la patologia psicologica sia la base di molte scelte e interessi “spirituali” e “religiosi”. La cronaca e la casistica psicologica e psichiatrica lo stanno certamente a dimostrare. Per cui, quello che ti “contesto”, casomai, è il far di ogni erba un fascio: appunto di generalizzare. Se ho mal compreso, quel che volevi sostenere con le tue affermazioni, aiutami a capirti meglio, se puoi e vuoi. Grazie. |
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24-10-2007, 21.01.13 | #14 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-11-2004
Messaggi: 69
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Non sempre, anzi spesso è la curiosità, la moda del momento, il fascino mediatico o carismatico di qualche soggetto più o meno famoso a far intraprendere nuove strade, almeno a noi occidentali. I veri spiritualisti tormentati dalla necessità di ricerca di una spiritualità pura credo siano in verità molto meno di quanto si creda. Molti iniziano grazie a strade ben più materiali; poi uno si appassiona, si fa prendere, partecipa e magari inizia a crederci veramente. Forse bisognerebbe studiare di più per capire se quelle che tu chiami spinte interiori siano o meno reali. Io credo che ognuno di noi abbia la necessità di svolgere, durante la sua vita, determinate esperienze e se, inconsciamente si accorge che il contesto in cui vive rischia di non permettergli quel tipo di esperienze, allora interviene qualcosa in lui che lo porta a fare scelte anche radicali, tipo il cambio di credenze religiose, per mettersi nella condizione più favorevole per poter svolgere quel tipo di esperienza. Ora però, devo anche ritenere che questo tipo di ragionamento, oltre che essere molto metafisico, ha come base il concetto della presenza nell’uomo di un quid che regola, determina alcune scelte e, spesso, non sempre naturalmente, quelle più importanti. Le scelte umane, alcune scelte umane sono più importanti delle altre, non certo se mangiare carne il venerdì o non mangiare maiale, ma probabilmente quelle scelte di vita che si manifestano attraverso percorsi di insofferenza, di spinta inconsapevole a scegliere cose anche sgradevoli ecc. Il fatto che una scelta mistica di una persona ci colpisca più di quella, magari, di chi decide di fare il barbone, è un problema di valori sociali, di schemi mentali che niente hanno in comune con le valutazioni rispetto al senso della vita, alle scelte di vita individuali. Io non credo, quindi, che vi sia un Dio, se c’è, che si prenda la briga di impartire o non impartire sofferenza. Si tratta più probabilmente di un conflitto tra l’uomo macchina e l’uomo “metafisico”; la parte dell’uomo a noi più sconosciuta che interviene, quando vi riesce, per costringere il corpo a scelte che da solo non prenderebbe mai mille motivi diversi, uno di questi è che la materia non ha in se il principio di andare contro se stessa. Quindi non un Dio epifenomeno della mente ma una parte dell’uomo che ne condiziona, per strade insondabili, l’altra. Questo, ripeto, per alcuni può avvenire anche in ambito spirituale come in altri momenti della vita dell'uomo, ma sarebbe sbagliato, credo, farlo diventare una regola, anzi, credo proprio il contrario. |
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24-10-2007, 23.49.26 | #16 | |
Ospite
Data registrazione: 29-09-2007
Messaggi: 10
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
E' permesso? Disturbo? In mezzo a tante persone illuminate mi sento un poco a disagio, ma se è davvero così saprete comunque bonariamente perdonare la mia ben più bassa levatura. Chiamato in causa dal sig. Maxim, (e immeritatamente stimato per quanto ho scritto) spero di non travisare troppo il senso di quello che ha riportato del mio recente intervento in un altro Forum; in parole povere, cercherò di vedere se ho ben capito quello che ho precedentemente affermato (!). Quello che intendo premettere ed evidenziare è che il contesto e il destinatario di una comunicazione influisce inevitabilmente sul discorso stesso, in modi non sempre così chiari come forse vorremmo e di conseguenza, le stesse affermazioni possono risultare adeguate in un contesto e blasfeme in un altro. Con questo piccolo presupposto, unito alla necessità di non generalizzare, e facendo salve le inevitabili eccezioni, credo di dover in qualche modo dissentire dal sig Berenger11 sulla preponderanza del fattore territoriale su altre concause relative alla scelta della propria religiosità, non perché ciò non sia vero nella sostanza, ma perché questa affermazione non soddisfa a pieno il mio personale concetto di causalità né descrive a sufficienza aspetti un po' meno evidenti della questione. Questa spiegazione mi ricorda piuttosto l'esperimento di alcuni ricercatori che somministrando uno stimolo sonoro ad una (povera) rana cui avevano precedentemente tagliato le zampe ed osservando che non saltava più concludevano che la rana doveva essere diventata sorda. L'osservazione più immediata può certamente cogliere questa diffusione legata alle collocazioni geografiche delle popolazioni, alle loro vicissitudini migratorie, alle situazioni storiche e politiche, ma queste somiglianze sono più di facciata che di sostanza. La realtà è che non esistono due credenti identici poiché non esistono due persone uguali. Il fatto che entrambi possano recarsi in chiesa o alla sinagoga o quant'altro rende esteriormente simili i loro gesti e la dichiarazione sintetica della loro appartenenza a un gruppo, ma i vissuti interiori, le specifiche motivazioni, l'età, la maturità ed il più o meno profondo travaglio interiore che ognuno ha affrontato e in qualche modo ha risolto (o accantonato) e di conseguenza il grado di comprensione e di elaborazione sono del tutto personali e legati più all'individualità che alla collettività, anche rimanendo all'interno di un'unica professione di fede. Ancora una volta si confondono la dimensione esoterica con quella essoterica, l'intima esperienza personale con la ritualità. Se poi si può evincere da quanto riportato che ho scelto di rivolgere il mio interesse prevalente alla psiche è perché le possibilità di inganno ed autoinganno della nostra mente è veramente incredibile, basti pensare che esistono all'incirca una trentina di meccanismi psichici, le cosiddette difese, che cospirano per stravolgere, deformare e confondere la nostra capacità di pensare chiaramente, e, cosa più importante, agiscono in barba alla nostra coscienza. Credo che un periodo più o meno lungo di lavoro sulla propria storia personale, il carattere, le nostre debolezze e paure sia una preparazione indispensabile prima di accedere ad altre dimensioni, se mai ci sarà concesso. Non credo di dire nulla di diverso da quello che molte tradizioni affermano, e per quanto mi riguarda non ha molta importanza se nel mio caso il lavoro dovrà essere svolto prevalentemente a questo livello. Ho sempre pensato che fare un salto quantico in un'altra dimensione sia come andare a casa di qualcuno. Non solo preferirei essere invitato e ben accetto, ma dovrei anche essere in grado di sopportare la nuova condizione. E' anche mia convinzione che ci sia una sorta di continuum lungo una dimensione perpendicolare all'immanenza che ha due possibili direzioni. La direzione discendente ha fin troppe somiglianze con la regressione e con molte manifestazioni nevrotiche, depressive, borderline e caratteriali, il vissuto soggettivo è spesso quello della caduta, dell'angustia, dell'essere trascinati in una collocazione infera (da in-fero, ossia portato sotto), mentre il moto opposto ha a che vedere con la trascendenza, la leggerezza, il senso di un'estesa spazialità, di un mondo interno benevolo e rassicurante e di ampie vedute. Per questo ritengo che il quesito fondamentale che ognuno può porre a se stesso è di chiedersi come sta, senza barare, domandandosi in tutta sincerità se sta veramente bene o se sta talmente male da dover continuamente pensarsi “in odor di santità” e già definitivamente realizzato perché non si ha la forza di accettare una realtà difficile e mortificante. A quanti ritengono di poter con tutta facilità bypassare questa dimensione terrena che condividiamo per proiettarsi al di là della mente e dell'ego, mi sentirei di chiedere se per caso non succede anche a loro di ricadere nell'aldiquà (scusate il neologismo) dopo qualche esperienza transpersonale, mistica o meditativa che dir si voglia e di passare in questo travagliato spazio/tempo la maggior parte della loro preziosa esistenza. So che il ritorno è spesso doloroso, che l'aver intravisto qualcosa è talmente sconvolgente e potente da costituire una seconda nascita, come se si dovesse affrontare la vita con queste nuove consapevolezze, che pesano e chiedono di essere tenute in debita considerazione. Per quanto mi riguarda, del tempo ancora concessomi ho cercato di affrontarlo facendo mia una bellissima massima di Pindaro, che spero di citare correttamente: “Anima mia, non aspirare alla vita immortale, ma esaurisci il campo del possibile”. |
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25-10-2007, 04.42.23 | #17 |
Ospite abituale
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Io non sono mai riuscito a inserirmi da nessuna parte.
Ho fallito a scuola, al militare, con il lavoro, con la famiglia, con me stesso.. Un giorno mi sono reso conto che ero un investimento sbagliato. Non che l'abbia deciso io, semplicemente non ero piu' in grado di continuare. Ero in una condizione di stallo, non riuscivo ad andare ne' avanti ne' indietro. Non riuscivo a comunicare in nessun modo questa mia condizione e non riuscivo a dare spiegazioni del mio strano conportamento. In qualche modo la mia vita era finita, ma non l'avevo deciso io. La spinta verso l'alto si era esaurita e mi trovavo in uno stato come se fossi una palla che lanciata in aria raggiunge quell'altezza in cui non riesce piu' a vincere la forza di gravita'. La mia vita era questa forza propulsiva verso l'alto e adesso era finita. Ero completamente disorientato, da ora in poi poteva essere soltanto catastrofe. Piu' o meno in quel periodo la mente esplose. Mi ritrovai di punto in bianco senza conoscenza, senza conoscere le norme sociali, come se fossi stato un alieno appena arrivato sulla terra. Senza conoscenza ho dovuto imparare a stare in piedi da solo, non potevo piu' contare sull'aiuto della societa', ero completamente tagliato fuori. Ho passato anni ai margini della pazzia nelle situazioni piu' infelici che si possono immaginare, ogni passo che facevo tradivo qualcuno o qualcosa, era come camminare su un campo minato. E' venuto un momento che non potevo contare piu' su niente e nessuno. Non avevo la piu' pallida idea di cosa fosse vero e cosa no. La cosa strana e' che questa totale mancanza di discerimento non e' affatto un problema, mentre se cerco di intraprendere una qualunque via, cado nel delirio piu' totale.. |
25-10-2007, 08.22.03 | #18 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Concordo con la "visione" del secondo punto:ecco a cosa porta quella Corrente,in fondo è sempre riconoscere quella Casa.. PS. In tutta sincerità sto mooolto bene.. |
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25-10-2007, 08.40.38 | #19 | |
Ospite di se stesso
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Tu solo puoi sapere Flow cosa è giusto per te,adesso.. Credo che comunque ,qualsiasi vera Svolta inizi quando riusciamo a vedere di amarci totalmente. Se neghiamo pure questa Via ,credo che ci sia lo stallo. |
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25-10-2007, 09.54.23 | #20 | |
Perfettamente imperfetto
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Riferimento: La religione interrogata dalla psicologia
Citazione:
Non posso che concordare con l'esposizione chiara ed esauriente fatta. E' un punto di vista per me ampiamente condivisibile. Inoltre, ribadisco anch'io che l'onestà con se stessi è la premessa di ogni seria introspezione... e ricerca metafisica. Che poi ha la prova del nove del suo maturare in modo armonico e equilibrato quando è capace di mantenere i piedi ben piantati per terra e spaziare liberamente e consapevolmente nei cieli del pensiero, e nel mare aperto delle relazioni umane. |
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