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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 31-12-2005, 02.27.23   #41
Weyl
iscrizione annullata
 
Data registrazione: 23-02-2005
Messaggi: 728
Re: eh, no, caro Weil

Citazione:
Messaggio originale inviato da lobelia
No, caro amico, non ci siamo proprio tranne che sul fatto che ai figli occorre riconoscere la possibilità di una reale responsabilità anche se a mio parere limitata a seconda dell'età.
Una domanda.
Come mai tuo padre vi ha lasciato tutto quel tempo nelle mani di una donna estremamente fredda, idiota, che percepiva i figli come una fortezza da espugnare ideologicamente? Immagino la conoscesse bene sua moglie nonostante le sue assenze. Non gliela accolli quella responsabilità? E come mai? Il lavoro? E perchè vi riteneva perfettamente in grado di farcela? Lasciamo perdere.
E come mai allora se pensi che le colpe dei genitori non ricadano sui figli, incolpi tua madre di avere tentato di "ucciderti"? (se sono ancora vivo lo devo a...ecc ecc)
E' molto facile per i padri fare i buoni padri part-time, occuparsi all'esterno della parte economica del mantenimento della famiglia, fare esperienze negative e positive oltre quel mondo senza altre costrizioni e distrazioni di sorta, non avere altro a cui dover pensare e poi in quel poco tempo che si ritorna al "nido", sapere essere sereni, affettuosi, saggi ed equilibrati.
E' molto facile, te lo assicuro. Molto più facile che per ci sta dentro tutto il tempo.
Certo, ci sono padri ancora peggiori, che oltre che essere assenti, quando ci sono, sarebbe meglio che non ci fossero.
Ed è anche vero che ci sono madri orribili o comunque problematiche i cui mariti non si prendono mai la responsabilità ed il coraggio di sostituire o perlomeno di affiancare nella gestione dei figli e di mandare loro fuori a lavorare e a fare meno danni.
In ogni caso, caro Weil, nel mio specifico caso, chi si svegliava tutte le notti in cui il bambino piangeva per qualche incubo od era malato ero solo io, chi doveva discutere per svegliarlo, lavarlo nei tempi stretti degli orari stabiliti, ero solo io. Chi lo accompagnava all'asilo nido ogni mattina prima di andare al lavoro, ero io. Chi parlava con le maestre, con il pediatra, ero solo io. E chi doveva incastrare ogni impegno di lavoro che svolgeva con estremo interesse e perizia e di tutte le altre incombenze che la vita t'impone, della casa, della famiglia allargata, regolandole solo ed esclusivamente in funzione delle esigenze e degli orari scolastici del bambino, ero sempre e solo io. Chi lo accompagnava in piscina, dagli amici, a pallacanestro, solo io. Chi lo aiutava nei compiti e chi ci doveva discutere eternamente, solo io. Chi ha dovuto rinunciare ad importanti corsi di fomazione, a convegni, ad incarichi di lavoro, ero solo io. Chi ha dovuto chiedere il tempo part-time, ero solo io. Chi ha dovuto gestire completamente sola il disagio di un bambino che improvvisamente aveva perso un padre sempre a disposizione, ero sempre solo io. Chi veniva chiamata ogni tre giorni a scuola per i problemi scolastici, chi si è dovuta rivolgere a psicologi dell'infanzia, chi sentiva cedere la terra sotto i piedi per molti anni, ero solo io. E chi si è sorbito una madre a tempo pieno in difficoltà, spesso nervosa, a volte disperata, che si sentiva spesso impotente in quella solitudine, era nostro figlio.
Non mi sono mai pentita di avere rinunciato a delle cose. Era normale per me farlo. Era nel conto di un figlio. La mia vita era comunque cambiata, ma con naturalezza. Non mi sono mai sentita ingabbiata dalla presenza di mio figlio. Poi, anche quando non avevo alternativa per l'assenza del padre, erano decisioni che prendevo comunque volentieri, più che altro non consideravo affatto altre possibilità perchè non c'erano. Mio figlio aveva bisogno che qualcuno ci fosse a fare tutto questo. Purtroppo a sua disposizione c'ero solo io. E non era certo una mia scelta. Era una scelta di suo padre.
Non voglio certo dire che la vita con mio figlio sia stata un incubo. Assolutamente non voglio dire questo. La gestione di una famiglia è piena di difficoltà, a volte grandi, anche di cose infinitamente amorevoli e bellissime e di normalità. Dico solo che quello che era bene ed importante condividere, non è stato condiviso e le conseguenze ci sono state tutte.
Il padre era sempre in luoghi spesso inaccessibili telefonicamente. A volte anche molto pericolosi. Ero spesso preoccupata e se succedeva qualcosa, non era nemmeno possibile avvisarlo, figuriamoci se era possibile scambiarci qualche parola per condividere una decisione, una preoccupazione o anche solo di conforto.
Suo figlio anche per mesi lo sentiva tre o quattro volte se andava bene e per pochi minuti.
Gli parlavo di suo padre, delle cose importanti che faceva in quei luoghi lontani, del fatto che certamente a nche a lui mancava la sua presenza, ero davvero ammirata anch'io per quell'impegno, ma il suo senso di abbandono anche se mai, mai verbalizzato, era tutto lì. Pieno, intero, triste e spesso rabbioso anche se non in modo agito. E anch'io sapevo ormai che quel bambino che tanto aveva desiderato, amato, era passato in secondo piano rispetto ad altre realizzazioni sue personali. Nemmeno il disagio ormai sempre più evidente che il figlio manifestava, lo ha mai fatto riflettere su un rallentamento delle missioni all'estero.
Non dico considerare gli effetti diretti sul bambino della sua assenza, ma almeno tornare ad una maggiore presenza per sostenerlo ed affiancarmi nell'affrontare i problemi.
Ad uno degli ultimi ritorni del padre prima della separazione, ci trasmise ad entrambi la scabbia. Una forma virulenta, difficilissima e lunghissima da curare. Ed un giorno suo figlio, mentre gli spalmavo l'ennesima crema puzzolente e urticante sulla pelle infiammata e sensibilizzata, mi disse: cosa è tornato a fare papà? Poteva restarsene là.
Era la stessa cosa che pensavo anch'io in quel momento, senza essere riuscita a dirmelo sinceramente.
Come vedi caro Weil, siamo sopravvissuti all'asilo nido, all'assenza distratta di un padre, alla presenza confusa di una madre in difficoltà, ad una scuola che ce l'ha messa veramente tutta per affossarci l'intelligenza e se mio figlio "è ancora vivo, in quanto coordinato pensiero, intelligente, profondo, saggio, di animo gentile e pure sfaticato, lo deve a tutto questo perchè le persone non sono solo assenti o presenti, le persone sono tante cose ed anche nelle presenze distratte c'è del buono, come anche nelle presenze confuse.
Il mio ex marito in più di un'occasione mi ha manifestato la sua gratitudine ed ammirazione per come ho affrontato le cose e per come ancora le sto affrontando. Non gli ho mai chiesto niente e di questo se ne vergogna un po' e me ne è molto grato.
Dopo la separazione ho mantenuto economicamente solo io la baracca. Lui era in difficoltà e questa difficoltà non è mai cessata. Non c'è problema. Non faccio guerra a nessuno. Mi prendo le mie responsabilità e vado avanti.
Credo che mio figlio questo lo abbia capito benissimo anche senza che io mi siamai lamentata con lui per un attimo. Non l'ho fatto mai. Nemmeno con suo padre.
Prendo atto e agisco di conseguenza. Spesso conseguenze di decisioni che non ho mai preso io.
Questa è una storia come tante. Non è certo rara od encomiabile.
E' quello che succede la maggior parte delle volte quando si fanno figli.
La vera responsabilità, resta a noi. L'abbiamo noi.
E se le colpe allora sono nostre, perchè quella responsabilità ce la siamo presa tutta perchè qualcuno l'ha lasciata, ci prendiamo pure quelle.
Fanculo, Weil.
Come si dice in tedesco?
Non te la prendere, è un mio intercalare italico senza più significazione

Torno, cara lobelia, su di un fatto che a voi italiane, sembra ovvio, mentre ovvio non è: ossia che il bambino debba plasmarsi sull'impronta della vostra "presenza" di madri.
Lo percepite come un assoluto irrinunciabile, e non vi accorgete che, al contrario, proiettate sul bambino il vostro bisogno di sentirvi onnipotenti e onnipervasive.
Non c'è nessuna necessità di correre ad ogni pianto del lattante, di sacrificare carriere e idee ai suoi rigurgiti, di gratificarsi pruriginosamente per ogni grugnito che emette e per ogni smorfia che esprime durante la digestione.
I bambini, se non sono malati, crescono da soli: basta loro del buon cibo, acqua, e un po' di calore, quando è possibile fornirglielo.
Pensare di prolungare in vita il nirvana uterino, con mamme che si stracciano le vesti ad ogni mal di pancia
e ad ogni singulto, non fa che alimentare l'isteria della maternità, che in questo Paese rasenta il delirio.
Dopo di che, eccoli i vostri eroi: molluschi morali incapaci di tener dritta la schiena di fronte alla realtà della vita, trentenni che albergano in casa, devoti alle sottane di mamma, e farneticanti rispetto al proprio futuro.
Puberi ibernati, che a trenta o quarant'anni ancora si chiedono se mamma approva o no, oppure agiscono per far male a mamma e "darle un dispiacere".
Fare cento chilometri per un lavoro... per carità, come farò...?
Tirarsi su le maniche, ingollare i mille rospi che la vita ci propina,... no, no, meglio pestare i piedi e piagnucolare: qualcuno verrà in soccorso.
Dove finisce la mamma, lì comincia lo Stato, investito delle stesse recriminanti attese!
Ragazze mie, sono solo i vostri poppanti investiti di tutte le vostre volute mortificazioni, leggermente ingrossati e fattisi pelosi, ma gli stessi per cui correvate tra mille affanni, nella assurda intenzione di essere il loro utero perenne.
Vi piace così?
Non lamentatevi dei vostri uomini: sono come i vostri figli, siete voi che li costruite così.

Ultima modifica di Weyl : 31-12-2005 alle ore 02.28.54.
Weyl is offline  
Vecchio 31-12-2005, 11.26.28   #42
romolo
Ospite abituale
 
Data registrazione: 13-11-2005
Messaggi: 278
cazzuto nero?


Salve, Weyl. In quello che scrivi non manca qualche granello di verità. Non mi sembra però che tu abbia le carte in regola per avventurarti in una analisi che non sia eccellente per disinvoltura quanto per superficialità e grossolanità di giudizi. Non hai le carte in regola per giudicare "obiettivamente" una società come non le ha chiunque predica se stesso e crede di illuminare il mondo.
L'intelligenza che hai messo nel tuo post non è pari alla tua passione né tanto meno all'insofferenza velenosa che ti abita, assolutamente inaccettabile per quanto degna di umana compassione. Non ti dispiaccia se io, prodotto della tua idea della maternità italiana, ti informo che la realtà è più ricca e complessa dei tuoi schemi mentali e dello strame di sentimenti che ti nutrono.
Rimani comunque un simpaticone.
Buon anno.

Ultima modifica di romolo : 31-12-2005 alle ore 11.28.49.
romolo is offline  
Vecchio 31-12-2005, 12.12.49   #43
michelle60
Ospite
 
Data registrazione: 29-12-2005
Messaggi: 6
a Kim

Infatti non volevo essere compatita, ma semplicemente raccontare come talvolta gli uomini si comportano, per quella che è stata la mia esperienza. Sono felice con mio figlio e non porto rancore a suo padre al quale nonostante tutto voglio bene.
Grazie comunque della solidarietà. Un felice anno a te Kim.
michelle60 is offline  
Vecchio 31-12-2005, 13.15.47   #44
lobelia
Utente bannato
 
Data registrazione: 28-07-2005
Messaggi: 448
Re: Re: eh, no, caro Weil

Citazione:
Messaggio originale inviato da Weyl
Torno, cara lobelia, su di un fatto che a voi italiane, sembra ovvio, mentre ovvio non è: ossia che il bambino debba plasmarsi sull'impronta della vostra "presenza" di madri.
Lo percepite come un assoluto irrinunciabile, e non vi accorgete che, al contrario, proiettate sul bambino il vostro bisogno di sentirvi onnipotenti e onnipervasive.
Non c'è nessuna necessità di correre ad ogni pianto del lattante, di sacrificare carriere e idee ai suoi rigurgiti, di gratificarsi pruriginosamente per ogni grugnito che emette e per ogni smorfia che esprime durante la digestione.
I bambini, se non sono malati, crescono da soli: basta loro del buon cibo, acqua, e un po' di calore, quando è possibile fornirglielo.
Pensare di prolungare in vita il nirvana uterino, con mamme che si stracciano le vesti ad ogni mal di pancia
e ad ogni singulto, non fa che alimentare l'isteria della maternità, che in questo Paese rasenta il delirio.
Dopo di che, eccoli i vostri eroi: molluschi morali incapaci di tener dritta la schiena di fronte alla realtà della vita, trentenni che albergano in casa, devoti alle sottane di mamma, e farneticanti rispetto al proprio futuro.
Puberi ibernati, che a trenta o quarant'anni ancora si chiedono se mamma approva o no, oppure agiscono per far male a mamma e "darle un dispiacere".
Fare cento chilometri per un lavoro... per carità, come farò...?
Tirarsi su le maniche, ingollare i mille rospi che la vita ci propina,... no, no, meglio pestare i piedi e piagnucolare: qualcuno verrà in soccorso.
Dove finisce la mamma, lì comincia lo Stato, investito delle stesse recriminanti attese!
Ragazze mie, sono solo i vostri poppanti investiti di tutte le vostre volute mortificazioni, leggermente ingrossati e fattisi pelosi, ma gli stessi per cui correvate tra mille affanni, nella assurda intenzione di essere il loro utero perenne.
Vi piace così?
Non lamentatevi dei vostri uomini: sono come i vostri figli, siete voi che li costruite così.

Senti Weil, in linea di principio e non solo, io la penso più o meno e sottolineo il più o meno, così e da sempre.
Mi meraviglia però che tu accordi tanta fondamentale importanza all'influenza delle madri in questi figli che a tuo parere sono invece individui autonomi e responsabili della propria vita. E' su questo che fatico a seguirti, mi sembri quindi contraddittorio, ma non voglio parlarne ora.
Tornando alla mia questione, voglio però ricordarti che un bambino di 2 anni non ci va da solo all'asilo nido e non torna a casa autonomamente, non si cucina da solo il cibo, se si sveglia di notte perchè ha avuto un incubo o ha la febbre ha bisogno di trovare qualcuno in casa e non si lava da solo, non si veste ancora da solo, non sa fare una lavatrice, non stende il bucato, non è in grado di fare la spesa o di recarsi dal pediatra a fare le vaccinazioni, nella maggior parte delle sue esigenze o di quelle che gli imponiamo noi adulti (come l'asilo nido, le vaccinazioni ecc ) non è assolutamente autonomo. Crescendo aumenta sempre più le proprie competenze, ma ugualmente ancora a 6 anni difficilmente gli si possono dare le chiavi di casa e l'abbonamento dell'autobus. E se pure lo facessimo, ci troveremmo l'assistente sociale brutta e cattiva in casa.
E se una madre è sola perchè il padre per qualsiasi motivo ha lasciato a lei la gestione pratica della figliolanza, e se non hai la possibilità economica di affidare ad altri molte di queste necessità, viene da sè che sarà solo lei a doversene occupare.
Se lavora, dovrà ridimensionare i suoi impegni entro gli orari dell'asilo e poi della scuola e non potrà certo permettersi di andare a corsi di formazione di 3 giorni in un'altra città, convegni in luoghi e orari che non coincidono con gli orari dell'asilo, se il bambino è malato dovrà stare a casa con lui e non andrà a quel congresso tanto interessante e del resto non potrà accettare quell'incarico che tanto le piacerebbe, se questo impegna spostamenti ed orari incompatibili con gli obblighi di cura minimale del figlio.
Non è molto difficile da capire.
E' una cosa molto semplice.
Si possono organizzare cordate di solidarietà tra mamme che a turno ed in base ad i propri orari di lavoro a volte ti alleviano e ti permettono ogni tanto di fare qualche ora in più sul lavoro o di partecipare fino alla fine ad una riunione importante, ma non è mai la regola, la continuità. Quella la devi garantire tu, solo tu.
Non c'è proprio niente da fare.
Nessuno te lo porta a casa il bambino dall'asilo nido se non ci vai tu all'ora stabilita. E se non ci sei all'ora stabilita, chiamano i vigili caro Weil.
Senza contare cosa ne può pensare il bambino. Anche se per te non sembra importante, io so che lo è. Ne ho visti di bambini dimenticati all'asilo (caso strano dai papà) e ti posso assicurare che non erano affatto indifferenti all'evento.
Di questo io parlavo, solo di questo.
Date per scontato che la vostra vita professionale non può essere intaccata e di conseguenza, viste le esigenze di un bambino, date per scontato che sia la madre a farlo.
Le delegate ogni cosa e le relative conseguenze. Positive o negative che siano.
Tutto qui.
Il padre che dà per scontato che sia qualcun'altro, guarda caso la madre, ad aggiustare la propria vita professionale e non solo quella, in funzione di un figlio di entrambi.
E un padre che eventualmente si accorge degli errori in cui la madre sta incorrendo male interpretando il proprio ruolo, e che non fa nulla. Continua vigliaccamente ed egoisticamente sulla propria strada, lasciando i figli nelle mani di chi li sta rovinando.
I figli si fanno in due, sempre e solo in due. Un uomo ed una donna.
Ci sarà pure un motivo di questo.
E non certo più perchè il padre vada a caccia e la madre allatti nella caverna tenendo il fuoco sempre acceso. Ed anche allora, non era solo quello il motivo per cui si facevano in due i figli.
I figli si fanno in due perchè ci si deve sostenere vicendevolmente attraverso le caratteristiche dei nostri rispettivi generi ed anche "controllare", a volte anche sostituire nella gestione ed educazione dei figli e non si capisce come mai sia la donna che ancora sia quella che, se c'è qualcuno da sostituire, sia sempre lei a doverlo fare.
Io non sono mai stata una madre con la "M" maiuscola. Per la mia storia personale ed anche per carattere.
Mio figlio è cresciuto in modo abbastanza "spartano" se si può dire in un mondo che certo spartano non è.
Non sono mai stata ansiosa, non sono mai accorsa ad ogni minimo vagito. I capricci se li sgavagnava tutti da solo e poi smetteva.
Per questo motivo ho ricevuto le critiche delle infermiere fin dal momento della nascita perchè avevo poco latte e loro volevano dargli la "giunta" con il biberon. Ho dovuto litigare. Il bambino non piangeva quasi mai e dormiva sereno, quindi secondo me non aveva bisogno di nessuna "giunta". E non ho mai avuto bisogno nemmeno in seguito di dare nessuna maledetta "giunta".
Se lo vedete ora, è un sole.
Sono stata criticata in seguito anche dalle mie amiche. Ero una madre poco "materna" secondo loro.
A me invece sembravano loro esaspere quei figli con continue cure, ansie ed attenzioni non richieste e che poi divenivano pretese, cose date per scontate.
Ho visto madri allacciare le scarpe di figli di 8 anni. Veramente pericolose. E i rispettivi padri a non fare nulla per affrontare e cambiare questo abuso. Magari scuotevano la testa e se ne lavavano le mani.
Oh, certo pure io nella mia "perfezione" ho commesso moltissimi errori. Enormi. D'altronde c'ero solo io a poterne fare.
Non c'era nessun altro che si prendeva anche la responsabilità di sbagliare con lui a distanza ravvicinata e continuativa.
Se voi uomini siete così, caro Weil, è solo perchè ci lasciate sole a crescervi.
E' un grave concorso di colpa caro mio. Gravissimo.
lobelia is offline  
Vecchio 31-12-2005, 13.55.38   #45
lobelia
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Re: Re: eh, no, caro Weil

Citazione:
Messaggio originale inviato da nicola185
Ho una madre che ha fatto sacrifici analoghi ai tuoi e le voglio un bene estremo. Ma una madre che ha anche commesso l' "errore" indubbiamente umano di pensare di non avere scelta. Di pensare che in nome del bene dei figli non avrebbe mai dovuto lasciare mio padre, anche quando mentre lei partoriva si giocava qualche decina di milioni al casinò di Venezia, anche quando 8 giorni prima di sposarsi il futuro marito le comunicava rientrando a casa di essersi portato a letto una sua impiegata, anche quando il marito veniva arrestato per aver firmato assegni scoperti per debitii di gioco o per aver perpetuato truffe utilizzando la firma di mia mamma e negli anni che seguirono quella di mia sorella o dei miei fratelli. Anche quando. Avrebbe potuto scegliere di rimboccarsi le maniche in altro modo, di rinunciare una volta per tutte al Dio/Demone che aveva sposato, assumendosi di correre il rischio di essere odiata dai figli per questa ragione che nel padre hanno sempre visto un Dio in terra, avrebbe potuto smettere di sognare di redimerlo, avrebbe potuto smettere di credere che un giorno avrebbe smesso di giocare e che sarebbe potuto diventare ricco e forse facendo questo, avrebbe potuto accorgersi (dato che il padre secondo lei non lo faceva) che i suoi figli e in particolare due (io e mia sorella) crescevano nell'angoscia, subivano le attenzioni particolari di un certo parente quando lei era troppo occupata ad amare i figli, amare la famiglia amare il marito. E sai la mia conclusione di oggi qual'è carissima amica: oggi che sono sopravvissuto perchè ho compreso che quanto mi è successo mi è successo per mia scelta, perchè anch'io, come mia sorella avrei potuto decidere di urlare il mio dolore invece di tacerlo; (anche se per un bambino di 5 anni la cosa è comunque quasi impossibile)
Sai cosa ho compreso: che mia madre e mio padre si sono amati alla follia e che ognuno dei due chiedeva amore all'altro indubbiamente in modo sbagliato, ma chiedeva amore, attenzione e se lo davano l'uno ferendo e l'altra mostrando la ferita. E io ancor più d'allora li amerò alla follia (a mio papà un pensiero particolare dato che non c'è più)

No, Nicola.
ci sono responsabilità enormi degli adulti di questa storia.
Se vuoi te la puoi aggiustare come vuoi, raccontartela come meglio credi, arrivare anche a convincerti che sia colpa tua se non hai urlato il tuo dolore e che quello era amore e che tutto era per amore.
Sei libero di farlo.
L'amore che ti hanno insegnato è quello, l'amore che hai conosciuto è quello.
Spero che il tuo scritto sia solo la base per cominciare a vedere le cose dal tuo punto di vista. Quello veramente tuo.
Un abbraccio
lobelia is offline  
Vecchio 31-12-2005, 14.36.08   #46
nicola185
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Re: Re: Re: eh, no, caro Weil

Citazione:
Messaggio originale inviato da lobelia
No, Nicola.
ci sono responsabilità enormi degli adulti di questa storia.
Se vuoi te la puoi aggiustare come vuoi, raccontartela come meglio credi, arrivare anche a convincerti che sia colpa tua se non hai urlato il tuo dolore e che quello era amore e che tutto era per amore.
Sei libero di farlo.
L'amore che ti hanno insegnato è quello, l'amore che hai conosciuto è quello.
Spero che il tuo scritto sia solo la base per cominciare a vedere le cose dal tuo punto di vista. Quello veramente tuo.
Un abbraccio

Gli adulti sono sempre responsabili rispetto alla crescita dei loro figli, nel "bene" e nel "male". Io ho portato il mio esempio, indubbiamente estremo per certi aspetti e so che non mi porterebbe a nulla colpevolizzare mia madre, mio padre o chi direttamente fece violenza su di me, a maggior ragione consapevole, in questo ultimo caso, che nel 99% dei casi, i pedofili sono ex bambini violentati. La strada che devo seguire e che ho scelto di seguire è quella del perdono e non intendo quello meramente cristiano (secondo i miei preconcetti) dove con placidi sorrisi si cerca di dimenticare, ma quello che segue il viale del chiarimento con se stessi e quando sarà anche con il "carnefice". Ma non è di questo che voglio parlare, ma sottolineare come spesso si dimentica (e non mi riferisco a te o a Weil che ritengo persone straordinariamente intelligenti) il concetto di co/responsabilità che sta alla base di tutte le relazioni umane. Comprendo profondamente le fatiche quotidiane di una madre che spesso sacrifica la propria vita in funzione dei figli proprio perchè i padri (io credo più in passato che oggi) non sono altrettanto presenti. Ma è importante comprendere anche la fatica dei padri (parlo di padre non di marito) che spesso non sono pronti al più grande miracolo che la vita ci dona (la Vita appunto) e che non potranno neanche lontanamente intuire quel sentimento di coesione suprema che è proprio di una madre.
Oltremodo è importante anche ricordarsi che se il sacrificio viene fatto con sentimenti di rabbia che a mio avviso trasudano dai tuoi messaggi, verso chi più o meno direttamente ti ha "obbligato" a rinunciare a certe tue scelte personali, t'assicuro che non c'è bisogno di esternarli ai figli perchè loro li riconoscano.
Ti parlo da figlio, un po' cresciuto ormai, rasento i 40, ma è proprio grazie alla mia esperienza di sofferenza e di lavoro personale su me stesso che ho compreso, o che comprendo giorno per giorno, quanto i genitori insieme proiettino più o meno inconsapevolmente, sui loro figli il loro desiderio realizzare sè stessi e non Sè Stessi (ossia la propria famiglia intesa come Unità differenziata, ma pur sempre Unità).

Ultima modifica di nicola185 : 31-12-2005 alle ore 14.48.41.
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Vecchio 31-12-2005, 14.42.50   #47
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Chiedo scusa ma ho modificato l'mp precedente facendoci con alcuni minuti di ritardo. Chi già lo avesse letto forse è meglio che lo rilegga
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Vecchio 31-12-2005, 15.06.30   #48
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per essere più chiaro

Parlando prima di tutto con me, ma quanto vorrei che fosse una legge universale



Quel che conta secondo me è riuscire ad accettare con il tempo ciò che è stata la propria vita, cosa che molte persone non fanno mai . Senza questo passaggio si continuerà a vivere di rimpianti consolati si da delle soddisfazioni ma non così purificate dal filtro dell'accettazione del proprio passato.
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Vecchio 31-12-2005, 15.44.08   #49
lobelia
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Re: Re: Re: Re: eh, no, caro Weil

Citazione:
Messaggio originale inviato da nicola185
Gli adulti sono sempre responsabili rispetto alla crescita dei loro figli, nel "bene" e nel "male". Io ho portato il mio esempio, indubbiamente estremo per certi aspetti e so che non mi porterebbe a nulla colpevolizzare mia madre, mio padre o chi direttamente fece violenza su di me, a maggior ragione consapevole, in questo ultimo caso, che nel 99% dei casi, i pedofili sono ex bambini violentati. La strada che devo seguire e che ho scelto di seguire è quella del perdono e non intendo quello meramente cristiano (secondo i miei preconcetti) dove con placidi sorrisi si cerca di dimenticare, ma quello che segue il viale del chiarimento con se stessi e quando sarà anche con il "carnefice". Ma non è di questo che voglio parlare, ma sottolineare come spesso si dimentica (e non mi riferisco a te o a Weil che ritengo persone straordinariamente intelligenti) il concetto di co/responsabilità che sta alla base di tutte le relazioni umane. Comprendo profondamente le fatiche quotidiane di una madre che spesso sacrifica la propria vita in funzione dei figli proprio perchè i padri (io credo più in passato che oggi) non sono altrettanto presenti. Ma è importante comprendere anche la fatica dei padri (parlo di padre non di marito) che spesso non sono pronti al più grande miracolo che la vita ci dona (la Vita appunto) e che non potranno neanche lontanamente intuire quel sentimento di coesione suprema che è proprio di una madre.
Oltremodo è importante anche ricordarsi che se il sacrificio viene fatto con sentimenti di rabbia che a mio avviso trasudano dai tuoi messaggi, verso chi più o meno direttamente ti ha "obbligato" a rinunciare a certe tue scelte personali, t'assicuro che non c'è bisogno di esternarli ai figli perchè loro li riconoscano.
Ti parlo da figlio, un po' cresciuto ormai, rasento i 40, ma è proprio grazie alla mia esperienza di sofferenza e di lavoro personale su me stesso che ho compreso, o che comprendo giorno per giorno, quanto i genitori insieme proiettino più o meno inconsapevolmente, sui loro figli il loro desiderio realizzare sè stessi e non Sè Stessi (ossia la propria famiglia intesa come Unità differenziata, ma pur sempre Unità).

Ti ringrazio per questa risposta, ne avevo bisogno. Sia per chiarirmi alcune cose che avevo in parte equivocato del tuo precedente post, sia per chiarire alcune cose che hai equivocato del mio, sia soprattutto perchè è un bellissimo post anche se non ne condivido tutti i contenuti.
Sono pienamente d'accordo con te che sui figli si "scaricano" spesso le proprie soddisfazioni ed insoddisfazioni. Certamente non sono immune da questo. Figuriamoci.
Ma se traspare rabbia dal mio scritto, ti posso assicurare che è rabbia che ho maturato non da tanto tempo e ora non è più nemmeno rabbia. Ed è esclusivamente legata alla mia relazione con il padre e non con lui.
Allora non avevo nessuna voglia di partecipare a quelle formazioni, convegni o incarichi. Non ci pensavo lontanamente. Mi parevano cose lontane mille miglia dai miei interessi. Sapevo solo che mi sarebbe piaciuto frequentarli prima della nascita di mio figlio. Non ho mai sentito il peso della mia vita che si trasformava improvvisamente dopo la sua nascita. Trovavo quel tipo di vita, senza nemmeno pensarci, assolutamente naturale. Non mi sentivo in gabbia. Non soffrivo di non potermi realizzare professionalmente. In fondo non me n'è mai fregato niente di questo.
La mia fatica è stata altra. E' stato dover far fronte alle difficoltà di mio figlio completamente sola e non me la prendevo nè con lui, nè con il padre. Avrei invece dovuto pretendere dal padre delle cose con fermezza, ma non l'ho fatto perchè sembravo non capire che sarebbe stato giusto farlo. Incolpavo solo me stessa di non essere in grado di affrontare la situazione.
Allora mi sentivo affondare la terra sotto i piedi, mi sentivo impotente. E' questo che ho trasmesso a mio figlio. Non la rabbia di essere sola, ma l'impotenza, la confusione, l'incapacità di appoggiare i piedi su qualcosa di sicuro, di saldo in me e tenere botta.
E ti posso assicurare che anche lontanamente intuire quel sentimento di coesione suprema che è proprio di una madre, non è da tutti. Non darlo per scontato nemmeno per una madre. Per me non è stato così. Eppure ci sono rimasta "sul pezzo", eccome se ci sono rimasta.
E smettiamola una buona volta con la questione dei sacrifici di una madre. Sono veramente stanca di sentire questa solfa. Ognuno fa le cose per come ritiene di doverle fare, sono scelte proprie e sono spesso le uniche cose che è in grado di fare in quel momento. Nessun sacrificio quindi.
Guai a rinfacciarle. E' un abuso ipocrita e vergognoso.
Ringrazierò sempre mio padre che un giorno, avevo 17 anni, mi prese da parte per dirmi una cosa. Non era sua abitudine e mi preoccupai. MI chiese se in quel momento lo ritenevo sano di mente. Lo guardai stupita e risposi di sì. Allora mi disse: "Bene, ora che siamo sicuri che sono sano di mente al momento, ti dico che se un giorno dovessi impazzire e dirti che mi sono sacrificato per te, sappi che non è assolutamente vero. Ho sempre fatto quello che desideravo fare e mai per un momento anche facendo cose che mi pesavano, ho pensato di farle per te. Non ho mai fatto nulla per te. Questo è per quanto mi riguarda. Volevo che lo sapessi".
Credo sia stata la cosa migliore e forse l'unica che mio padre ha fatto per me. Ma sono anche convinta che lo facesse comunque anche per sè. L'amore è così
lobelia is offline  
Vecchio 31-12-2005, 15.53.19   #50
nicola185
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Re: Re: Re: Re: Re: eh, no, caro Weil

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Messaggio originale inviato da lobelia
Ti ringrazio per questa risposta, ne avevo bisogno. Sia per chiarirmi alcune cose che avevo in parte equivocato del tuo precedente post, sia per chiarire alcune cose che hai equivocato del mio, sia soprattutto perchè è un bellissimo post anche se non ne condivido tutti i contenuti.
Sono pienamente d'accordo con te che sui figli si "scaricano" spesso le proprie soddisfazioni ed insoddisfazioni. Certamente non sono immune da questo. Figuriamoci.
Ma se traspare rabbia dal mio scritto, ti posso assicurare che è rabbia che ho maturato non da tanto tempo e ora non è più nemmeno rabbia. Ed è esclusivamente legata alla mia relazione con il padre e non con lui.
Allora non avevo nessuna voglia di partecipare a quelle formazioni, convegni o incarichi. Non ci pensavo lontanamente. Mi parevano cose lontane mille miglia dai miei interessi. Sapevo solo che mi sarebbe piaciuto frequentarli prima della nascita di mio figlio. Non ho mai sentito il peso della mia vita che si trasformava improvvisamente dopo la sua nascita. Trovavo quel tipo di vita, senza nemmeno pensarci, assolutamente naturale. Non mi sentivo in gabbia. Non soffrivo di non potermi realizzare professionalmente. In fondo non me n'è mai fregato niente di questo.
La mia fatica è stata altra. E' stato dover far fronte alle difficoltà di mio figlio completamente sola e non me la prendevo nè con lui, nè con il padre. Avrei invece dovuto pretendere dal padre delle cose con fermezza, ma non l'ho fatto perchè sembravo non capire che sarebbe stato giusto farlo. Incolpavo solo me stessa di non essere in grado di affrontare la situazione.
Allora mi sentivo affondare la terra sotto i piedi, mi sentivo impotente. E' questo che ho trasmesso a mio figlio. Non la rabbia di essere sola, ma l'impotenza, la confusione, l'incapacità di appoggiare i piedi su qualcosa di sicuro, di saldo in me e tenere botta.
E ti posso assicurare che anche lontanamente intuire quel sentimento di coesione suprema che è proprio di una madre, non è da tutti. Non darlo per scontato nemmeno per una madre. Per me non è stato così. Eppure ci sono rimasta "sul pezzo", eccome se ci sono rimasta.
E smettiamola una buona volta con la questione dei sacrifici di una madre. Sono veramente stanca di sentire questa solfa. Ognuno fa le cose per come ritiene di doverle fare, sono scelte proprie e sono spesso le uniche cose che è in grado di fare in quel momento. Nessun sacrificio quindi.
Guai a rinfacciarle. E' un abuso ipocrita e vergognoso.
Ringrazierò sempre mio padre che un giorno, avevo 17 anni, mi prese da parte per dirmi una cosa. Non era sua abitudine e mi preoccupai. MI chiese se in quel momento lo ritenevo sano di mente. Lo guardai stupita e risposi di sì. Allora mi disse: "Bene, ora che siamo sicuri che sono sano di mente al momento, ti dico che se un giorno dovessi impazzire e dirti che mi sono sacrificato per te, sappi che non è assolutamente vero. Ho sempre fatto quello che desideravo fare e mai per un momento anche facendo cose che mi pesavano, ho pensato di farle per te. Non ho mai fatto nulla per te. Questo è per quanto mi riguarda. Volevo che lo sapessi".
Credo sia stata la cosa migliore e forse l'unica che mio padre ha fatto per me. Ma sono anche convinta che lo facesse comunque anche per sè. L'amore è così

Semplicemente grazie. Un 'oretta fà ti ho mandato un messaggio privato ma sicuramente ti è sfuggito
nicola185 is offline  

 



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