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25-12-2005, 12.24.40 | #45 |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-02-2004
Messaggi: 45
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X Weyl
Dunque, in breve, a Ventomagnetico: mi dispiace, si tratta di un diario clinico di cinquant'anni fa. Esso è attuale, in psichiatria, quanto lo può essere il Disposto Terapeutico dei papiri egiziani, in medicina interna.
Carissimo Weyl ahahahah....l'evidenza non lasciava dubbio alcuno...c'è la data mooolto visibile nella cartella...è vero sono passati molti anni... Ascolta...Weyl... ..auguro un Bellessimo Natale a te e anche al tuo Gatto...naturalmente. Grazie per la consistenza del post. Un salutone vento B U O N N A T A L E A T U T T I |
25-12-2005, 13.16.56 | #46 | |
Utente bannato
Data registrazione: 28-07-2005
Messaggi: 448
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Re: Bene. Cari amici. Io sono uno psichiatra.
Citazione:
Immagino che oltre "all'amico del sito segnalato", con questo tu risponda anche a me. Almeno io l'ho letta come una puntuale risposta al mio post. Aldilà delle considerazioni che potremo fare, e mi piacerebbe anche, sulla ridotta capacità di intendere e di volere in ambito penale (lavoro nell'ambito del penale minorile e quindi il mio lavoro è intriso di questo anche e soprattutto aldilà di patologie specifiche), sono totalmente d'accordo con te che fortunatamente le patologie del vivere sociale non interessino più la psichiatria moderna. Vorrei però aggiungere che non dovrebbero però nemmeno interessare esclusivamente gli organi di polizia e gli istituti giuridici. E' sicuramente un discorso lungo ed anche molto interessante ed ora non ho nemmeno il tempo di cominciarlo (sto cucinando funghi (!) e salsa per i lessi per il pranzo natalizio ed è già tardi. Vorrei però chiederti se un ragazzo di 16 anni rinchiuso in un carcere perchè trovato a spacciare qualche grammo di hashish come tanti altri ragazzi stranieri con cui lavoro, sbatte la testa contro il muro fino quasi a rompersela, ingoia forchette di plastica, mangia le proprie feci, urla di essere posseduto dai demoni, fugge dal reparto psichiatrico dove viene finalmente ricoverato dopo giorni e giorni di questa agonia trascorsa in carcere in zona d'isolamento, vagola di notte fino all'autostrada e si butta sotto le auto in corsa che non si fermano nemmeno e viene trovato cadavere all'indomani nel fosso circostante...se a questo ragazzo te la sentiresti di dire che "vivere è già sufficientemente difficile per tutti, senza dover far sconti a chi non sa farlo". Lo so. In Italia la legislazione è tra le più avanzate ed illuminate ed il problema è molte volte solo la sua gestione. Il carcere non sa gestire la filosofia delle leggi che lo dovrebbero reggere, nè tanto meno i regolamenti che lui stesso si dà, ma credo che nemmeno un carcere "modello", che non esiste, saprebbe affrontare da solo situazioni come questa (e tante altre che purtroppo conosco). E nemmeno la psichiatria da sola, con tutte le sue contraddizioni, inefficienze, facilonerie e spocchie che conosco purtroppo molto bene, anche considerandola nella sua pratica "perfetta", che non esiste, potrebbe da sola affrontare situazioni come queste. Certo, le sociopatie non sono di competenza psichiatrica e nemmeno le psicosi di competenza giudiziaria. Allora che fare con Abdel, Mohamed, Alì, Antonio, Lucia e tanti altri che non sanno vivere? La mia non è una critica sterile al tuo commento, è proprio una domanda che scaturisce da uno sguardo attonito e impotente. E secondo te chi o cosa è responsabile della morte di quel ragazzo? L'auto che lo ha investito? Chi non ha sorvegliato sufficientemente su di lui? Le terapie errate? Una dimensione carceraria inefficiente e disumana? La sua sociopatia? La sua malattia? L'ente autostradale? Il degrado del paese da cui proveniva e che lo ha spinto ad emigrare solo e senza alcun riferimento? La scarsa propensione all'accoglienza del paese in cui è approdato? La solitudine e l'isolamento culturale ed affettivo? L'amico che gli ha dato qualche grammo di hashish da vendere per sopravvivere? La sua piena responsabilità nel decidere di delinquere invece che tornarsene al paesello? Forse sono anche domande retoriche, pure confuse, ma mi fa rabbia vedere semplificati problemi che non lo possono essere. Non da te Weil. Se qualcuno tentasse di semplificare la sofferenza delle persone di cui ti occupi, trovandole una collocazione impraticabile, credo faresti lo stesso. E ribuon natale! Se vivessi più vicino, inviterei te e il tuo gatto a mangiare tortellini, lessi, salse e funghi, ma immagino che non sarai solo come dici e quindi, non mi offenderei se declineresti l'invito E buon appetito a tutti |
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25-12-2005, 14.05.01 | #47 |
Neofita
Data registrazione: 02-10-2005
Messaggi: 112
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Io sono sempre combattuta se studiare medicina o psicologia...perchè sia ad uno psicologo che ad una psichiatra devo tantissimo.
Non starò qua ad elencare le ragioni per le quali vorrei fare questo tipo di lavoro..entrerei in speculazioni personali-analitiche infinite. Però io credo che non siamo più ai tempi di Asylums che Goffman descriveva magistralmente parlando delle istituzioni totali. Ribadisco che il singolo è fondamentale per la buona riuscita del sistema. Io principalmente avevo paura di uno psichiatra,perchè mi figuravo l'immagine di chi conosce la medicina e predilige il raziocinio all'approccio psicoterapico emotivo (detta alla buona). Eppure,anche se non prendo farmaci,non sono psicotica,ma soffro "solo" di una classica nevrosi d'ansia,devo tanto alla mia psichiatra,che è veramente una persona d'oro. Quindi non è il titolo,ma la persona che ci sta dietro. Io credo. Condividete? Weyl posso chiederti qualcosa? qualche curiosità sul tuo percorso di studio? |
25-12-2005, 14.34.02 | #48 |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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non sono sicuro che tutti abbiano notato che quello di tristano, non è un "diario clinico", ma un "fanta-diario" clinico. Leggete bene.http://tristano-ajmone.oism.info/diario_clinico.htm
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25-12-2005, 15.48.21 | #49 | |
iscrizione annullata
Data registrazione: 23-02-2005
Messaggi: 728
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Re: Re: Bene. Cari amici. Io sono uno psichiatra.
Citazione:
Cara amica, i passi in questione, da cui scaturisce la tua tirata d'orecchi, non pretendevano certamente ad una disamina della questione. La questione, intendo, della complicata correlazione tra "incapacità" per patologia, sociopatie e istituti giuridici. Del resto, il caso che tu citi è, per certi versi, "estremo", nel senso che risulta trasparente dal decorso degli eventi che si tratta di un caso clinico, al di là di quelle che possono essere le determinanti sociologiche e le implicazioni (meglio, complicazioni) comportamentali, reati compresi. Sul punto, però, le mie opinioni sono le seguenti: patologia mentale e comportamento debbono stare su due piani diversi, molto semplicemente. Non è un discorso implicante questioni filosofiche "alte", come il libero o il servo arbitrio, etc. E' un discorso semplice e pratico. Al clinico compete la patologia e al giudice il reato. L'analisi che farà il primo, relativamente al comportamento delittuoso, sarà un'analisi clinica, e l'inerenza del gesto delittuoso alle dinamiche psicopatologiche che gli sono sottese non avrà altro scopo che quello di orientare le cure e allestire la terapia. L'analisi del giudice terrà conto degli aspetti patologici in funzione prognostica e lo orienterà alle modalità con cui comminare la pena. Ma i due piani debbono restare separati. Se la pena sarà detentiva, occorrerà che il reo, in quanto malato, possa ricevere le cure più adeguate, le quali possono comprendere anche la collocazione in un ambiente adeguato a fornirgliele: questo ambiente può essere quello ospedaliero, oppure il Day Hospital, o il semplice setting terapeutico. Nè più nè meno di qualsiasi altro cittadino. Trovo aberrante e idiota che esistano ancora gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: non capisco per quale ragione il reo debba ricevere cure e trattamenti diversi da quelli di ogni altro cittadino se la sua patologia è neuropsichiatrica, anzichè cardiologica o chirurgica. Non capisco neppure perchè debba scontare una pena "sanitaria" in caso di psicosi: la pena è pena, e la terapia terapia. Mi riesce incomprensibile e francamente stigmatizzante il fatto che, a trent'anni dalla chiusura degli ospedali psichiatrici, siano tuttora aperti degli istituti analoghi. La ragione scientifica della chiusura dei manicomi sta, infatti, nei mezzi terapeutici a disposizione del clinico. Se la Legge non l'avesse fatto nel 1978, la psichiatria, quella vera, scientifica, buona in senso aristotelico (che in Italia, purtroppo, è rara) avrebbe teso a farlo negli anni seguenti, in modo del tutto spontaneo: "ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale", scriveva Hegel. La sussistenza degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è un anacronismo storico. Sono d'accordo con te sul fatto che la magistratura e la psichiatria non possano esaurire la gestione delle sofferenze sociali, mi pare ovvio. Ad esse competano le malattie e, rispettivamente, i reati: due aspetti perlopiù contingenti, accidentali e secondari del fenomeno. Gli aspetti sostanziali e primari competono alla politica, all'economia e, in parte, alla sociologia. Ma credo che, su questo punto, andremmo fuori tema. Ciao e buoni funghi! |
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25-12-2005, 23.47.05 | #50 |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-02-2004
Messaggi: 45
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Ciao a tutti
Guardate...guardate...cosa mi è capitato di trovare...buoni frutti di stagione...link per palati fini.. Un'occhiata a questo sito non farà certamente male a nessuno, spero. http://www.nopazzia.it/ Salutoni vento |