Testo prelevato da un sito internet con il consenso dell'autore
Depressione
Ore 10,30.
Interno.
Aula di una scuola.
Davanti a me uno psichiatra. Intorno, 20 psicologi (laureati o laureandi), 3 sociologi, 5 medici, 1 antropologo.
Temevo questa lezione.
La prima volta che ho avuto a che fare con la depressione è stato nel 1978. Mio padre è rimasto per alcuni mesi seduto su una sedia fissandosi i piedi. Nessuna interazione possibile. La sera, insieme a mia madre, gli toglievo i vestiti, gli facevo mettere il pigiama e lo mettevo a letto. La mattina gli rimettevo i vestiti e lo portavo alla sua sedia.
La seconda volta è stato nel 2000, quando sono uscita dallo studio di uno psichiatra con una ricetta per il prozac e una diagnosi di depressione a cui mi ribellavo con tutte le mie forze.
Ma stamattina ho in mano le fotocopie del DSM4.(*)
“Criteri per l’episodio depressivo maggiore
Cinque (o più) dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento…”
Si, secondo il DSM4 era depressione.
Ma provo orrore nel definire la mia vita “livello di funzionamento”.
Il docente inizia a descrivere la malattia. Legge brani di testi di psichiatria, descrive i casi clinici.
Io trattengo le lacrime con tutte le mie forze.
Perché … perché sento i bisbigli dei compagni di corso.
Certo, i depressi sono pazienti pesanti, noiosi. Molto più divertenti gli schizofrenici. La prima lezione sulla schizofrenia è stata proprio ieri sera. “Filosofi che non pensano”
“Ma cosa vuoi fare quando ti trovi davanti uno così?”
“I farmaci, in questi casi solo i farmaci”
Poi, quella che si interroga su cosa il rappresenti il tempo per un depresso.
Gli sguardi spenti. Totale assenza di empatia. Ben diverso dall’atteggiamento di ieri sera. Ieri c’era amore. Amore per quelle persone contorte e geniali, luccicanti.
Ma un depresso non luccica. Non è creativo.
Eppure i testi consigliati per l’esame dovrebbero far pensare ad altro.
“il significato della disperazione”
Disperazione! La sofferenza più profonda, lacerante, atroce che un essere umano possa provare.
Ma cosa passa per la testa di questi 20 psicologi?
Cosa farete quando un essere umano piangerà tutte le sue lacrime sulla poltrona del vostro studio?
Lo manderete via con una ricetta e con quel “dio, che noia” dipinto sulla faccia?
Nemmeno una ricetta, no, non potete farla. Con un pezzo di carta con scarabocchiato l’indirizzo di uno sconosciuto cui dovrà raccontare, in pochi minuti, tutto il dolore del mondo e che lo manderà a casa con una diagnosi.
Una diagnosi! Faccio fatica ad immaginare una cosa che faccia più male.
Tu sei malato. Anzi, tu sei una malattia.
Depressione.
Io non ci ho creduto. Non ho voluto crederci.
Quel dolore proprio nell’anima non può dipendere da uno scompenso chimico. Non ci credo che una compressa che agisce sul livello di serotonina possa cambiare la mia vita.
Ma soprattutto mille illusioni sgretolate perché … perché stamattina avrei voluto vedere qualcuno di voi con gli occhi luccicanti e la gola stretta. Qualcuno che pensasse a quanto intenso può essere quel dolore. Qualcuno che immaginasse, anche solo per un momento, “io troverò la forza di restargli accanto”.
Non dimenticatelo, “colleghi”, anche il depresso paga la parcella, eccecazzo!
(*) DSM4. Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali.
E’ attualmente il testo più utilizzato per le diagnosi in campo psichiatrico.
La persona che ha scritto questo testo mi ha dato il permesso di pubblicarlo qui ma non di rivelare il suo nome.
ciao
Ultima modifica di Fragola : 15-01-2004 alle ore 16.08.22.
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